Paralisi

di reidina
(/viewuser.php?uid=50876)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Ero caduto con un tonfo per terra. Se il mio aggressore che mi aveva iniettato un veleno paralizzante non mi avesse prontamente afferrato, sarei caduto per tutte le scale vecchie e scricchiolanti della sua vecchia casa.

Buffo.

Sapevo che il futuro che mi aspettava sarebbe finito in quella casa.

Pochi giorni prima, avevamo già stabilito il profilo: Uomo, alto 1,78, ossessivo compulsivo, ed eravamo arrivati alla conclusione che l’effetto scatenante dei suoi omicidi, era accaduto a 13 anni, quando la sua famiglia era stata narcotizzata e derubata, la madre stuprata.

Vedeva chiunque si avvicinasse a lui come un pericolo. Quindi mi ha aggredito per questo.

Ho chiesto io a Hotch e Gideon di fare irruzione da solo, perché loro avrebbero dovuto farsi molti isolati, e stavano mandando in onda una conferenza stampa molto importante.

Se non avessi insistito così tanto, adesso saremmo già in volo per Siattle, con l’ S.I già arrestato.

Arriveranno tra 20 minuti.

Il tempo necessario al serial killer di uccidermi, con qualche minuto di avanzo. Ma io non sono fortunato, e conoscevo alla perfezione cosa faceva alle sue vittime. Mi sentii uno stupido a tranquillizzarmi, solo perché non le stuprava. E questo è strano, non riesco a ricordarmi chi ha detto che il dolore è meglio della vergogna….lo saprò solo tra qualche minuto.

20 minuti di vita….certo che in questa vita sarei potuto vivere più a lungo, o avere meno sfortuna.

Riesco solo a pensare, e non ho neanche la forza di sbattere gli occhi, che, aperti, cominciano lentamente a bruciare.

Spero che non cambi i suoi schemi e non mi ferisca gli occhi, perché non potrei lavorare per l’FBI, non che possa importarmi più di tanto a questo punto.

Mi sento inerme davanti a quella sagoma imponente che ma sovrasta. Mi tiene da i capelli, l’unica cosa di cui mia madre andava fiera.

Mi trascina verso una piccola stanza nascosta del secondo piano, non riesco a vedere molto intorno a me, perché non ho il tempo di soffermarmi su un oggetto, magari una prova, e non riesco a muovere le pupille a mio piacimento. Anche quelle bloccate.

Questa stanza è meno curata delle altre, il pavimento è sporco, incrostato, e si sente chiaramente l’odore di muffa un po’ dappertutto.

Perso dei miei ultimi minuti di vita, non mi sono neanche accorto che mi ha lasciato su un letto sfatto duro, e non sento la sua ombra sovrastare il mio corpo.

Le mie orecchie, grazie a Dio funzionanti, sentono dei passi vicino a me, e me lo ritrovo sopra di me, con un oggetto che non posso identificare per la lucidità.

Ha intenzione di fissare il mio sguardo terrorizzato ancora un altro po’.

La mia certezza di mancanza di stupro di affievolisce.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=282872