I will take you to
Nowhere –
Shin
Tribute
PROLOGUE
Salii
sul treno che mi avrebbe portato ad Oxford con la faccia cupa e
gli occhi socchiusi per la stanchezza.
Mi
sistemai meglio lo zaino sulla spalla e inizia a cercarmi un posto a
sedere. L’atmosfera grigia di quella giornata faceva scendere
il mio umore
sotto zero, anche più di quanto avrei potuto sopportare.
Sbuffai,
notando che gli scompartimenti erano irrimediabilmente tutti
occupati.
Sbirciai
dalla porta successiva e quello che notai mi lasciò
incantata.
Lo scompartimento era vuoto, se non per un ragazzo seduto accanto al
finestrino, con lo sguardo perso fuori e il viso semi nascosto dal fumo
di una
sigaretta accesa, che pendeva dalle sue labbra.
Alzò
gli occhi su di me molto lentamente, quasi stancamente. Abbozzai un
insulso sorriso e senza sapere che fare, semplicemente entrai e mi misi
a
sedere, davanti a lui.
Sorrisi
vagamente un’altra volta, incontrando i suoi occhi
cristallini
che mi scrutavano. Poi lo vidi distogliere lo sguardo, quando anche io
avevo
fatto lo stesso.
Diedi
una fugace occhiata all’orologio dentro al mio zaino. Feci
qualche
calcolo mentale, rendendomi conto che avrei dovuto trascorrere su quel
treno
altre due ore buone.
Sospirai
a quel pensiero e diedi un’occhiata al tizio che avevo
davanti. Non me ne ero resa ancora conto, ma era dannatamente
bello. Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso,
dai suoi lineamenti e dai suoi occhi chiarissimi, concentrati sulla
campagna
inglese. E i suoi capelli spettinati, ossigenati, sfumati di azzurro.
Aveva anche
un piercing al labbro a cui era attaccata una catenella che gli
arrivava fino
ad uno dei tanti orecchini. Non ricordavo di aver mai visto una cosa
del genere
prima di allora, non ricordavo di aver mai
visto un tizio così in tutta la mia vita.
Improvvisamente,
lui alzò gli occhi su di me, e io abbassai repentinamente
lo sguardo.
Il
puzzo di fumo raggiunse il mio olfatto in quel momento per la prima
volta da quando mi trovavo là dentro, e chissà
perché non me ne ero accorta
prima.
La
mia testa, sebbene in subbuglio, riuscì a farmi capire che
mi
mancavano ancora circa due ore prima di arrivare e mi trovavo da sola
in uno
scompartimento con un ragazzo a cui ero evidentemente interessata.
Perché
non fare conversazione? Stavo ragionando tra me e me su quale
fosse la cosa migliore da dire per iniziare il dialogo, quando la sua voce mi sorprese.
-Ti
da fastidio il fumo?-
Alzai
lentamente gli occhi su di lui, senza sapere perché avessi
l’espressione
quasi spaventata, e gli sorrisi un po’, come una cretina.
Scossi la testa.
Lui
annuì e mi squadrò da capo a piedi velocemente.
-Come
ti chiami?-, esordii alla fine, dopo non essere riuscita a
trovare nient’altro di adatto con cui iniziare.
Lui
mi guardò intensamente, si levò la sigaretta
dalle labbra. -Shin-.
Ero
letteralmente pietrificata. Per fortuna mi ricordai di spalancare
di meno gli occhi e di chiudere la bocca, altrimenti avrebbe potuto
pensare che
fossi una poco decente.
-Tu?-,
riprese lui, notando che io non ero in grado di proseguire.
-Claire-,
risposi con un filo di voce.
Lui
tirò dalla sigaretta.
-Dove
stai andando?-, continuai io, cercando di darmi più
credibilità
schiarendomi la voce.
-Ad
Oxford. Al college-.
Io
rimasi di nuovo a bocca aperta. –Davvero? Anche io-.
Mi
sembrò di vedere un sorriso attraversare il suo volto, ma
non ne fui
certa.
-Da
dove vieni?-, continuai.
-Sono
svedese, ma il treno l’ho preso a Londra-.
Il
modo in cui lo disse, “ma il
treno l’ho preso a Londra”, mi fece
sorridere.
-Sei
svedese?-, ripetei allibita.
Shin
annuì e io, più lo guardavo più
iniziavo a pensare che quei
capelli dovevano davvero essere così chiari al naturale.
Shin
si tolse di nuovo la sigaretta dalla bocca e lasciò la mano
sospesa in aria, alla ricerca di un porta cenere. Io lo cercai, a mia
volta,
con lo sguardo, ma nessuno di noi due lo trovò.
Schiacciò
il mozzicone sul bordo del finestrino e mi sorrise.
-Tu
invece sei inglese, non è vero?-, mi fece.
-In
realtà sono americana-.
-Ah,
mi sembravi inglese...-
-Mia
madre lo è-, dissi.
Lui
fece un cenno col capo. -Allora non ci sono andato poi tanto
lontano-.