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Questa è la prima
fanfic che scrivo per il mondo di Harry Potter.
Tutto è
cominciato quando mi sono accorta che, dopo l’uscita in libreria del mio
romanzo, ho iniziato ad adagiarmi sugli allori, credendomi giunta a un traguardo
difficilmente raggiungibile; e dopo quasi un anno dalla pubblicazione, non ho
più scritto nulla che fosse anche solo lontanamente paragonabile alle prime
fanfic pubblicate nel sito.
Mi sono accorta
che non mi bastava più scrivere su Sailor Moon o Dragon Ball: avevo perso ogni
ispirazione per questi due manga che da sempre mi hanno affascinata, e volevo
provare qualcosa di nuovo. È nata così l’idea della sfida: mi sono sfidata a
scrivere qualcosa che fosse lontano dai miei soliti standard, in modo che
cercassi ispirazione da altro. La scelta è caduta su Harry Potter perché,
ammettiamolo, è sempre stato un mondo che non ho mai provato a capire.
E così, ho
trascorso gli ultimi tre mesi a “studiare” i sette libri della saga, cercando un
punto da cui trarre consiglio.
Non ci sono
riuscita, e così mi sono adeguata a descrivere un evento clou del settimo libro
da un’altra prospettiva.
Non so come sia
il risultato finale: lo lascio giudicare a voi, rimettendomi ai vostri consigli
e critiche.
La cosa
importante, per me, è che mi sono divertita a scrivere la fanfic, e che ho
scoperto di essere in grado di avvicinarmi, anche se solo di sfuggita, a
universi nuovi, che mai prima di ora avrei pensato di affrontare.
Ho inserito
OoC tra gli avvertimenti perché, lo ammetto, non sono sicura di aver saputo
gestire bene i personaggi.
Per chi volesse
lasciare un commento, sarò ben felice di sentire i vostri pareri: la sola cosa
che vi chiedo, per quanto possibile, è di motivare il vostro gradimento e,
ancora di più, la vostra disapprovazione per quanto avete letto.
Grazie, e buona
lettura.
Kla
***
C’era fuoco ovunque nella
Stanza, e ormai lui disperava di salvarsi; si guardava intorno alla ricerca di
qualcosa che potesse indicargli una via d’uscita da quel luogo terribile, ma
tutto era avvolto dalle fiamme, e il fumo non migliorava la situazione.
È finita,
pensò, e questa volta non ci sarà nessuno a tirarmi fuori dai guai.
Aveva perso di vista i suoi
due amici, ed era quasi certo che uno dei due non ce l’avesse fatta; ma chi? Chi
aveva perso la vita in quella guerra in cui erano stati catapultati senza poter
scegliere?
Oh, no,
si disse. La possibilità di scelta l’abbiamo avuta…
Sentì un rantolo poco lontano
da dove si trovava, e cercando di orientarsi in quell’inferno ebbe come
l’impressione che qualcosa volasse a pochi metri dalla sua testa.
«Sto diventando matto»
mormorò, consapevole che le voci sostenute che sentiva erano frutto della sua
immaginazione.
Stava per abbandonarsi alla
disperazione quando, dalle fiamme, apparve una figura fin troppo familiare a
cavallo di una scopa, e gli tendeva una mano. La afferrò senza far domande e si
sentì strattonare verso l’alto a una velocità che non si aspettava.
«Tu…» cominciò, ma per tutta
risposta ottenne un perentorio «Tieniti stretto, che ora si balla!»
Non se lo fece ripetere due
volte e si aggrappò con tutte le sue forze al suo peggior nemico, cercando di
guardare avanti, oltre le spalle curve del suo salvatore, dandogli indicazioni
su come uscire dalla Stanza.
«Sta’ zitto e non ti muovere,
o ci farai cadere!» si sentì ordinare, e ammise a se stesso che non aveva la
minima intenzione di obiettare.
Scartarono numerosi mostri
infuocati creati dall’Ardemonio e finalmente varcarono la porta di quella che,
fino a qualche minuto prima, era stata la Stanza delle Necessità.
Chissà se funziona ancora, si domandò, ma rotolando per terra si rese conto che non
gli importava granché.
Subito dietro di loro,
uscirono Weasley, la Granger e Goyle.
«Tiger…» borbottò, e un secco
«È morto» da parte del rosso lo fece gelare fin nelle ossa.
Non provò a rimettersi in
piedi, e restò accasciato in terra, sotto l’arazzo dei Troll in tutù, carpendo
brandelli della conversazione dei suoi salvatori: la Granger pigolava qualcosa a
proposito del Fuoco Maledetto, ma era troppo sconvolto per cercare di capire il
succo delle sue parole. Fu interrotta dal suono di un duello attorno a loro e
seguendo lo sguardo di Potter vide due Mangiamorte incappucciati lottare contro
due Weasley, e in men che non si dica anche i suoi salvatori si unirono ai
compagni.
Una vocina nella sua testa
gli suggerì di fare altrettanto, di aiutare i due uomini incappucciati, ma
nonostante i propositi, rimase immobile nella stessa posizione per quella che
gli sembrò un’eternità. Non si mosse neanche quando un’esplosione scosse tutto
attorno a lui, incurante delle urla che echeggiavano a pochi metri dal luogo del
duello.
Quando tutto sembrò
allontanarsi, si incamminò per quei corridoi familiari, ma che in quel momento
sembravano estranei alla sua memoria.
Fu con sollievo che incrociò
Dolohov e un altro Mangiamorte, ma la gioia durò meno di un battito di ciglia:
Dolohov fu presto Pietrificato da una delle gemelle Patil, la Grifondoro, e lui
si ritrovò stretto nella morsa dell’altro Mangiamorte a cercare di convincerlo
della propria identità.
Non credette alla sua buona
stella quando qualcuno, alle sue spalle, Schiantò l’uomo; si voltò per
ringraziare il suo soccorritore, ma un pugno invisibile lo colpì e cadde addosso
al Mangiamorte, stupefatto e sanguinante.
Rimase immobile finché la
battaglia non si allontanò da lui, e non ci volle molto per accorgersi della
calma irreale che regnava tutt’attorno: solo una voce rompeva il silenzio.
«Avete combattuto valorosamente, e io apprezzo il coraggio. Sono misericordioso
e darò l’ordine di ritirarsi ai miei seguaci: onorate i vostri morti e curate i
feriti.»
Un sorriso ironico gli salì
alle labbra nell’udire queste parole; ripercorse gli ultimi due anni della sua
vita, e specialmente la paura che l’aveva pervaso dopo ogni fallimento, suo o di
suo padre. È una bugia, pensò. Il Signore Oscuro non fa niente per
niente .
Tornò a concentrarsi sulle
parole di Lord Voldemort. Ora si stava rivolgendo direttamente a Potter: «Hai
lasciato che fossero gli altri a combattere e morire al tuo posto. Consegnati a
me, e tutto finirà: ti aspetto nella Foresta Proibita, tra un’ora.»
Quando la voce tacque,
aspettò qualche altro minuto prima di muoversi. Lentamente si avviò verso la
Sala Grande: era sicuro che fossero tutti là, e in quel momento la necessità di
vedere volti familiari, anche se quasi certamente ostili, era più forte di
qualsiasi altra emozione.
I tavoli delle Case erano
stati accostati alle pareti, e una lunga fila di corpi giaceva in terra, come se
dormissero. Ma non dormono, realizzò, e una strana sensazione si
impossessò di lui. Per un folle istante desiderò avvicinarsi al gruppo di
persone coi capelli rossi, proprio di fronte a lui: un Weasley doveva essere
morto, e la certezza che fosse, in qualche modo, colpa sua, lo trattenne lontano
quel tanto che bastava per fargli capire l’assurdità del suo desiderio.
Senza contare che, se
l’avessero visto, non sarebbe riuscito a sfuggire alla loro ira.
Non avrebbero tutti i torti,
pensò. E io non farei nulla per difendermi.
Sapeva perfettamente che in
situazioni normali non avrebbe neanche lontanamente formulato un simile
pensiero, ma in quel momento la normalità era ben lontana da Hogwarts.
Rimase a vagare tra i corpi
di quelli che, fino a poco prima, erano i suoi compagni di Scuola, e che avevano
avuto il coraggio di opporsi al Signore Oscuro; non voleva farsi notare, ma poi
convenne che il dolore dei sopravvissuti alla battaglia era troppo forte per
permettere di pensare ad altro.
Trovò una nicchia isolata
dietro al tavolo dei Professori e rimase là, seduto per terra, con la testa tra
le ginocchia. Un pensiero lo sconvolse più di ogni altro: Potter l’aveva salvato
due volte, quella sera, a scapito della sua stessa vita, nonostante l’inimicizia
che li aveva visti avversari fin dal loro primo giorno a Hogwarts. Se le parti
fossero state invertite, era sicuro che avrebbe lasciato Harry a bruciare tra le
fiamme dell’Ardemonio, e per un lungo, folle istante, si sentì inferiore al
Mezzosangue.
Il tempo sembrò dilatarsi, e
quando nuovamente la voce del Signore Oscuro riempì l’aria, Draco ebbe
l’impressione di risvegliarsi da un lungo sonno.
«Harry Potter è morto. Stava
fuggendo, ma è stato ucciso. La guerra è finita, e se qualcuno vorrà ancora
affrontarmi, verrà ucciso insieme a tutta la sua famiglia. I miei Mangiamorte vi
superano in numero, e non avrete scampo se proverete a opporvi a me. Uscite dal
castello e inginocchiatevi al vostro nuovo Signore.»
Draco poté leggere lo
sgomento sul volto dei presenti in Sala Grande, e si unì alla massa di
combattenti che si riversò nel cortile della Scuola.
Doveva raggiungere suo padre
e sua madre, e unirsi ai festeggiamenti per la fine di Potter: forse il Signore
Oscuro avrebbe perdonato i Malfoy per i continui fallimenti, e questo pensiero
lo rinfrancò fino a farlo pentire delle considerazioni di poco prima. Chi è
inferiore, ora, Potter? sogghignò, anche se avvertì qualcosa di forzato
nella propria euforia.
Raggiunse il cortile e lì,
tra le braccia del guardiacaccia Hagrid, il corpo senza vita del Prescelto.
«No!» urlò qualcuno, e giurò
che fosse stata la Professoressa McGrannit.
Strizzò gli occhi, cercando i
suoi genitori tra i Mangiamorte esultanti accanto al Signore Oscuro.
Hagrid posò Potter sull’erba,
e Lord Voldemort parlò di nuovo: «Avete visto? È morto. Non era nient’altro che
un ragazzo che contava sul sacrificio di altri.»
«Ti ha sconfitto» gridò Ron
Weasley, e a lui si unirono tutti i difensori della Scuola.
Dalla folla si allontanò un
ragazzo che Draco riconobbe come Neville Paciock, Disarmato prima di un battito
di ciglia.
Il Signore Oscuro rise di chi
aveva osato sfidarlo, e una strana sensazione pervase il corpo di Draco.
Non si curò di ascoltare lo
scambio di battute tra Lord Voldemort e lo sciocco Paciock, finché un boato
scosse l’aria: le urla dei difensori di Hogwarts riuscì a rendere inutili gli
Incantesimi Tacitanti di Lord Voldemort.
Il sorriso del Signore Oscuro
si gelò, e con un gesto della bacchetta richiamò a sé un oggetto dal castello.
Era il Cappello Parlante, che planò delicatamente sulla mano di Voldemort; poi
puntò la bacchetta contro Paciock, che si irrigidì, poggiò il Cappello sulla
testa del ragazzo e gli diede fuoco. «Non ci saranno più Smistamenti, a
Hogwarts. Questa sarà la punizione per chi ancora oserà sfidarmi.»
Le urla di Paciock lacerarono
l’aria, e prima che chiunque potesse fare qualcosa per aiutarlo, centinaia di
persone apparse dal nulla varcarono i cancelli, e frecce scagliate da chissà
dove piovvero sui Mangiamorte.
Draco osservò la scena
immobile: l’esultanza per la vittoria che aveva provato poco prima svanì come
neve al sole.
Poi tutto accadde come in un
lampo: un baleno d’argento calò sul serpente Nagini, e il corpo di Potter sparì
alla vista.
Ma dov’è?
si chiese, per scoprire che non gli importava poi molto della sorte di Harry
Potter: la sola cosa che gli premeva era ritrovare la sua famiglia e lasciarsi
tutto alle spalle.
Ovunque posasse lo sguardo,
scorgeva solo duelli.
Indietreggiò fino alla Sala
d’ingresso e poi in Sala Grande, sperando di non venire coinvolto in nessuna
battaglia: non aveva più la bacchetta, e nessuno, né da una parte né dall’altra,
sarebbe stato disposto a combattere al suo posto.
Intravide i suoi genitori
farsi largo tra la folla, senza cercare di lottare, né curarsi di chi stesse
avendo la meglio.
Bastò questo per farlo
riscuotere: si mosse nella loro direzione e li raggiunse in pochi passi.
«Padre» mormorò, ma Lucius
Malfoy non gli diede il tempo di dire altro: lo attirò a sé e lo abbracciò con
quanta forza avesse in corpo, come se temesse di perderlo nuovamente. Mai Draco
aveva visto una simile reazione nel padre, ma la gioia di essere vivo, e sapere
finalmente che anche la sua famiglia lo era, fu superiore a ogni altro pensiero.
Osservò sua madre, incapace
di parlare, ed ebbe l’impressione che fosse invecchiata di dieci anni in una
sola giornata.
«Stai bene» disse, e più che
una domanda, notò Draco, era una constatazione.
Se non fosse stato per Potter…, rifletté, ma lasciò volutamente a metà quel ragionamento,
non volendo pensare a cosa sarebbe potuto succedere nella Stanza delle Necessità
se l’altro avesse deciso di non aiutarlo.
Tutti e tre si allontanarono
il più possibile dalla battaglia, e cercarono un posto riparato dalle
maledizioni che volavano da una parte all’altra della Sala.
Non mossero un muscolo quando
videro il Lupo Mannaro Greyback essere sconfitto da Ron Weasley e Paciock, né
quando Dolohov cadde per mano del piccolo professore Vitious, o ancora quando la
stessa sorte toccò a Yaxley e Macnair, abbattuti da un altro Weasley e dal
guardiacaccia.
Bellatrix lottava contro la
signora Weasley, mentre Lord Voldemort affrontava la McGrannit, Lumacorno e un
omone di colore che aveva visto spesso al Ministero.
Fu con sgomento che videro
Bellatrix Lestrange sconfitta per mano di quella donna che non avevano mai
creduto capace di lottare; la furia di Voldemort esplose tutta intorno.
Fu in quel momento che dal
nulla apparve nuovamente Potter: «Devo essere io» disse, e in un silenzio quasi
irreale Draco osservò i due sfidanti parlare senza curarsi di quanto accadeva
loro intorno.
Ogni cosa era immobile, solo
Harry Potter e il Signore Oscuro sembravano vivi.
Avrebbe voluto avvicinarsi,
sentire ciò che i due avevano da dirsi, domandandosi cosa aspettasse Lord
Voldemort a uccidere l’avversario.
Gli parve di sentir
pronunciare il proprio nome, e osservando Potter vide che impugnava la sua
bacchetta di biancospino.
Poi come in un sogno, tutto
accadde al rallentatore: nello stesso momento, Potter e Lord Voldemort
scagliarono un incantesimo contro il proprio avversario, e senza che nessuno
riuscisse a capire come fosse successo, la bacchetta volò via dalle mani del
Signore Oscuro, che cadde all’indietro, ucciso dalla sua stessa maledizione.
«È finita» commentò Lucius
Malfoy, e Draco credette di vedere un guizzo di sollievo nello sguardo del
genitore.
Lasciò che sua madre lo
abbracciasse e lentamente, ancora incredulo per come si era risolta la
battaglia, si ritrovò a rispondere all’abbraccio, senza tuttavia distogliere lo
sguardo da Potter, che reggeva, trionfante, le due bacchette, mentre veniva
raggiunto e festeggiato dai presenti.
I tre raggiunsero un tavolo
della Sala, e per un breve, folle, istante, Draco desiderò avvicinarsi a Harry,
ringraziarlo per averlo salvato e per aver sconfitto Lord Voldemort.
Invece rimase dov’era,
stretto tra i genitori, a osservare la gioia, mista al dolore per la perdita dei
propri cari, dei sopravvissuti alla guerra.
Un sorriso tirato gli
increspò un angolo della bocca, e non fu sorpreso di vedere Harry sparire sotto
il Mantello dell’Invisibilità subito dopo aver parlato con la matta Lovegood.
Se non avesse avuto paura di
confrontarsi con lui, certamente l’avrebbe raggiunto, quanto meno avrebbe
cercato di seguirlo, di parlargli e spiegarsi, ma dentro si sé temeva ciò che
Potter avrebbe potuto dirgli o fargli.
Si strinse ancora di più a
sua madre e mormorò un Grazie che nessun altro avrebbe potuto sentire;
tanto bastò per sentirsi meglio, e un leggero fruscio dietro di loro lo fece
sussultare; ebbe come la sensazione che qualcuno gli fosse appena passato
accanto, e non ci volle molto per immaginare di chi potesse trattarsi; se aveva
imparato a conoscere Potter non avrebbe mai approfittato di quel suo momento di
debolezza per umiliarlo ulteriormente, e per la prima volta in vita sua sorrise
di un sorriso sereno, che nulla aveva a che fare con le mortificazioni inflitte
ai compagni; per la prima volta in vita sua, si sentì leggero, e pronto ad
affrontare le prove che la vita aveva in serbo per lui.
Ecco, fanfic terminata. Ora mi rimetto umilmente alle vostre considerazioni. Grazie per essere arrivati fin qua.
Bax, Kla
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