A Giuls e Fede,
nella speranza che la dolcezza di questa dedica
faccia loro dimenticare, alla fine della ff,
la loro voglia di uccidermi.
Love you.♡
(Le parti colorate sono flashback. Non credo ci sia bisogno di
specificarlo, ma meglio prevenire che curare, no?:) )
Quel giorno Ian si svegliò particolarmente tranquillo.
Avrebbe potuto dire di essere persino felice, anche se erano le sei del
mattino e aveva una giornata di lavoro davanti a sé.
Le tende della camera dell’uomo permettevano tranquillamente
alla luce di filtrare, così la stanza era leggermente
illuminata dai colori dell’alba. Le finestre erano chiuse e
del rumore del traffico e delle persone in strada non ce
n’era nemmeno un accenno.
La sveglia non aveva ancora suonato, ma Ian si era svegliato
ugualmente, forse per la luce che aveva raggiunto i suoi occhi chiusi.
Prese il telefono che teneva sul comodino in camera e
disattivò la sveglia, per non svegliare la donna che giaceva
nel suo stesso letto. Si voltò e rimase ad osservare la sua
bellissima ragazza, stesa su un fianco e rivolta verso di lui. I suoi
capelli erano sciolti disordinatamente sul cuscino. Aveva indosso una
maglietta prestatagli dal suo uomo, che per lei era fin troppo grande.
Ma aveva il suo profumo, diceva, perciò la taglia non era
cosa importante. Sotto teneva solo le mutandine e le gambe nude erano
coperte dalle lenzuola bianche.
Ian rimase ad osservarla per qualche altro secondo, notando che teneva
le mani sotto il cuscino e soffermandosi sulla sua bocca, chiusa. Quale
essere –a parte lei- dormiva con la bocca chiusa? Era una
cosa che aveva notato con l’andare dei giorni, il fatto che
non dischiudeva le labbra nel sonno.
Gli passò davanti un immagine, un paio di labbra morbidi e
tentatrici, perennemente aperte durante la notte. L’uomo a
cui Ian si era ritrovato a pensare, a volte sbavava anche senza
rendersene conto ed Ian era solito prenderlo sempre in giro la mattina
appena svegli. Quando poi quella saliva finiva nella sua bocca, insieme
alla lingua di lui, non che gli dispiacesse, però.
Già, baciare Michael non gli dispiaceva per niente.
Scosse la testa, scacciando via la visione di Michael accucciato a lui
durante ogni risveglio la mattina, dopo aver passato la notte a fare
l’amore, e si chiuse in bagno, aprendo la doccia e buttandosi
sotto il getto d’acqua fredda. Rimase lì una
ventina di minuti, finché non si rese conto che lo
aspettavano sul set e non poteva tardare. Quel giorno aveva un sacco di
scene da girare con Kat e il pensiero lo fece sorridere teneramente.
Gli piaceva, Katerina. Era una delle sue migliori amiche e forse
l’unica che sapeva tutta la storia completa, tutto
ciò che era successo, dall’inizio alla fine, tra
lui e Michael. Non poté non pensare che le voleva un mondo
di bene per essergli rimasta accanto sempre e comunque. Gli piaceva
anche dirglielo, tutto il bene che le voleva e a lei piaceva riempirlo
di baci e pizzicotti quando lo faceva, per poi finire a ridere e
scherzare nuovamente.
Tornò in camera ed aprì l’armadio,
facendo attenzione a non svegliare Nikki. Frugò tra le
magliette finché non trovò una maglietta azzurra.
Quella,
maglietta azzurra.
«
Possibile che tu non abbia una maglietta chiara?» chiese
Michael rovistando fra le sue cose e trovando solo magliette nere, blu
e grigie, insieme a quelle della ISF, sempre e comunque nere.
«Preferisco
vestirmi di scuro» rispose semplicemente Ian alzando le
spalle, anche se Michael in quel momento non poteva vederlo, essendo
concentrato sulle sue maglie. «E comunque non è
vero che non ne ho per niente. Qualcuna sarà a
lavare.» A quel punto il più giovane tra i due si
arrese e gli lanciò una maglietta grigia, la più
chiara che aveva trovato. «Mi spieghi questa tua improvvisa
fissazione per il farmi vestire di chiaro?»
Michael gli si
avvicinò mentre quello si infilava la maglia e gli cinse il
collo con le braccia.
«I
colori chiari risaltano i tuoi occhi azzurri.»
Ian scosse la
testa, arreso a quella fissazione del suo uomo per i suoi bellissimi
occhi, e gli sorrise. L’altro si avvicinò e
posò le labbra sulle sue, socchiudendo gli occhi e
rilassandosi a quel tocco familiare ma di cui credé non si
sarebbe mai stufato.
«Non
l’hai fatto davvero» esclamò Ian
sbalordito, fissando la busta che ancora non aveva avuto il coraggio di
aprire. «Michael
Malarkey dimmi che non mi hai comprato una maglietta chiara solo per
vedere i miei occhi che risaltano.»
Fissò con gli occhi spalancati l’uomo di cui era
innamorato con tutto il suo cuore, che si strinse nelle spalle e
sorrise genuinamente. «Sei la persona più stupida
e straordinaria di questo mondo» continuò, vista
la sua reazione, buttandosi tra le braccia di lui.
«Non
l’hai nemmeno vista, magari ti fa pure schifo»
disse l’altro, a cui il gesto non era sembrato
così magnifico come evidentemente Ian credeva.
Però strinse ugualmente il suo uomo a sé,
perché il calore del suo corpo era qualcosa a cui non
avrebbe mai potuto rinunciare.
«Beh,
ora che ci penso, visti i tuoi gusti nel vestire avresti anche potuto
comprarmi un obbrobrio.»
«Vaffanculo,
idiota» esclamò Michael stizzito, allontanando Ian
da sé con una spinta. Quello scoppiò a ridere e
si slanciò in avanti, lasciandogli un bacio sulle labbra.
Michael ci provò a tenere il broncio, ma quelle labbra erano
così tenere che non riuscì a trattenere un
sorriso, quando l’altro si girò ed andò
ad aprire la busta. Tirò fuori una maglietta azzurra di
cotone a tinta unita, semplice e con lo scollo a V, come piacevano a
lui.
«È
perfetta.»
Si
voltò e vide il sorriso compiaciuto di Michael che si
avvicinò e lo baciò con dolcezza.
«Sono
contento che ti piaccia.»
«Ti
amo.»
L’altro
lo baciò ancora e rispose: «Ti amo
anch’io.»
«Buongiorno» disse una voce alle sue spalle, ancora
parecchio assonnata. Ian si girò verso Nikki e le sorrise
dolcemente. «Sì, proprio un bel
buongiorno» continuò notando che il suo ragazzo
aveva addosso solo un asciugamano all’altezza della vita,
essendo appena uscito dalla doccia.
Questo sorrise e chiese gentilmente: «Ti ho
svegliata?»
«No, tranquillo.»
Si avvicinò a lui, che teneva ancora la maglietta tra le
mani, e gli lasciò un bacio sulla bocca, prima di andare
anche lei a farsi una doccia. Ian si infilò la maglia, un
paio di boxer e dei jeans scuri; staccò il telefono dalla
carica e se lo mise in tasca, insieme al portafogli, le chiavi di casa
e della macchina.
«Amore devo andare sul set» spiegò
affacciandosi dalla porta del bagno. Nikki si era appena infilata
l’accappatoio. «Mi raggiungi o ci vediamo stasera?
Oggi ho giornata piena.»
«Ti raggiungo per pranzo?» chiese, aspettando il
consenso dell’uomo.
«Perfetto.»
Le baciò velocemente le labbra e corse fuori casa, poi in
macchina, notando di essere ritardo. Aveva speso non sapeva quanti
minuti, fissando la maglietta che ora aveva addosso, mentre i ricordi
gli avevano riempito la mente. Ora stava volando per le strade di
Atlanta, stranamente senza traffico. Quando arrivò sul set,
stavano ancora preparando le ultime cose e nessuno, a parte Katerina,
aveva notato il suo ritardo.
«Ei dormiglione» lo salutò lei,
andandogli incontro per abbracciarlo.
«Nah, non stavo dormendo» disse lui ridendo,
dandole poi un bacio sulla guancia. «Ho solo perso la
cognizione del tempo sotto la doccia.» Kat gli
lanciò uno sguardo malizioso, sapendo della nottata passata
con Nikki. «…pensando.»
Lo sguardo di lei si fece cupo, capendo immediatamente a chi aveva pensato
per così tanto tempo.
«Non puoi continuare così Ia-»
«Iaaaaaaan!» li interruppe Julie, che sorrise
all’attore. «Pronto per girare?»
«Tanto che se mi chiamassi Damon, mi girerei» le
rispose con un occhiolino.
Lei rise di gusto, poi si allontanò per andare accanto a
quelli della crew.
«Sto bene, davvero» spiegò Ian.
«Non è più come prima, è
passato tutto.»
«Ah si? E allora perché indossi la maglietta che
ti ha regalato lui?»
«È la prima che ho trovato
nell’armadio» mentì prontamente Ian,
cercando di sorriderle il più sinceramente possibile.
«Ian, parlami» le rispose invece lei, con uno
sguardo comprensivo.
«Senti, non c’è nulla, davvero. Lui
è sposato e stava diventando complicato. Ci siamo
lasciat-»
«Tu
l’hai lasciato» precisò lei.
«L’ho lasciato. Poi ho conosciuto Nikki e ora
è quello che è. Io sono felice con lei, lui
è felice con sua moglie. Fine della storia.»
Nell’esatto momento in cui Ian finì di parlare,
l’uomo dagli occhi scuri e intensi attraversò la
stanza a diversi metri da loro, senza però notarli. Ian lo
seguì con lo sguardo finché non scomparse dalla
sua visuale.
«Ti crederò quando smetterai di guardarlo in quel
modo» disse Kat prima di andar via e lasciarlo solo con se
stesso.
La mattinata per Ian passò abbastanza velocemente. Recitare
nei panni di Damon Salvatore era una cosa che lo divertita, nonostante
la fatica che quel lavoro gli procurava. Amava quel personaggio e amava
il modo in cui era cresciuto e cambiato, anche se doveva ammettere che
la parte del cattivo gli piaceva decisamente di più. Girare
accanto a Kat era sempre uno spasso, poiché tra una pausa e
l’altra potevano tranquillamente parlare e prendersi in giro,
essendo così tanto legati.
Stare davanti ad una telecamera per così tante ore
consecutive, però, era maledettamente stancante. Era pur
sempre un lavoro, insomma. Così, quando verso mezzogiorno e
mezza la crew si mise d’accordo per lasciargli un paio
d’ore per la pausa pranzo, Ian sospirò di sollievo.
«Pranziamo insieme?» propose Kat, rivolgendosi ad
Ian. «O ti sei finalmente deciso a parlargli?»
«Non avrei nulla da dirgli» rispose
l’altro sorridendo. «Dovrebbe venire Nikki, credo
pranzerò con lei.»
Kat annuì, per nulla convinta della prima affermazione e con
un “ci vediamo dopo”, lo salutò. Ian
decise che prima di cercare la sua ragazza si sarebbe cambiato, quindi
si avviò verso il proprio camerino. Avrebbe anche voluto
struccarsi, ma doveva riprendere a girare dopo qualche ora, farsi
rifare poi il trucco gli sembrava solo una perdita di tempo. Si
concentrò su Nikki e sul suo meraviglioso sorriso, riuscendo
finalmente a lasciare da parte i pensieri verso quell’uomo
che gli aveva letteralmente cambiato la vita. Era entrato come un
uragano nel suo cuore, senza interessarsi della sua
eterosessualità e del suo casino di vita, tra il set, la
ISF, i discorsi in giro per il mondo e le riunioni un giorno
sì o uno no. Ian si era innamorato di lui in qualche
settimana e sembrava che anche per Michael fosse stato lo stesso,
nonostante avesse una moglie a Londra che lo aspettava ogni
finesettimana.
Non lo aveva più visto per tutta la mattina, così
era arrivato a pensare che avesse finito il suo lavoro per quel giorno
e fosse tornato a casa. Si era convinto di quella cosa ogni minuto che
passava e non lo vedeva in giro, nemmeno quando cambiavano posto in cui
girare. Perciò quando se lo ritrovò di fronte,
dall’altro lato del corridoio che camminava verso di lui,
restò parecchio sorpreso. Nel momento in cui
incrociò il suo sguardo, restò di sasso. Era
freddo, nervoso, cattivo, quasi schifato. Ian non l’aveva mai
visto guardarlo in quel modo.
«Cosa?» sbottò Ian quando Michael
arrivò a un paio di metri da lui.
«Nulla» rispose semplicemente l’altro,
completamente indifferente.
«Non dire cazzate. Che c’è?»
Quanto odiava Ian quando Michael si comportava in quel modo, nemmeno
riusciva a spiegarlo.
«C’è Nikki di là»
continuò, sempre con quel tono di indifferenza che a Ian
faceva andare fuori di testa.
«Oh» disse Ian, che non sapeva cos’altro
aggiungere. “Ah, sì, so che sarebbe venuta la mia
ragazza, che tu palesemente odi poiché convinto che mi abbia
portato via da te.”
«Che aspetti? Vai da lei, magari puoi scopartela anche qui
sul set oltre che a casa. Tanto ti serve solo a quello, no?»
«Dillo un’altra volta e ti spacco la
faccia.»
Stringeva i denti e lo guardava rabbioso, mentre l’altro non
sembrava per niente dispiaciuto di aver detto una cosa del genere. Ian
lo avrà anche amato, ma ora Nikki era la sua ragazza e non
aveva nessun diritto di insultarla o insultare lui in quel modo.
“Fallo, non potresti mai farmi più male di quanto
hai fatto il giorno in cui mi hai detto che tra noi era
finita”, avrebbe voluto rispondergli Michael, ma in quel modo
avrebbe fatto la parte del codardo ferito che era ancora innamorato
perso di lui e non voleva mostrarsi così. Anche se con una
scenata di gelosia del genere non sapeva quanto le cose sarebbero state
migliori.
«Perché? Sei offeso perché ho detto la
verità e non hai il coraggio di ammetterlo a te
stesso?» chiese Michael con lo stesso astio di prima.
«Vaffanculo, Michael, sei sposato. Sposato cazzo.»
«Io non ho intenzione di spaccarti la faccia
perché hai detto la verità,
però.»
«Mi rende felice, Michael.»
«Felice io per te» rispose l’altro con
aria nobile, fingendo palesemente.
«Non è vero. È questo il
punto!» urlò Ian. «Dovresti esserlo, ma
non sei felice per me, nemmeno per niente!»
«Hai ragione, non lo sono» ammise allora
l’altro facendo spallucce. «Stai con lei solo per
scopartela, non ci vedo nulla di felice.»
«Non stavi anche tu con me solo per scoparmi?»
ribatté Ian, ora incazzato a livelli inimmaginabili. Tanto
che non riuscì nemmeno a pentirsi di quella frase.
Finché non vide Michael avvicinarsi velocemente. Aveva il fuoco negli occhi
e gli tirò un pugno in pieno viso con tutta la forza che
aveva. Il male alle nocche non era più forte di quello al
cuore.
Ian cadde per terra, sputando sangue dalla bocca, portandosi una mano
sulla mascella dolorante. Michael si piegò su di lui e
sputò fuori un: «Vaffanculo, Ian», prima
di andare via. Il più grande si stese sconfitto sul
pavimento con le mani tra i capelli.
Se c’era qualcosa che aveva fatto più male di quel
pugno, era il suo cuore che si era spezzato a metà.
«Che diavolo è successo?» chiese Kat
quasi urlando, una volta entrata nel camerino di Ian dopo un suo
messaggio,“Camerino,
ora. Per favore.”, e vedendo
l’orribile livido violaceo sulla mascella
dell’uomo. Le bastò uno sguardo di lui per capire
tutto. «Michael.» Sospirò ed Ian
annuì sofferente. «Vado a prenderti del ghiaccio,
poi mi racconti tutto.»
«Non ce n’è bisogno, davvero»
intervenne lui.
«Non puoi essere sempre tu quello si prende cura degli altri,
Ian» gli disse dolcemente lei, prima di avviarsi in
infermeria.
Ian sorrise teneramente, pensando di avere una delle amiche migliori
del mondo. Pensò che una volta sarebbe stato Michael a
portargli il ghiaccio dopo averlo ferito, nonostante tutto. Ma dubitava
l’avrebbe fatto ora, vista la situazione.
Quando Kat arrivò nei pressi dell’infermeria
sentì dei rumori provenire dall’interno, come di
botte date al muro. Spalancò la porta, non aspettandosi
minimamente ciò che si trovò davanti. Michael,
con la mano destra fasciata, stava tirando dei pugni –con la
stessa mano destra, come a volersi fare ancora più male-
contro la parete della stanza. Quando si voltò, Kat
poté notare delle lacrime sul volto dell’uomo e
gli occhi arrossati. La fasciatura era macchiata di sangue.
«Non» si affrettò a dire lui,
«dire niente. Per favore.»
«Siete due coglioni testardi» affermò
lei, prendendo la mano di Michael tra le sue e levandogli delicatamente
la fasciatura che si era fatto.
«Posso fare da solo» disse ritirando
frettolosamente la mano. Ma il gesto gli provocò dolore,
così fece una smorfia.
«A me sembra di no. Perché non volete che gli
altri si prendano cura di voi? Tutti e due»
sottolineò Kat, prendendo del disinfettante e
dell’ovatta. Pulì le nocche di Michael una ad una,
poi le contornò con della garza.
«Che ti ha detto?» chiese lui. Gli occhi erano
pieni di dolore e Kat ebbe l’impressione che avrebbe
ricominciato a piangere. Ma lui non lo fece.
«Nulla, ancora. Sto andando a portargli del ghiaccio. Sempre
che non voglia farlo tu.»
«No. Non se lo merita.»
«Non so cosa abbia detto o cosa abbia fatto, ma non credo che
a questo punto si meriti le tue lacrime.»
«Non erano per lui le lacrime. Erano per me che non riesco a
lasciarlo andare» ammise abbassando lo sguardo. Katerina
aveva finito con la fasciatura, ma continuava a tenere la sua mano tra
la sua e a Michael, in fondo, faceva piacere.
«È una situazione complicata, lo so. Ma io non
capisco come possiate avere la forza di continuare a farvi
così tanto male.»
Kat davvero non capiva. Come facevano due persone che si amavano
così tanto come loro, ferirsi senza sentirsi morire dentro?
E forse era proprio quello il punto. Quei due non vivevano
più da quando non stavano più insieme.
«Non lo so, Kat. So solo che io così non ce la
faccio più» ammise con una punta di disperazione
nella voce.
«Perché invece non vai da lui e gli dici quello
che provi?» tentò lei.
«Io- fatti dire quello che mi ha detto e poi capirai da
te.»
«Dev’essere qualcosa di grave se con il dirlo si
è meritato un pugno in faccia.»
Michael alzò le sopracciglia e allargò le braccia
come a darle ragione e lei mise su un broncio deluso, perché
Ian non era solito ferire le persone, ancora di più le
persone che amava.
Preparò velocemente un impacco di ghiaccio e uscì
con Michael dall’infermeria.
«Sicuro di non voler passare?»
«No, Kat, davvero. Grazie per la fasciatura.» Le
diede un bacetto sulla guancia e lei gli rivolse un sorriso triste.
«Grazie mille, tesoro» disse Ian con un sorriso,
prendendo il ghiaccio che Kat gli stava porgendo e portandoselo sulla
mascella che pulsava.
«Cosa gli hai detto?» gli chiese, sedendosi sulla
sedia libera accanto a lui e facendosi guardare negli occhi.
«Io- una cazzata, assolutamente non vera e me ne sto pentendo
solo ora, ma davvero, non lo pensavo, è che ero
così furioso in quel momen-»
«Ian.»
lo rimproverò la ragazza, che sapeva che stava andando in
panico, visto che aveva iniziato a balbettare e gesticolare
nervosamente.
Lui la guardò e fece un respiro profondo. «Gli ho
detto che stava con me… -respirò
un’altra volta per farsi coraggio- solo per
scoparmi.»
«Che testa di cazzo» buttò fuori senza
riuscire a trattenersi Kat. Ian, in altre circostanze, sarebbe rimasto
sorpreso dalla sua affermazione, visto che la ragazza non era solita
dire parolacce, ma in quel momento sentiva di meritarsele tutte, di
meritarsi tutti gli insulti esistenti al mondo. Posò
bruscamente il ghiaccio sulla scrivania e si prese la testa tra le
mani. Kat infilò una mano tra i suoi capelli, accarezzandolo
dolcemente.
«Ti prego» disse Ian, scoprendo gli occhi pieni di
lacrime.
«Cosa?» chiese allarmata Kat, fermandosi.
«No-non farlo. Lo faceva… lui.»
«Nikki non ti accarezza mai i capelli?»
Ian scosse la testa. «Le ho detto che mi dà
fastidio.»
Kat si sporse ed abbracciò forte Ian, che non oppose
resistenza.
«Cazzo» esclamò all’improvviso
lui. «Nikki. È di là che mi
aspetta.»
«Le dico che hai avuto un imprevisto a lavoro e non puoi
allontanarti.»
«Devo andare.»
«Che le dirai quando ti chiederà cosa hai fatto
alla mascella?»
Ian incrociò le braccia sul tavolo e ci buttò la
testa in mezzo. A Kat venne spontaneo mettere la mano tra i suoi
capelli, ma si fermò a metà strada, ricordando le
parole di Ian.
«Lo amo, Kat» disse Ian in un sussurro quasi
inudibile.
«Cosa hai intenzione di fare?» gli chiese
gentilmente, passando la mano sulla sua schiena, sperando di farlo
sentire almeno un po’ meglio.
Cosa poteva fare? Non poteva di certo dire alla sua ragazza:
“Senti, Nikki. Sono innamorato di Michael” e
pensare che tutto sarebbe andato bene. Lui teneva a Nikki, lo faceva
realmente stare bene… fin quando non pensava a Michael e a
quello che avevano e allora capiva che la felicità vera era
quella che aveva provato in quei pochi mesi con lui. Che forse
sì, la amava, ma mai quanto aveva amato lui o quanto ancora
lo amava.
«Per ora andrò da Nikki e le dirò che
sono inciampato per rispondere al telefono, mi crederà,
vedendo che casino che c’è qua dentro»
spiegò, guardandosi intorno. «Poi non lo so,
sinceramente.»
«A lui cosa dirai, Ian? Quell’uomo non ha occhi che
per te.»
«Ho sicuramente intenzione di scusarmi per quello che gli ho
detto, poi non so, non posso semplicemente andare da lui, dirgli che lo
amo da impazzire e che non mi importa del resto, se staremo insieme.
Non posso mandare a fanculo la mia intera vita e quella di Nikki che
rimane, comunque, la mia ragazza; né quella di sua moglie.
Come reagirebbe?»
«Smettila, Ian, ti prego. So che sarebbe ingiusto, cattivo
nei confronti di Nikki e Nadine, estremamente egoista e tu non sei
nessuna di queste cose. Ma per favore, puoi solo per un dannato momento
pensare alla tua di felicità, al posto che pensare sempre e
solo a quella degli altri?»
«Non posso, Kat. Capiscimi, per favore. Non posso prendere e
fare quello che mi dice la testa senza pensare alle
conseguenze.»
«E se invece potessi, Ian? Se per un momento, uno solo,
potessi?»
A Michael prese un colpo quando vide Ian correre verso di
sé, con un sorriso schifosamente meraviglioso sulle labbra e
gli occhi felici. Che diamine aveva in mente? Dopo quello che gli aveva
detto, come poteva andare da lui così? Eppure intorno a lui
non c’era nessun altro e non pensava fosse tanto stupido da
andarsi a schiantare contro il muro dietro di lui. Ian si
fiondò tra le sue braccia e lo strinse forte, inspirando il
suo profumo e sentendosi, dopo così tanto tempo, finalmente
bene davvero.
Quando si staccò da lui, Michael lo guardò con
gli occhi spalancati, confuso e sbalordito.
«Non mi interessa, Michael» disse ansimando. Aveva
corso per tutto il set, cercandolo disperatamente e sperando che non
fosse andato a casa. E ora che lo aveva visto gli sembrava di essere la
persona più felice del mondo.«Non mi interessa di
essere fidanzato e non mi interessa il fatto che tu sia
sposato.»
«Aspetta, Ian, frena» lo interruppe Michael.
«Che cazzo stai dicendo?»
«Che ti amo. Ti amo, Michael, ti amo come non ho mai amato
nessuno e l’ho capito solo ora e vorrei semplicemente stare
qui e continuare a ripetertelo finché tu non mi perdonerai
per la cazzata che ho detto e dopo finché non
sarò tanto vecchio da non avere nemmeno la forza di parlare.
Dio, ti amo così tanto e ti sto dicendo che non mi importa
che abbiamo il destino contro di noi. Potremmo avere anche tutto
l’universo, contro. Ma dimmi di sì, Michael, dimmi
che starai con me e a me non fregherà niente nemmeno
dell’universo. Perdonami e dimmi solo che mi ami e che
manderai tutto a fanculo per stare con me perché io lo sto
facendo ora e non avrò più il coraggio di
farlo.»
Ian smise finalmente di parlare e quando chiuse la bocca Michael
ringraziò il cielo perché aveva frenato tutte
quelle parole che stavano uscendo dalle sue labbra. Il fatto era, che
Michael lo aveva perdonato nell’esatto momento in cui Ian gli
aveva detto di amarlo e voleva solo baciarlo ed abbracciarlo e mandare
a puttane le loro vite, per stare con l’altro.
E così fece. Si buttò su di lui prendendogli il
viso tra le mani e baciandolo. Ian ricambiò il bacio, poi
sorrise.
«Sì, cazzo, sì. Sì, Ian. Ti
amo così tanto e solo… sì.
Sì. Sì. Sì.»
Ian lo baciò di nuovo, ma Michael si fermò e lo
allontanò bruscamente.
Aveva realizzato solo in quel momento. «È la
maglietta che ti ho regalato» sussurrò.
Ian annuì con un sorriso sulle labbra, poi lo
abbracciò così forte che per un momento temette
di non poter respirare. Ma non gli importava nemmeno di quello. Era tra
le braccia dell’amore della sua vita.
Andava tutto bene.
Note: emh, okay.
Non so che dire. Spero vi sia piaciuta (GIULS E FEDE RILEGGETE LA
DEDICA) e spero tanto che recensiate così da dirmi cosa ne
pensate.
Sì, la frase finale è presa apposta da Harry
Potter (LA DEDICA) e... nulla.
Un grazie in anticipo per le persone che recensiranno:)
Un bacio :*
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