Song to the Siren

di kuutamo
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Only you can heal inside…. Only you can heal your life..

Tremolio alle gambe, mani che gesticolavano da sole, insofferenza: non capivo perché esisteva una piccola parte di me che in cuor suo sperava d'incontrarlo. 
Insomma non avrei saputo neanche di cosa parlare, dal momento che non avevo neanche un suo disco. Che vergogna, andare ad un concerto senza nemmeno aver ascoltato una canzone prima di allora; in teoria durante le nostre uscite questa strategia andava bene ma di solito non andavamo nel backstage a parlare con i tizi che suonavano. 
In quel momento mi pentii amaramente di aver accettato quell'invito. Sarei dovuta rimanere a casa a bere una cioccolata calda sotto il mio piumone. Quanto mi mancava in quel momento, Dio.

" Ehi, ma cos'hai? Hai un colorito verdognolo, tipo da - sto per vomitare, scansati! - tutto bene? " mi guardò preoccupata.
" Si, certo.. È forse avrò mangiato qualcosa che mi ha fatto male, mi sento un po' sottosopra"
" Ma se non abbiamo cenato nemmeno!"
" A pranzo" buttai lì veloce.
" Certo… Non è che è per via di quella storia? Guarda che dev'esserci una spiegazione, non puoi essertelo immaginato da sola"
" Non è per quello, figurati, è solo che mi sento scombussolata.. Forse dovrei mangiare qualcosa"
" Ehm, no cara, se no vomiterai per davvero in mezzo a tutti questi fichi imbalsamati. Meglio se bevi qualcosa prima, magari dell'acqua però!"
" Agli ordini " dissi mettendomi una mano sulla fronte.

A volte avevo come la sensazione di abbindolarla, ma sapevo che non erano poi così tante le frottole che si beveva. E di sicuro quella che le avevo appena detto non l'aveva neanche considerata. Sapeva quando non volevo parlare di una cosa, o meglio lo capiva, ed io apprezzavo il fatto che pur capendo che inventavo scuse, lei non insistesse sull'argomento. Infondo non mi conosceva poi così tanto: conosceva la nuova me, perché in fin dei conti era nata anche per merito suo, l'aveva vissuta; ma del mio passato, di Parigi… di tutto il resto, o meglio della maggior parte della mia vita, non conosceva nulla. Ed ero grata che le andasse bene così. Forse era per questo che l'amicizia fra di noi funzionava: non c'erano obblighi ne verità, ne tantomeno il bisogno di raccontare tutti i particolari di ogni cosa come delle tredicenni incallite. Ci dicevamo solo ciò che avevamo voglia di confidarci, e ci andava bene così. Eravamo adulte.



...It must have been an angel..


Jaqueline fu fermata da alcuni amici del giro di suo padre e mi strinse il braccio per tutto il tempo, insofferente anche lei. 

" Beh, il nostro ospite dovrebbe arrivare a momenti signorine"
" Non vediamo l'ora ! Andiamo a prenderci qualcosa da bene, volere qualcosa signor Smidth?" disse sbattendo le ciglia, prendendolo palesemente in giro senza che neanche se ne accorgesse.
" No grazie, andate pure" 
" Con permesso" dicemmo in coro.

Appena ci fummo allontanate ed avviate verso il tavolo del buffet Jaqueline esplose:
" Cristo, che palla al piede "
" Vedo che quando passi del tempo con tuo padre te ne penti presto " dissi infierendo.
" Con quello ogni mio buon proposito se ne va a fa- abbassò la voce guardandosi intorno- a farsi f******!" sbuffò esausta.

Mentre arrivavamo al tavolo, un gruppetto di ragazzi salutò Jaqueline da lontano e lei ricambiò sorridente.
" Vieni, ti presento alcuni miei amici. Saranno contenti di conoscerti "
" Preferisco rimanere qui, ho bisogno di mandar giù qualcosa. Ma tu vai pure, non devi starmi appiccicata tutta la serata, puoi prenderti una mezz'ora " scherzai.
" Ma dai, e cosa fai qui da sola? "
" Sopravviverò, tranquilla"
 Mi guardava con l'aria di chi si sente colpevole a lasciare un agnellino da solo al macello; a volte mi sorprendeva il tatto di quella ragazza.
" Và, tranquilla "
" Vieni se cambi idea, oppure fammi anche solo un cenno, ok? "
" Si, promesso" 
" Allora a dopo " disse con dolcezza, e si allontanò.

Era stata molto carina ma non avevo voglia di fare nuove conoscenze, il signor Smidth bastava ed avanzava per quella sera.
Avevo bisogno di bere, ma credo ci volesse qualcosa di un po' più forte dell'acqua.
Lo stomaco brontolava, ma non avevo fame. Così mi avvicinai al tavolo imbandito e studiai i drink. Tutta roba analcolica: succhi di frutta vari tutti analcolici, ginger analcolico, e lo champagne che odiavo. Perfetto. 

" Io prenderei il ginger, per cambiare "
Una voce alle mie spalle entrò all'improvviso nel mio campo uditivo, spaventandomi a morte.

" Mi ha spaven.." mi girai e lo vidi.


…Yes, it must have been an angel..

Era praticamente dietro di me, tanto vicino da ritrovarmi a una spanna dal suo viso. Lui. Lui era lì, non era più il mio sogno.
" Mi dispiace " si scusò con un sorriso.
Si era raccolto di nuovo i capelli in un codino: le ciocche ribelli accostate momentaneamente dietro le orecchie non c'erano più, ora erano tutte in ordine, al loro posto. 
La prima cosa che vidi però furono i suoi occhi, che mi guardavano, ancor prima di essere scoperti. 
Allungò il braccio e per un momento pensai seriamente che volesse avvicinarsi, poi prese due calici con del liquido rosso vivo e me ne porse uno.
" Le è piaciuto il concerto? " mi chiese.
Mi ero totalmente imbambolata, completamente intontita. Non credevo stesse succedendo davvero. Poi mi buttai: se dovevo morire tanto valeva provarci con stile.
" Molto. È stato… sorprendente. Mi ha davvero stupita con quel pezzo degli Oasis, è uno dei miei preferiti"
" Anche uno dei miei.. Eppure, l'ho già eseguito altre volte, che strano "
" Ah.. " mi guardai imbarazzata intorno, distogliendo piano lo sguardo.
" Lei ha l'aria… Possiamo darci del tu? "
" Si, si, certo"
" Grazie… Hai l'aria di non essere mai stata ad un altro concerto prima d'ora "
" A dir la verità… Fino a due ore fa non sapevo neanche chi fossi "
" Ah.. "
Ma che cavolo mi era preso, diavolo.
" Scusami, devo sembrarti una stupida. È che la mia amica aveva i biglietti e me lo ha detto all'ultimo momento "
" Capisco "
Disse. Sembrava che le mie parole lo avessero ferito. O forse faceva di tutto per mettermi a disagio.
Rigirava la base del calice tra le dita, e l'argento dei suoi anelli ticchettava a contatto col vetro.
" Beh, in realtà… - esordii, attirando la sua attenzione- ti avevo visto una volta, ma non durante un concerto "
" Allora non mi sono sbagliato. Quando ti ho vista, poco fa in sala, avevo avuto l'impressione di conoscerti. Dov'è successo? "
Bene, brava, sei una vera idiota.
" Ti ho sognato "
Lui si stranì, guardandomi perplesso.
" Dovrò sembrarti davvero matta, ma è la verità. Giuro che prima di stasera non ti avevo mai  sentito suonare ma non devi prenderla come un'offesa.. non ti avevo ancora..scoperto. Tutto ciò che sapevo era che suonavi il violino, e il tuo nome.. Era come se ti conoscessi da una vita, mi comportavo con così tanta.. naturalezza"
Silenzio.
" Guarda, scusami, ti ho fatto perdere del tempo. Ancora complimenti per la tua esibizione, sei stato perfetto ed anche il tuo Stradivari; è molto difficile trovare persone che lo sappiano accordare bene- dissi abbozzando un sorriso, trattenendomi in equilibrio sul ciglio di un burrone- Allora, buona serata.." 
Sorrisi imbarazzata e mi allontanai con il mio ginger, che non avevo nemmeno bevuto, affrettandomi, pregando gli dei celtici di non farmi cadere per terra e fare un'ulteriore figura di cavolo.

Ma come mi era saltato in mente, come?!
Non era qualcuno che conoscevo da una vita, era un perfetto estraneo. E con un perfetto sconosciuto a cui racconti di averlo incontrato in un sogno non fai una bella figura. Pessima decisione. 
Oltre ad essere risultata una perfetta idiota che non conosceva neanche chi andava a sentir suonare, mi ero praticamente scavata la tomba da sola  con quell'ultima perla di saggezza. 

Continuai a camminare, senza saper esattamente dove il mio subconscio mi stesse guidando, e quando uscii da un balcone mi ritrovai su una terrazza, illuminata da piccoli lampioncini in vetro e ferro battuto che disegnava motivi floreali.
Mi appoggiai sui gomiti ed avvertii immediatamente il freddo marmo che rifletteva la luce, disegnando ombre verso il panorama della città. 'È così bella' pensai.
' È così bello..' pensai.

Era così strano rivederlo. Era così strano (ri)vederlo per la prima volta sul serio, dal vivo e non solo come frutto della fantasia di un sogno. Mi sentivo peggio di prima, ma era come se mi sentissi un po' in pace, molto infondo. Era una minima sensazione, quasi impercettibile.

Sentii dei passi silenziosi e mi voltai.

Lui era già dietro di me; me l'aveva fatta di nuovo.
" Sai, non credo tu sia matta.."
Mi guardò, osservandomi in ogni particolare: ogni parte che i suoi occhi esaminavano era come se andasse a fuoco, come se ogni sguardo provocasse un'abrasione. Il suo fissarmi m'inchiodava, rendendomi impossibile anche il più semplice dei movimenti. Una ciocca di capelli m'invase in viso, disegnando una linea storta, e vidi tutto rosso.
Se ne accorse e con una mano, continuando a mantenere il contatto visivo, la scostò delicatamente posandola vicino alle altre ciocche e schiuse le labbra.
" ..anch'io ti ho già vista "
" E dove? " chiesi curiosa. Pensai che forse potevo trovare una risposta a tutte quelle assurdità.
" Credo in un'altra vita " disse con rammarico.
" Già.."
" Oppure, chissà, in un sogno.. " le labbra si allargarono in un sorriso.
" Scusami, sono stata davvero inopportuna poco fa, non avrei dovuto "
" E perché? Non hai fatto nulla di male "
" Una persona così non dev'esserti sembrata molto normale.."
" Per me lo sei molto di più tu di tutte quelle persone false che ti elogiano per ricevere la loro quota d'attenzione "
Sorrisi. Quelle parole mi fecero piacere. Chissà come doveva essere stressante girare il mondo e sentirsi ripetere sempre le stesse cose.
Finalmente avvicinai il calice alla bocca e bevvi il primo sorso della bevanda rossa e frizzante, dal retrogusto amaro. Lui fece lo stesso e poi mi porse la mano.
" Comunque, io sono David, è un vero piacere conoscerti "
" Desdemona, il piacere è tutto mio "
" Desdemona..che nome insolito - disse osservandosi intorno compiaciuto- ti sta bene "
" L'unica cosa che mi piace di questo nome è che posso festeggiare l'onomastico il giorno di Ognissanti , perché è un nome adespoto. Per il resto però non mi piace poi così tanto… Insomma, mi fa pensare ad una biondina rifatta o ad un'arpia " 
Scoppiò a ridere fragorosamente, socchiudendo gli occhi.
" No no credimi, d'ora in poi invertirai la tendenza. Quando sentirò di nuovo questo nome penserò alla misteriosa ragazza sognatrice dai lunghi capelli rossi "
Arrossii. Pregai che non se ne fosse accorto e provai a guardarlo. Era molto strano, ma nonostante quell'imbarazzo che si prova parlando a una persona per la prima volta, sentivo che avrei potuto raccontargli qualunque cosa avesse voluto sapere. Era come la chiacchierata di due amici che magicamente si ritrovano. Ed io sentivo quella medesima sensazione: era come se lo avessi ritrovato.
" Se lo dici tu..  Comunque anche tu hai dei bei capelli " buttai lì, non sapendo assolutamente cosa dire.
Lui sorrise e alzò il braccio portandolo alla nuca: si slegò il codino ed infilò l'elastico al polso. Scosse delicatamente la testa.
" In verità non mi sono mai piaciuti, cerco sempre di cambiarli "
" Beh, anch'io… Non sono una che si piace molto "
" Dovresti " disse. Che imbarazzo, imbarazzo puro.
Alzò lo sguardo, ora incorniciato dai capelli biondi che ricadevano ai lati del volto. I suoi occhi erano color cioccolato, scuri e profondi. Si voltò verso il panorama e io lo seguii.
" Allora, Desdemona, da quanto suoni? "
Sbiancai. Ringraziai che fosse buio e che non mi stesse guardando.
" Come scusa? "
" Qualcuno che riconosce uno Stradivari al primo colpo e che sa determinate cose sulla sua accordatura, deve saperla piuttosto lunga, non credi? "
Ma come diavolo aveva fatto? Colpita e affondata.

" Eccoti, ti ho cercata dappert… " Jaqueline si fermò e per poco non gli cadde la mascella per terra. La raccolse e poi ricollegò il cervello con uno spinotto.
" Salve! Splendido concerto ! Davvero, sei stato formidabile! "
" Oh, grazie, sei gentile "
" Questa è la mia amica, Jaqueline "
" Molto piacere " si strinsero la mano.
Le sue guance si fecero rosse ma presto riprese a parlare.
" Ero venuta per dirti che gli altri mi hanno chiesto di andare con loro in un locale, vuoi venire? "
Mi guardai le scarpe. Avrei dovuto tornare a casa da sola.
" Mhm, l'idea non mi fa impazzire, credo che me ne andrò a casa. Dì loro che mi scuso "
" Sei sempre la solita, un po' di house non ha mai ucciso nessuno- sbuffò, poi si rivolse a David; le cose avevano preso una piega alquanto strana- Sai, lei stasera è andata a nozze con la tua musica, non è stata così attenta neanche quando l'ho portata a vedere i Black Sabbath " scosse la testa rassegnata.
David mi guardò ridendo, forse mi capiva.
" Sono due cose diverse " dissi in imbarazzo, giocherellando con una ciocca di capelli.
" Si si, tanto ho perso le speranze tempo fa, che vuoi farci… Ci vediamo domani, passo in libreria. Ciao David, e ancora complimenti ! "
Lui annuii e lei s'incamminò rientrando, poi si voltò.
" Cavolo, come torni a casa? "
A piedi, brutta scema.
" Prendo un taxi " la guardai con gli occhi ridotti a due sottili fessure. Lei fece una smorfia.
" Se vuoi dico a mio padre di darti uno strappo "
Nel mentre, lui guardava i nostri movimenti, come se ci stesse studiando, osservando. 
" Non importa, non voglio disturbarlo "
" Come vuoi, però se cambi idea è ancora dentro "
" Va bene "
" Ci vediamo. Ciao! "
" Buonanotte " dicemmo in coro.

Rimanemmo soli di nuovo: Jaqueline mi aveva offerto solo una piccola pausa che mi aveva consentito di respirare. Ora si ritornava in battaglia, in un campo di mine. Ero ancora tremendamente nervosa, ma più lo guardavo e più il suo viso m'infondeva un profondo senso di calma.

" Se vuoi posso farti accompagnare dal mio autista " disse d'un tratto, ricollegandosi alla conversazione di pochi attimi prima. Non capivo se era un suo strano modo di offrirmi un passaggio, o un modo carino per dirmi che non mi avrebbe portato a casa di persona. Tanto meglio, mi sarei evitata ulteriore imbarazzo.
" Sei molto gentile, ma prenderò un taxi, qui a Vienna non sono molto costosi, sai? "
" Era un modo più sicuro per farti arrivare a casa, ci sono molti svitati in giro, sai? " mi fece il verso.
" Beh, per quanto ne so anche tu potresti esserlo " risposi per le rime. Lui rise portandosi una mano alla bocca. Mi piacevano davvero molto i suoi anelli, erano grandi, d'argento, massicci e molto particolari. Non avrei mai potuto trovarli in giro, pensai. Lui mi sorprese mentre osservavo interessata la sua mano.
" Cosa guardi? "
" Gli anelli.. " se li guardò.
" Piacciono molto anche a me "
Aveva davvero delle belle mani, mani da musicista. Il tipo di mani che gli artisti nel passato disegnavano, con tutte quelle venature ed ombre piene di particolari.
" Secondo me sono una di quelle cose che la dice lunga su chi siamo "
" Già. La penso come te "
" Un violinista non porterebbe mai degli anelli - gli appuntai- ma tu è evidente che non sei… come gli altri "
" Lo prendo come un complimento? "
" Ti lascio con il beneficio del dubbio - dissi scostandomi dal marmo a cui ero appoggiata di schiena- Ora devo proprio andare, è stato bello conoscerti "
" Beh, ora almeno se ti capiterà di sognarmi, saprai chi sono " mi prese in giro.
" Già, ora posso dirlo. Ti auguro una buona serata e che abbia tutto ciò che desideri dal tuo futuro "
" Anche io, è stato un piacere conoscerti, mi auguro che ti abbia convinto in qualche modo ad ascoltare la mia musica "
'Eccome'
" Ti prometto che domani appena esco di casa, compro il tuo disco "
" Ci conto, eh " mi puntò il dito contro.
" Ciao.."
Gli sorrisi per l'ultima volta e poi mi strinsi nelle braccia incamminandomi. Lui si voltò verso le luci della città e si perse; lo sentii fare un respiro profondo.
" Aspetta.. - mi fermò e si girò sui piedi - Mi tratterrò ancora un giorno a Vienna, e… Ti andrebbe di vederci per un caffè? Mi piacerebbe molto continuare a parlare di musica "
Bam. 
Il cuore tentennò. Sorrisi piano e poi mi voltai, i capelli scompigliati di nuovo dal vento. Ora però anche i suoi si muovevano come animati da una forza oscura, coprendogli parte del volto.
" Verresti? " chiese. 
Io ci pensai, o almeno finsi di pensarci.
" Sarebbe bello…"
" Allora facciamo mhm.. alle 10?
" Per me va bene.. Dove? "
" Sono stato poco qui a Vienna, tu conoscerai molti più posti di me.. "
Io non ci giurerei, pensai. C'era un caffè che mi piaceva molto, in una zona molto bella della città.
" ..Allora al Café Schwarzenberg alle 10, è uno dei caffè più antichi della città "
Non potevo crederci; doveva aver battuto la testa.
" Allora sarà fantastico "
" A domani- dissi, ancora scioccata, tentennante, diffidente da quella realtà. Sperai tanto di non averlo dato a vedere. - Buonanotte "
" Buonanotte " disse, e suggellò così quel nostro primo (per così dire), inaspettato incontro.


La notte ora che ero da sola appariva così tenebrosa e cupa: le ombre dei palazzi creavano disegni gotici che avevano vita propria. Nell'aria c'era ancora l'odore della pioggia; la fredda notte di aprile suscitava brividi sulla mia schiena. Stringevo il soprabito al petto e guardando le nuvolette d'aria biancastre salire verso il cielo, mi accorgevo di quanto ancora era bella quella città. Il suo fascino non sarebbe mai svanito.


..I am nothing but a shadow in the night.





Note:

La canzone citata nel capitolo è Angels Walk Among Us degli ANATHEMA. Mentre quella citata nella scena finale è Part II dei PARAMORE .

Il Café Schwarzenberg esiste davvero e si trova nei pressi della stazione di Karlsplatz ed è uno dei più antichi, esistente fin dal XIX secolo.

Alla prossima!







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