Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
SAGA
Atene, il Grande Tempio, avevamo ormai lasciato tutto alle nostre spalle da
diversi giorni. E Muu con loro.
Avevo, di quell'incontro, un vago ricordo, quasi fosse circondato da una spessa
coltre di nebbia, quasi avessi sognato tutto quanto.
La realtà mi sembrava così diversa da quella vissuta quel giorno? Che avessi
veramente creato questi ricordi per sfuggirci appena ne avevo la minima
occasione?
Non poteva essere, perché quel ricordo di occhi viola era troppo nitido, troppo
profondo per essere stato creato dalla mia immaginazione. La sensazione di
perfezione che m'aveva colto quando io e Muu avevamo parlato guardando le
stelle, non poteva essere un inganno della mia mente.
Il giorno perfetto. Non pensavo potesse esistere. E non pensavo potesse esistere
un luogo e una persona che mi facessero sentire felice, sicuro e che
alleviassero le frange dei troppi giorni passati nella solitudine
Ora che sapevo, però, volevo di più. Ora che sapevo che cosa potevo chiedere,
un solo giorno ad Atene non poteva essermi più sufficiente, l'idea di non
sapere quando sarei potuto tornare, mi gettava in uno stato tristezza al quale
non sapevo fuggire. Arreso di fronte all'evidenza e chiuso fra le mura di questa
memoria, non osavo guardare in faccia né Kanon né Aska.
Mio fratello aveva, anch'esso, eretto una coltre di silenzio intorno a sé, io
non capivo, non sentivo più niente provenire da lui. Avevo completamente perso
la capacità di interpretare i suoi occhi, di provare con la sua mente…Il filo
che ci aveva unito s'era spezzato.
Perché?
Sapevo, ma non riuscivo ad ammetterlo a me stesso. Osservavo, guardavo l'astio
che sembrava nascere in lui, ogni volta che gli stavo vicino e lui che, in
qualche modo, cercava di reprimerlo.
Perché?
Possibile? Possibile che tutto quello che il nostro legame aveva voluto dire,
tutto ciò che questo aveva rappresentato, sia per me sia per lui, si fosse
lacerato in un solo giorno?
Atene, nome che per me significava desiderio e speranza, per Kanon significava
perdita.
Non ero stato attento a lui in quel momento, non potevo, perché non avrei
saputo come oppormi a qualcosa di così ignoto e splendido quale il viso di Muu.
Non avevo osservato, non avevo capito, ma ora il risultato di quel che era
stato, lo vedevo di fronte ai miei occhi.
Aveva perso Aska, ma io, cosa potevo fare? Era colpa mia… era solo colpa mia.
E, nonostante quest'ammissione non sapevo come potevo comportarmi…Come lenire
il suo dolore?
Non sarei mai stato in grado di capire, credo, cosa significasse sentirsi
defraudati dal propri fratello, traditi nell'intimo.
Stavo male per ciò che avevo fatto, ma allo stesso tempo Muu continuava ad
essere presente nei miei ricordi.
E' forse troppo cattivo tenere conto delle gioie del proprio animo, oltre che
della disperazione nell'animo altrui? Forse…
Ma non riuscivo a pentirmi di quella giornata, non riuscivo a maledirla… Non
potevo né volevo scordarla.
Una mano sulla spalla mi distolse dai miei pensieri. Sapevo chi era, ma non
volevo girarmi, odiavo quella sua presenza, odiavo quel suo fare, odiavo tutto
ciò che rappresentava, che era stato e tutto ciò che stava facendo.
Non posso dimenticare ciò che mi disse la notte di San Lorenzo, non posso
dimenticare ma non posso credere alle sue parole.
"Dobbiamo andare"
Andare dove?
Ad allenarsi ancora? Per cosa, per strappare un sorriso a quell'uomo così
freddo? Perché ormai, né io né Kanon sappiamo cos'altro fare?
"Sono stufo, stufo di tutto, stufo di te e dei tuoi allenamenti, io non
vengo da nessuna parte"
Il tono delle mie parole credo, lo sorprese, non m'ero mai rivolto a lui così,
avevo sempre portato un certo grado di rispetto per una persona che, nonostante
tutto, m'aveva cresciuto.
Ma ora sembravo essere incapace di trattenere le parole, l'odio per Earin stava
diventando troppo forte
"Cos'hai detto?"
Ancora quel sorriso sarcastico, ancora quello sguardo superiore, né io, né
Kanon né Aska eravamo la colpa di quello che c'era successo, lui lo era. Lui
non aveva mai permesso che uscissimo dal piccolo spazio intorno alla nostra
casa, lui ci aveva sempre impedito di conoscere ed essere felici, lui ci aveva
sempre privato dell'unica cosa che né io né Kanon potevamo procurarci in altro
modo: l'affetto di un genitore.
Mi prese per la collottola ed investì la stanza del suo cosmo.
Così potente e minaccioso…
Ma non ebbi paura, volevo solo che quell'uomo scomparisse dalla mia vista, che
s'allontanasse da me.
Lo scansai in malo modo, la sola idea che fosse Earin la causa della morte dei
miei genitori…
No, non potevo crederci, non potevo, altrimenti l'avrei ucciso.
EARIN
Lo vedevo. Era davanti a me, ma il suo spirito era irrimediabilmente
cambiato. Che cosa avevo fatto?
Possibile fosse solo colpa mia?
Il Saga dei colori s'era appartato negli occhi di quel ragazzo di fronte a me,
ed aveva lasciato spazio solo a disperazione e odio.
Che cosa avevo fatto?
Per Atena, che sia già oggi il giorno…? Che sia dunque arrivata la fine di
tutto? La fine del mio sogno?
Che sia dunque oggi il giorno in cui la Terra si dividerà?
Forse, non dovevo temere l'ombra della morte, però.
Sapevo che le sue ali si sarebbero spiegate su di me…ma così presto?
E chi si prenderà cura della mia dolce Aska?
E chi perdonerà te, Saga?
"Vieni fuori e comportati da uomo"
"Io non prendo più ordini da nessuno, tanto meno da te, sei tu la causa di
tutto e devi pagare per questo"
L'infida mano della vendetta s'era già posata sul suo animo e vi si era legata.
L'unica chiave per aprire e spezzare quei legami era la mia morte, io lo sapevo,
ma sapevo anche di cosa avrebbe dopo, preso il suo posto.
Afferrai Saga per un braccio e lo scaraventai fuori di casa, se era la lotta
quella che voleva, allora lotta avrebbe avuto. Potevo solo sperare che fosse in
grado si sostenerla.
Dopo quel gesto mi guardò come mai prima, l'odio e l'ira stavano completamente
prendendo il sopravvento su di lui: come biasimarlo?
Del resto, agli occhi di tutti avevo sbagliato e ora ne dovevo pagare le
conseguenze. Ma non potevo certo spianare la via a Saga, non m'era concesso
neanche quello.
Gli avrei donato la mia armatura, ormai ero troppo stanco di tutto per portare
questo fardello sulle mie spalle. Ben sapevo che Gemini era più adatto a lui…Tuttavia
non potevo, doveva conquistarsela, l'armatura doveva riconoscerlo come
proprietario legittimo… L'unica cosa che sapevo con certezza era che Saga
sarebbe stato Gemini, non Kanon. E questo avrebbe ulteriormente ampliato la
crepa che s'era formata fra i due.
Non ne sarei stato testimone, però, la mia ora sarebbe giunta ben prima.
"Rispondi a questo, Saga, cos'è che ti rende furioso? E' forse il sapere
di come sono morti i tuoi genitori, o semplicemente la tua incapacità di
importi e di domare le ore del giorno a tuo piacimento?"
"Taci!! Sai benissimo cosa m'ha portato a questo punto: il tuo odio, la tua
gelida disciplina, l'allontanamento di Kanon e le lacrime di Aska. Tutto questo
è colpa tua, tua solamente. "
"E' colpa mia, dunque? E' colpa mia se siete andati ad Atene
disubbidendomi? E' colpa mia s'eri troppo occupato a pensare a te stesso invece
di curarti delle persone che avevi intorno?"
Lo vidi sgranare gli occhi, non s'aspettava sapessi tutto.
Quant'è fragile la tua anima, mio Saga. Ti prego, difendila dal male che
verrà, affinché possa conservarsi come il più raro dei diamanti.
"Pensavi che non sapessi, e invece…"
"Chi te l'ha detto?"
"Nessuno m'ha detto niente, sapevo benissimo cos'avreste fatto una volta
che me ne fossi andato. Di proposito ho lasciato questa casa incustodita e a voi
la totale libertà…"
"Di proposito? Per lasciarci quindi andare incontro ad un destino che
sapevi a cosa ci avrebbe portato?"
Il destino… Perché li ho lasciati soli? Se fossi rimasto con loro, avrei
potuto evitare quella giornata e quindi… No, avrei soltanto rimandato
l'inevitabile, e ormai sapevo che il tempo era arrivato
Scossi la testa.
Era inutile parlare, disquisire su di una scelta che non era stata fatta né da
me né tanto meno da Saga. Avrei solo dovuto pagare le conseguenze della mia
incapacità.
"Sii forte, ne avrai bisogno"
"Io averne bisogno?" L'ira aveva preso il totale sopravvento, il mio
Saga ora più che mai era forte e sarebbe potuto diventare Gemini. " Tu
invece, preparati, perché non avrò pietà. Non avrò pietà per ciò che hai
fatto a me e agli altri, per ciò che hai significato nella mia vita… per mia
madre"
Sua madre, Saga non sapeva la verità, ma forse questo non aveva più
importanza, ormai.
Avevo dovuto raccontargli d'essere stato io la causa della morte dei suoi
genitori, d'aver io stesso agito sulla mente di suo padre ed aver, quindi,
portato la rovina in quella casa. Non era vero. Ma l'animo di Saga doveva essere
scosso e doveva essere scaraventato fuori da quel guscio protettivo che s'era
costruito. Lì dentro sarebbe morto ben prima di sbocciare. E allora avevo
mentito, ma lui come poteva saperlo? Credo che, in fondo al sé, fosse
consapevole che non avessi alzato mano su suo padre, ma la rabbia che ora
portava in seno, non gli faceva vedere così lontano.
Mi attaccò con molta forza, non ancora sufficiente, però, per preoccuparmi.
E' così strano come, nonostante stessi iniziando una battaglia con un mio
allievo, non sapessi cosa provare. Il sentimento è qualcosa di innato e
naturale, raramente non si capisce ciò che si prova, più spesso ci si nega la
realtà.
E invece ora mi ritrovavo a non capire me stesso, a sperare che questo ragazzo
di fronte a me si risvegliasse, m'odiasse a tal punto da diventare forte e
battermi, diventare forte ed imporsi sulle stelle. D'altro canto, avevo paura di
morire, avevo paura del giudizio divino sul mio operato… temevo che, coi miei
errori, sarei stato giudicato duramente e avrei incontrato davanti a me, solo
una lunga strada buia. La mia paura, però, non era tanto dovuta all'evento che
divide la vita dalla morte, bensì era per la solitudine che avrei incontrato
nell'aldilà.
Avevo passato un'esistenza in solitudine, non capito e non amato, avrei forse
dovuto passare anche l'eternità così?
Eppure volevo che Saga mi sconfiggesse, e per farlo, doveva uccidermi.
Aveva senso tutto ciò?
Saga si stava rivelando troppo debole, non riusciva a colpirmi.
"Saga, non potrai mai raggiungere i tuoi scopi se la forza che dimostri è
così flebile. Devo forse fomentare la tua ira per risvegliare il tuo animo
sopito? Devo forse ricordarti il perché tua madre è morta?"
Che cosa stavo facendo? Alimentavo le menzogne per farmi odiare?
Ma ero giunto alla fine dei miei giorni, dovevo scuotere lo spirito di Saga e
dovevo farlo anche a costo della mia vita.
"Io non posso credere "disse lui" che tu sia veramente stato la
causa della morte dei miei genitori…Perché, dimmi solo questo"
Dire la verità?
Dovevo farmi trasportare dal mio desiderio di vedere Saga indossare le vestigia
d'oro, e quindi essere in grado di affrontare il suo destino, oppure dovevo
farmi trasportare dalla mia necessità d'affetto e quindi darmi io stesso una
possibilità di rivalsa?
Ma lo spirito d'un uomo è plasmato dal tempo, non dal momento, scelsi dunque la
prima via.
"Tu e tuo fratello Kanon dovevate diventare cavalieri, dovevo prendervi con
me… Il demone oscuro era l'unica via per liberarmi dei tuo genitori senza
sporcarmi io stesso le mani"
"Liberarti di mia madre e di mio padre senza sporcarti le mani? Che cosa
vai blaterando? Non vedi che le tue mani sono intrise del sangue di innocenti
che tu hai deciso di uccidere per i tuoi sporchi comodi?"
"Non è così semplice, Saga"
"Io la vedo semplicissima, invece, tu sei un assassino, senza né cuore né
anima, e dovrai pagare per questo."
Le lacrime coprivano il volto del mio allievo.
O Saga, non piangere per me, non piangere per un uomo che non ha saputo aiutarti
e che ti sta provocando solo dolore, uccidimi e diventa cavaliere d'oro, solo
così potrai vivere…
Per me invece, non c'è più speranza.
Le lacrime gli diedero forza, e da questa trasse l'energia per l'Esplosione
Galattica.
Non cercai neanche di difendermi, non m'interessava. Se prima ero in dubbio su
quale strada avessi dovuto scegliere, se prima potevo avere paura della mia
solitudine, ora avevo solo voglia di silenzio.
Non so che cosa mi avrebbe aspettato, una volta chiusi i miei occhi per sempre,
ma so che cosa avrei dato facendolo. E allora decisi che le lacrime di Saga
valevano di più di qualunque mia paura.
Mi colpì in pieno petto, la sua potenza mi scaraventò lontano.
Sdraiato sull'erba, mi ritrovai a guardare il cielo con gli occhi bagnati,
sentivo il respiro difficile, sapevo che tra poco avrei lasciato per sempre quei
posti.
Un leggero vento increspava i miei capelli, ma quasi non riuscivo a percepirlo.
Sentii qualcuno tirarmi su da terra, accarezzarmi il viso e gridare, ma anche la
sua voce sembrava provenisse da un luogo lontano
"Non piangere mio Saga" riuscii a dire "non devi farlo per
me"
Ma continuavo a sentire le sue lacrime cadere
"Non ti sei neanche difeso, perché?" Inutile anche rispondere, troppe
cose avevo celato nella mia vita, per pensare di spiegarle ora, in punto di
morte.
"Ti ho odiato, ma ora non voglio perderti, non andartene… Io ho ancora
bisogno di te"
"Non è vero, ormai sei grande, devi camminare con le tue gambe, io sarò
solo un ricordo"
"Io non so perché ma… perdonami!"
Sorrisi, non avevo più forza di dire niente. Guardai per un'ultima volta quei
luoghi, così verdi ed assolati…
Un profumo lieve catturò la mia attenzione, mi girai e vidi Hjördís, la madre
di Aska. Mi toccò il viso con le sue dita, sembrò volermi asciugare le lacrime
che stavano coprendo le mie guance.
Era così bella, come me la ricordavo, con i suoi occhi color dei ghiacci.
Era venuta a prendermi?
L'unica donna cui avevo potuto confidare il vero me stesso e che s'era presa
cura di me, era forse tornata sulla terra per lenire la mia solitudine?
Lei, così dolce in quei giorni passati nel Nord, così premurosa, nonostante
l'opposizione di leggi e educazioni morali, la donna che aveva riscaldato un
cuore in inverno e che non aveva suscitato in me paura quando le avevo detto di
amarla. La sola cui sono riuscito a confessarlo, né ad Aska né ai miei
allievi, solo lei…
Ora era qui, ancora una volta passava le sue dita fra i miei capelli e mi
sorrideva
Che bel sorriso…
Non temevo più quello che sarebbe venuto dopo, tutto intorno divenne una
macchia sfuocata di colore, iniziò a perdere forma e senso, rimase solo lei,
inginocchiata vicino a me, mi teneva fra le sue braccia.
Vengo finalmente da te, portami via, lontano da qui dove finalmente possa essere
da guida alle persona che lascio e non essere d'ostacolo. Avvolgimi e non
lasciarmi più andare, insieme potremmo prendere la nostra Aska, tra poco.
Finalmente e di nuovo, insieme.
Allungai la mano per accarezzare il viso di Hjöridís.
Poi fu il silenzio.
SAGA
Piangevo, non so perché, ma non riuscivo a trattenermi. Tenevo stretto Earin
fra le mie braccia: stava morendo per causa mia.
Non era forse quello che avevo voluto? Non era forse quello che avevamo, da
sempre desiderato?
Vidi i suoi occhi, quasi spenti, girarsi e guardare qualcosa al suo fianco.
Non c'era niente.
Il suo viso assunse uno sguardo sereno, quasi felice.
Provai la stranissima sensazione di un nodo che si scioglieva.
Non capii bene cosa fosse, ma dei fili intrecciati si disfecero, quando il mio
maestro allungò la mano al cielo.
Il suo cosmo, da sempre così restio al contatto con gli altri, così chiuso
dietro mura invalicabili, si spanse in gioia, s'illuminò e invase tutta la
foresta, brillando di pura luce.
E si spense.
Per sempre.
Il braccio di Earin, cadde al suo fianco, una stella che prima di morire esplode
creando una supernova, così il cosmo di Gemini.
Non riuscii a trattenermi dal gridare, portarmi il suo corpo vicino al viso ed
implorarlo di tornare, di non lasciarmi così. Ma, ormai era troppo lontano per
sentirmi, non avrebbe mai più aperto quegli occhi. Non riuscivo a staccarmi da
lui, com'era possibile che, nonostante stessi desiderando quel momento da
sempre, ora la disperazione fosse l'unica cosa che albergasse in me?
Io non volevo che morisse, io ero stato accecato, ero stato uno stupido…
Sentii una potente forza attirarmi via da quel corpo, i pochi bagliori rimasti
su di me del cormo di Earin, brillarono. Luminosi come mai, m'avvolsero
completamente e mi scaldarono. La foresta, ancora una volta, fu avvolta dal
cosmo di Gemini.
Che stesse tornando il mio maestro?
Che la mano nera della morte avesse avuto pietà di me e avesse ascoltato le mie
preghiere?
Quella forza così familiare non era morta, la sentivo sulla mia pelle e nel mio
sangue. Maestro, siete di nuovo con me?
M'avete dunque perdonato?
Sentii qualcosa di lieve e delicato accostarsi alle mie braccia e alle mie
gambe, e poi su tutto il corpo. Chiusi gli occhi, aggrappandomi a quella
sensazione e a quel cosmo così simile a quello del mio maestro.
E poi tutto finì, ancora una volta quei bagliori si dissolsero, ma quell'aura
di potenza no, rimase lì. Aprii allora gli occhi per cercare lo sguardo di
Earin.
Ma con mio sommo orrore, lo vidi ancora a terra, senza vita, felice e in pace,
ma immobile.
Quello che vidi dopo mi tolse completamente il fiato: la sacra armatura dei
Gemelli disposta su di me, le vestigia d'oro ricoprivano il mio corpo. Quella
sensazione familiare, quel cosmo, quella luce, non provenivano da Earin bensì
da me stesso e da quest'armatura; quella sensazione di calore e d'abbraccio, non
significavano la vita del mio maestro, ma erano state portate da questo suo
ultimo dono.
Sei morto affinché io potessi indossare quest'armatura d'oro?
Sento scorrere la tua anima nel mio sangue e la tua forza nelle mie braccia, il
tuo cosmo s'è unito al mio.
Era necessario? Era veramente necessario lasciarmi solo? Io non voglio più
queste vestigia, se è la tua assenza il prezzo da pagare, io non voglio più
abitare alla terza casa se le stelle sono la tua nuova dimora.
Non voglio…
Non m'interessa…
Non anelo a niente…
Riprenditi l'armatura.
Torna…
Non lasciarmi…
Non abbandonarmi…
Aiutami.
Ma i miei desideri si mischiarono alle mie lacrime e scorsero via.
ASKA
Quella mattina ero andata a spedire una lettera a mio fratello, la nostalgia
era tale che non ero riuscita a trattenermi dallo scrivere pagine e pagine.
Nostalgia di quelle distese di ghiaccio che avevano cullato la mia infanzia,
nostalgia dei giochi con il mio più caro compagno…Ormai eravamo cresciuti e
non era più il tempo di rincorrerci e lanciarci palle di neve, era il momento
più difficile, quello che avviene dopo la separazione: l'acquisizione di quella
consapevolezza che ti fa aprire gli occhi. La mia vita ormai s'era separata da
quella di mio fratello, poco sapeva di me, nonostante gli raccontassi nel minimo
dettaglio tutto ciò che s'agitava il mio cuore; la sua vita era separata dalla
mia, nonostante sapessi quali sforzi stava facendo per diventare cavaliere…
Sono sicura ce l'avrebbe fatta, le terre del Nord non avevano mai visto un uomo
così, avevo piena fiducia nelle sue capacità. Ma ora avrei preferito che fosse
venuto qua in Grecia ad abbracciarmi e a consolarmi, a sorridermi e, quindi,
allietare le mie serate.
Chissà se mai sarei tornata in quelle lande, chissà se mai avrei visto uno
zaffiro brillare sulle vestigia indossate da mio fratello. Chissà se questo mio
dolore potrà mai avere fine.
Ad un tratto, sentii uno odore insolito nel vento.
Provai una sensazione strana, non capii bene di cosa si trattasse, ma iniziai a
correre verso casa mia. Era come se avessi assistito ad un'esplosione silente,
come se la luce dell'universo si fosse spenta e io sentivo nel mio cuore un
profondo vuoto. Perché quella sensazione, cosa mai era potuto succedere?
Correvo ed intanto pensavo. Il primo pensiero fu rivolto a Saga. Che fosse
successo qualcosa a lui, che mio padre l'avesse sconfitto e quindi punito con la
vita? Mi sentii mancare all'idea e tentai di scacciarla. Saga non si sarebbe
fatto uccidere da Earin… tuttavia sapevo quanto fosse forte il cavaliere dei
Gemelli e sapevo che ben pochi avrebbero potuto tenergli testa. E se veramente
l'avesse ucciso?
Che cosa avrei fatto, io?
Impossibile, non sarebbe mai stato così crudele, avrebbe veramente preferito
prendere la vita di Saga piuttosto che lasciarlo incamminarsi per la sua strada
senza le sacre vestigia?
Scossi la testa, Saga…
E se fosse stato Kanon? Possibile?
No, no, no, basta, non poteva neanche essere lui. Chi avrebbe potuto ucciderlo?
Chi mai avrebbe potuto alzargli un dito contro?
Avrei voluto avere le ali, correre più veloce del vento, e invece sentivo il
mio cuore pesante rallentarmi la corsa, sentivo i miei piedi cedere di fronte
all'idea di scoprire quello che non avrei mai voluto. Ero lontana da casa mia,
troppo lontana.
Sentivo le ginocchia cedere…
Che qualcuno mi dica che sia Saga sia Kanon stanno bene!!
KANON
Ero nel bosco vicino casa quando sentii il cosmo di Gemini esplodere e
dissolversi, per poi ricomporsi, diverso però, da quello a cui ero solito…
Che cos'era successo?
Mi sentii immediatamente a disagio, con una gran voglia di gridare anche se non
ne capivo il motivo. Iniziai a correre verso casa, volevo sapere.
Pur non riuscendo a capire esattamente, ero a conoscenza di quello che, in
realtà, non volevo dire. Non riuscivo ad ammetterlo.
E se veramente fosse stato così? E se veramente un uomo aveva ceduto il passo
ad un altro, dando in sacrificio la sua vita, e che quest'altro non fossi io?
Destino, possibile che s'accanisse contro di me?
Non volevo crederlo, ma in realtà sapevo.
Il cosmo che s'era dissolto era, purtroppo, noto, conoscevo ogni minima
variazione dell'energia di quell'aura che ora era scomparsa. Correvo, cos'è che
mi dava fastidio?
Sapere che qualcuno fosse morto o che qualcuno avesse vinto?
Esitavo anche a pronunciare i loro nomi, non volevo farlo perché avrei messo in
parole ciò che non riuscivo ad ammettermi.
Che fosse successo ancora una volta? Earin era morto, come potevo negarmelo, lo
sapevo e lo sentivo. Sapevo anche che il cosmo di Gemini stava brillando, sapevo
anche che quell'aura stava espandendosi a limini inaspettati. Chi poteva fare
una cosa del genere? Quale uomo poteva contenere tanta tristezza in un alone di
luce?
Ne conoscevo uno solo. Una persona sola avrebbe potuto tingere di malinconia
l'oro dei Gemelli, una persona sola avrebbe potuto prendere il mio posto.
L'eterno secondo, ecco qual era il mio ruolo. Sin dalla nascita, io ero venuto
dopo Saga. Sia nelle gioie della vita che nelle avversità. Tutti parevano avere
una predilezione nei confronti di mio fratello e io non riuscivo più a
sopportarlo. Da piccolo avevo considerato Saga un luogo sicuro dove rifugiarmi,
un sorriso sicuro da cui attingere. Ma col passare del tempo, mi resi conto che
era proprio questa sua inclinazione, quasi divina, d'essere forte e dolce,
posato ma deciso, potente e fragile, che l'aveva reso superiore a me. Io non
potevo essere come lui, ma avrei voluto, avrei voluto superarlo, essere
migliore.
Ma ancora una volta ero stato sconfitto perché sapevo, pur non essendone stato
testimone, cos'era successo.
Dei delle stelle, fate che non sia così…
M'ingannavo.
Perché, perché lui e non io? Perché addirittura la costellazione a noi
propria aveva scelto lui e non me? Persino le alte sfere celesti avevano
preferito Saga. Perché non c'era mai stato posto per Kanon? Anche Aska…
A quel pensiero dovetti fermare la mia corsa, sentii le mie gambe cedere.
Ripresi subito, ma il ricordo di quella ragazza m'appesantiva il cuore e la
testa.
Perfino l'unico e più vero amore della mia vita, aveva posato i suoi occhi e
aveva donato la sua anima a mio fratello. Possibile che non fossi degno neanche
di lei? I suoi occhi dorati, i suoi capelli così luminosi, niente era per me,
era bensì per mio fratello. E lui non vi badava, sceglieva e scartava del tutto
ignaro di cosa stessi patendo io o la mia Aska.
Sentii l'ira accendersi in me. Cieco, ecco com'era stato mio fratello, baciato
dalla sorte ma cieco di fronte a ciò che la vita gli aveva riservato.
Poteva avere tutto e io niente, poteva fare ciò che voleva, io sarei sempre
stato uno seconda scelta perché prima veniva lui. E Saga come reagiva?
Sprezzantemente scartava, allontanava da sé - Pazzo!- per incamminarsi verso
strade ignote. Non sapeva accontentarsi, Muu non sarebbe mai più tornato da lui
e invece Saga cosa faceva? Viveva nel ricordo di quel giorno ad Atene.
Io ti odio, tu sei stato la mia rovina, nessun altro. Ogni volta che mi guardavo
allo specchio, chi vedevo? Un te imperfetto, una persona che troppo ti
somigliava per avere un'identità propria ma che non era esattamente come te e
che quindi, era mal riuscita. E ora anche le sacre vestigia dei Gemelli ti hanno
scelto, Earin ha dato la sua vita per te. Tu, sempre tu e solo tu, devi
scomparire. L'amore, l'armatura e il destino hanno scelto te, e tu non sarai mai
felice di ciò.
Arrivai di fronte a casa e vidi ciò che più temevo.
"Saga…" Ma non ebbi nessuna risposta, era per terra, accasciato
sul corpo di Earin, con indosso le sacre vestigia di Gemini.
Cosa fare, cosa pensare? Avevo ragione, lo sapevo, era tutto vero.
Mi sentii umiliato. Ero un sentimento frammisto al dispiacere di vedere il mio
maestro senza più vita, per terra. Guardai a lungo una scena che mai avrei
voluto vedere, che da sempre avevo temuto. Amareggiato per l'armatura rubata,
triste per Earin, sconsolato per Aska, cosa provare? Non sono mai stato un uomo
d'indole razionale, però, quindi lasciai il fiume dei miei sentimenti seguire
il suo naturale corso e, raggiunto il mare, sfociò in ira.
"Alzati Saga!" Gridai.
In piedi, spiegami, dammi anche solo una giustificazione per non odiarti
Si girò verso di me, il suo viso era una maschera di dolore, ma non
m'impietosì, vedevo solo l'oro della sua armatura e il corpo di Earin…
"Che cos'hai fatto?" Non rispose neanche questa volta, si mise in
piedi, l'armatura si separò dal suo corpo e si dispose perfettamente al suo
fianco. Anche lei, nonostante sapesse di non poter intervenire in questa disputa
fra fratelli, prendeva le sue parti.
"Saga, perché???"
"Io, non lo so…"
"Non lo sai? Non sai perché le sacre vestigia dei Gemelli abbiano scelto
te, non sai perché Aska abbia preferito te o perché, da sempre, tu sia stato
il prediletto della sorte?"
"Kanon non è come credi…"
"Io credo a quel che vedo, una sorte che, senza scrupoli, ti ha accolto fra
le sue braccia e ti ha cullato, scacciando invece me."
Non sapevo più come contenermi, avrei voluto picchiarlo, prendere a pugni
l'altro me.
"Ridarei l'armatura se potessi avere in cambio la vita di Earin"
"E' sempre stato così, Saga, tu hai sempre avuto tutto, quindi la
possibilità di scegliere cosa tenere e cosa no. La morte non ha padroni e non
accetta compromessi, ma io non ho mai avuto nessuna merce di scambio…perché
era sempre stata presa da te!"
Sentii le lacrime salirmi sin dal intimo, ero triste, il peso di una vita
passata all'ombra di Saga mi stava opprimendo ora più che mai. Non sarebbe
dovuto accadere, non doveva andare così…
" Kanon, ascoltami, il destino scelto per te dalle stelle, è un altro…
L'armatura che dovrai indossare, non è questa, bensì un'altra e non è colpa
mia se così è stato scritto"
"Taci, che ne vuoi sapere tu, di destino? Io volevo le vestigia d'oro, tu
le hai indossate. Se tu non fossi mai esistito, la mia strada sarebbe stata
sgombra!"
Lo vidi sgranare gli occhi, forse non s'aspettava tanto odio, …
Se lui non fosse mai esistito… La mia vita sarebbe stata più felice.
"Kanon…s'è dunque giunti a questo punto? S'è dunque giunti dove la
rottura è ormai irreparabile?"
"M'hai privato di tutto, Saga, m'hai impedito d'essere cavaliere, e hai
rubato il cuore della mia Aska e a me, che cosa resta?"
Niente, non ho niente da stringere fra le dita.
"Non stai più ragionando, Kanon…" Riguardò il corpo di Earin, ai
suoi piedi. Vedevo la fatica che faceva nel parlare, avrebbe voluto tacere e
piangere, ma io non gliel'avrei permesso, doveva darmi delle spiegazioni, doveva
pagare per tutto ciò che aveva fatto.
L'ira aveva preso il totale sopravvento, sentii il mio cosmo ampliarsi e farsi
minaccioso, come biasimarlo?
Dovevo uccidere Saga, doveva scomparire…
"Kanon, fermati, non voglio combattere con te"
Sorrisi e alzai le spalle
"Pensi che m'interessi cosa vuoi tu o no?"
"Ascoltami Kanon, seppur gemelli, io e te siamo diversi…ed è proprio qui
che risiede la tua bellezza, nei contrasti che porti nel tuo cuore, negli sbalzi
d'umore dovuti ad un nonnulla…Nella tua capacità d'ascoltare anche quando non
si sta parlando, nella tua dolcezza quando meno è aspettata…"
Sentii male al petto, non dovevo né potevo lasciarmi commuovere da quelle
parole.
Non importava quello che pensava Saga, aveva torto in ogni caso.
"Non cercare di calmarmi, non voglio ascoltare le tue menzogne, non credo
ad una sola parola di quello che hai detto. Io non sono niente, io non valgo
niente se paragonato a te e questo non è giusto!"
Era forse questo il vero punto? Mi consideravo, io stesso, inferiore a Saga?
Non stavo biasimando né lui né gli altri per aver sempre scelto il migliore
fra noi due. Sapevo quanto mio fratello valesse, a differenza di me, quanto il
suo cuore fosse ben più degno di Aska, dell'armatura dei Gemelli e delle stelle
che l'avevano scelto. Io lo sapevo.
Come potevano, gli altri, considerami, quando con me c'era sempre stato Saga?
Come potevo sperare di avere un senso, quando ero così mostruoso confronto ai
quadri che dipingeva mio fratello?
Mi coprii la faccia per la disperazione di sapermi inferiore, di sentire
comunque affetto nelle parole di Saga, affetto che probabilmente non mi
meritavo. Queste lacrime erano la prova dell'amore nei confronti di Saga, della
disperazione per la morte di Earin, della solitudine dovuta all'assenza di Aska,
ma soprattutto dovute al disprezzo che provavo nei miei confronti.
Ma, ancora una volta, il fiume che attraversò il mio cuore sfociò in odio. Non
ero in grado di controllarlo, l'idea che l'assenza di mio fratello avrebbe
potuto in qualche modo salvarmi, sfocò il resto, l'idea che quegli occhi pieni
d'affetto fossero lì solo per ricordarmi quanto lui fosse perfetto e io no,
m'avvolse completamente.
Lo guardai, ormai il mio cosmo parlava al mio posto: ira, rabbia, disperazione,
inutilità. Potevo porvi, io, rimedio? Volevo?
No, dunque non esitai, scagliai un colpo pieno di me verso il mio alter-ego,
m'accanii contro mio fratello. Sapevo che Saga era potente, ma sapevo di non
essergli da meno, non avevo paura di una sconfitta, meglio la morte a quella
vita.
Un grido, però, mi distolse da quei pensieri
"Kanon fermati!"
Ma era troppo tardi, non ero riuscito a fermare il mio colpo che aveva trafitto
Aska.
Non l'avevo vista, non l'avevo sentita arrivare, così pieno dei miei pensieri,
non m'ero neanche accorto fosse lì. Solo quel grido m'aveva distolto dalla mia
collera.
S'era frapposta fra me e Saga, l'aveva difeso e io non me n'ero accorto…
Le ginocchia mi cedettero.
SAGA
Era inevitabile, avevo visto l'ira di Kanon crescere e il suo cosmo
incupirsi, non volevo combatterlo, non avrei alzato mano su di lui. Come potevo
rinnegare mio fratello?
Non lo biasimavo per ciò che aveva detto e per ciò che provava. Aveva ragione,
lo avevo privato di tutto. Forse non l'avevo fatto di mia volontà, ma poco
importava. Il risultato era una vita in cui s'è sempre visto scalzato dal
fratello…
Non mi sarei difeso, non avevo voglia combattere nessuno, ora che lo stesso
Earin era morto per mano mia.
Chiusi gli occhi in attesa che giungesse la punizione per avere troppe volte
prevalso, ma solo infine m'accorsi che Aska mi era vicino, troppo vicino.
La forza di Kanon la colpì in pieno petto.
Mi cadde fra le braccia, delicata come un fiore. Mio fratello s'accasciò per
terra, incredulo di ciò che aveva appena compiuto, aveva lo sguardo rivolto
verso di me e verso Aska, ma non stava guardando nessuno.
Volevo cercare aiuto, trovare un rimedio a quelle ferite…
"Stai qui con me" la voce di Aska mi giunse in un sospiro. Le passai
le dita fra i capelli.
"Perché l'hai fatto? "
"Sapevo che non ti saresti mai difeso, ho imparato a conoscerti, in questo
periodo trascorso con te… ti saresti lasciato colpire….e io non l'avrei mai
potuto permettere"
"Ma… " cercai inutilmente d'obiettare, a che mai potevano servire le
parole?
Mi mise una mano sulla bocca, fragile e dolce come sempre. Cercava di nascondere
il dolore che stava provando e, in questo tentativo, fece il più dolce dei
sorrisi.
"Non parlare, è inutile. L'ho fatto perché un mondo senza di te, per me,
è un mondo senza vita. Non avrebbe senso alcuno. Perché dunque esitare? So
bene che non ho mai trovato posto nel tuo cuore, ma che importa? Non volevo
niente in cambio, avrei voluto solo poterti vedere…ma forse anche questo mi
sarà impossibile. Magari, dalle stelle, potrò vegliare su di te e…"
La sua voce si spezzò per il dolore, aveva il respiro affannoso e gli occhi
pieni di lacrime.
La strinsi a me, non avrei mai potuto sopportare che anche lei se ne andasse.
Non avrei mai potuto sopportare la perdita di Aska… ed invece era quello che
stava succedendo, sentivo la sua anima, piano piano, allontanarsi dal suo corpo.
"Per favore, non lasciarmi" la implorai. Avvicinai il mio viso al suo
per guardarla in quegli occhi che stavano perdendo la loro vitalità e il loro
colore.
M'asciugò le lacrime
"E' dunque questa la sensazione che si prova, quando si è fra le tue
braccia e il tuo respiro sfiora la pelle? Quante volte ho sognato il giorno in
cui, questo mio desiderio, si fosse avverato: le tue braccia che mi sostenevano
e le tue dita che accarezzavano il mio viso… I tuoi occhi solo per me. E
invece, ora che sono qui, devo andare, non posso rimanere.
Questa sensazione di pace, di totale perfezione, dev'essere abbandonata perché,
ormai, non c'è più tempo…"
Il dolore per quelle parole, il dolore della separazione erano così forte che
m'impedivano di dire o fare niente se non guardarla andarsene. Le diedi un bacio
sulla guancia per asciugarle le lacrime, ma queste si mischiarono alle mie.
"Promettimi solo una cosa, Saga: promettimi che non mi dimenticherai.
Promettimi che mi terrai sempre con te perché è lì che io voglio vivere, ora.
"
Ti terrò sempre con me, come il più caro dei tesori, come la più preziosa
delle gemme.
Avrei voluto dirle queste parole, ma non riuscivo a muovere le labbra. Tuttavia
Aska sembrò capire il non detto.
Il suo occhi persero vita, allungò le sue braccia al cielo, quasi volesse
toccare qualcosa e nell'ultimo bisbiglio di voce disse
"Mamma, papà, siete venuti qui per me? Siete venuti a prendermi? Ora
staremo sempre insieme…"
E sorrise, poi chiuse gli occhi e lasciò andare la sua mano.
Tutto era finito, la nostra gioventù. Il tempo dei sorrisi, io stesso, finito.
Mi piegai su quel corpo ormai privo di vita, ma che ancora manteneva quel
sorriso calmo di pochi attimi prima.
Persi coscienza, credo, perché non so per quanto tempo rimasi in quella
posizione, con Aska fra le braccia. Incapace, ormai, di singhiozzare, volevo che
tutto il mondo si spegnesse e volevo poter trovare la pace nel buio
***
Nel Nord, lontano dalle terre assolate di Grecia, un uomo pianse, quella
notte, conscio dell'accaduto. I suoi occhi singhiozzarono lacrime di cristallo,
consapevoli che non avrebbero mai più rivisto la sorella. Le stelle dell'Orsa
intonarono un Requiem per la figlia di quelle lande, obbligata dal destino ad
andarsene, per non tornare mai più. Erano note di profonda tristezza e
malinconia, ma anche di commemorazione per quel fiore cresciuto fra i ghiacci
che più d'una notte le aveva osservate e le aveva lodate per la loro bellezza.
Erano note per narrare di quella fanciulla agli spiriti delle foreste e al vento
stesso che, mestamente, accompagnava col suo ululato il pianto di solitudine di
un cavaliere del nord.
KANON
Guardai le mie mani e non volli credere a quello che avevo appena fatto, a
quello a cui avevo appena assistito. Nella totale incredulità, mi alzai senza
né più voce o forza. Non potevo piangere, né gridare, non potevo avvicinarmi
a quel corpo ormai privo di vita, né chiedere perdono a Saga. Avevo alzato le
mani contro mio fratello ed ero stato punito…ma perché lei? Perché Aska e
non io stesso?
Vivere nel dolore di una perdita è straziante, sapere di esserne stato la causa
e di avere aiutato l'allontanamento, equivale ad impazzire.
Volevo solo, io stesso, morire, volevo smettere di respirare, pensare e vedere
ciò che avevo compiuto.
Volevo spegnermi.
Ma questo, evidentemente, non era il mio destino. Questa parola assumeva ormai
un significato completamente diverso. Era finito il tempo in cui si era bambini,
ero stato scaraventato nell'età adulta da un burattinaio che s'era servito
delle mie mani per meglio giostrare il suo teatrino e privarmi ora di tutto.
Stolto sono stato a credere di non avere niente, è proprio vero che si capisce
il valore di ciò che sia ha solo quando questo qualcosa è stato perso…Avevo
l'amicizia di Aska, avevo il suo sorriso e le sue parole, avevo l'amore di Saga,
avevo un'esistenza, ora non ho neanche più quella.
Come posso io vivere? Come posso, privato ora veramente, del soffio divino,
privato dell'anima, pensare di trovare un senso per me stesso.
Volevo spegnermi.
E per trovare questa fine, per mettere a tacere quelle urla che ora mi
rimbombavano nelle orecchie, me ne andai, camminai a lungo, lontano. Non vi
furono parole né gesti, solo il silenzio che accompagnava l'allontanamento.
Inutile avvicinarsi a Saga, ormai le nostre strade s'erano separate per sempre.
C'era solo il silenzio che, da allora, popolò la mia mente.
SAGA
Alzai gli occhi al cielo quando era già buio, le stelle brillavano in un
cielo terso. Le guardai, stranito e non ancora conscio di quello che era
successo. Le vidi smaglianti, come mai prima, incastonate in quel blu che si
perdeva all'orizzonte. Non riuscivo a pensare, sapevo che dovevo dare una degna
sepoltura sia ad Earin che ad Aska, altrimenti la loro anima avrebbe corso il
rischio di vagare sulle rive dell'Acheronte, senza pace. Ma la sepoltura
significava consapevolezza.
Raccolsi il corpo di Earin e lo portai su di una piccola collina da cui si
vedeva Atene, la sua città. Pensai che forse, seppellirlo di fronte alla città
sacra, l'avrebbe potuto rendere felice. L'ultimo saluto di quei capelli
d'argento, l'ultimo sguardo di quegli occhi stanchi e poi la sepoltura.
Pregai, o forse implorai, non so. Le mie parole e i miei pensieri erano un misto
di irrazionale e mal detto. Non riuscivo a fare di meglio, non volevo ancora
rendermi conto di quelle poche ore che avevano cambiato la mia vita. Invocai
Atena affinché si prendesse cura del mio maestro ed ebbi la sensazione che un
lieve bagliore illuminasse le tenebre. Che fosse la sua risposta? L'aria fu
permeata di un'aura delicata: era la dea che accoglieva le mie preghiere e che
proteggeva quel luogo ormai, diventato sacro.
"Earin di Gemini, riposa in pace, veglia dal paradiso dei cavalieri su di
me e su Kanon… Mio maestro e mio educatore… forse è tardi per dirtelo, ma
ti ho voluto bene."
Ritornai di fronte casa e raccolsi il fragile corpo di Aska, ancora lì
disteso, più bella che mai. Sapevo che dovevo seppellire anche lei, ma sapevo
che forse avrebbe preferito essere avvolta da un feretro di ghiaccio, così da
riabbracciare le sensazioni della sua terra. Al Grande tempio esisteva un uomo
in grado di fare ciò… Il Grande Tempio, casa mia ormai per diritto.
M'incamminai stringendo fra le braccia quel corpo pallido ed esangue. Non
riuscivo a credere che non si sarebbe più svegliata, i miei movimenti
risultavano meccanici, pensavo quasi che, fra un po', avrebbe aperto gli occhi e
m'avrebbe sorriso.
Ero così incredulo, o forse disperato, che ad ogni folata di vento che le
scompigliava i capelli, mi convincevo sempre di più che quella sarebbe stata la
volta buona e che, finalmente m'avrebbe sollevato da questa agonia.
Ma non accadde niente, la pace che pervadeva il corpo di Aska e il vuoto che,
invece, s'era impadronito del mio animo, erano la chiara evidenza che dovevo
lasciare le illusioni alle spalle e che, ormai, ero solo.
Giunsi così alla Prima Casa, ma la vista del Grande Tempio mi colse
impreparato.Risentii le voci di Aska e Kanon, rivissi in un istante l'unica
giornata trascorsa ad Atene, ogni minimo dettaglio di quei momenti, mi passò di
fronte agli occhi. Sentii ancora una volta scorrermi le lacrime sulle guance.
Pensavo di averle terminate, ed invece piansi ancora.
Che cosa potevo fare? Dove andare? Salire alla Terza Casa e prendere il mio
posto, dimenticandomi di quello che questo aveva comportato? Che cosa fare?
Rimanere immobile aspettando la fine?
Che cosa fare?
Sentii qualcuno avvicinarsi, ma non riuscii neanche a voltarmi per vedere chi
fosse, poi una mano mi toccò con tale familiarità che riconobbi subito la
persona che era venuta a prendermi.
Muu.
Mi voltai e sentii la stretta al cuore allentarsi, rividi quegli occhi e capii
che, forse, non tutto era perduto ma, finché lui m'era vicino, avrei potuto
continuare a trovare la forza ed il motivo per vivere.
Se prima il mondo era diventato grigio ed i colori erano scomparsi, Muu mi stava
dando la speranza che avrei potuto dipingere nuovamente.
Aprii la bocca per parlargli, per chiedergli qualche cosa, per ringraziarlo, ma
non uscì che un suono inarticolato di sfogo. Si mise un dito sulle labbra,
facendomi cenno che non era necessario parlare e, con l'altra mano, m'asciugò
il viso.
Possibile che, di quel giorno ad Atene che io pensavo perduto, si fosse salvato
tutto questo? Possibile che capisse ogni minima sfumatura dei miei colori?
Poi posò i suoi grandi occhi su Aska e le accarezzò il volto con tale
trasporto da sembrare quasi palpabile
" So che il cavaliere dell'undicesima casa è padrone delle energie fredde
e Aska era abitante di Asgardh, pensi che potrebbe farmi un favore?" dissi
in un bisbiglio. Volevo accudire quel corpo, prima di pensare a me, volevo
dargli una degna sepoltura e far sì che si ricongiungesse con le stelle.
Muu mi accompagnò da Camus, ancora senza dire niente, ma sfiorandomi col suo
cosmo per cercare un contatto più intimo che la parola. Sembrò quasi
abbracciarmi e io gli fui grato per quella dolcezza e quel sostegno così forte,
ma allo stesso tempo discreto.
Sarei per sempre rimasto vicino a Muu, avrei finalmente potuto ricominciare da
capo.
Giunti all'undicesima casa, Muu portò sia me sia Camus all'altura delle stelle
e solo lì, parlò.
"Questo è un luogo sacro, protetto dagli dei tutti, e dalle stelle. L'Orsa
brilla questa sera più che mai, e cullerà il corpo di Aska, avvolto dai
ghiacci. Nessuno, né il tempo, né nemici, leverà mai mano su di lei perché
gli astri se ne prenderanno cura…"
La mia bellissima Aska fu avvolta dai cristalli, ma non perse il suo sorriso, la
salutai per un'ultima volta, ma mi fermai lì a guardarla a lungo, finché non
ebbi il coraggio di camminare ed andarmene, per sempre.
Muu rimase con me fino all'alba, quel rosa candido che tinse il cielo finalmente
prese forma e, con fatica e col tempo, ritornò ad essermi proprio. |