Lukethan
One
teardrop [two blood drops]
1. meeting
-Mi ricordo di te! Eri
uno dei
ragazzi indecisi della casa di Ermes, anni fa. [...] Cosa... cosa ti
è successo all'occhio?-
Ethan
distolse lo sguardo ed ebbi la sensazione che non avesse nessuna voglia
di parlare di quell'argomento.
Si sono incontrati quando Luke non è un
sobillatore di rivolte e Ethan ha due occhi. Il figlio di Ermes tira di
spada in un cortile recintato di legno, i più giovani lo
osservano con misto indistinguibile di ammirazione ed invidia.
Più che bravo è talentuoso, gli riesce facile per
predisposizione, e il sole tempra la sua pelle quanto il ferro modella
le sue mani: appare come una di quelle persone che non si sa bene se
amare o odiare. Quando il pubblico solleva ovazioni di stupore, Luke
sorride di slancio, non senza un pizzico di tracotanza, che
però s'intona bene all'azzurro del suo sguardo furtivo.
L'ombra grigia che lo vela non è una screziatura dell'iride,
ma nessuno se n'è ancora accorto.
Si sono incontrati come succede a molte persone che sono destinate a
non essere nulla l'una per l'altra. Ethan deve racimolare una spada
d'allenamento nel capanno delle armi, Luke è là
per un elmo, e, sorridendo con indulgenza di fronte alla mannaia che il
ragazzino ha cautamente scelto, glie ne trova una della
lunghezza giusta. E aggiunge, distrattamente: «Se hai bisogno
di qualcos'altro, vieni pure a cercarmi.»
Si sono incontrati, e questo è qualcosa a cui non si
può porre rimedio, perchè qualche anno dopo,
incespicando nella notte e nel proprio mantello, tentando di estinguere
il flusso di un'emorragia con le dita e piangendo sangue
anzichè lacrime, Ethan seguirà il suo
suggerimento e andrà a cercarlo -senza capacitarsi bene di
cosa abbiano in comune lui e Luke Castellan, lo spadaccino dai
capelli dorati, ma con un vivido ricordo delle ombre grigie che gli
affollano gli occhi.
2. training
Era bravo. Non era mai
stato al Campo Mezzosangue, per quanto ne sapessi, ma qualcuno lo aveva
addestrato.
«C'è qualcosa che non funziona nella
tua percezione del basso e dell'alto. I tuoi colpi di rovescio lasciano
abbastanza a desiderare.»
Ethan fissa con una certa freddezza la spada, nuovamente scagliata al
suolo in un sibilo metallico, e poi l'espressione indolente del proprio
maestro.
«Con te non è semplice.»
«Con me è tremendamente semplice. Io non voglio
ucciderti» lo corregge, con un sorriso sarcastico.
«O forse puoi permetterti di morire? Dal modo in cui ti
alleni, pare di sì.»
Un tempo Luke lo aveva aiutato prima che Ethan trovasse le parole per
chiederglielo, e così ha fatto in seguito. Si comporta in
una maniera che non lascia affatto ad intendere che non ci sia un posto
per lui, lì. Spesso è assente, imbrigliato fra le
tenebre del labirinto, ma a volte, quando torna, lo allena con la
spada. Ethan non ha mai chiesto il perchè, ma immagina che
non sia ammissibile che l'esercito di Crono sia composto da orfanelli
lamentosi, perciò sembra ragionevole. Trattiene
l'imprecazione velenosa che gli sale alle labbra e raccoglie l'arma,
con un sospiro rassegnato. Mentre, in passato, rifletteva ancora
sull'eventualità di unirsi ai ribelli, si era domandato come
un ragazzo possa imparare ad uccidere -a guardare qualcuno che la pensa
in maniera differente da lui e togliergli un futuro. Guardando Luke,
Ethan ha capito che per uccidere non serve imparare a farlo. La teoria
non è eccessivamente complicata -colpire, parare, colpire
più a fondo- e quello è un esercito formato nella
teoria, ai quali non è richiesto di interferire nei
risultati della pratica.
«Più in alto la guardia, Ethan, più in
alto,» cantilena Luke, ottenendo prevedibilmente di urtargli
i nervi. «Non c'è posto per la
pietà, in questa guerra...» Riesce a bloccare la
lama dell'avversario con la propria dietro il suo braccio, saldamente,
ad allungarsi fino ad avvicinare i loro volti, così che
possa udire un sussurro lieve, altrimenti
impercettibile, «Soltanto io risparmierei il tuo bel
visino,» un sussurro venato di sardonica malizia, che manda
in fiamme le guance di Ethan per l'indignazione e l'imbarazzo.
Si sbaglia.
Se Percy Jackson avesse avuto la grazia di trafiggerlo in fretta, forse
l'ultima cosa che Ethan
avrebbe visto prima di morire sarebbero stati degli occhi smerigliati
di azzurro, indagatori e un po' impazienti; forse sarebbe stato tutto
veloce, sollevante e tollerabile, come percorrere un corridoio di notte
per esorcizzare la paura del buio. Forse alla vista del suo corpo
insanguinato Luke avrebbe trovato dentro di sè quella rabbia
rivolta dalla parte sbagliata, quel coraggio che credeva perduto, forse
avrebbe lottato -e forse avrebbe vinto. Forse Crono non gli avrebbe
depredato l'anima e non sarebbe risorto. Forse, se Ethan fosse morto
allora, Luke sarebbe ancora vivo.
Ma Ethan
non sa ancora niente, può solo immaginare ed avere un po'
paura,
fino a che Luke non gli prende la spada dalle mani e non la lancia a
terra -il rumore del cuore di latta delle armi sul terreno- fino a che
Luke non gli cinge la vita con le braccia e non smarrisce il respiro
affondando il naso nel suo collo. Le sue minacce, le sue lusinghe
pungono e scintillano. Ethan sospira via tutti quei fardelli fattisi
lievi come pulviscoli d'aria, sudore e polvere si coniugano sulla sua
pelle, la lingua di Luke segue un tragitto di cui non riesce a
prevedere la fine. Si abbandona senza parole.
Mi guardò con una rabbia appena controllata. -Non avresti
dovuto
risparmiarmi, Jackson. Non c'è posto per la pietà
in
questa guerra.-
3. kissing
-Ethan- supplicai -non
ascoltarli. Aiutami a distruggerlo.-
Ethan si
voltò verso di me, la
benda dell'occhio che si confondeva con le ombre del suo viso. Mi
guardava con un'espressione simile alla pietà.
«... sapevo che c'era un motivo, se non voleva più
uscire con me e le ragazze, ma come avrei potuto sospettare che fosse
un maschio?
Non riesco a capire che cosa Luke ci trovi in te, che invece non ci sia
in me.»
Anche io comincio a
chiedermelo, rimugina Ethan,
socchiudendo impassibile l'occhio destro di fronte ai
piagnistei di un'empusa bionda e snella che gli gironzola intorno da
tutto il pomeriggio, esaminandolo da ogni prospettiva, come se tentasse
di carpire il segreto del suo successo, o almeno di valutare se
è all'altezza. Ethan è già sul punto
di borbottare qualche improperio, quando avverte una presenza alle
proprie spalle e trasale, sfoderando la spada che porta alla
cintura e voltandosi di scatto.
«Buh.» Ethan espira, un po' di sollievo e un po' di
disappunto. Luke alza le mani, per dimostrare le sue benevole
intenzioni, e cala lo sguardo sulla punta della spada,
divertito. «Perlomeno, se non proprio un fidanzato
premuroso, sei un allievo diligente.»
L'altro ripone l'arma. «Tu. Non ti fai vivo da un
pezzo. Dov'eri finito?»
Il figlio di Ermes rigira la domanda con abilità, come al
solito. «Ti sono mancato? Non l'avrei
detto.» Ethan nota con orrore che la sua risata suona
diversa; gli oneri e le preoccupazioni degli ultimi eventi la stanno
arrugginendo, in qualche modo.
L'empusa di nome Kelli afferra l'avambraccio di Luke, con la mano
artigliata di unghie smaltate lilla. «Hey, non male
il tuo moroso, ma lo sai che se cambi idea io sono qui, vero?»
Luke muove gli occhi verso di lei, come se all'improvviso si accorgesse
della sua presenza, e aggrotta le sopracciglia. «Sparisci, e
vedi di non dargli più fastidio, altrimenti ne risponderai a
me.»
Kelli si stringe nella spalle con sufficienza, ma, seguendo quella
logica incomprensibile che determina l'assoluto potere di Luke sugli
individui di sesso femminile, si dilegua in un batter d'occhio, non
senza prima aver lanciato un'ultima occhiata salace ad Ethan.
Il ragazzo si trincera nel silenzio, allungando timidamente una mano
per toccargli una guancia. Luke vi si abbandona con tutto il peso del
capo, quasi vi trovasse il suo unico conforto nel mezzo di una
tempesta. Lui lo sa come si sente. Luke è arrabbiato, ed
è così tanta rabbia che forse non la
smaltirà nemmeno in tutta la vita, e di rabbia trema fra le
sue braccia di notte. È Ethan che benda le sue ferite, che
lava via il dolore con l'acqua fredda, che verifica la
profondità dei tagli. Chiede se fa male. Luke dice di no,
ride quella risata inquinata, scuote il capo. A quante ferite
deve sorridere, Luke, prima di piangere sangue come lui?, Ethan si
chiede. E adesso, realizza, Luke è stanco: una stanchezza
che ingrigisce il suo sorriso, la sua pelle, quella tempra aurea di
quando si allenava sotto il sole del Campo Mezzosangue e raccoglieva
ammirazione. Un vano, prepotente, precipitoso istinto di allarme lo
scuote fin nelle corde più fragili del petto. Tremerebbe, ma
così sarebbero in due a farlo.
«In cosa ti stai immischiando di preciso, Luke?» La
domanda suona tesa, quasi severa, ed Ethan non vuole sul serio la
risposta, è questa la parte peggiore. Luke esita, lo guarda
indeciso.
«Adesso è lunga da spiegare, ma ti assicuro che
è tutto sotto controllo.» Il leggero fremito della
sua mascella gli fa intendere che è esattamente il
contrario. Ma Ethan non è lì per arrestare il suo
crollo, non ne ha il diritto. Questa è la sua vendetta, la
sua volontà. Stringe le labbra, non vuole essere debole, non
adesso. Non vuole mostrare ciò che prova.
«Stai attento.»
Quello sgarbo che maschera angoscia addolcisce i lineamenti di Luke,
che cerca di rimediare.
«Andrà tutto bene, okay? Non durerà per
sempre. Te lo prometto.»
Non durerà
per sempre. Qual è il soggetto? Ethan tace,
annuisce. Promette. Il bacio di Luke giunge morbido alle sue labbra,
caldo di un calore di cui ha bisogno, perchè quando ha
bisogno di qualcosa può sempre andare da Luke. Perchè
le anime spezzate hanno la brutta abitudine di
cercare di ricomporsi insieme e, se non ci riescono, di infrangersi
l'una nell'altra. Prima che possa sciogliere le dita dalle sue, Luke
è già assalito dal buio mefitico del corridoio,
già lontano. Ethan schiude le labbra, sbatte le ciglia con
rabbia contro le lacrime, smembrato dall'ennesimo sentimento senza
radici. Adesso può tremare.
Luke mi prese per la
manica e avvertii il calore della sua pelle come un fuoco.
-Ethan. Io. Non permettere... non permettere che succeda ancora.-
Aveva uno sguardo arrabbiato, ma anche supplichevole.
-Non lo permetterò,- dissi, -te lo giuro.-
Luke annuì, e la sua mano cedette.
Note dell'Autrice: Oh, guarda un po', cosa trovo nel cuore
di Lucy? Un OTP di gente morta... strano, eh? -.-
Sono carini insieme. Tutto qua. Quello che provo nei loro confronti
è nella storia. Le robe in corsivo sono tratte pari passo da
Percy Jackson e gli dèi dell'Olimpo- La battaglia del
Labirinto, tranne l'ultima, che è naturalmente da Lo scontro
finale, come tutti noi ben sappiamo. ç.ç Il loro
unico scopo è cercare vagamente di far apparire canon tutto
ciò. ^-^" Grazie per aver letto, chi volesse recensire
riceverà un kleenex virtuale, u.u
Lucy
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