SOLE D’ORIENTE
SORRISO DI FRATELLO,
CANTO DI SPERANZA
Non ricordo quando tutto è
iniziato, non ricordo cosa fosse la mia vita prima di giungere qui, né quale fosse il mio nome… l’avevo con me, scritto da
qualche parte… Seika… rivelava le mie origini orientali, nonostante i miei
capelli sembrassero plasmati nella fiamma. Forse uno solo dei miei genitori era
giapponese? E l’altro? Ma che
importanza può avere? Ogni traccia della mia identità è racchiusa in quel
piccolo, inutile nome, tre insignificanti sillabe che non hanno alcun senso per
me eppure, in qualche modo, le amo, perché ad esse è
legato un ricordo al quale non so dare, in effetti, concreta valenza… il mio
nome mi ricorda un nome simile al mio ed al tempo stesso diverso… un ideogramma
diverso… null’altro so dire.
Forse, dopotutto, è frutto
unicamente dell’immaginazione distorta di una bambina come me, l’inventiva
malata di una bimba che cerca in tutti i modi di costruirsi una storia per far
finta di sfuggire ad un’amnesia che annulla, estirpandone le radici, un’intera
identità, facendomi pensare di non essere mai esistita, facendo sì che anche
ogni giorno vissuto in un presente cui so di non
essere mai appartenuta si trasformi in un limbo assurdo, nel quale il mondo
reale e tangibile mi scorre intorno intangibile per me, rendendomi simile ad un
fantasma, uno spettro giunto da un altro piano esistenziale… uno spettro giunto
dal nulla e che, in fin dei conti, non è altro che nulla.
O forse è il contrario ed io sono
l’unica cosa reale mentre tutto ciò che mi circonda è,
appunto, il limbo…
Un limbo del quale non posso tuttavia lamentarmi; Fidia, l’uomo che mi ha trovata,
svenuta e ferita, nei pressi di Rodario, e tutta la sua famiglia, sono gentili
con me. Mi hanno accolto, rassicuranti, mi hanno detto che potrò restare finché
la memoria non sarà tornata.
Per non sentirmi un peso li aiuto
nel loro negozio, una minuscola bottega d’arcaica sembianza e dalle antiche
fragranze, dove la gente viene per acquistare prodotti di artigianato,
frutti, spezie; è un luogo raccolto ed intimo, gradevole ai sensi, ma non posso
sentirmi pienamente a mio agio, perché non è casa mia.
Ultimamente penso spesso che
potrei tornare in Giappone, se davvero è da lì che provengo; forse quei luoghi
che, al solo pensarli, non mi suggeriscono assolutamente nulla, potrebbero risvegliare
i miei ricordi sopiti se li visitassi di persona. Eppure qualcosa mi trattiene
qui, in terra di Grecia, una sensazione che istintivamente definisco
richiamo del sangue, anche se non
credo di poter conoscere esattamente il significato di tali parole.
Ho il sospetto che la triste verità
sia un’altra: tremo alla sola idea di abbandonare una
realtà che, comunque, mi dà stabilità e sicurezza, per quanto sfumate dietro ad
un velo di illusione e dai miei sensi offuscati. Se
andando via, alla ricerca delle mie origini, in realtà non trovassi
assolutamente nulla? Se scoprissi di essere un puntino
senza passato e senza ragion d’essere nella vastità dell’universo, senza casa,
senza affetti? Se scoprissi di essere rimasta
completamente sola a causa di una tragedia che ha sterminato tutta la mia
famiglia, se ogni traccia di una mia precedente esistenza fosse stata
completamente cancellata, così come i miei ricordi?
Allora preferisco, credo,
trascorrere le mie giornate in questa inerte
sospensione, per quanto, senza dubbio, sia molto più vicina ad una
non-esistenza.
C’è un’abitudine alquanto
bizzarra di cui non posso fare a meno: tutte le mattine mi alzo prima dell’alba
e mi reco in riva al mare, a veder sorgere il sole, gli occhi fissi a levante…
e sogno. In quei momenti la mia fantasia dà vita ad un
sorriso, su di in volto monello di bimbo, un volto abbronzato, sormontato da
grandi occhi castani, così intensi, luminosi e puri da farmi male al cuore… o è
l’amore che sento nascere in me nel contemplarli che mi fa così tanto male?
Sono così piena d’amore nei confronti di un sogno, da rendere tale sogno
protagonista di altre immagini, così vivide che da
esse vengo rapita, fino a fondermi in quell’altra vita che dipingo nella
dimensione onirica. Lo vedo giocare, un piccolo teppista a volte, immagino me stessa che lo tiene per mano, perché con la sua foga non
vada a gettarsi malauguratamente sotto una macchina o in qualche fossato, mi
scopro a rimproverarlo aspramente quando si accanisce su malcapitati insetti
che la sua innocente curiosità infantile vuole sottoporre ad aberranti torture,
quasi mi metto a parlare da sola mentre gli parlo, cercando di convincerlo che
non si fanno piangere i compagni e le amichette, che non si rompono gli oggetti
altrui, lo consolo mentre, in lacrime, stringe a sé una povera colomba che ha
colpito per sbaglio con una fionda. Perché questo mio
amichetto immaginario è così, istintivo come un animaletto selvaggio e con il
cuore grande nel quale, crescendo, dimorerà sconfinato l’amore che saprà donare
alla vita.
Quando
l’astro termina il suo percorso che lo porta alto nel cielo, finalmente mi
riscuoto da queste insensate fantasticherie e mi preparo ad una nuova, intensa
giornata di lavoro che, grazie al cielo, mi distrae dal senso di vuoto che mi
coglierebbe se non avessi nulla da fare.
Il mio pensiero torna spesso,
tuttavia, al minuscolo folletto partorito dalla mia mente… o dal mio cuore, come se lo percepissi, costantemente, accanto a
me. Non ha tratti somatici precisi, a parte quei due occhi immensi e quel
sorriso che si accende, ogni mattina, con il sole che sorge da Oriente.
***
“Vieni con me, è giunto il
momento che tu ritrovi te stessa.”
Un invito formulato con quella
voce resa cupa da una bizzarra maschera d’argento, una figura che forse dovrebbe
spaventarmi ma che, in qualche modo, mi fa sentire sicura, infondendomi in
cuore un impeto di speranza; con una naturalezza che non mi so
spiegare accetto la mano che mi tende e mi metto in piedi accanto a lei. Non
parlo… dal giorno in cui mi sono risvegliata alla nuova vita non pronuncio una
parola.
“Tu sei Seika…”
Eppure… lei sa… lei mi conosce e
i miei occhi si allargano su quello strato di freddo metallo, le mie labbra si
schiudono: non è una domanda la sua… ma
un’affermazione… semplicemente, lo sa e non vi è dubbio alcuno in quelle poche
parole con le quali comincia ad accompagnarmi lungo un misterioso percorso.
Io invece ne avrei
tante di domande da porle, ma non so come posarle e le mie corde vocali si
rifiutano, testardamente, di emettere suoni; mi lascio guidare come se lei
fosse una madre cui aggrapparmi fiduciosa, nonostante dentro di me io
percepisca la sua giovinezza. Non capisco come ma la intuisco, quasi la
conoscessi da sempre, anche se la maestosità, la sicurezza che ostenta nel
muoversi e nell’atteggiarsi nei confronti del mondo rivelerebbero una saggezza
perfino millenaria.
“Ti sto conducendo verso il tuo
passato, da chi ti cerca da tanto e spera di ritrovarti… qualcuno che, ora, ha
un immenso bisogno del tuo sostegno morale.”
Non posso fare a meno di
sussultare; mi ha letto nel pensiero senza alcun bisogno che io chiedessi
nulla. Già, non è poi così difficile immaginare cosa potrei chiedermi… una
sconosciuta mi prende per mano e comincia a camminare
verso una meta ignota, la mia curiosità è ovvia ma quelle parole scendono
dentro di me come un canto di speranza.
Giungiamo in quello che, a prima
vista, somiglia ad un sito archeologico caratterizzato da una tale aura sacrale
che mi sento mancare a causa delle sensazioni che trasmette al mio animo; ma è
bello, un sussulto del cuore mi suggerisce qualcosa, un messaggio cui ancora
non so dare un senso effettivo. Ci sono tante persone
qui, la mia accompagnatrice confabula con gli altri indicandomi, mi sembra di recepire la parola sorella
tra quelle che pronunciano… e un nome… un nome tanto simile al mio da farmi
trasalire. Istintivamente sollevo lo sguardo verso il disco solare,
pericolosamente minacciato da un oscuro alone che sa di morte… nell’astro il
folletto dei miei sogni sorride ma i suoi occhi non
brillano più, c’è tanta tristezza in loro… e non è più uno sguardo di bimbo…
Grida di dolore ed angoscia mi
esplodono dentro, per un attimo penso di essere io ad
emetterle ma non è così… la mia voce tuttavia risponde… il primo suono del
passato che ritorna… Seiya… il mio fratellino… Seiya… il mio folletto dal
sorriso monello, il bambino che ha dimora in quel sole che sorge ad Oriente…
non è altri che il mio amato fratello perduto.
E la sofferenza che in questo
momento sta provando è insopportabile per me, che non posso fare altro che
pregare per lui, facendogli sentire la mia presenza, anche se distante; la
gioia nel riconoscermi, l’estrema felicità di avermi ritrovato è oscurata in
parte dalla sua paura… non paura della lotta che sta sostenendo per una causa
che, seppure a me sconosciuta, sento mia ed
universale… ma paura perché… ora che potremmo riabbracciarci, egli sta
rischiando la vita.
Non morire, Seiya… io sono qui
che ti aspetto… fai sorgere ancora il sole e con il sole
torna anche tu. Torna da me, fratellino!
***
Nel tripudio di gioia
dell’universo, nell’estrema luminosità di quel sole che si è liberato dal
cerchio di tenebra, intorno a me c’è tanta tristezza, negli spiriti di questi
guerrieri domina l’angoscia… perché ora so, anche senza conoscerli, cosa
rappresentino per noi abitanti della terra queste persone… nei loro cuori regna
la morte… il dolore atroce di chi ha perduto amati compagni.
Non siate tristi… non ce n’è
alcun motivo, perché il mio folletto sta ancora sorridendo nel sole… nei suoi
occhi c’è nuovamente la luce… ed altre luci lo circondando in un’esplosione di amore e speranza. No… se il sole sorge, anche loro
torneranno da noi, tutti, io li vedo, nell’astro, i
loro bellissimi volti… non sono morti…
"No, non è così... io sento
ancora... la voce della vita di Seiya... Non si sono ancora arresi alla
morte... sento la loro voce... questa è una canzone di gioia... è la luce della
speranza... finché continueranno a intonare la canzone
della vita.. non abbandonerò mai ... la mia speranza..."
Le mie labbra formulano suoni, dando vita a quella che è più di una speranza… più di un
presagio... è la certezza di una sorella che ha ritrovato se stessa e che
aspetta, rispondendo al suo sorriso d’eroe, di riabbracciare il fratello un
tempo smarrito, perché egli non abbandona chi ha ancora bisogno del suo cuore
di Santo:
“Loro torneranno… torneranno
tutti in questo mondo fantastico e pieno di luce.”