Well,
I know that it's early And it's too hard to think. And the
broken empty bottles Are reminder in the sink. But I thought
that I should tell you If it's not to late to say. I can put
back all the pieces They just might not fit the same.
Bowling for Soup, When we die-
*Bene,
lo so che è presto,
e
che è troppo difficile da pensare
e
le bottiglie vuote rotte
sono
un promemoria nel lavandino
Ma
io penso che dovrei dirvi
se
non è troppo tardi per parlare,
che
io sono in grado di rimettere insieme tutti i pezzi
solo,
loro non staranno più uniti allo stesso modo.
Novembre 1976
Lily Evans camminava sola per i
corridoi del castello di Hogwarts.
I capelli rossi, più lunghi di quanto
non fosse di moda, le scendevano dolcemente sulle spalle e i suoi
grandi occhi verdi erano fissi sul pavimento di pietra.
Camminava sempre così, Lily, a testa
bassa, per evitare di incontrare gli sguardi della gente. Non le
piaceva che gli altri la fissassero.
Era oramai pomeriggio inoltrato, le
lezioni erano finite e, come spesso capita nei mesi invernali,
nonostante non fossero nemmeno le cinque, era già buio pesto.
Lungo la strada incontrò gruppi di
studenti che, come lei, stavano rientrando nelle proprie Sale Comuni
oppure in Biblioteca, per poter studiare con più tranquillità.
Il carico di libri le faceva rallentare
il passo e un incontro col professor Vitious le fece perdere tempo e
così, quando giunse alla Torre di Grifondoro, il suo dormitorio, il
suo piano di studio per la giornata risultava già modificato.
Non si fermò in Sala Comune come i
suoi compagni, non poteva studiare in mezzo a tutto quel chiasso: non
solo c'erano ragazzi che, evidentemente liberi da ogni obbligo
scolastico, chiacchieravano indisturbati, ma, soprattutto vi era la
fastidiosa presenza di Potter e della sua cricca che, attorno al
fuoco del camino, fingevano di studiare, impegnati com'erano in
realtà, a progettare la loro nuova trovata per far venire
l'esaurimento nervoso a Gazza, il custode.
Lily passò oltre, senza udire la
chiamata di Remus Lupin, un componente del gruppo, nonché unico
membro a cui Lily rivolgeva la parola di sua spontanea volontà.
“Lily! Lily!” la chiamò ancora il
ragazzo, alzandosi in piedi.
Lily si girò, quando era già vicina
alle scale per salire in camera sua.
“Scusa Remus, non ti avevo sentito.”
rispose, accennando un sorriso.
Il ragazzo le si avvicinò, Era alto e
dinoccolato e a Lily, piccola e dalla corporatura esile, pareva
sempre di doverlo guardare dal basso, tanto doveva alzare la testa.
“Non ti preoccupare. Volevo solo
dirti che la McGranitt mi ha consegnato il calendario con i turni di
ronda per questo mese. Ne abbiamo parecchi insieme.”
Remus, così come Lily, era uno dei
Prefetti della scuola.
A Lily Remus piaceva. Era un bravo
ragazzo, studioso, attento, sempre disponibile ad ascoltare gli
altri, cercando sempre di dare un consiglio, un appoggio, senza mai
giudicare.
Le era stato di grande aiuto qualche
mese prima, in seguito alla rottura della sua amicizia con Severus
Piton, quello che era stato il suo migliore amico per sei lunghi
anni.
L'unica cosa della persona di Remus che
a Lily non risultava del tutto chiara era la sua amicizia con James
Potter e Sirius Black, ragazzi tanto brillanti e talentuosi quanto
arroganti e pieni di sé.
Si chiedeva spesso come il Prefetto
Remus Lupin potesse essere amico di quei due e, ogni volta che
sfioravano l'argomento, lui le sorrideva, la guardava inclinando un
po' la testa verso destra e le rispondeva:
“Sono amici. Di quelli veri.”
“Grazie Remus, allora poi passerò a
farmene dare una copia.”
“Oh, non preoccuparti. Ho io la tua.
Ce l'ho nella borsa. Vieni, così te la do.”
Remus le fece cenno di seguirlo e Lily,
un po' riluttante, camminò fino alla poltrona, ai piedi della quale
stava la borsa di Remus.
“Evans...” la salutò James Potter,
con un sorriso sghembo, alzando la testa dalla curiosa pergamena che
stava studiando col suo amico Sirius Black, che le fece un leggero
cenno col capo.
“Potter, Black...” rispose lei.
“Ciao Lily...” disse infine,
timidamente, Peter, il quarto componente del gruppo, un ragazzo
piccolino e grassoccio che non aveva nulla del fascino di Black e
Potter e nemmeno la mentre acuta e lo spirito comprensivo di Remus.
Lily era arrivata a pensare che lo
tenessero nel gruppo solo per avere qualcuno da tormentare con
battute sarcastiche.
“Ciao Peter.” ricambiò lei.
Nel frattempo Remus aveva trovato ciò
che cercava e lo consegnò all'amica.
“Bene, grazie di tutto, Remus.”
disse la ragazza, per accomiatarsi.
“Figurati. Ci vediamo più tardi a
cena, Lily.”
Lily annuì e si voltò.
“Di solito si saluta, Evans!” urlò
Potter
“Che ci vuoi fare, James, noi non
siamo degni della sua attenzione...” commentò Sirius Black,
facendo sì che Remus li fulminasse entrambi con lo sguardo.
Raggiunse la sua stanza, e, come si
aspettava, la trovò vuota.
Cinque letti a baldacchino la
occupavano e Lily percorse tutta la stanza per arrivare al suo.
Dormiva nell' ultimo, quello in fondo e
più nascosto.
Aveva sempre desiderato poter avere
quello vicino alla finestra, le sarebbe piaciuto affacciarsi e
guardare fuori, durante le notti un po' tormentate, tuttavia, siccome
esiste una legge non scritta per cui i posti che si ottengono al
primo anno valgono anche per gli altri sei, Lily si era tenuta il suo
letto lontano.
Quando, al termine del banchetto del
primo anno, tutti si erano affrettati a raggiungere i propri
dormitori, ansiosi di sapere come sarebbero stati, lei si era
trattenuta nella Sala Grande, per parlare con Severus dello
Smistamento. Così, le sue quattro compagne avevano già scelto i
propri letti e a lei era rimasto solo quello.
Dopo sei anni si era ormai affezionata
a quell' angolo buio e non le dispiaceva stare lì, lontana da tutti.
Non era mai stata una persona molto
socievole, Lily.
Andava facilmente d'accordo con tutti
e, per quanto ne sapesse lei, era abbastanza simpatica ai suoi
compagni di Casa, semplicemente non riusciva ad aprirsi e a
raccontare di sé.
Questo portava gli altri a non sapere
esattamente come rapportarsi con lei, quindi, ormai, dopo sei anni
tutti erano abituati a vedere in lei qualcuno a cui chiedere aiuto
per un compito particolarmente difficile, per un consiglio che
riguardasse la scuola, però nessuno vedeva in Lily Evans un'amica.
In verità, a lei non era mai importato
più di tanto, degli altri. Cercava di essere gentile ed educata con
tutti, ma non era alla ricerca della loro amicizia.
Lei aveva Severus e quello le bastava.
Lily camminò fino al suo letto e vi si
stese sopra, abbandonando ogni proposito di studio. L'Aritmanzia
poteva aspettare.
Chiuse gli occhi, desiderando
dimenticare per sempre quell'orribile periodo e ritrovandosi, invece,
ancora intrappolata nei ricordi della giornata.
E della settimana.
E del mese.
E del passato.
“Perchè dovete sempre essere così
dannatamente rumorosi? Sto cercando di leggere, accidenti!” esclamò
Remus, chiudendo con uno scatto violento il pesante tomo che aveva in
grembo.
“E che cos'è stavolta, Lunastorta?
Forse qualche sconosciuto drammaturgo del Seicento?” chiese Sirius
afferrando il libro, fingendo di consultarlo con interesse.
“Dammi qua. E se ti riferisci a
Shakespeare, sappi che non è sconosciuto. Sono solo i buzzurri come
te che non sanno neanche che forma abbia un libro a non conoscere il
suo nome.” Remus si riprese il suo libro e lo mise al sicuro nella
borsa, lontano da fastidiose mani indiscrete, ovvero quelle di Sirius
Black, sempre pronto a farsi gli affari degli altri e mai i propri.
James Potter rise forte,
spontaneamente, di una risata cristallina che non potè non
contagiare anche gli altri tre membri del gruppo.
Peter gettò via le sue Cioccorane per
ridere con gli amici.
“Pete, Remus, venite qui. C'è
bisogno anche di voi. Stavo pensando che questo mese dovremmo
cambiare percorso per raggiungere la Stamberga. Gazza l'altra volta
ci ha quasi visti.” disse James, tornando serio non appena anche
Remus e Peter si furono chinati sulla pergamena.
Remus sospirò. Si ricordava
perfettamente cosa era successo il mese prima. Se Gazza li avesse
trovati, l'espulsione sarebbe stata immediata.
E sarebbe stata colpa sua.
“Non so ragazzi, forse è meglio che
lasciamo perdere.” disse infine.
“Ma sei matto Lunastorta? Vuoi
davvero che lasciamo perdere? Con tutta la fatica che abbiamo fatto!”
esclamò Sirius, così forte da far girare tutti quanti verso di loro
“Zitto, cretino! Vuoi che ci
sentano?” lo rimproverò James, tirandogli un amichevole colpo
sulla nuca.
“Ahi!”
“Bella serata, vero? Proprio
divertente!” fece Sirius, quando per la seconda volta tutti gli
occhi della Sala Comune furono puntati sui quattro Malandrini.
Quei quattro ragazzi, dalle personalità
così diverse, l'una rispetto all'altra, riuscivano sempre ad
attirare l'attenzione.
I più piccoli li prendevano come
modelli. I più grandi li classificavano come il più grande gruppo
di idioti che avesse messo piede ad Hogwarts da anni, anche se non
potevano non rimanere affascinati dal loro modo di comportarsi.
James Potter, l'indiscusso leader,
Sirius Black, sua fedele spalla, Remus Lupin coscienzioso e saggio in
apparenza e Peter Minus, docile ragazzino che sembrava capitato lì
per caso erano tra gli studenti più indisciplinati e al contempo più
brillanti che la scuola avesse da sempre avuto.
Quando tutti gli altri studenti
tornarono a fare ciò che stavano facendo prima che Sirius li
distraesse, James prese la parola.
Fissò Remus negli occhi con sicurezza.
“Non dire sciocchezze, Remus. Abbiamo
fatto quello che abbiamo fatto per te. Non puoi dirci adesso di
lasciar perdere.”
“Ma io non ve l'ho chiesto! Se vi
scoprono, se ci scoprono, finiamo in guai
grossi. Vi espelleranno e vi processeranno. Siete tre Animagi
illegali.” spiegò Remus, perdendo la calma.
“Ascolta, smettila di vedere tutto
nero. Non succederà niente. L'altra volta, alla fine, è andato
tutto bene. Senza contare che ogni tanto un po' di rischio è
divertente...” intervenne Sirius
“Non è questo il punto. Il punto è
che io vi ho costretto. Se voi avete fatto tutto questo è perchè vi
sentite in dovere di farlo. A causa mia.” rispose Remus
“L'hai detto. Noi ci sentiamo in
dovere di farlo per te. Non a causa tua. Per te. Perchè vogliamo
darti una mano e scusaci se questo è l'unico modo che abbiamo
trovato. L'abbiamo fatto per te, Remus. Ficcatelo in quella zucca. Io
non voglio tornare indietro. Se Ramoso ti può aiutare, ci sarà. E
voi ragazzi?” chiese James, interrogando con gli occhi anche Peter
e Sirius.
“Felpato c'è. Remus, dannazione, sei
tanto bravo a memorizzare incantesimi e rivoluzioni di Goblin, perchè
non riesci ad imparare anche che ci sono cose che gli amici fanno per
gli amici?”
“Sirius, è pericoloso. Posso
mettervi in pericolo tutti quanti! Se perdessi la calma, che
accadrebbe?” ribattè Remus. Voleva disperatamente che i suoi amici
fossero presenti in quei momenti orribili, ma non voleva metterli in
pericolo.
Si sentiva in colpa. A causa della sua
maledizione, a causa di un Lupo Mannaro come lui, i suoi amici si
erano sentiti in dovere di diventare Animagi.
Avevano studiato per anni e, pochi mesi
prima, ce l'avevano fatta. Ma lui allora non aveva detto niente,
troppo ebbro di felicità per quello stupendo regalo.
“Se posso permettermi... posso
parlare, vero James, Sirius?- intervenne timidamente, titubante,
Peter- Dicevo, se vuoi la mia opinione, Remus, io ti dico che, se
questa cosa ti può far piacere e ti aiuta, noi ci saremo. Del resto,
ormai è tardi per tornare indietro.”
“Peter ha ragione, Remus. Ormai è
tardi per tornare indietro. Potremmo essere scoperti comunque. Facci
provare ancora, Remus. Ormai siamo in sella alla scopa e conviene
volare. Senza contare che c'è ancora quella parte della foresta che
mi piacerebbe esplorare...”disse Sirius, con un ghigno.
“Ma...” tentò nuovamente Remus
“Niente ma, Remus. Ora basta.
L'abbiamo deciso tempo fa. L'abbiamo promesso tempo fa.
Lunastorta, Codaliscia, Felpato e
Ramoso. Insieme possiamo farcela, Remus. Condividi con noi il tuo
fardello. Possiamo aiutarti.”
James era intervenuto, con voce sicura
e convincente come al solito.
Le sue parole sincere, unite al calore
che trasmettevano i suoi occhi del colore delle nocciole, convinsero
Remus che posò un sorriso di gratitudine su tutti e tre i suoi
amici, ringraziando Dio di essere stato così fortunato.
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