Io, Shila, ricomincerò da qui

di Canto_della_notte
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Qualcosa giace davanti a me.
Nonostante sia afflosciato al suolo, sembra solido e lungo circa 170 centimetri. Non vedo bene.
Cosa può essere?
Forse uno di quei soffici, ma nonostante ciò,stranamente consistenti, chilometrici cuscini dei divani di qualche stravagante Sodd? Ma che ci fa una cosa così costosa buttata lì, in una sudicia strada sgangherata?
Non ha senso.
Strizzo gli occhi per mettere meglio a fuoco e capisco che non è un cuscino.
Purtroppo non è un cuscino, ma vorrei che lo fosse:è una persona.
Non respira: è un cadavere.
Sta lì, esanime, imbrattato di fango secco. No, non fango: sangue secco. Spinta da uno strano senso di curiosità misto a timore mi avvicino: i lineamenti, un tempo virili e perfetti, sono tumefatti e deformi; tuttavia riconoscibili, mi sembrano familiari.
Perché sono familiari.
A chi appertengono?
Appartengono a una persona che sorrideva sempre; una persona che emanava un intenso calore; una persona che non meritava di morire.
Non così.
Tuttavia, non ho la più pallida idea di chi...
Un urlo straziante squarcia inaspettatamente l'aria, portandomi bruscamente alla realtà, lontana dai miei pensieri. Mi giro di scatto per individuarne la provenienza: una sudicia e malandata ragazzina. Ha all'incirca diciassette anni, due grandi occhi blu, screziati d'oro.
Così belli.
Così vuoti.
Se ne sta in ginocchio all'interno di quello che sembra essere stato un negozio di scarpe.
Mi avvicino.
Mi sta spaccando i timpani.
Quando mi alzo e mi incammino zoppicante verso il negozio, Spaccatimpani mi imita. Mi vuole chiedere aiuto? Tanto importa, basta che si tappi quella bocca.
Sono ormai a qualche centimetro da lei, quando sento la mia testa sbattere contro qualcosa di duro, feddo, trasparente...vetro. Appoggio la mano sulla superficie liscia e perfetta.
Spaccatimpani fa lo stesso.
Poi capisco : sono io Spaccatimpani. Sono io che sto urlando. Sono io la ragazza dagli occhi vuoti.
Provo un dolore lancinante nel vedere quel cadavere abbandonato sull'asfalto. Almeno non è solo : tanti piccoli, grandi, stretti, larghi corpi lo circondano.
Provo dolore per la loro morte, pur non ricordando chi siano. È come se l'unico a ricordare, a piangere la loro perdita, fosse il mio corpo. Solo il mio corpo. Smetto di urlare.
Vorrei urlare ancora e ancora, ma il forte bruciore alla gola me lo impedisce.
Sposto l'attenzione dal bruciore a un brusio alla mia sinistra: un fastidioso parlottare sommesso. Due donne grassocce mi osservano:《Povera cara, deve soffrire così tanto. Gli Incursori non ci sono andati leggeri》, commenta la prima dalla voce rauca.
《Deve sentire freddo, coperta solo da quel vestitino. Oh, cielo, quanto è ... Brutto!! Vero, Clemente?》, sentenzia la seconda dalla voce stridula.
《Decisamente il più brutto che abbia mai visto , Adelma!》, conclude Voce Rauca.
Cominciano a sparlare dell'unico vestito che ho.
Sono sola, dolorante, scioccata e loro sparlano di me.
Non hanno nient'altro da fare, eppure,qui , c'è così tanto da fare: ad esempio controllare se ci sono sopravvissuti; invece loro parlano: stanno, lì, ferme e parlano.
Parlano e parlano ancora, ininterrottamente.
Basta: tacete, fate silrnzio.
Continuano.
BASTA. FINITELA.
Prendo un sasso appoggiato vicino ai miei piedi e lo tiro nella loro direzione, con violenza, rabbia... disperazione.
Tacciono per un impercettibile secondo poi, senza neanche degnarsi di guardarmi, ricominciano peggio di prima: ad alta voce, così che possa sentire tutto, per filo e per segno.
《SMETTETELA!》.
Mi ignorano.
Rabbia cieca mi esplode in ogni singola cellula del corpo: le tempie iniziano a pulsare sempre più forte e il mio respiro diventa affannoso.
Voglio solo che la smettano; solo questo.
Se solo fosse possibile strappare loro la Voce da quei colli appesantiti da grasso cadente e flaccido...
Le sto fissando rabbiosamente da alcuni minuti, quando le vedo smettere di parlottare e sbiancare improvvisamente in volto: strabuzzano gli occhi; si toccano con sguardo incredulo la gola e saltellano.
Muovono freneticamente braccia e gambe: sembrano scimmie in astinenza da banane.
Scimmie ciccione in astinenza da banane che saltellano.
Sto per scoppiare a ridere quando avverto qualcosa di... denso, palpabile, eppure invisibile attraversarmi le viscere.
Mi scalda. Mi dà energia.
Cos'è? È così... deliziosamente inquietante.

Ritorno alla realtà: ormai non sono più in quel paesino senza nome, mezza morta e mezza viva.
Senza memoria.
Adesso sono in una casa di un regno sconosciuto difronte a una ragazzina, svenuta dopo che le ho tirato un pugno.
Mi ricorda molto la me stessa di allora: fragile, inerme e spaesata.
Mi avvicino al letto, dove ho appoggiato il mio borsone da viaggio, ed estraggo dal logoro tascone blu due corde; ritorno dalla ragazza, le lego i polsi con la prima corda e, con la seconda, faccio lo stesso con i piedi.
Sento che il Libro è qui vicino, ma non riesco ad individuarne l'esatta posizione: sarà lei a dirmi dove si trova .




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