Grazie, miei cari amici di Fiore di Giada (/viewuser.php?uid=695733)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
I quattro ranger di I9 entrarono
nell'ampia sala delle riunioni, i volti stanchi e provati dalla
missione.
Alcuni
istanti dopo, furono accolti da Cyn e Mei.
–
Scusate ragazzi, ma ho una terribile
emicrania. Vorrei riposare un po'. – si scusò Steven e
si allontanò.
Jotaro,
Machiko, Cyn e Mei lo fissarono perplessi il giovane, mentre la
mascella di Isac si irrigidì.
– Tu
sai qualcosa. – dichiarò calma Machiko fissando i suoi
occhi blu in quelli neri del russo.
– Già.
E ha a che fare con le ricerche che Steven ha fatto negli ultimi
mesi. – rincarò la dose Jotaro.
Isac,
dinanzi a quelle parole, sospirò.
– Avete
ragione. E ora che è finita la missione è giusto che
conosciate la verità.- acconsentì e cominciò a
parlare.
Nella
sua stanza, steso sul letto, Steven rifletteva, lo sguardo fisso sul
soffitto.
– Figlio
di quell'uomo… – sussurrò. Per molto tempo, la
sua ignoranza sulle sue origini lo aveva tormentato.
Fino
agli undici anni era vissuto in strada, ignaro dell'amore di una
famiglia.
Solo
Suor Maria gli aveva permesso di capire che anche lui aveva il
diritto di essere amato e protetto.
Eppure,
malgrado si sforzasse di non mostrarlo, la malinconia di
quell'assenza lo faceva stare male.
Chi
erano i suoi genitori?
Erano
morti? L'avevano abbandonato?
Quelle
domande senza risposta erano per lui un tormento senza fine.
E
molto spesso aveva provato invidia per chiunque avesse conosciuto
l'affetto di una famiglia, che gli era stato negato.
Perché
a lui non era stato concesso un tale privilegio?
Si
massaggiò le tempie, che gli parevano in quel momento
torturate da metallo fuso. Sedici mesi prima, incapace di reprimere
quel bisogno di sapere, aveva cominciato le sue indagini.
Pensava
che una verità, per quanto dolorosa, fosse meno triste della
mancanza di informazioni sulle sue origini.
– Non
ne sono tanto sicuro. Non più. – pensò chiudendo
gli occhi e lasciando che alcune lacrime si perdessero sulle sue
labbra.
– Cosa?
Steven è il figlio di Christian Dogonov e Eirene Salinaris? –
esclamò Jotaro balzando in piedi, dinanzi al racconto di Isac.
– Sì.
Christian Dogonov è figlio unico di una famiglia ricca...
Bello, ricco e viziato. Uno di quelli che pensano di potere avere il
mondo ai loro piedi.
Molte
ragazze avrebbero fatto follie per andare a letto con lui, anche se
solo per una notte. Molte, ma non tutte. E una di loro era Eirene,
figlia del proprietario di una piccola officina di auto spaziali. –
spiegò Isac.
–
Capisco. E quello che non riusciva a
prendersi con la seduzione, se lo è preso con la forza. –
replicò Machiko ironicamente.
Isac,
con un sospiro triste, annuì.
– Scusa
Isac, ma come fa Steven ad essere sicuro di questo? – domandò
Mei perplessa.
–
Vedete, Eirene ha denunciato il suo
stupratore, ma la famiglia di quel disgraziato ha fatto sì che
lei fosse presentata come una poco di buono... E questo le ha
distrutto l'esistenza. – affermò Isac malinconicamente.
– Questo
non spiega come faccia lui a essere così certo della sua
parentela con quel mostro. – osservò Cyn.
– Lei
si era accorta di essere rimasta incinta di lui e, dopo il parto, si
è suicidata, incapace di accettare la realtà della
gravidanza e di un processo in cui da vittima era diventata quasi
l'istigatrice della violenza. Ma, poco prima di morire, affidò
il piccolo al fratello, Andreas, affinché se ne prendesse
cura. – affermò Isac.
– Ma
Andreas non mantenne la promessa e lo abbandonò. E quel
bambino era Steven, giusto? – domandò retoricamente
Jotaro.
Isac
annuì.
– Zio
e nipote poi si sono reincontrati in un modo piuttosto spiacevole,
mentre Steven si stava recando all'archivio spaziale. Ecco, si è
fermato in una stazione spaziale per controllare il suo velivolo e
caso ha voluto che lì ci fosse anche Andreas.
E
in quel momento l'odio che provava per Christian Dogonov è
riemerso e lo ha portato a cercare di uccidere Steven, che per
fortuna si è saputo difendere.
E
da questo incontro che lui ha avuto la certezza delle sue origini.
Andreas Salinaris davvero lo aveva scambiato per suo padre. –
sospirò Isac.
– E
così quel bastardo che noi abbiamo ucciso era il suo padre
biologico... Uno stupratore seriale. – mormorò Machiko e
rabbrividì.
– Perché
non ci ha detto niente e ne ha parlato solo con te? – domandò
Jotaro.
– A
dire il vero nemmeno con me ha parlato... Non di sua volontà.
Ho dovuto costringerlo a rivelarmi tutto quando l'ho visto
impallidire dinanzi al nome della persona che la nostra cliente
voleva liquidare.-asserì Isac.
I
tre giovani e i due bambini rimasero silenziosi.
– Che
brutta storia... Non sarebbe il caso che gli parlassimo? –
chiese Jotaro.
– Forse
sì. Ed è il caso che lo faccia io stesso. –
mormorò e, senza aspettare alcuna risposta dagli altri ranger,
si allontanò anche egli dalla stanza delle riunioni.
– L'ho
visto morire, eppure... perché non ho provato niente? –
si domandò il giovane pilota. Quando il coltello di Machiko
aveva bucato il petto di Christian Dogonov, nessuna emozione aveva
riempito il suo cuore.
Solo
il vuoto dell'indifferenza, che pure faceva male.
Per
caso era destinato a trasformarsi in un mostro come lui?
Il
carattere non si ereditava con il sangue?
E
quell'uomo era marcio, saturo di male come una mela ormai ammuffita.
La
porta della stanza, ad un tratto, si aprì ed apparve Isac.
–
Immagino che tu sia entrato con un
passepartout. – mormorò Steven con un sorriso.
Il
più anziano ricambiò il sorriso e si sedette sul letto.
–
Scusami se non ho bussato, ma... come va
la tua emicrania?-domandò poi.
Il
pilota, dinanzi alla domanda, chiuse di nuovo gli occhi, poi li
riaprì.
– Non
molto bene... Continuo ad avere un gran mal di testa. – rispose
con tono apparentemente disinvolto.
Isac
non rispose e appoggiò una mano sulla spalla di Steven, che
sussultò.
– Non
sei lui – affermò pacatamente il russo.
Il
giovane canadese, dinanzi a quelle parole, boccheggiò sorpreso
e il suo sguardo si fissò in quello del suo capo, che annuì,
come se volesse confermare le sue parole.
–
Steven, tu sei suo figlio è
vero... Ma questo non ti rende lui, né come lui. Tu sei una
persona meravigliosamente diversa. E lo sappiamo tutti qui, su J9. –
ripetè tranquillamente, come se volesse confermare quanto
detto prima.
Il
giovane sentì gli occhi inumidirglisi di lacrime. Quelle
parole, in quel momento, erano un balsamo per il suo cuore confuso e
pieno di dubbi.
Non
era un mostro, malgrado il suo legame di sangue con quell'individuo
abominevole.
– Ti
ringrazio Isac. E ringrazio anche voi, amici. –
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2809255 |