Nice
boys don't play rock n' roll
-I
bravi ragazzi non suonano rock n' roll e tutte quelle sciocchezze del
genere.- gli diceva spesso suo padre, con le sopracciglia inarcate in
un'espressione di disappunto.
L'unica cosa che Jack riusciva a
fare era rispondere con una risata noncurante. Jack aveva sempre riso
degli sguardi contrariati che gli rivolgevano i suoi genitori quando
lui suonava con il volume dell'amplificatore sparato al massimo o di
sua madre che, quando lo vedeva correre
fuori di casa con la chitarra sulle spalle per andare alle
prove, gli urlava di
aprire uno dei suoi libri di scuola
lasciati a far polvere e studiare un po'.
Jack non si curava di cosa i suoi genitori pensassero delle
pile di cd accatastate negli angoli della sua camera, del suono
aggressivo e sporco dei Nirvana o dei gruppi punk che risuonava
contro le pareti coperte di poster. Non gli importava degli
appellativi da drogato o sbandato, dei “Con la musica non si
va da
nessuna parte nella vita” o dei “Ogni rockstar
prende una cattiva
strada. Guarda che fine hanno fatto quei drogati che ti ostini ad
ascoltare!”
Jack
aveva ritrovato nella musica rock una parte di se stesso. Qualcosa
che era rimasto sepolto per anni ed era riuscito ad emergere solo nel
momento in cui quelle voce graffianti e i riff di chitarra gli erano
esplosi nelle orecchie. Qualcosa che lo rendeva la persona che era e
a cui non avrebbe mai potuto rinunciare.
A volte Jack guardava
alla sua vita come si guarda una tela bianca al cui centro ci sono
chiazze di colore; vuoto, nulla. La tranquillità di un
ragazzino che
viveva giorno dopo giorno senza farsi troppe domande, senza trovare
nulla che riuscisse ad entrargli davvero dentro.
Poi
erano arrivate le cose belle, le chiazze di colore. Era arrivata la
musica, era arrivata la chitarra tra la sue mani, era arrivato Alex.
Ecco,
a volte Jack pensava che la sua vita non potesse essere più
perfetta
di così; c'era la musica che nei momenti peggiori gli
spazzava via i
pensieri e gli faceva ribollire il sangue nelle vene, e subito dopo
c'era il suo Alex che con un solo sguardo lo faceva sorridere e gli
faceva brillare gli occhi come nessuno.
Era
bello poter condividere con lui qualcosa di così intimo e
profondo
come la musica; Jack amava quei momenti in cui entrambi si sedevano
sul letto con le chitarre in mano, pronti a imparare una nuova
canzone o buttare giù qualcosa di loro. Amava guardarlo
mentre
suonavano insieme durante le prove, amava ascoltare la sua voce che
gli faceva salire i brividi e vederlo così perso nella loro
musica.
Amava scendere dai piccoli palchi dei locali di Baltimora dove a
volte venivano chiamati a suonare, voltarsi verso di lui e
rivolgergli un sorriso che sembrava dire “Ce la stiamo
facendo.
Stiamo vivendo questi momenti insieme.”
Alex era una delle poche
cose che gli erano entrate davvero dentro e avevano smosso quella
patina di noia e tranquillità che era stata la sua vita da
sempre.
Prima
di lui Jack non aveva mai provato nulla per un ragazzo; eppure gli
era venuto naturale baciarlo per la prima volta, quella sera in cui
si erano nascosti in un angolo del giardino della casa di Alex, con
una chitarra acustica e due bottiglie di birra sgraffigniate ai
signori Gaskarth.
Jack
ricordava benissimo quella sensazione di felicità che aveva
provato
nel trovarsi lì, con l'aria fresca di una sera d'estate che
gli
accarezzava la pelle e Alex che gli parlava di tutto quello che gli
passava per la testa e rideva e lo guardava come se avesse una
dannata voglia di avvicinarsi di più a lui e troppa paura
per
farlo.
Così Jack aveva mandato al diavolo tutte le paure che lo
tormentavano dal giorno in cui si era reso conto di essersi
innamorato di Alex. Si era sporto verso di lui, gli aveva passato una
mano tra i capelli e l'aveva baciato. Senza pensare alle conseguenze.
Poi Alex aveva ricambiato il bacio e Jack aveva pensato che non
potesse esistere un limite alla felicità che stava provando
in quel
momento.
Così
era iniziata: la loro vita era diventata come una canzone a cui
davano voce giorno per giorno. Una musica che seguiva il ritmo delle
loro risate condivise e dei loro baci rubati.
Alex era come una
luce per Jack: era un accordo sospeso, sapore di birra sulla sua
bocca, voce che accarezzava il microfono, capelli scompigliati e
jeans strappati. Era la persona più dolce del mondo quando
lo
abbracciava forte e gli lasciava un bacio leggero sul collo e gli
diceva di amarlo. E poi c'era la sua risata che gli illuminava gli
occhi rendendolo bellissimo, quell'ironia sottile che metteva sempre
Jack di buonumore.
I suoi genitori guardavano male Alex, quando si
presentava a casa sua con quei “jeans da teppista”
e “maglie di
gruppi da sbandati.”
E Jack rideva, rideva perché i suoi
genitori non capivano. Trascinava Alex in camera e insieme suonavano
o mettevano su un cd e cantavano a squarciagola, sentendosi padroni
del mondo. Perché i ragazzi sono così, sono
convinti di poter avere
in pugno l'intero mondo quando hanno la musica sparata a tutto volume
e davanti un'intera vita e tra le braccia la persona che amano.
Jack
si sentiva completo accanto ad Alex; a volte lo guardava e pensava
che con lui avrebbe potuto andare ovunque, seguirlo in capo al mondo,
passare con lui il resto della vita. Magari su un tour bus insieme a
Zack e Rian; forse prima o poi ce l'avrebbero fatta a sfondare come
band e pubblicare un album, chissà.
Quello era sempre stato il
suo sogno dal momento in cui aveva preso una chitarra in mano per la
prima volta. E viverlo insieme ad Alex sarebbe stato quanto di
più
bello Jack avrebbe mai potuto desiderare.
-Perché
stai sempre dietro a quel tizio?- continuava a dirgli sua madre,
affaccendata dietro la cena da preparare o la tv o qualche altro
impegnato dannatamente quotidiano e noioso. -Non andrete da nessuna
parte con quella band. Come ti ha detto tuo padre, la roba come il
rock n' roll non fa per i bravi ragazzi.
-Forse
allora noi non siamo bravi ragazzi né abbiamo alcuna
intenzione di
diventarli.- rispondeva Jack con una scrollata di spalle.
E
lui e Alex continuavano a correre per le strade di Baltimora, a
vivere della loro musica e delle loro speranze, a sorridersi e amarsi
di quell'amore impetuoso, naturale e spensierato che forse solo i
più
giovani provano, a baciarsi sotto le luci della città.
Alex era
luce. Era il sorriso sulle sue labbra. E a Jack sarebbe sempre
bastato guardarlo negli occhi per sapere con certezza che
sì, lui
stava bene, era forse la persona più felice del mondo.
E
nessuno avrebbe mai potuto portargli via quella felicità.
|