S come Sacrificio
S come
Sacrificio
“Egli
ha saccheggiato i nostri mari, razziato le nostre coste, bruciato le
nostre città e distrutto le vite della nostra gente. Egli sta in
questo momento trasportando grandi eserciti di mercenari stranieri per
completare il suo lavoro di morte, desolazione e tirannia, già
cominciato in circostanze di una crudeltà e perfidia che
difficilmente trovano paralleli nelle età più barbare e
del tutto indegno del capo di una nazione civile. Egli ha costretto i
nostri concittadini presi prigionieri in alto mare a prendere le armi
contro il loro paese, a diventare i boia dei loro fratelli ed amici,
oppure cadere essi stessi per mano loro.”
[Dichiarazione d’Indipendenza,
Crimini del Re d’Inghilterra]
La
porta cedette solo dopo la terza spallata. Il fuoco aveva inghiottito
ogni cosa e il fumo gli rendeva difficile respirare: i polmoni
sembravano bruciare come il legno della cascina. Connor non vi
badò, spinto ad andare avanti da un unico pensiero: salvare
Giselle. Dove l’avevano rinchiusa i Templari? Da qualche minuto
non si sentivano nemmeno più le sue grida d’aiuto. Il
giovane si immobilizzò, attanagliato da un’improvvisa
paura: aveva quattro anni quando aveva visto morire tra le fiamme la donna
più importante della sua vita, sua madre, ed in quel momento gli
sembrò di star rivivendo lo stesso inferno di fuoco; era
stato incapace di salvare Ziio, ma allora era stato solo un bambino. Ora era
un uomo, un Assassino, un combattente e non poteva
perdere, per la seconda volta, la persona amata per colpa delle fiamme.
Evitò appena in tempo una trave infuocata, staccatasi dal
soffitto ardente, gettandosi bocconi sul pavimento; rotolò sulla
sinistra, scartando una pioggia di scintille, e poi la vide:
c’era una porta chiusa, l’unica non aperta di tutto il
corridoio.
Con un calcio sfondò il battente, bruciacchiato e fatiscente,
lanciandosi all’interno della stanza: Giselle era lì per
terra, priva di sensi, accasciata su se stessa.
Con la vista annebbiata, Connor si precipitò accanto alla
ragazza e si accorse che respirava ancora, seppur debolmente.
Sollevandola senza sforzo, si preparò a fare a ritroso il
percorso accidentato che l’aveva portato fin lì.
Non poteva finire così, quel maledetto Robespierre
l’avrebbe pagata cara. Aveva inseguito Charles Lee in capo al
mondo, anche in mezzo al fuoco -come ora- e, di certo, a quel francese
non avrebbe applicato alcuno sconto.
Arrivato davanti alla rampa, si rese conto che non c’erano
più le scale, distrutte dall’incendio. Imprecò
sottovoce e cominciò a guardarsi intorno, cercando
disperatamente un modo per lasciare quella bolgia di calore.
Notò una finestra e decise di tentare il tutto per tutto.
Dopo aver rotto i rimasugli del vetro e dell’intelaiatura di
legno, guardò giù e scorse, felice, un covone di paglia:
l’unica cosa da fare era un duplice Salto della Fede. Non
l’aveva mai fatto con una persona incosciente al seguito, ma
doveva provare.
Si issò Giselle in spalla e si tuffò, pregando che
nell’impatto nessuno dei due si rompesse qualche osso o peggio.
Con sua grande sorpresa, l’atterraggio fu perfetto.
«Richard!» chiamò Connor, sputando pagliuzze di fieno, con voce arrocchita dal fumo.
La squadra degli Assassini sopravvissuti allo scontro con i Templari arrivò di gran carriera.
«Connor! Abbiamo perso Mathieu... Ma abbiamo fatto dei prigionieri...»
«Dannazione, Mathieu! Interrogheremo i prigionieri appena possibile, ora aiutami a mettere Giselle a terra!»
Entrambi i giovani poggiarono, con somma cura, la ragazza sul prato.
«Portate dell’acqua, presto!»
Due reclute si allontanarono per tornare subito dopo con una borraccia di pelle.
Connor prese il pugnale e tagliò di netto i lacci del corsetto
della fanciulla, così da agevolarla a respirare: accidenti a lui
e quando le aveva imposto di spacciarsi per la viscontessa Marie-Jeanne Roland per
ingannare i Templari!
Nel frattempo, Richard e Pierre chiamavano a gran voce la ragazza,
cercando di farle riprendere i sensi; Connor non riusciva a parlare, tramortito dal pensiero di essere arrivato tardi un’altra volta. Fu allora che
Ratonhnhaké:ton ebbe paura che Giselle se ne fosse andata per
sempre, come sua madre, e, per la prima volta, si rese conto di tenere
a quell’irriverente ragazzina molto più di quanto pensasse.
In quel momento la fanciulla tossì e schiuse lentamente gli occhi: «Connor...»
Il
ragazzo, ansimante per lo sforzo, per il terrore e per il fumo che
ancora gli saturava i polmoni, si avvicinò trascinandosi
sull’erba secca.
«Mi... Mi hai salvata» mormorò ella, tossendo ancora.
«A
quanto pare» disse Connor, pensando che forse non c’era
più tanto motivo di essere austero con quella ragazza.
Giselle trovò il modo di mettersi seduta, nonostante le proteste
di Pierre; guardò Ratonhnhaké:ton solo per un secondo,
prima di saltargli al collo e mettersi a singhiozzare. Si era sempre
fatta vedere forte e combattiva e un pianto liberatorio, dopo tutto
quello che era successo, era più che legittimo.
Con un certo imbarazzo, il nativo ricambiò l’abbraccio e
constatò che certi gesti semplici potevano essere molto
più difficili che centrare il bersaglio nelle
condizioni più avverse.
«Direi
che si è svegliata. E che ha trovato anche ciò di cui ha
bisogno per riprendersi del tutto» commentò Pierre,
lanciando un’occhiata divertita a Connor e suscitando
l’ilarità degli astanti. Egli rispose inarcando un
sopracciglio.
Il gruppo di Assassini si sparpagliò intorno al rudere, cercando
di soffocare le ultime fiamme e il ragazzo rimase solo con Giselle, la
quale si era finalmente calmata, seppur fosse rimasta tra le sue
braccia.
«Non
so se è peggio aver rischiato di morire per colpa di quei
bastardi Templari, l’essere stata presa in giro da mezza
Confraternita oppure averti mostrato la mia debolezza»
commentò la giovane.
«Non c’è debolezza nell’essere stata quasi seviziata da dieci uomini armati...»
«Connor, hai capito di quale debolezza parlavo!» esclamò Giselle, stizzita e discretamente imbarazzata. Fece per allontanarlo ma Ratonhnhaké:ton,
deciso, la trattenne ed ella cedette, stringendosi di nuovo a
lui. Il sole, eclissandosi all’orizzonte, pareva voler dire una
cosa sola: questa volta, la lotta per la libertà non aveva preteso nessun sacrificio.
[869 parole]
***
Gérald
passeggiava avanti ed indietro sul portico della villa dei de
Grandpré, sperando che il piccolo Louis smettesse di piangere e
finalmente si addormentasse.
«Questo
bambino è esattamente come la madre, di riposare non ne vuole
proprio sapere» commentò il ragazzo con un sospiro.
Aveline rise di cuore.
«Magari soffre solo il caldo. L’umidità della Louisiana d’estate metterebbe a dura prova chiunque».
La giovane si alzò, avvicinandosi a marito e figlio.
«Me ne occupo io, tu vai a sederti, è un’ora che passeggi senza fermarti!»
Gérald consegnò con cautela il fagotto nelle mani di
Aveline e prese posto sulla panchina bianca, sistemata vicino alla
porta d’ingresso.
Dopo qualche minuto Louis smise di piangere, lasciandosi cullare dalla
ninna-nanna di Aveline, ricavata da uno dei pochi ricordi nitidi da
bambina, quando sua madre Jeanne la cantava per lei.
A quell’ora tarda, nessuno era più in strada e le voci che provenivano dalle case circostanti giungevano ovattate.
La ragazza si sedette accanto a Gérald, continuando a cullare il bambino.
«Finalmente si è addormentato» sussurrò il giovane uomo, guardando con apprensione il figlio.
«Basta saperci fare» rispose Aveline sottovoce.
«È
incredibile come appena cali il buio si animi così.
Probabilmente non vede l’ora di assumere anche lui la sua
identità notturna di Assassino» ipotizzò il
ragazzo, carezzando una guancia paffuta di Louis.
«Non è detto che scelga questa strada. Anzi, se non lo facesse sarebbe meglio. Credo che sia troppo rischiosa» ribatté l’Assassina, inquieta.
Ella
sapeva bene quali rischi comportava abbracciare la causa della
Fratellanza. Lei stessa, prima di poter pensare a farsi una famiglia,
aveva dovuto servire per anni la Confraternita. E se suo figlio fosse
morto in una delle missioni? Se lo sarebbe mai perdonato? Oltre a
sacrificare parte della sua vita, in nome della libertà che
perseguivano gli Assassini, avrebbe potuto anche sacrificare suo figlio?
«Forse
dovremmo solo aspettare che cresca e che decida lui cosa fare della sua
vita. La scelta di seguire il Credo della Confraternita deve essere
presa in libera autonomia» obiettò il giovane.
«Sì, è la cosa migliore» mormorò la donna.
Di certo, qualunque cosa fosse stata, Aveline ci sarebbe sempre
stata per il suo Louis. E, qualunque cosa avrebbe scelto, non
l’avrebbe mai lasciato solo.
[370 parole]
***
Aveline de Grandpré,
Connor Kenway e tutti gli altri personaggi di Assassin’s Creed
III/Liberation appartengono alla Ubisoft e alle sue varie
divisioni, io li ho presi in
prestito senza pretesa alcuna; solamente gli OC e la grafica del
titolo appartengono a me.
Ringrazio la mia Anto
per aver letto ancora una volta in anteprima.
***
Salve!
Ed eccoci qui, giunti alla fine di questa raccolta: come promesso, a metà mese (circa) è arrivato l’aggiornamento.
So perfettamente che la prima non è una flash-fic, avendo
abbondantemente superato il limite della cinquecento parole, tuttavia
ho
deciso di lasciarla così, senza tagliare: non avrebbe altrimenti
reso
ciò che volevo.
Prima di passare ai saluti e ai ringraziamenti, volevo darvi una nota
su Marie-Jeanne Roland, la musa ispiratrice dei Girondini (ovvero la
fazione più moderata della Rivoluzione): a quanto pare, mentre
veniva condotta alla ghigliottina, pronunciò la frase O Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome!
Quindi ho potuto collegare questo personaggio (seppur citandolo
solamente) alla mia raccolta sia per il riferimento alla tematica
portante, sia perché credo che sarebbe stata bene tra le file
degli Assassini (o comunque come simpatizzante della Confraternita).
Chissà cosa ci riserverà Assassin’s Creed Unity con la sua Rivoluzione Francese canon; prossimamente lo sapremo.
Detto questo posso salutarvi, augurandomi che questo mio esperimento possa essere piaciuto almeno un po’.
Ringrazio
chi ha letto, chi ha avuto pazienza, chi ha messo la storia in uno dei
suoi elenchi, chi mi ha fatto sapere la sua, chi me la farà
sapere in seguito.
Grazie, grazie a tutti.
Halley S. C.
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