ffledapple1
Parte I
Friendship
- Capitolo 1 -
Elizabeth si stiracchiò sulla panchina dell'areoporto di
Incheon
e gettò un'altra occhiata all'orologio analogico che
troneggiava
appena prima dei banconi del check-in. Le sue lancette si muovevano
troppo lentamente, ed il tempo sembrava rallentare ogni secondo di
più. Quel coso era sicuramente rotto.
Per sicurezza controllò anche il cellulare, ma segnava lo
stesso orario.
Beth imprecò.
Di solito i voli ritardavano, invece il suo, quello che da Brisbane
l'aveva portata a Seoul, aveva trovato bel tempo, nessuna turbolenza e
aveva planato sulla pista con mezz'ora d'anticipo. All'inizio
era contenta, perchè in questo modo non avrebbe fatto
aspettare
Jason.
Tuttavia, proprio mentre lo pensava, aveva ricevuto un messaggio dal
ragazzo che la avvisava di un imbottigliamento allucinante a causa di
un incidente da cui non sarebbe riuscito ad uscire per almeno una
mezz'ora. Perderò
tempo al ritiro bagagli,
si era detta. E invece la sua valigia nera era stata la prima ad
uscire: era stata tentata di lasciarla scorrere sul nastro per un paio
di giri. Così... Per perdere un po' di tempo... ma alla fine
l'aveva raccolta e si era trascinata fuori.
Ed ecco un altro messaggio di Jason che tirava maledizioni contro i
vigili e la loro progenie per come stavano gestendo la situazone.
Ancora tre quarti d'ora. O così diceva il navigatore.
La giovane gli aveva risposto di non preoccuparsi, avrebbe fatto un
giro, poi era andata in bagno, si era sistemata i lunghi capelli
corvini e aveva preso
una brioches con cappuccino al Nespressobar.
Era tornata in bagno e si era sistemata il trucco leggero. Aveva
rinforzato la linea della matita marrone -non le piaceva nera,
perchè creava troppo contrasto con i suoi occhi celesti-
sopra
l'occhio, poi l'aveva tolta e
l'aveva sistemata come prima. Si era spruzzata ancora un po' di profumo
e poi aveva trascinato se stessa e la valigia su una panchina. Aveva
avvisato Jason che sarebbe stata al terminal 2 davanti al gate 18. Lui
aveva risposto con un messaggio dove citava una canzone che lei non
conosceva.
Sicuramente era colpa della noia.
Lo intimidì di prestare attenzione alla strada, che non era
necessario un altro incidente, ma lui continuò ad inviarle
messaggi finchè non annunciò di vedere
l'aeroporto; quindi Elizabeth si alzò, si diresse verso il
gate e iniziò
a cercare una Mercedes grigia nella fila interminabile di automobilisti
che correvano sulla strada davanti all'aeroporto. Bella impresa. Tre
quarti delle vetture erano grigie e cinque sesti di queste Mercedes.
Tuttavia aveva un altro indizio: sapeva anche che Jason sarebbe stato
solo, perchè sapeva che la Starkim avesse concesso il giorno
libero solo a lui e
non all'intera band. Perciò la ragazza distoglieva lo
sguardo
dall'interno delle auto nonappena si accorgeva che al loro interno vi
era più di una persona.
Ma ecco che, ad un certo punto, circa la duecentesima Mercedes grigia
rallentò, abbassò il finestrino e urlò
un rapido
"Vado a parcheggiare!" nella sua direzione e si allontanò.
Elizabeth non pensava che il tizio si stesse rivolgendo a lei,
perchè era biondo, e lei Jason se lo ricordava con i capelli
scuri, quindi tornò a scrutare l'orizzonte in cerca
dell'amico.
"Steinhaus! Signorina Bebe Steinhaus!"
La giovane si voltò. Il biondo della Mercedes era diretto
verso
di lei con un sorriso raggiante che gli distendeva le labbra.
Spalancò gli occhi.
Quel tipo era sicuramente il suo ex compagno di studi Jason Jang per
un'infinita serie di motivi, tra i quali il suo modo di camminare
sicuro e deciso e il modo con cui aveva attirato la sua attenzione:
nessun suo compagno di corsi l'aveva mai chiamava per cognome e nessuno
si era mai rivolto a lei con lo stupido diminutivo che le aveva
appioppato sua nonna -lei era tedesca e non apprezzava il nome
anglofono della nipote, quindi accorciava ulteriormente il diminutivo
più comune "Beth" con un germanofono "Bebe", così
erano
tutti contenti, tranne la diretta interessata, a cui veniva la pelle
d'oca tutte le volte che si sentiva chiamare in quel modo. Non le
piaceva per niente. Le sembrava ridicolo.
Tuttavia in
quel momento era quasi felice di sentire quel nomignolo.
"Presente, dottor Jang!" Sventolò la mano in
risposta al
suo saluto e, trascinando il trolley, gli volò incontro.
Lui si fermò e splancò le braccia, il sorriso
più
ampio di prima, e Beth mollò la valigia sul marciapiede per
correre ad abbracciarlo.
Ecco. Altre due cose non erano cambiate da quando si erano visti
l'ultima volta; una era il dopobarba che usava, l'altra erano gli
occhiali da sole, tenacemente indossati ad ogni ora e in ogni
occasione. In compenso sembrava più magro. Sciolse
l'abbraccio.
"Come stai?"
"Che hai combinato ai capell... bene grazie. Tu?"
"Lol bene... Idea della Starkim... ti piacciono?"
"No."
"Ma come?" Lui rise. "Piacciono a tutte le mie fan" Si passò
una mano tra i capelli.
"Vuol dire che sono infami. Moro stavi meglio." Elizabeth
allungò una mano per passarla tra le sue ciocche "Oddio come
sono morbidi... Jason dammi il tuo shampoo. Subito. Ora. Adesso. Lo
voglio."
Lui rise e sciolse l'abbraccio: "Qui in mezzo alla strada? Bebe,
aspetta almeno di arrivare in alberg... ahia!" Lei gli aveva tirato uno
scappellotto, facendolo ridere di nuovo."Che c'è? Sei tu che
hai
iniziato! Ti porto la valigia..."
"No Jas... il pugno era per il nomignolo... lo sai che lo detesto... e
non ti preoccupare, ce la faccio da sola"
Ma lui non aveva atteso che la ragazza terminasse la frase; si era
appropriato del suo trolley e lo stava trascinando lungo il marciapiede.
"Oh beh... grazie..." Lo raggiunse. Jason aveva sempre avuto delle
buone maniere, e a Beth erano sempre piaciute le persone con un giusto
senso civico. Insomma. Il mondo è ipocrita e falso, quindi
tanto
vale esserlo meglio degli altri.
"Di nulla, Beth... com'è andato il volo?"
Nel frattempo avevano raggiunto l'auto e Jason aveva caricato la
valigia della ragazza nel bagagliaio, per poi immettersi nuovamente
nell'autostrada.
"Fin troppo bene. Siamo atterrati con mezz'ora di anticipo... "
"Ah... ti sarai annoiata ad aspettarmi..."
"Troppo. Stupido incidente" Rise la giovane, facendo ridere anche Jason.
Partirono, ma il traffico continuava ad essere una matassa
aggrovigliata che si districava lentamente e pesantemente, ringhiando e
sbuffando nuvole di monossido di carbonio, e ci due ci misero un'ora
prima di uscire da Incheon. Elizabeth gli parlò del viaggio
e
della noia mortale a cui era stata condannata dalla diligenza della
Qantas. Avrebbe preferito il brivido di un paio di
turbolenze, qualche vuoto d'aria... anche solo un'hostess con le balle
girate andava bene! Ma nulla... Sorrisi e nuvole che neanche in
Paradiso.
"Non ti lamentare... c'è gente che ammazzerebbe per avere un
volo come il tuo" Jason era sprofondato nel sedile e combatteva con un
incipiente tallone d'Achille che stava per insorgergli a causa del
movimento meccanico repentino tra freno, frizione ed acceleratore. Per
fortuna Elizabeth sapeva come rendere interessante anche il racconto di
un volo noioso.
"Sono nata in una delle terre più pericolose del pianeta...
la
tranquillità mi fa cadere le braccia!" Rispose lei
incrociando
le suddette e seguendo con lo sguardo un uomo che, da come gesticolava
al telefono, sembrava avere tante braccia quante la dea Kali.
"Ah certo... James Cook II, ti piacciono ancora le brioches alla
crema?" Il ragazzo rischiò un tamponamento per guardare
Elizabeth negli occhi e sorridere, lei sgranò i suoi e si
rianimò: "Certo che mi piacciono!" Se n'era ricordato!
All'università, durante una di quelle giornate da suicidio
che
prevedevano quattro lezioni di due ore ciascuna una in fila all'altra,
passava quasi sempre in una caffetteria lì intorno, la
BlumenBaum Baker's, che sfornava delle deliziose brioches fresche
ripiene di crema e ne comprava due: una da mangiare subito e una per
metà mattina. In teoria. In realtà una per
metà mattina, metà da mangiare subito e
metà da
regalare a Jason.
"Sono sul sedile posteriore... volevo ricordare i vecchi tempi e
riscattarti di tutti i carboidrati che ti ho sottratto in due anni" E,
approfittando del semaforo rosso, il ragazzo si voltò
indietro e prese un
sacchetto bianco con dentro una scatola.
"Jas, non dovevi!" Lo ringraziò Beth, prendendo la borsa con
entrambe le mani per sistemarselo in grembo. Era eccitata come una
bambina a cui hanno regalato una nuova bambola.
L'altro rispose con un gesto vago della mano: "Ormai saranno fredde...
e non sono del BB... però sono buone lo stesso, fidati di
me."
In quel momento scattò il verde e Jason premette
l'acceleratore,
gongolando per essere riuscito a far felice l'amica. Ecco una
qualità di lei che gli piaceva: non aveva gusti difficili e
bastava poco per vederla sorridere. Infatti, dopo un "chissenefrega",
Beth aprì la scatola e lasciò che l'aroma dolce e
fragrante dei croissant riempisse l'abitacolo, poi ne prese una e
l'addentò. "Mh! Dio quanto sono buone" commentò.
"Lo so. Me ne dai metà?" Ridacchiò il ragazzo.
"No. Questa me la mangio tutta io. Forse la prossima." Beth si
leccò le dita. La crema era suisita e ventiquattro anni non
erano troppi per gustare una brioche come si deve.
"Come sei cattiva! Tanto siamo quasi arrivati al tuo hotel. Ah!
Purtroppo devo scappare, dopo... mi rivogliono indietro per l'una ed
è già mezzogiorno e un quarto." Le
spiegò Jason
con il tono e lo sguardo di un cucciolo bastonato. Dopo un anno che
non vedi una persona vorresti anche farci quattro chiacchere in santa
pace, perdio!
Elizabeth se ne accorse e abbassò gli occhi celesti sul
cruscotto: "Non ti preoccupare, avremmo tutto il tempo per vederci
un'altra volta... anche io ho un po' di faccende da sbrigare... disfare
le valige, carte da controllare, cartelle da ordinare e fuffa simile"
Gli sorrise per rassicurare lui e se stessa; in realtà
avrebbe
voluto rapire Jason e passare la giornata a ciondolare per il centro
della città, ma il dovere viene sempre prima del piacere.
"Che fregatura! Guarda... ti lascio il biglietto della casa
discografica, così hai l'indirizzo. Se vuoi venire a
trovarmi,
fammi uno squillo." Jason parcheggiò e si voltò
verso la
giovane per salutarla quando, si ricordò che aveva nel
bagagliaio la valigia dell'amica: "Sì ma...
aspè... che
idiota!" E si slacciò la cintura per scendere e scaricare il
trolley. Subito dopo venne raggiunto da Elizabeth, che si riprese il
bagaglio e si alzò sulle punte per schioccargli un bacio su
ciascuna guancia: "Grazie mille Jas... Catchya later!"
"Di nulla Beth, quando hai bisogno... io sono qui." Lui invece si era
abbassato un poco, per ricevere i baci dell'amica, prima di salire di
nuovo in auto e agganciarsi la cintura, mentre Beth entrava
nell'albergo scarrozzandosi dietro il trolley.
Infilò le chiavi nel quadro e, in quel momento, si accorse
che, appoggiata sopra un Kleenex, c'era metà brioche.
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Buonsalve a tutti quanti!
Sono fiera di essere la prima a scrivere in una sezione LEDApple qui su
EFP con questa fanfiction.
Spero che catturi la vostra attenzione e che vi rimanga nel cuore...
oltre che dare spunto alle LEDAs italiane per scriverne altre. Forza
ragazze, so che ci siete! Uscite e tirate fuori la vostra
creatività!
Detto ciò- ci vediamo al cap 2!
Ps: Il titolo della storia è tratto da una canzone di Jason
Mraz, I won't give up,
appunto, di cui il nostro Hanbyul ha fatto una covero (come dice
lui con il suo aussie accent) inedita live. Stay tuned!
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