Spirito dell'aria { Per quanto effimero, dopo una tempesta c'è sempre un po' di sereno } di Mania (/viewuser.php?uid=588696)
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PROLOGO
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C A P I T O
L O U
N I C O
▬
“ Spirito dell'aria „
{ Per quanto effimero, dopo una
tempesta c'è sempre un po' di sereno }
Nell’apparente
silenzio della notte, gli pareva di udire i rimasugli di echi portati
da refoli invernali a incagliarsi nelle sue orecchie, rendendo
immortale il rombo veemente del fatale colpo di pistola, sparato sempre
troppe poche ore prima – anche a distanza di giorni. Erano
ciò che rimaneva di una scelta che aveva finto di non aver
preso con largo anticipo – schiuma di onde morenti a
ricordargli di aver ingannato prima di tutto se stesso e poi il piccolo
mondo che aveva radunato per quella folle impresa. Tanto bene aveva
orchestrato la sua recita, da essere giunto ad attuare decisioni
tremende e modellare parole in composizioni di frasi acuminate, pronte
a lacerare in profondità per scarnificare carne, anima e
cuore. E forse, una folle parte di sé, disperata e crudele,
aveva sperato che quel connubio di spregiudicatezza, quel rendere
palese quanto lei non fosse altro che un mezzo, fosse utile ad
allontanarla dal mondo oscuro che tendeva i propri artigli nella sua
direzione.
Sir. Malcolm osservava la scena che aveva Vanessa come protagonista,
intenta a decorare l’albero di Natale, dalla soglia della
sala, rimanendo sul ciglio delle ombre che infestavano
l’atrio, cercando di cogliere tutte le inflessioni del volto
della giovane donna mentre decideva come disporre ogni oggetto. Aveva
iniziato da sola, come sempre, forse con l’idea di tenersi
occupata per non pensare troppo e lui l’aveva assecondata
come un padre davanti ai desideri della propria prole – come
non aveva mai davvero fatto con i suoi legittimi figli, ma come si
stava ritrovando a compiere con la figlia che avrebbe dovuto essere
sua, e che nel segreto
di un peccato lo era davvero.
Fasciata nel suo abito scuro dalla fini rifiniture di pizzo, con i
capelli raccolti ordinatamente in un’acconciatura elaborata,
soppesava ogni oggetto da apporre sui rami dell’abete per
individuare quale fosse il punto giusto – quello
assolutamente corretto per quello specifico ornamento. Aveva deposto
solo una decina di decorazioni nella parte centrale, lasciando nelle
nuove scatole la maggior parte di tutti i pendenti che avevano comprato
il giorno precedente. Semplicemente, aveva sciolto i nastri in modo
tale da alzare di tre quarti i coperchi, per poi disporre nella sala un
disordine rassicurante – confortante quasi. Ed era strano,
come lo era anche l’assenza dell’imminente arrivo
dell’epilogo drammatico, dopo essere passati attraverso la
tensione di tutti gli atti che avrebbero condotto la tragedia alla sua
fatale conclusione. Almeno in quel giorno – e in pochi altri
venturi, prima che nuove nuvole tumultuose, cariche di tempeste eterne,
sopraggiungessero –, i ricordi pregni di peccati, di tenebra,
presagi di dannazione e tutta la sequela di orrori ai quali avevano
condotto, sarebbero rimaste nient’altro che spettri
invisibili quanto muti, relegati in antri bui, come polvere ammassata
sotto i tappeti.
«Manca qualcosa al nostro albero, non credete?»,
pose la domanda mentre muoveva infine un primo passo
all’interno, abbandonando la zona indefinita di penombre per
scivolare sotto la leggera pioggia di luce dorata con la quale era
riempita la stanza. Era un effetto atipico, una malinconia delicata nel
suo incedere, il vedere le pareti e le superfici esenti da mappe sulle
quali sentieri, annotazioni e nomi erano stati segnati con la massima
attenzione nelle settimane precedenti, accompagnata da tomi aperti su
pagine fitte di nozioni alle quali aveva attinto per prepararsi al
fantomatico viaggio in Africa.
«Non è ancora terminato, se non ve ne siete reso
conto» rispose Vanessa, ruotando di qualche millimetro il
collo in modo da permetterle di catturare con la coda
dell’occhio i movimenti dell’uomo. Aveva ovviamente
avvertito la sua presenza da quando aveva preso la bizzarra decisione
di rimanere immobile sulla soglia, sostando senza altro scopo se non
studiarla abbellire l’abete, ma aveva scelto di non
infrangere con futili parole tale presa di posizione, continuando nel
suo lento lavoro – e chissà se mai qualcuno, a
parte Sembene, le avrebbe dato una mano; chissà se i compagni
di un’avventura grondante di sangue putrido e morte
straziante sarebbero stati in grado di venire a festeggiare una
giornata priva di nubi all’orizzonte; chissà se
lei stessa ci sarebbe riuscita.
«Dunque, vi devo pregare per sapere cosa manca al nostro
albero? Che poi sta diventando molto mio, dato che sono praticamente la
sola a occuparsene», continuò voltandosi
completamente verso Sir. Malcolm, con uno dei suoi rari sorrisi
– uno dei pochi che ancora conservava, di una scorta che un
tempo aveva pensato inesauribile e che invece aveva scoperto essersi
deturpata troppo celermente.
«Sono certo che lo sapete, ma ve lo dirò
ugualmente» e mentre si sedeva sulla poltrona posizionata
davanti al camino, le allungò un piccolo pacchetto estratto
dalla tasca della giacca, «Potete aprirlo in anticipo, basta
che lo richiudiate per metterlo al suo posto fino al giorno
giusto.»
Non titubò se non per la frazione di attimo in eccedenza che
le ci volle per l’afferrare pienamente che quel piccolo dono
era rivolto a lei. Ricordava i Natali pieni di regali con la stessa
chiarezza di fotografie lasciate opacizzare e ingiallire nel tempo,
quando solo aloni delle persone che furono rimanevano impresse sulla
carta – spettri, volteggiavano privi di recriminazioni e
benevolenza, moniti inaccessibili. In quello stesso modo Vanessa
riusciva a rievocare nella propria mente quei lontani momenti davvero
felici della sua esistenza, quando nessuna ombra, nessuna nuvola,
nessuna tempesta si era ancora avvicinata abbastanza da corrodere ogni
cosa – compresa se stessa.
La piega delle proprie labbra assunse una sfumatura di
curiosità fanciullesca, mentre prendeva tra le dita la
piccola scatola scura decorata da nastro di seta argenteo. Era facile
intuire fosse un gioiello dal nome dell’orefice inciso in
eleganti lettere corsive tracciate sulla superficie del cartone, ma
questo non bastava a lenire la vorace volontà di scoprire
che cosa si celasse sotto il coperchio. Improvvisamente si
sentì catapultata indietro nel tempo, quando Sir Malcom
tornava a casa dopo lunghe spedizioni nelle zone dei continenti in cui
non c’erano mappe a poter essere d0aiuto, perché
alcun essere civile si era mai azzardato prima a metterci piede, e
proprio da quei pozzi inesplorati riaffiorava con preziosi regali per
tutti e tre loro – e aneddoti, sciorinati di tanto in tanto,
e che alle loro giovani orecchie apparivano come altri balocchi su cui
castelli di fantasticherie.
Sciolse il fiocco con attenzione, in modo da poterlo tessere nuovamente
una volta sbirciato il contenuto. Tuttavia, per un po’ quando
le sue chiare iridi si riempirono dell’immagine
dell’aquila con le ali spiegate, ferma nella bellezza di un
volto annunciato e tramutato in una spilla cosparsa di pietre preziose
e ambra a illuminarle lo sguardo – come se ci fossero stati specchi
dietro –, ebbe la tentazione di indossarla
immediatamente, sollevandola dal suo nido e apponendola sulla rupe del
proprio abito.
«Ariel», le labbra si mossero appena, delineando un
nome che non pronunciava da tempo, ma che ricordava perfettamente di
aver dato alla propria aquila impagliata – perché
bisognava dare un nome alle cose per donargli la vita, l’incantesimo di una
strega, così ripeteva da piccola.
«Lo Spirito dell’aria nella commedia di
Shakespeare. Un nome davvero così casuale,
dopotutto?», non era una domanda alla quale occorresse una
risposta e Sir Malcolm sapeva che il regalo era stato gradito senza
dover attendere altre parole da parte di Vanessa. Non era solo
l’evocazione di un ricordo d’infanzia, era anche il
modo in cui Vanessa gli appariva – uno spirito fluttuante,
imprigionato dalla maledizione di qualcun altro e che ancora lottava
per pagare il pegno della propria libertà.
«Grazie.»
Un lieve cenno del capo, nulla di più da Sir Malcolm
– avevano già pianto abbracciati, avevano
già dato sfogo a emozioni che solitamente preferivano
lasciare private e non occorreva aggiungere ulteriore romanticismo dove
non doveva. D’altronde aveva preso la spilla semplicemente
perché uscendo a cercare il dottor Frankestein e il signor
Chandler, senza riuscire a rintracciare nessuno dei due,
l’aveva intravista di sfuggita nell’esposizione
gloriosa di una gioielleria e si era ritrovato ad acquistarla con la
stessa scarsa riflessione con la quale il suo sguardo ne aveva colto la
forma passando distrattamente davanti alla vetrina.
La osservò tornare a decorare l’abete, questa
volta rimanendo nello scintillio delle luci calde della sala, cercando
di riempirsi di quei frammenti di pace concessi – respiri
d’aria fresca sotto un cielo tornato azzurro dopo una
tremenda tempesta, e tanto valeva godersi quel bel tempo se
già all’orizzonte si profilavano temporali ben
peggiori.
M A N I
A’s W
O R D S
Ok. Allora, premettiamo che questa one-shot l’ho scritta
quando stavo male, in vacanza, dall’ipad, dopo una maratona
di due giorni di tutti e otto gli episodi. Ci ho impiegato un
po’ a pubblicare perché dovevo ricontrollarla su
pc, che le cose mi vengono notevolmente meglio con lo schermo bello
grande e la tastiera non touch.
Ora, permettetemi di fare due annotazioni:
1 •
nella mia mente, Vanessa è la figlia illegittima di Sir
Malcolm, nata dalla relazione con la madre di lei, la quale era
cominciata molto prima che da bambina li scoprisse. Il loro rapporto,
quello tra Malcolm e Vanessa, mi è piaciuto molto e ho
sempre visto i riferimenti a come lui avrebbe dovuto davvero
considerarla come sua figlia in una chiave di preludio a quello che
è stato l’episodio finale. Il mio cuoricino
è esploso quando ha detto «Ho già una
figlia» - ed è stato lì che ho preso la
decisione di scrivere su loro due;
2 •
il fatto che Vanessa abbia dato alla sua aquila –
perché era un’aquila, vero? – il nome
dello spirito dell’aria di Shakespeare, non può
essere coincidenza viste le incredibili quantità di
citazioni che sono state fatte su «La Tempesta». Ed
essendo Ariel uno spirito intrappolato per via di una maledizione, mi
è venuto da fare un lieve parallelismo con Vanessa stessa;
3 •
la scena è ambientata ovviamente dopo l’ottava
puntata, e ho ripreso il tutto dalla battuta in cui Malcolm dice che
avrebbero potuto comprare un albero di Natale e invitare «i
ragazzi» per aiutarli a decorarlo.
Il titolo, no, niente, non me ne veniva uno migliore. Tutto
lì.
Ah, la seguente storia, che non è tra le mie migliori e me
ne dispiaccio, è comunque dedicata a Yoan Seiyryu
perché è lei che ha insistito perché
iniziassi PD, quindi è un modo per ringraziarla per avermi
spinto a conoscere questa meravigliosa serie.
Alla prossima,
Mania
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