Big
Rip
Lo
fissava da un paio di minuti, a distanza di qualche metro, il vassoio
del pranzo stretto fra le mani e l'espressione carica di incertezza
ed attesa.
Quell'atteggiamento
ritroso era inaspettatamente ed esponenzialmente più
irritante
rispetto alla tracotante insistenza dei suoi approcci iniziali.
Dom
indicò il posto libero di fronte al suo con un breve cenno
del
mento; illuminandosi in volto, Matthew trotterellò fino al
tavolo e
sbattè allegramente il suo vassoio sul ripiano.
-
Finalmente ufficializziamo la nostra relazione... Dopo tutto, ho
già
conosciuto tua madre un bel po' di tempo fa.
-
Matthew, devi per forza parlare come se fossimo una coppia di
fidanzatini?
-
Visto che ti chiamo Dom, potresti chiamarmi Matt? Ogni volta che mi
chiami col mio nome per intero sembri un professore che mi vuol
spedire dritto dritto in presidenza.
Dom
alzò le spalle, poi gli domandò: -
Com'è andato il compito?
Il
tono di voce di Matt era noncurante, come se in quell'istante gli
importasse di più asportare il cetriolino dal suo hamburger
che
discutere del suo andamento scolastico.
-
Oh, ho consegnato in bianco.
-
Perché? - volle sapere Dom.
-
Sentito? - esclamò Matt, senza guardarlo negli occhi. - Hai
di nuovo
l'intonazione da prof incazzoso.
-
Lo credo bene, ho speso un pomeriggio a cercare di infilare un paio
di concetti basilari in quella testa di ghisa che ti ritrovi.
-
Grazie, eh? Comunque... Mettere risposte a casaccio mi fa sentire
stupido ed in balia degli eventi. Non scrivere nulla è una
scelta,
invece, e anche piuttosto coraggiosa.
Un
ragionamento dalla logica stringente ed inattaccabile, davvero.
Dom
si riaggiustò i panni del prof incazzoso addosso,
aggiungendovi un
tocco di Grillo Parlante.
-
E la tua media?
-
Recupererò. - tagliò corto Matt, e poi
cambiò argomento.
-
Allora... Quali sono i tuoi programmi per il week-end?
-
Niente di speciale.
-
Oh, ok.
Dom
alzò lo sguardo su Matt, e trovò un'altra
espressione che non gli
piacque affatto – quella da bambino mortalmente deluso.
-
C'è qualcos'altro?
-
Non eri quello di “chiedimi quello che ti pare, tanto ti
risponderò
sempre di no”?
Oh,
era una sfida?
Dom
sorrise, e Matt alzò un sopracciglio di fronte al suo
sorriso.
-
Mettimi alla prova, non si può mai sapere.
-
Ti vergogneresti ad uscire con me?
-
Ti ho già detto che non devi necessariamente parlare come se
fossimo
una coppia...?
-
Vabbe'. Allora?
Attesa
e incertezza. Occhi imploranti nel particolare modo in cui riuscivano
ad esserlo gli occhi di Matt, con quella punta di rabbia senza
destinatario preciso.
-
Be', direi che se possiamo mangiare allo stesso tavolo non
c'è
motivo per cui non dovremmo uscire assieme.
-
Quando e dove?
-
Non lo so e non lo so.
La
risposta non turbò Matt, che evidentemente aveva
già ottenuto ciò
che voleva. Si rilassò all'indietro sullo schienale della
sua sedia,
e disse: - Va bene, tanto il week-end è ancora abbastanza
lontano...
Cioè, non troppo visto che è giovedì
ma, be', ecco.
Dom
annuì, continuando poi seraficamene a mangiare mentre Matt
lo
sommergeva con una cascata di ciance riguardanti tutto e niente.
-
Sabato sera suoniamo a Dawlish... Sei dei nostri?
-
… io?
Chris
sbuffò.
-
No, quello dietro di te.
Dom
arrossì, mentre l'altro spiegava tranquillamente: - Noi
della band
partiamo di mattina, ma se ti va puoi raggiungerci solo per il
concerto e tornare il giorno dopo con noi. Ci accompagna lo zio di
Lyle, in macchina abbiamo sette posti disponibili e ne
occupiamo solo cinque... Potresti pure portarti un amico, per dire.
Più
Chris si inoltrava ad illustrargli i dettagli della cosa,
più Dom si
rendeva conto che la cosa gli stava letteralmente piombando addosso
dal cielo.
Insomma,
quali erano i presupposti per invitarlo? Per una volta che erano
usciti tutti assieme Dom era rimasto a far da tappezzeria,
osservandoli in silenzio pressoché assoluto ed ammirando da
lontano
la trama e l'ordito dell'amicizia che legava i Fixed Penalty,
sentendosi troppo fuori posto per inserirsi in quell'intreccio
complicato di intimità, di sottintesi ed esperienze da cui
era
inevitabilmente tagliato fuori perché all'epoca dei fatti
non c'era,
ed il riassunto delle puntate precedenti non poteva riempire le sue
lacune.
Eppure
Chris era lì, ad invitarlo ad unirsi a loro come se fosse
normale.
Come se fosse giusto.
Una
volta ancora, gli era stata offerta l'occasione di condividere un
pezzo della loro storia – e siccome ultimamente stava essendo
fin
troppo ottimista, e stava pensando troppo ed ascoltando troppa della
musica che Chris gli passava regolarmente, forse... Forse quella
storia a otto mani poteva diventare una storia a dieci?
-
Mi piacerebbe un sacco. - rispose Dom, e la sua incertezza non
andò
persa agli occhi di Chris, che lo sollecitò: -
Però...?
Però
sono uno sfigato che non azzecca mai i tempi e quindi accetta
proposte quando sarebbe il caso di non farlo. Però
apparentemente
Dio esiste e ha un senso dell'umorismo piuttosto malsano.
Però Matt.
-
Avrei un impegno, in teoria. - dovette ammettere Dom.
-
Be', se ce l'hai solo in teoria... - scherzò Chris.
Dom
si sentì incredibilmente stupido, ingrato e sfortunato
mentre
l'altro scrollava le spalle e lo rassicurava: - Tranquillo, non mi
offendo. Sarà per un'altra volta.
Seh,
quando mai.
In
quel periodo fatto di pensare e sentire troppo, Dom si era ritrovato
più volte ad avere delle piccole epifanie, idee che
esplodevano
nella sua mente come bengala nel cuore della notte. Queste
manifestazioni lo incuriosivano sia nel contenuto sia nel loro modo
di proporsi: da qualche parte nel suo cervello qualcosa si accendeva
all'improvviso, mentre stava aspettando l'autobus o era a cena o
mentre rimetteva a posto la propria stanza.
Per
quanto sembrasse strano persino a se stesso, Dom fino ad allora non
sapeva di avere così tante idee per la testa e di quanto
fosse
rapido e spontaneo il processo che le portava a rimescolarsi, a
sfregare l'una contro l'altra fino a produrne una nuova, che suonava
estranea e pura come una rivelazione divina.
Quel
pomeriggio Dom pensò molto a Chris, e pensò molto
anche a Matt.
Fin
dall'inizio, era come se li avesse infilati in due scatole separate
nella sua testa – perché erano così
diversi, così
inconciliabili. Due reagenti da tenere ben lontani fra loro.
L'unico
punto in comune fra loro era Dom, e sentiva che questo alla lunga
poteva diventare un problema – come in quell'istante: doveva
sacrificare uno a favore di un altro, e la cosa non lo faceva sentire
con la coscienza a posto.
A
meno che...
Di
nuovo, una di quelle idee strane e luminose. E potenzialmente
disastrosa.
-
Pronto?
-
Ho trovato qualcosa da fare per questo week-end.
Sapendo
che l'altro avrebbe opposto resistenza, Dom si sforzò di
esporre il
suo progetto con tutto l'entusiasmo possibile...
-
No.
…
ma
il primo tentativo fallì lo stesso.
Senza
perdersi d'animo, Dom esclamò: - Ma dai! Ci divertiremo!
Wow,
detto da me suona così credibile.
Come no.
Infatti,
Matt rispose con tono indignato: - Mi stai davvero
chiedendo
di passare una serata in compagnia della Wolstencoso's Experience,
non posso crederci! Con quel tipo lì, quello secco con la
faccia da
serpente che l'altra volta non faceva che fissarmi e...!
-
Ok, Lyle è un po' una testa di cazzo ma gli altri non sono
male...
Chris è a posto. E poi ci sarei io.
Ci
fu una breve pausa.
A
voce bassa, Matt disse: - Se vuoi andare non è un problema,
possiamo
uscire un'altra volta.
Un
altro silenzio, stavolta più lungo.
Sarebbe
stato bello capire se in quel momento Matt si fosse ritirato dentro
il suo muro, o se ne fosse appena uscito.
-
Matt... Provaci.
Che
cosa ridicola da dire... Eppure, da fuori, era tutto quello che Dom
potesse fare.
-
Ci sto provando.
No,
non credo. O forse sì, chi cavolo sono io per dirlo.
-
Mi dispiace... Divertiti.
Dom
attese dieci minuti esatti, battuti dall'orologio in soggiorno. In
quel lasso di tempo attraversò così tanti e
diversi stati d'animo
da fargli venire il capogiro: senso di colpa per aver forzato Matt
ad uscire dal suo guscio, risentimento perché Matt non aveva
accettato rovinando i suoi piani, senso di colpa per aver provato del
risentimento, avvilimento, senso di impotenza, di nuovo del
risentimento nei confronti suoi, di Matt e Chris e delle relazioni
interpersonali a prescindere.
Dopodiché,
prese di nuovo in mano il telefono.
-
Pronto?
-
Hai cambiato idea?
-
Perché?
-
Perché semmai l'avessi cambiata, ho la sensazione che non me
lo
diresti.
Matt
sbuffò.
-
Senti, io...
-
Non ti succederà niente di male, se vieni.
-
Farei solo da tappezzeria, mentre gli altri farebbero di tutto per
mettermi in imbarazzo, mi chiederebbero come si vive in manicomio e-
-
È come con il compito di francese.
-
Cosa?
-
Per evitare l'eventualità che vada tutto a puttane,
preferisci
essere tu a mandare tutto a puttane.
A
Dom il concetto uscì così com'era nato nella sua
mente, senza
edulcorarlo in alcun modo. Seppe di aver fatto centro quando Matt
ammutolì di colpo, lasciandogli il margine necessario per
continuare
il suo affondo.
-
Ci sono io - ribadì - e Chris è uno in gamba. E
Lyle è un
coglione, ma non può farti nulla una volta che ne sei
consapevole.
Il
silenzio di Matt non suonava così enigmatico, stavolta. Ci
stava
davvero pensando, e se ci stava pensando era perché aveva
già
ceduto.
Dom
lo sapeva istintivamente, ma non volle esagerare.
-
Vuoi pensarci un altro po'?
-
Se non ti dispiace... - mormorò Matt, prima di dire
precipitosamente: - Ti richiamo io.
-
Giuri? - lo punzecchiò Dom, ridacchiando poi nel sentirlo
mugugnare:
- Oh, che palle.
Riattaccato
il telefono, non restava che attendere di nuovo.
Matt
esordì in tono aspro, dando a Dom appena il tempo di dire
“pronto”.
-
Non ho alcuna intenzione di fare il simpatico.
-
Ok.
-
E ti starò sempre appiccicato.
-
L'avevo messo in conto.
-
E se il serpente mi si avvicina gli allungo una pedata sulle palle.
-
No, questo no. Sabato ti comporterai da persona normale.
-
Uff.
-
Andrà tutto bene.
-
Come no... Ciao.
-
Ciao.
Tra
il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Un'infinità
di chilometri da percorrere a nuoto, immerso in un ambiente ostile,
l'ipotermia a rosicchiarti le estremità e la fatica ovvia di
muoverti attraverso una sostanza più densa del solito.
-
Dom!
Per
non parlare dell'ombra degli squali che nuotano sotto il pelo
dell'acqua, e – se già non è successo -
ti fanno definitivamente
pentire di esserti imbarcato nell'impresa.
Chris
alzò la testa dal bagagliaio già stracolmo,
salutandolo, e lo
stomaco di Dom sembrò afflosciarglisi e cadere all'interno
del
ventre come un sacco vuoto.
La
sensazione fisica del non poter più tirarsi indietro.
-
Ciao. - riuscì a strapparsi di bocca Dom, occhieggiando il
resto
della truppa affaccendato attorno alla macchina che li avrebbe
portati a Dawlish – tutti insieme in un'allegra scampagnata
fra
amici.
Intanto,
Chris diede un'occhiata ad un punto dietro le spalle di Dom.
-
Ciao, Matthew.
Riluttante
ed ingobbito, Matt si fece avanti ricambiando il saluto in maniera...
Be', sì, abbastanza decente. Un “ciao”
mormorato ma udibile. Un
po' svogliato, magari, ma comunque un “ciao”.
Dom
si chiese se avrebbe passato tutto il tempo a misurare il grado di
convinzione del tono di Matt o se ci sarebbe stato un momento in cui
avrebbero iniziato entrambi a divertirsi senza imparanoiarsi
più del
necessario.
-
Ehi... Che sorpresa.
Di
certo interagire con Lyle non avrebbe aiutato nessuno dei due a
rilassarsi.
Il
nuovo arrivato squadrò Dom e Matt da cima a fondo, prima di
avvisarli: - Il posto davanti è mio.
-
Meglio, così ci stai lontano. - disse Chris, sorridendo.
Lyle
lo fulminò con lo sguardo.
-
Non mi metterei mai fra te ed i tuoi nuovi amici, Teddy.
-
E noi te ne siamo molto grati.
-
Si parte fra dieci minuti. - annunciò in tutta risposta
Lyle, prima
di defilarsi.
Sembrava
che Chris stesse concentrando tutto il proprio essere nel tentativo
di incenerire l'amico con lo sguardo, o quantomeno di bruciargli un
buco in mezzo alla schiena.
I
presupposti per un'interminabile, imbarazzante gita in macchina
c'erano tutti.
Per
lo meno non fu silenziosa: lo zio di Lyle era tanto gioviale e
chiacchierone quanto suo nipote era freddo e scostante, e prendendo
spunto dal paesaggio circostante raccontò ai ragazzi tutto
sul suo
brillante passato da ciclista quasi-professionista – ogni
collina,
ogni torrente, ogni isolata stradina bianca che conduceva nell'oblio
dell'aperta campagna del Devon aveva un proprio aneddoto ricco di
particolari da essere narrato ed educatamente ignorato da parte del
pubblico che però, dal canto suo, non offriva alternative al
monologo di cui sopra.
Il
velenoso scambio di battute fra Chris e Lyle prima della partenza
doveva essere sintomo di un qualcosa di più serio. C'era una
strana
tensione nell'aria che non poteva solo dipendere dall'ansia del
palcoscenico.
Dom
si chiese se potesse aver a che fare con la presenza sua e di Matt,
per quanto gli sembrasse improbabile: le poche volte in cui si era
trovato in compagnia dei Fixed Penalty non aveva percepito nulla del
genere.
Avrebbe
voluto chiedere spiegazioni a Chris, ma chiaramente non era il caso
di farlo in presenza degli altri.
Si
trattava di aspettare.
Arrivati
a Dawlish, la compagnia aveva un paio d'ore per rilassarsi ed
esplorare la cittadina prima di andare al locale presso il quale i
Fixed Penalty si sarebbero esibiti.
Passaggiando
sul lungomare, Dom bisbigliò a Matt: - Ti dispiace se ti
lascio da
solo per qualche minuto?
-
Certo che sì.
A
giudicare dalla sua espressione, diceva sul serio.
Dom
sospirò.
-
Hai davvero intenzione di starmi incollato al culo per tutto il
tempo?
-
Erano queste le condizioni.
-
Dai, hai visto che non ti mordono!
-
Che devi fare?
Sbirciando
Chris, appoggiato al parapetto che delimitava il lungomare con i
compagni di poco distanti da lui, Dom rispose: - Devo parlarci.
-
Di cosa?
-
Non sono affar- ahi! Ma sei scemo? Mi hai fatto male!
-
Visto che mi hai trascinato qui quando sarei potuto rimanere
tranquillamente a casa...
-
A fare cosa, a pulire la cassettina della cacca di Miele? E poi mi
hai chiesto tu di uscire questo week-end!
-
La compagnia di Miele è molto più piacevole e
stimolante di quella
dei Fixed Musi Lunghi, questo è poco ma sicuro.
-
Senti... - iniziò Dom, prima di interrompersi per abbassare
la voce.
-
… voglio sapere perché sono tutti così
strani.
-
Anch'io, cosa credi?
-
Ma davanti a te magari non si sbottona, che ne sai?
-
Perché non dovrei?
Mentre
discutevano, Chris era arrivato alle spalle di Matt e Dom senza che
se ne accorgessero.
Dom
avvampò.
-
Noi... Noi stavamo...
-
Vi stavate chiedendo cosa diavolo ci è preso.
-
Già. - disse Matt, mentre Dom si limitò ad
annuire.
Chris
si mordicchiò l'interno di una guancia, pensieroso.
Indicò
un locale dall'altra parte della strada che vendeva fish and chips.
-
Mangiamo qualcosa in spiaggia?
-
Abbiamo un paio di canzoni da suonare, stasera... Canzoni originali.
-
Fantastico! - esclamò Dom.
Si
voltò verso Chris, e notando la sua espressione si corresse:
- Ok,
non è fantastico.
-
Una settimana fa lui arriva e ci dice “ho composto queste
cose e
bla bla il grande passo Dawlish sarà il nostro vero debutto
bla bla
bla”. Non ci aveva mai neanche accennato al fatto che stava
scrivendo delle canzoni, e poi di punto in bianco arriva con tutte le
parti pronte o quasi. Ci sono delle modifiche da fare, e dice di
volerci pensare un po' ma che per il concerto di oggi possono andare.
Chris
scosse il capo con aria disgustata.
-
Come se noi non contassimo un cazzo, capisci? Ha scritto della musica
che noi dovremo suonare e... E basta! Ci sono cose da modificare, ma
quello verrà in seguito quando... Quando gli
cadrà l'ispirazione
tra capo e collo... A lui. La batteria ha qualcosa
che non lo
convince, ma mica mi ha chiesto nulla. Io devo solo suonare ed
aspettare poi ulteriori istruzioni su come eseguire il suo
capolavoro, l'opera che ci porterà al successo non appena
grazierà
le orecchie dei comuni mortali che l'ascolteranno stasera!
Chiuse
gli occhi, e si riavviò i capelli svolazzanti nella brezza
marina.
-
Siamo manodopera - mormorò in tono amaro. - Potremmo
mollarlo adesso
e lui semplicemente si troverebbe qualcun altro da comandare a
bacchetta. Non me ne frega niente di diventare famoso in questo modo.
Voglio diventare un musicista, cazzo.
-
Gli altri che ne pensano? - mormorò Dom.
-
Cosa vuoi che ne pensino... Si fidano. Vogliono dei risultati e prima
arrivano meglio è. Lyle ti dà l'impressione di
sapere come
ottenerli. È
proprio un
ottimo frontman. - ridacchiò Chris.
Alzò
le spalle. - Sapevo che sarebbe andata a finire così, io e
lui non
ci siamo mai sopportati più di tanto. Mi spiace per Dan e
Simon, con
loro suono bene e mi diverto.
-
Quindi vuoi lasciare il gruppo?
Chris
non rispose.
Tutti
e tre fissarono il mare di fronte a loro, ascoltando il suono ritmico
che produceva nell'infrangersi dolcemente sul bagnasciuga.
Il
locale era piuttosto grande e odorava di fumo e cera d'api. In una
piccola rientranza, ai piedi di una parete fatta di sassi a vista,
c'era un palco in legno scuro e massiccio.
A
Dom ricordò vagamente l'atmosfera del Cavern, quell'unica
volta in
cui c'era stato. A differenza del Cavern, però, il posto
brulicava
di persone indaffarate a preparare e testare varie strumentazioni,
ed in seguito di gente che, uscita dal luogo di lavoro, si era
fiondata al pub per concedersi un paio di drink.
O
forse più di un paio, come quella tipa che aveva attaccato
bottone
con Dom prima di riscuotersi nel bel mezzo della conversazione
urlando “cazzo, ma sei minorenne” e scappare via
incespicando in
direzione delle toilettes.
Meglio,
in un certo senso, visto che Dom stava implodendo pian piano sotto il
peso della propria incapacità di reggere le avances di una
ragazza
attraente. Per non parlare del fatto che neanche in quell'occasione
Matt era stato capace di levarsi dalle palle.
-
Smettila. - sibilò Dom.
Accanto
a lui, Matt si stava sbellicando dalle risate.
-
Non... Non ce la faccio... Oddio, sto male... - ansimò,
crollando
contro il muro e ridendo ancora più forte.
-
Poteva andar peggio, dai... Poteva arrivare qualche robusto pescatore
e scambiarti per una gentil donzella. - lo punzecchiò poi
Matt,
tirandogli una ciocca di capelli biondi che ormai gli arrivavano
all'altezza delle clavicole.
Dom
lo spinse via, borbottando: - E ti lamentavi di essere venuto... Mi
pare che tu ti stia divertendo parecchio.
-
Non c'è male – ghignò Matt. -
Dov'è Chris?
-
Cosa c'è, adesso ti sta simpatico?
-
Umana comprensione per la sua tragedia personale, nulla di che.
Dom
lo guardò.
-
Scommetto che saresti come Lyle.
-
Eh?
-
Dal modo in cui ti sei comportato con me, dico.
-
Dom, ti ho già chiesto scusa per quello che è
successo.
Matt
tornò del tutto serio.
-
Credi davvero che io sia tanto infame?
-
Credo che tu voglia fare tutto di testa tua.
-
So quello che voglio, tutto qui.
-
Quello che vuoi tu... E quello che vogliono gli altri?
-
Cosa diavolo... Hai voglia di litigare?
Dom
incrociò le braccia, guardando dritto di fronte a
sé. Con la coda
dell'occhio percepiva la presenza dell'altro, immobile, accanto a
lui.
-
Io... - mormorò Matt. - Io ho fatto quello che volevi tu,
oggi. Ti
ho seguito qui anche se-
-
Do ut des.
-
Perché parli in gallese, adesso?
-
È
latino. Significa che mi
hai dato qualcosa in cambio di qualcos'altro.
Matt
tacque per un istante, prima di affermare: - Non ti confondere,
Dom... Quello che ha organizzato tutto in modo tale da avere la botte
piena e la moglie ubriaca sei tu.
Prima
che Dom potesse replicare all'accusa, Matt se n'era già
andato via.
Privo
della compagnia dei Fixed Penalty, impegnati a rifinire gli ultimi
dettagli prima del concerto e a
battibeccare fra loro – ulteriore motivo per starne alla
larga –
e senza di Matt che chissà dove diavolo s'era cacciato, Dom
uscì
dal locale.
Si
sentiva soffocare, e non solo per via della folla.
A
volte credeva di esserci riuscito, a far del tutto pace con Matt, ed
in effetti... No, non ce l'aveva con lui.
Se
solo non gli avesse dato così irrazionalmente sui nervi. Non
poteva
semplicemente piacergli, come Chris? Invece Matt gli piaceva e gli
dava un fastidio della malora allo stesso tempo. Un fastidio che non
bastava a troncare la loro quasi-forse-neonata-amicizia, ma era
più
che sufficiente a... Farsi del male a vicenda?
Matt
non era cattivo, ed era considerevolmente meno pazzo di quanto tutti
credevano... Ma questo non era un motivo sufficiente per abbassare la
guardia. Non con lui.
Però
da qui a ferirlo deliberatamente... No, che cazzo, no.
Cristo,
perché la gente – se stesso compreso –
era così difficile da
capire?
Forse
venire a Dawlish era stata una cattiva idea, e convincere Matt a
venire una pessima idea.
Forse
voleva davvero tutto, e senza conseguenze... Rimanendo con un bel
pugno di mosche in mano.
Forse
anche lui somigliava un po' a Lyle.
Dopo
una cena a base di robusto cibo da pub inglese, sparute chiacchiere
imbarazzate ed occhi bassi sui piatti, arrivò finalmente il
gran
momento.
Il
locale era ancora strapieno di gente vociante e non particolarmente
interessata ai ragazzi che stavano prendendo posizione sul palco.
Nonostante
tutto ciò di cui era al corrente, a Dom sarebbe piaciuto che
i Fixed
Penalty fossero stati in grado di catturare l'attenzione del
pubblico.
Chris
compitava le sue parti con diligente distacco – il suo viso
era
impietrito in un cipiglio funereo.
Quello
sarebbe stato il suo ultimo concerto con la band, realizzò
Dom. Non
poteva che essere così.
Ripensando
alla prima volta in cui li aveva incontrati, a quella in cui li aveva
visti suonare, al retrogusto amaro dell'invidia che gli era rimasto
in fondo alla bocca di fronte allo spettacolo di un'intesa
così
naturale, così impeccabile, così incorruttibile
Dom sperò davvero
che si potesse recuperare qualcosa. Per Chris, per gli altri tre, per
se stesso.
Possibile
che qualcosa di così bello fosse anche tanto facile da
distruggere?
Qual era il punto? Era stata solo una magnifica illusione?
O
magari bisognava solo lavorarci di più, e avere voglia di
lavorarci
insieme.
Dom
si voltò a guardare Matt, intento ad incassare le frequenti
gomitate
d'intesa e gli infiniti commenti sulla performance dello zio di Lyle.
I
loro sguardi si incontrarono, e quello di Matt significava
chiaramente “se mi vuoi un minimo di bene, abbattimi
adesso”. Dom
non riuscì a trattenere una risata, e l'altro
tornò a concentrarsi
sull'esibizione con un sorrisetto malamente contenuto.
Appena
sceso dal palco, Lyle si ritrovò incastrato nell'abbraccio
da orso
di suo zio.
-
Fenomenale. Fenomenale, davvero. Appena torniamo a casa lo dobbiamo
raccontare ai tuoi, se fossero stati qui stasera avrebbero finalmente
capito...
-
Grazie, Kief. - il nipote si districò con disinvoltura dalla
stretta
affettuosa, riavviandosi i capelli sudati sulla fronte.
Matt
diede un pizzicotto sul braccio a Dom, sussurrando: - Sbaglio o
quella che vedo è un'emozione genuina...?
Lyle
lo notò, fissandolo con aria che sarebbe risultata molto
più
minacciosa se contemporaneamente un tenue rossore non si fosse
diffuso sui suoi zigomi.
-
Dobbiamo festeggiare! - Simon sbucò da dietro le spalle del
suo
frontman, somigliando per la prima volta dall'inizio della giornata
al Simon che Dom conosceva.
-
… magari in riva al mare?
Non
c'era niente con il quale accendere un falò, e l'unico
adulto
presente nella compagnia non si sarebbe mai assunto la
responsabilità
di far giocare sei adolescenti con il fuoco: non avendo neanche un
pallone per improvvisare una partita di calcio, decisero di
rispolverare i giochi più sciocchi della loro infanzia.
Comunque,
anche un due tre stella non era un gioco per i deboli di cuore.
-
Stella! - urlò Simon, placcando Dom e mandandolo a faccia in
giù
nella sabbia.
Sputacchiando
granelli, Dom urlò: - Per quale cavolo di motivo l'avresti
fatto??
-
Per temprarti il fisico e lo spirito, ovviamente... Mi ringrazierai,
un giorno.
Entrambi
i giocatori andarono poi a sedersi accanto ai due eliminati, Matt e
Daniel.
-
Ti sei battuto come un vero uomo, Howard. - disse il primo, e Dom
rise sarcastico.
Simon
si sdraiò, aprendo e chiudendo le gambe.
-
Mi sento strafatto.
-
Per una volta che non lo sei. - lo prese in giro Daniel.
-
Se tutte le sere fossero così altro che canne, davvero.
Come
preso da un pensiero improvviso, drizzò la schiena di scatto
guardandosi attorno.
-
Rilassati... Kief non è ancora tornato.
-
Lo so, ma metti che era qui nei paraggi.
Sospirando,
si rimise giù sulla sabbia.
-
Vi siete rotti le palle, voi due? Intendo dire, oggi.
-
Be', insomma, voi eravate un po' su di giri per il concerto e-
-
Dom, non credo di aver mai sentito parlare il tuo amico.
Simon
rotolò su un fianco, piantando un gomito a terra e poggiando
la
guancia sulla mano.
-
Ti sei annoiato, oggi? Voglio dire, non ci conosci nemmeno e ci siamo
comportati da stronzi lunatici...
Sotto
gli sguardi di tutti, Matt si abbracciò le ginocchia e
borbottò: -
No. Cioè, sono stato bene.
-
Quindi ti piacciamo?
Daniel
si allungò fino a dare un calcetto all'amico.
-
Simon trova molto divertente mettere a disagio le persone, perdonalo.
-
Ok, ok... Fingiamo che lui non esista ed evitiamo di includerlo nelle
nostre conversazioni, allora.
-
Non mi sento a disagio - affermò Matt, cercando brevemente
lo
sguardo di Dom.
-
Raccontaci qualcosa, allora...
Simon
gli sorrise, distendendosi a pancia in giù.
-
Tipo, mi sono sempre chiesto com'è che si sta in un ospedale
psichiatrico.
Dom
si sentì gelare, ricordando le obiezioni che Matt aveva
opposto
prima di accettare di venire con loro.
Tutto
ciò che poteva fare, adesso, era stare a guardare.
Matt
abbassò gli occhi e restò in silenzio per qualche
interminabile
istante.
-
Lo sapevo. - bisbigliò, alzandosi e dirigendosi verso il
bagnasciuga.
Nel
conseguente silenzio generale, Simon si girò verso Daniel e
Dom.
-
… cazzo, ragazzi, giuro che non volevo spingerlo al suicidio.
Senza
perdere altro tempo, Dom schizzò in piedi e raggiunse Matt.
La
schiuma delle onde gli lambiva la punta delle scarpe, ma era come se
lui non se ne accorgesse.
Sembrava
completamene immerso nei propri pensieri.
-
Matt... - lo chiamò Dom.
Si
infilò entrambe le mani nei capelli, sopraffatto dal senso
di colpa.
-
Mi spiace... È
stata una
pessima idea, lo so, ma tutto quello che volevo era... Non credevo
che fosse così difficile, io...
-
Non era un ospedale psichiatrico.
La
voce di Matt era sottile come la brezza notturna.
-
Non puoi andare al manicomio se non sei pazzo. Secondo lo psicologo
che mi ha visitato ero solo molto stressato per via del divorzio dei
miei, ed essere un adolescente ha solo peggiorato la situazione...
Gli ormoni, no?
-
Sono stato da alcuni parenti, in attesa che Teignmouth si
dimenticasse di me... Il che chiaramente non è successo,
ma...
Matt
sorrise debolmente.
-
… la tua mica era una pessima idea, era solo... Normale,
credo. Hai
un paio di amici, con almeno un interesse in comune, perché
dovrebbe essere una pessima idea uscire tutti assieme? Casomai l'idea
pessima l'ho avuta io, accettando la tua proposta. Ma è
stato bello
che tu abbia pensato a me.
Dom restò senza parole, all'inizio.
Dopo un po', a fatica, mormorò: - L'ho fatto
perché...
Perché siamo amici.
-
Ok.
-
Siamo amici - ripetè Dom.
-
È
quello che ho detto
anch'io, mi pare...? - argomentò l'altro, con aria perplessa.
-
Ma io non te l'ho mai detto prima.
Matt
annuì, muovendo un piede e scavando una buca nella sabbia
bagnata.
Si
voltò a guardare il resto della compagnia dietro di
sé.
-
Faccia di Serpente e Chris sono tornati - annunciò.
-
… e a giudicare dalle loro facce non hanno discusso di
qualcosa di
piacevole.
Il
Big Rip è un'ipotesi cosmologica sulla fine
dell'Universo, oltre a significare letteralmente "grande
strappo".
I pianeti devono essersi allineati in qualche modo bizzarro,
lo sento... Oppure sono gli asteroidi fra Marte e Giove. Si
sono ricombinati in modo tale da formare la scritta FINISCI EXOGENESIS
ENTRO IL 2014 RAZZA DI IMBECILLE. Grazie, asteroidi! :D
♥
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