Ultimamente sono triste…
Sono triste perchè mi prende la nostalgia, e
perchè ci sono momenti in cui mi rendo conto che non
sarò io a renderlo felice.
A volte mi chiedo perchè tutto questo accada,
perchè il tempo scorrendo cambi tutto e niente,
perchè i legami debbano spezzarsi e ricomporsi in maniera
diversa.
Mi chiedo perchè sette anni fa sono partito abbandonando
tutto, lasciandomi dietro sogni e promesse.
Mi chiedo chi sono, perchè spesso gli occhi dorati che vedo
nello specchio non credo possano essere i miei.
A volte, mi chiedo come sarebbe stato se non avessi lasciato il mondo
che per me era diventato importante.
Empty street
“Potresti insegnarmi nuovamente il tennis? „
Avevano passato insieme quasi due ore da quando aveva
pronunciato quelle parole, da quando il ragazzo con i capelli dritti
davanti a lui aveva pianto implorandolo di ricordare ed ora davanti a
quelli che gli si mostravano davanti affermando di essere i suoi
più grandi avversari stava ricordando.
Ricordava i campi da tennis dietro la scuola, il torneo dei titolari,
il rumore della pallina che sfreccia sul campo, la voce
dell’arbitro che dichiara il vincitore della partita, le
lacrime dello sconfitto, la gioia del vincitore, le divise che
sembravano fatte su misura per ognuno di loro.
Ricordava i volti di chi aveva battuto e quelli che lo avevano vinto.
Ricordava la rabbia con cui impugnava la racchetta ogni volta che il
padre lo sfidava, l’umiliazione di vedersi nuovamente steso a
terra.
Ricordava la gioia di sentirsi accettato mentre Momo sfrecciava con la
bici tra le strade della città, il calore dei suoi sorrisi,
il suo essere imbecille…
„Momo senpai…“ la sua voce era tornata
ferma e sicura „Andiamo a vincere questa partita“
A quelle parole il ragazzo più grande gli si era avvicinato
mentre quelli dietro di lui urlavano di gioia.
Poi il buio.
Non c’era più il campo, non era in divisa e non
stringeva la racchetta era solo lui davanti ad un immenso cielo nero.
„Ryoma“
Conosceva la voce alle sue spalle.
„Ryoma, ti sei dimenticato nuovamente di me?“ chiese
Sapeva che doveva girarsi e urlare no, ma il suo corpo e la sua voce
sembravano scomparsi, vedeva la sua ombra ma non riusciva a voltarsi.
„Io mi sposo“
No, disse la sua anima
„So che sono tre anni che non ci sentiamo, ma avrei voluto
che tu fossi presente al matrimonio“
No, rispose ancora
„Se non vuoi venire, non ti biasimo, però
…“
No
„Ho capito…“
No
„E’ meglio che me ne vada…“
No
No
No
„MOMO SENPAIIIIIII“
Si svegliò urlando nel suo letto, le coperte sfatte ormai
accantonate a terra dimostravano che il suo sonno era stato
tutt’altro che tranquillo.
„Ryoma are you ok?“ chiese una voce dal bagno
„Uh, yes… maybe“
„a nightmare?“ chiese nuovamente la voce
„Yes“
Una testa bionda uscì fuori dal bagno „No problem
Honey, the nightmare is a dream, and the dream is only a
fantasy…“
„Yes yes…“ rispose alzandosi dal letto.
Sapeva benissimo che aveva fatto un incubo, non c’era bisogno
di ricordarglielo, ma doveva controllare.
Doveva assolutamente controllare.
Girò per la stanza alla ricerca di qualcosa e si
fermò davanti alla scrivania, spostò delle carte
e lo vide.
Su un piccolo pezzo di cartoncino delle scritte in corsivo dorato
facevano la loro bella figura sbrilluccicando e presentando al mondo la
lieta novella:
„Momoshiro Takeshi e Kaoru Nikashima sposi il 29
giugno“
Sentì il respiro morirgli in gola, prese il telefono e
compose un numero che da troppi anni non componeva timoroso di quello
che avrebbe potuto sentire.
Mentre questo squillava controllò
l’orologio…In Giappone erano le nove di sera.
„Moshi moshi?“
Rispose una voce maschile.
„Moshi moshi?“
Continuò a chiedere la voce.
„Moshi Moshi?“
Ryoma attaccò di scatto e buttò via il telefono.
Si appoggiò al muro e si sedette per terra.
Avrebbe voluto essere solo per poter piangere in santa pace ma sapeva
bene che anche da solo non avrebbe pianto.
Era colpa sua se tutto era finito, se tutto non era iniziato.
Erano tre anni che non si faceva sentire dopo essersi fatto promettere
che l’altro non lo avrebbe cercato.
Tre anni dalla sua ultima visita in Giappone.
Sette da quando aveva lasciato la Seigaku.
Alzò gli occhi alla ricerca del cielo di New York, fuori il
tempo prometteva pioggia con lampi e tuoni.
Si vide riflesso in mezzo a quel nero, due pozze dorate lo incollarono
a quell’immagine:
„Chi sei?“ si chiese con un fil di voce, insicuro
se si riferisse all’immagine di se stesso o alla donna che
aveva preso il suo posto.
„I’m going to work, Honey!!!“
una testa bionda passò di fretta davanti alla porta
sorpassandola „I will wait for you at
dinner-time!!“ disse chiudendosi la porta alle spalle.
Ryoma sembrò destarsi, abbozzò un sorriso mentre
si alzava in piedi per affacciarsi alla finestra a salutare con la mano
la chioma bionda che dalla strada gli lanciò un bacio mentre
in segno di risposta alzava gentilmente il medio prima che questa
sparisse dietro l’angolo di destra sorridendo.
Sempre sorridendo cominciò a togliersi il pigiama quando il
cellulare squillò improvviso nella sua tasca facendolo
sobbalzare.
„Hallo?“ rispose
„Hallo?“ chiese ancora
„Hallo?“
„Ciao Ryoma…“
Gli occhi di Ryoma si fecero di nuovo cupi
„Momo senpai?“
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