Kikka1
Il prezzo dell'amore
Salve, miei sempre amati lettori.
Io e la cara Kikka-chan
(Inufan4ever) abbiamo deciso di scrivere una fan fic insieme, e siamo
qui per presentarvi la nostra prima creazione in società.
Girovagando per il web,
abbiamo trovato una storia di un capitolo molto, molto carina, di nome
"Kiss De Mezame Sasete"... Ed ecco la nascita di questa fan fic.
Speriamo vivamente che risulti di vostro gradimento, e ci piacerebbe
molto ricevere qualche commentino ^^. Un bacione a tutti!
“Allora
a domani?”.
“Si,
certo! Dobbiamo
organizzare l’incontro!”.
“Si,
per me va bene. Ma siate
puntuali”.
“Certo,
capo”.
Fece
ondeggiare i lunghi capelli corvini, mentre si allontanava a grandi
passi dalle
sue amiche. Dovevano uscire insieme, erano settimane che ne parlavano.
Vacanze
estive! Il periodo più bello dell'anno...
Si
sarebbe volentieri stesa sul divano, con il telecomando tra le dita e
una
bibita accanto. Il paradiso, per lei – era pigra fino
all’esasperazione, ma non
ci faceva poi così caso. Amava la sensazione che si prova
quando si è
rilassati. Quando non si ha nulla da fare.
Sospirò,
socchiudendo le palpebre, e avvolse le dita della destra intorno al
suo zainetto giallo. La manca carezzava la gonna verde dell'uniforme,
raramente
posandosi sulla camicetta bianca inamidata.
“Kagome
Higurashi?”.
Lo
sguardo si alzò di scatto, incontrando due iridi di un caldo
topazio.
Arrossì
di botto, arrestando il suo cammino, il piede ancora sollevato, con
l'intenzione di terminare il passo.
“Sì?”.
Alle
iridi topazio susseguirono lunghi capelli d'argento, lucenti sotto la
luce
del sole, e un volto serio. Sembrava infastidito – molto,
molto infastidito. Un
brivido le corse lungo la schiena, mentre qualcosa, dentro di lei, la
implorava
di correre il più lontano possibile – disperata,
fece scorrere lo sguardo
nuovamente nel cortile della scuola scoprendo, con disappunto, che era
vuoto.
In
ogni caso, nessuno l’avrebbe aiutata.
Soppresse
un singhiozzo. Perché era sempre così negativa?
Poteva
essere un dipendente del padre che era venuto a prenderla, non sarebbe
stata la prima volta – suo padre era il capo di
un’azienda molto famosa nel suo
settore. Nonostante l’industria fosse quasi sul punto del
fallimento, ed i
creditori aumentassero di giorno in giorno, la giovane era comunque
conscia
dell'importanza del suo genitore nel settore commerciale. E ne era
lieta.
Per
di più, suo padre aveva chiesto un prestito ad Inu-Yasha no
Taisho, giovane
industriale molto ricco. Ed il prestito era arrivato proprio quella
mattina.
Ritornò
a guardare l’interlocutore: poteva avere una ventina
d’anni, non di
più.
Aveva
le braccia incrociate, e le sopracciglia inarcate, infastidito. Kagome
storse il naso – sembrava infastidito da lei.
Ridicolo.
Suo
padre l’avrebbe saputo, era certo.
Fece
appena in tempo ad aprire la bocca, pronta a domandargli chi era,
quando
il suo polso fu serrato tra le dita forti del giovane –
osservandolo meglio,
Kagome notò delle orecchie canine spuntargli tra la matassa
di capelli. Doveva
essere un’hanyou.
“Lasciami”,
sibilò, muovendosi, nel tentativo di farsi rilasciare da
quella
presa ferrea.
La
stava trascinando verso una macchina nera, ma non accennava a mollarla.
Kagome
fu tentata dal sferrargli un calcio di sorpresa, per poi correre via.
Ma
lui l’avrebbe
di certo ripresa, data la sua natura demoniaca. Sarebbe stato
solo uno spreco di energie, e questi –
irritato dal suo gesto – avrebbe
anche
potuto ucciderla.
Chi
le diceva che non era un serial killer?
Un
urlo le si formò in gola, subito bloccato dalla manca di
lui, che le si posò
dolcemente sulle labbra, mentre la faceva sedere nell'abitacolo,
prendendo poi
posto al suo fianco.
Perché
si era seduto sul sedile posteriore?
C’era
un socio?
Strinse
gli occhi.
C’era
un autista, effettivamente: un signore di
mezz’età, con i capelli verdi e
gli occhi neri – un demone, sicuramente.
“C-Chi
sei?”, mormorò a mezza voce, appena lui la
lasciò libera “E perché mi
hai rapito?”.
“Bah...”,
l'hanyou si passò una mano tra i capelli, poggiandosi sul
sedile “Ti
basti sapere che non ti ho rapito”.
Kagome
strinse i pugni – odiava quel genere di risposte.
L’aveva rapita, punto.
“Chi. Sei.?”, scandì a denti stretti,
mentre l’autovettura accelerava per
sorpassare un motorino piuttosto lento.
“Non
mi risulta che tu sia nella posizione di esigere
una qualche
risposta”.
Kagome
si sfilò lo zaino, frugando un po’, sotto lo
sguardo divertito del
giovane al suo fianco. Ne trasse un piccolo telefonino.
“Dimmelo o chiamo la
polizia. Non scherzo”, aggiunse poi, dato che
l’hanyou aveva ridacchiato, quasi
la sua affermazione fosse stata solo una battuta esilarante.
“Mocciosa,
io sono Inu-Yasha no Taisho”, disse quindi sbrigativo,
riprendendo
la posizione precedente, come se nulla fosse successo.
“Inu...
Inu-Yasha no Taisho?”. Kagome non concepiva una tale
scoperta: cosa
voleva da lei quel tipo? Era in affari con suo padre, lei non
c’entrava nulla.
Doveva lasciarla andare. Non poteva rapirla così!
“Se
ti stai chiedendo perchè ti ho rapito”,
sbuffò lui, precedendola “Ti
stai sbagliando di grosso. È stato il tuo vecchio a cederti
a me”.
Un
suono smorzato uscì da Kagome, scatenando nuovamente
l’ilarità dell’hanyou.
“Mocciosa,
non fare così. Tuo padre ha problemi
finanziari...”, incatenò le
iridi nocciola della ragazza nelle sue “... almeno questo lo
sai?”.
Kagome
mosse il capo, tentando di spezzare quell’incantesimo che la
costringeva
a fissarlo, e fece cenno di sì.
“Bene.
Allora non sei totalmente all'oscuro di tutto...”,
sospirò, sollevandole
il mento con le dita.
A
quel contatto entrambi avvertirono una strana scossa, che spinse Kagome
a
distaccarsi di scatto, ansante.
“In
ogni caso, piccola, c’è una cosa che devo
spiegarti. E che non gradirai di
certo”.
“Cosa?”.
Inu-Yasha
sbuffò. “Cos'è che si da ad una persona
quando non si può subito
saldare un debito contratto?”.
Kagome
aprì la bocca, indecisa. Cos’era?
“Beh...
Si da un oggetto di valore. Un oggetto importante per chi ha il debito,
che sta ad indicare che il creditore pagherà”.
Inu-Yasha
le sorrise sornione – c’era un ché di
strano nel suo sguardo, e Kagome
sentì un brivido scuoterla. Una nuova consapevolezza la
colse di sorpresa – ma
non poteva essere vero.
Era
incredibile.
“Non
dirmi che...”, iniziò. La voce si
bloccò, mentre il topazio degli occhi
dell’hanyou la avvisava che la risposta era corretta.
“Sei
il mio pagamento, Kagome”.
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