Otto passi e mezzo all'immortalità

di gattapelosa
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Passo numero cinque: impara come essere forte




Clove Reen - 10 anni


— Ed è per questo che l’Accademia di Preparazione agli Hunger Games, nel distretto 2, è la più prestigiosa di Panem. Spero che ciascuno di voi un giorno possa vedere il proprio nome inciso sulla parete delle glorie, tra i ventiquattro eroi che hanno già varcato i confini dell’immortalità. E che la fortuna sia sempre a vostro favore, futuri vanti del Distretto!
Mi ritrovo coinvolta nell’applauso al preside, sollevata e fiduciosa. Essere ammessa all’Accademia è stato molto più difficile di quanto avessi immaginato: testano la volontà, la capacità di giudizio, l’ubbidienza, la forza fisica e morale. È una vera fortuna avervi potuto accedere già dal primo anno, i professori tengono sempre in gran considerazione quelli come me.
Il Signor Thompson, nostro futuro insegnante, scorta me e i miei nuovi compagni per i corridoi dell’Accademia. I dormitori, divisi tra maschi e femmine, comportano una media di quattro persone a camera, due bagni per ala. Le stanze sono spoglie, tristi e buie – è vietato affiggere sui muri poster, fotografie, cartoline colorate e post-it. In Accademia si indossano le divise, si seguono orari molto rigidi, si mangiano modeste porzioni di sbobba in una mensa fredda e silenziosa, ma, a parte questo, è tutto esattamente come l’avevo immaginato.
Quando il Signor Thompson raggiungere l’ala addestramento, ecco, è qui che mi sento morire: dieci palestre spaziose e modernamente attrezzate. All’interno vedo studenti picchiare manichini, innescare bombe a mano, tirare con l’arco, maneggiare armi. Ma la vera meraviglia, per me, sta  nell’ultima palestra.
Decine e decine di ragazzi che lanciano coltelli. Sottili lame di luce che sferzano l’aria e mozzano gole. Ne rimango talmente affascinata da non accorgermi subito che il Signor Thompson e gli altri miei compagni hanno già lasciato la postazione.   
— Ti piace lo spettacolo?— sento poi chiedere. Sullo stipite della porta, un ragazzino biondo e spettinato mi scruta con divertita insistenza.
— Certo, o non sarei qui. — rispondo. — Ma a te cosa interessa?
Il ragazzo mi porge una mano, sorridendo. — Il mio nome è Cato, e mi interessa tutto quello che succede in casa mia. — dice poi. 
Ricambio la stretta. — Il mio nome è Clove, e sono qui per imparare come essere forte.
Il ghigno di Cato sa di malata approvazione.   



Bacheca dell'autrice

Prima che pensiate male, l'incontro di Cato e Clove ha un suo perché. Non ve lo spiego subito perché rischierei di spoilerarvi qualcosa sul passo numero sei, ma quando aggiornerò capirete. Intanto, spero che questo semplicissimo capitolo vi piaccia, serviva qualcosa che dimostrasse la sua ammissione all'Accademia prima di parlare degli Hunger Games. 


 

 
 




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