Ombre.
Labbra di ghiaccio ti sfiorano i capelli. Mani forti avvolgono le tue
braccia. Un corpo immobile ti imprigiona nella sua morsa. Non ti sei
accorta di niente, come se un’ombra avesse improvvisamente
preso forma dietro di te.
Hai paura.
C’è
qualcosa di strano in questa situazione. Oltre al vicolo buio - quante volte ti hanno detto di
non uscire da sola di notte-, oltre all’assenza
di persone – quante
volte ti hanno detto di evitare posti isolati -, oltre al
freddo innaturale – è
la notte o è lui?-.
L’uomo
ti sospinge verso il muro di pietra grezza. Non
c’è fretta nei suoi movimenti, né
violenza.
Le mani allentano
la loro presa, che si trasforma in una carezza che arriva fino al tuo
collo.
Sai che dovresti
scappare –tua
madre ti aspetta- ma non puoi. Le tue gambe sono
intorpidite, così come le braccia, allungate davanti a te
per sorreggerti al muro. Ma non è questa la causa della tua
immobilità. L’odore, dolciastro, metallico - sublime -, che quel
corpo emana ti fa desiderare di restare. Ti attrae più di
quelle labbra gelide che adesso sfiorano la tua nuca scoperta.
Più di quella mano che scivola verso il basso, carezzandoti
il ventre rivestito da un bustino troppo stretto.
Col naso ti
ritrovi a sfiorare la parete contro cui sei imprigionata, contro cui
dovresti sentirti imprigionata. Quando hanno ceduto esattamente le tue
braccia? E quando il sopra del tuo vestito è
scivolato verso il basso?
Dita di ghiaccio
tracciano con precisione la linea della tua spalla, arrivano sul collo,
dove una vena impertinente mostra esattamente la velocità
cui il tuo cuore batte. Paura, eccitazione, aspettativa. Tutte
racchiuse in quella piccola, prepotente vena.
Il tempo sembra
tornare a scorrere improvvisamente, mentre bloccata in quella
posizione, non un solo rumore sembra provenire dal mondo intorno.
Inizi a tremare,
da dentro, esattamente dal punto in cui la sua mano è
rimasta immobile sul tuo corpetto.
Devi
guardarlo.
La stoffa della
tua gonna che si solleva grazie alle sue dita. L’inaspettato
tocco ghiacciato delle sue dita sulla tua gamba.
Devi guardarlo.
Lentamente provi
a girare il collo. Sembra percepire il movimento prima ancora che il
tuo corpo possa effettivamente agire. Le dita che prima ti sfioravano
– provocavano
– ti bloccano la nuca. Quelle unghie c’erano sempre
state?
Il suo corpo si
fa sempre più vicino, raggiungendo una vicinanza che credevi
impossibile, che dovresti temere e ripudiare, che tua madre - ti sta aspettando
– non esiterebbe a condannare.
E invece ti
ritrovi a pregare affinché quegli ultimi spiragli di aria,
tra te e lui, siano colmati all’istante.
Il freddo che
sentivi dal suo corpo inizia a svanire. Lentamente sembra scaldarsi, e
concentrata su di lui, non ti accorgi delle sue unghie piantate nel tuo
collo. Gocce di sangue, sottili come lacrime, scivolano verso la stoffa
del corpetto.
Non
senti nulla.
Non il freddo che
inizia a restringerti le vene.
Non la sua lingua
impudica sulla tua spalla.
Non la sua mano
sulla tua gamba nuda.
Senti un urlo,
però. Come un’eco lontana che proviene da un sogno.
Somiglia alla tua
voce, in preda a un dolore straziante.
I suoi denti.
Inizi a sentirli, quando è troppo tardi.
Scivoli
giù, verso lo sporco di quel vicolo che avrebbe dovuto
portarti presto a casa.
Il suo corpo non
lo senti più, ma non senti neanche il tuo.
Ti adagia con
dolcezza sulla schiena.
Ti sistema il
vestito attorno al corpo.
Ti sposta i
capelli da davanti agli occhi.
E forse…non avresti mai voluto vederlo.
Note
Toh, guarda chi si rivede. Sono ancora viva.
Operativa non molto, ma sono ancora qua.
Questa...è la follia di una scintilla che si è
fatta sentire improvvisamente. Non ha nè capo nè
coda, lo ammetto. E quindi... ciao (?)
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