{ Piacevoli } conversazioni dal profumo di caffé.

di artemisius
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{ Piacevoli } conversazioni dal profumo di caffé.

« Prologo »

 

 

C’erano lui, quella pagina bianca e una penna dall’inchiostro nero pece. Era sempre lui, la carta era la stessa, la penna pure. Eppure, puff, come d’improvviso quella bacchetta fatta di parole aveva smesso di funzionare.
L’inchiostro non era finito – no, quello no – ma quello che c’era nella sua testa, beh, c’era qualcosa che non funzionava più allo stesso modo.
Era cominciato così, di punto in bianco. Aveva cercato di porre rimedio a quella falla tornando nei posti che più l’avevano ispirato, leggendo i libri che gli avevano fatto amare le parole e rileggendo anche i suoi vecchi scritti.
Ma nulla di tutto ciò aveva funzionato, non riusciva a riaggiustare quella cosa. Che poi non sapeva bene nemmeno che cosa si fosse rotto nella sua testa. Anche il suo pensiero sembrava essere cambiato, ai suoi occhi si era ridicolizzato. Non riusciva più ad entusiasmarsi. Gli pareva di essere diventato freddo e apatico, tutto ai suoi occhi si era spento. Londra adesso gli sembrava la città che tutti i distratti cittadini londinesi vedevano: una grigia metropoli sempre in movimento. Dov’era il bello che aveva sempre trovato? Dov’era quella calda goccia di cioccolato in mezzo al soffice pasticcino che gli deliziava soavemente le papille gustative?
Pareva averla persa. Forse per sempre, forse no.
Lei, l’ispirazione.

Adesso si ritrovava lì. C’era quel mare – oceano, forse era più corretto – davanti a lui, la sua penna e lui che forse non era più tanto lui. Si alzò dalla sedia, pensieroso, cominciando a camminare per la stanza, avanti indietro, come una povera tigre in gabbia. Uno, due, tre, quattro, cinque, trentanove, sessantasette, centoventi passi dopo decise che, no, l’ispirazione non sarebbe arrivata in quel modo.
Si infilò le scarpe, prese il portafoglio e uscì di casa. Sarebbe andato dove i suoi piedi l’avrebbero portato.
Era tempo di lasciarsi guidare dall’ispirazione, per una volta, e non dominare come un dittatore la penna. 





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