una scelta sbagliata
Storia Partecipante al concorso "Quel momento difficile..."
indetto da Paperetta@
Nick (sul forum e su EFP): shanir7511 – shanir7511
Fandom (se non originale): Il Signore
degli Anelli
Titolo: Una
scelta sbagliata
Generi: introspettivo, triste
Rating: Giallo (per
“l’atmosfera” non, per così
dire, allegra)
Avvertimenti: Nessuno
Note: Missing moment
Introduzione:
Quarta
era.
L’epica guerra per la
conquista dell’Unico Anello è finalmente terminata.
Almeno in teoria.
Le sue
conseguenze infatti perdurano, ripercuotendosi su coloro che sono
sopravvissuti.Ne sa qualcosa
Faramir che, da
nuovo sovrintendente della Bianca Cittadella, si troverà a
dover fare i conti
con il passato e con dei ricordi che credeva di poter seppellire, ma
che invece
torneranno per portare nuove verità che mai avrebbe creduto
possibili.
NdA:
Che
dire, eccoci qua: io e la mia
bizzarra creazione.
Già, bizzarra
perchè ha come protagonista uno dei personaggi
più detestati, insultati e che
io stesso mal sopporto, dell’intero universo fantasy: il
sovrintendente
Denethor.
“Perchè scrivere una storia su di lui?”,
direte voi.
Puro
masochismo?! Forse, ma non
solo.
Il mio intento
principale è infatti
quello di dare voce ad un personaggio che in poche pagine ha saputo
mostrare una
mente brillante ed una personalità ricca di sfaccettature
(che fossero quasi
esclusivamente negative è “un altro paio di
maniche”).
Spero perciò di essere
riuscita a rendere la complessità che “il Padre
del fantasy” aveva voluto
conferire a questa figura, analizzandolo attraverso i diversi ruoli che
si è
trovato a ricoprire durante tutta la sua esistenza: marito, padre e
sovrintendente (il tutto combinando gelida razionalità,
intrinseca nella sua
natura, e una nuova follia, sopraggiunta con il rafforzarsi del nemico).
Non
sarà solo la voce di Denethor
ad essere ascoltata però: anche Faramir,
l’immancabile “pecora nera” (solo
secondo il padre) presente in ogni famiglia che si rispetti,
avrà infatti una
particina tutta sua... Ma non vi voglio anticipare niente.
Che
dire allora... Ah sì, BUONA
LETTURA!!!!!
Ps-
i personaggi non appartengono a me, ma ovviamente al "Signore"
indiscusso del fantasy: J.R.R. Tolkien
—
Una
Scelta Sbagliata
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Bruciato,
tutto bruciato.
Nulla
era stato toccato da quel
giorno.
La guerra prima,
l’incoronazione poi ed infine anche l’opera di
ricostruzione avevano occupato
gran parte degli uomini della città e quel luogo, la stanza
privata del
Sovrintendente, era presto caduto nel dimenticatoio.
Nessuno vi era
più
entrato, nessuno ne aveva avuto il coraggio: l’aria che si
respirava era
stantia, satura di una strana miscela di paura, rabbia e follia.
“Dipende da come tornerai”
Queste
erano state le ultime
lapidarie parole che ci eravamo scambiati, Denethor, figlio di
Echetelion, e
io, Faramir, suo erede.
Sovrintendente
e Capitano della
Guardia.
Padre
e figlio.
Ma
ora eccomi lì, in quella camera
che per anni era stata il suo regno e che da questo momento in poi
sarebbe tuttavia
appartenuta a me. Almeno quel che ne restava.
Le crudeli fiamme appiccate
da mio padre avevano infatti divorato tutto: delle spesse tende in
prezioso
tessuto damascato rimanevano solamente fetidi stracci, mentre le solide
librerie in quercia, orgoglio di mio padre, erano ormai
nient’altro che lugubri
scheletri.
Mi
guardavo intorno: non vi erano
ricordi positivi che potessero tornarmi alla mente, nessun pensiero
gioioso,
solo freddo; il mio sguardo vagava tra quelle che ormai non erano altro
che
rovine con un’espressione assente, come perso in un sogno, o
per meglio dire un
incubo.
Un incubo in cui mio padre
non aveva mai una parola gentile per me.
Un incubo in cui niente, non
importa quanto mi impegnassi, riusciva
mai a togliere quell’espressione delusa dal suo sguardo,
quasi fosse la mia stessa
esistenza a disgustarlo. Un
incubo che sfortunatamente
per me coincideva con la realtà.
-Siamo
tutti stanchi. Ci
occuperemo domani di rimuovere il resto del mobilio. Andate pure a
riposarvi!- concessi,
non riuscendo più a sopportare quella sgradevole sensazione
di malessere che il
ricordo della mia infanzia mi aveva procurato.
-Mio
signore Faramir vi prego
aspettate!-
Era
stato Beregor, il risoluto soldato
che con la sua determinazione aveva letteralmente salvato la mia vita,
a
richiamarmi.
-Parla
pure mio buon Beregor:
spero che tu abbia una valida ragione per trattenerci tutti qui quando
persino il
sole si concede finalmente un po’ di meritato riposo
– sospirai stanco.
Vidi
l’espressione del mio
sottoposto incupirsi.Gli
sorrisi: sapevo che non era
colpa sua se la mia nausea sembrava aumentare ad ogni minuto in
più passato tra
quelle lugubri pareti.
-Forse
le interesserebbe vedere
questo- disse indicando un enorme forziere sorretto da due robusti
uomini in divisa,
-Le ante dell’armadio sono massicce e lo hanno protetto dalla
furia dell’incendio-
spiegò pragmatico.
Esaminai
l’oggetto: era
essenziale, ma comunque ben fatto, con delle splendide bordature
intagliate che
si avviluppavano intorno a tutto il perimetro come eleganti rampicanti
metallici.
-Chiamate
il fabbro - esclamai
infine.
Mio
padre durante tutta la sua
vita aveva radunato una considerevole collezione di manufatti risalenti
persino
alla perduta civiltà di Numenor: si vociferava infatti che
in alcuni di essi
fosse ancora imbrigliata parte dell’antica magia elfica che
li aveva forgiati.
Era
perciò mio compito controllarli: sarebbero potuti tornarci
utile in qualche
modo.
Il
vecchio fabbro arrivò
trafelato: sicuramente non si aspettava di essere convocato a
quest’ora.
Efficiente come al solito però
non fece commenti e si impegnò a forzare il baule: il
maestoso manufatto si
aprì immediatamente, spandendo fastidiosi cigolii per tutta
la stanza.
Fummo
immediatamente colpiti
dall’incantevole contrasto creato dal lussuoso velluto che ne
rivestiva
l’interno e l’unico oggetto che ivi trovammo: un
libro, uno di quegli enormi
volumi rilegati in pelle su cui io e Boromir trascorrevamo ore e ore,
studiando
sotto gli occhi vigili del maestro di palazzo.
Ricordo ancora il loro odore antico e i
titoli altisonanti, vergati alternando lettere dorate e grifi di
pregevole
fattura: riposavano beatamente stipati sugli imponenti scaffali della
biblioteca reale come saggi dormienti, in attesa solo di essere
consultati.
Non
persi tempo e lo aprii.
Le
pagine erano ruvide al tatto, realizzate
con una pergamena molto costosa, pensata proprio per resistere
all’inarrestabile usura del tempo. Riconobbi
immediatamente la calligrafia di mio padre: quante volte lo avevo
osservato
redigere documenti ufficiali e avevo ammirato la marziale sicurezza con
cui
tracciava quei segni, evitando qualsiasi fronzolo o abbellimento
superfluo.
Studiai
con attenzione il
manoscritto: non vi erano sigilli che potessero certificarne
l’ufficialità, né
elenchi che permettessero di identificarlo come un registro; i fogli
riportavano però una datazione, susseguendosi metodici e
puntuali senza saltare
nemmeno un giorno.
Ero
perplesso.
Cos’era
dunque quel libro e perché
era stato tanto importante da spingere mio padre ad aggiornarlo con una
tale
precisione?!
Un
pensiero mi folgorò
all’improvviso: possibile, possibile che fosse il suo
diario?!
Sfogliai
freneticamente l’intero
volume, sino a raggiungere l’ultimo foglio.
Iniziai
a leggere.
Terza
Era -
Anno 3019
La
guerra incombe.
I
nemici sono alle porte e persino qui, nell’alta torre che da
tempi immemori appartiene
alla dinastia dei Sovrintendenti, si odono le loro urla immonde.
Sono giorni che non tacciono.
Giorni che
attendono, in agguato come lupi affamati pronti ad avventarsi sulla
preda: sento
lo stridere delle loro fauci affamate, lo scricchiolare delle zanne che
non
vedono l’ora di affondare in tenera carne mortale. Nella
tenera carne degli
uomini di Gondor.
Oh
Gondor non senti il pianto dei tuoi figli, mentre l’oscuro
artiglio nemico incombe
e i suoi occhi di fuoco trafiggono la bianca cittadella di Elendil?!
Presto
le candide mura cederanno... È
solo
questione di ore, giorni al massimo, e poi l’ombra
calerà su tutti noi e sarà
la rovina per il mondo degli uomini.
Il nostro popolo
è prossimo alla
sconfitta, io lo so, l’ho sempre saputo.
Gandalf,
quel ciarlatano da strapazzo, crede invece di poter fare qualcosa,
crede di
essere ancora in tempo.
Folle!
Usa
con gli uomini parole di speranza, li esorta a combattere per difendere
un
miraggio e farcisce le loro teste con sciocche illusioni e ideali ormai
privi
di significato.
Non
c’è più rimedio per
ciò che è stato fatto, nè
possibilità di recuperare ciò che è
perduto.
Ma
lui si ostina a non capire. Non
è in grado di udire il cozzare
delle armature di quei mostri infernali mentre, sotto lo sguardo
compiaciuto
del loro signore, attraversano il nero cancello per riversarsi sui
popoli
liberi come un fiume in piena.
Lui non
può
capire. Ma io sì. Io l’ho visto.
Molti
hanno provato a dissuadermi: le perdute pietre del tempo sono manufatti
ingannevoli, dicevano.
Ipocriti
imbecilli! Approfitterebbero
di una qualsiasi debolezza
per soppiantarmi e prendere ciò che è mio di
diritto.
Ma io non
lascerò che questo
accada, non soccomberò alle loro mire: d’altronde
come potrebbero mai avere
successo quando perfino l’Oscuro Signore di Mordor ha
fallito?!
Ha tentato di irretirmi con
degli
infidi trucchi, provando a rendermi suo schiavo; la mia
volontà è però rimasta ferma,
permettendomi di trionfare dove neppure i re Eärnil ed Earnur
avevano osato spingersi.
È
stata la paura a renderli
cechi, la stessa paura che però non ha fermato la mia mano:
ho sconfitto il
nemico e domato il Palantir, soggiogandolo per i miei scopi.
Ho così potuto
osservare con i
miei occhi e sentire la terribile potenza che il nostro avversario
stava
radunando e che ormai è pronto scatenarci contro.
E
ora sono qui, io, Denethor figlio di Ecthelion II, in questa notte
senza
stelle: la mia mente non trova pace e il sonno pare un dolce nettare
che mi è
impossibile assaporare.
Rimugino senza sosta
interrogando il mio animo inquieto, chiedendomi cosa fare ora che la
mia
esistenza non mi sembra altro che un superfluo spreco di energie, un
patetico
trascinarsi tra fango, sangue e lerciume.
Mi
sento come imprigionato, un misero insetto tragicamente finito nella
trappola di
un ragno.
Si contorce in un ultimo
disperato tentativo di aggrapparsi alla vita non facendo altro che
peggiorare
la propria situazione: muove le ali, mentre la ragnatela si stringe
sempre più
intorno a lui, soffocandolo con le sue stesse energie.
Sarà solo a quel
punto che l’infido predatore sopraggiungerà per
banchettare trionfante con la
sua preda.
È
questo il funesto destino che ci attende se scegliamo di opporci
all’oscuro
sovrano di Mordor?!
Non
c’è altro futuro per noi se non diventare carne da
macello per orchi?!
Forse
allora sarebbe meglio fuggire, seguendo l’esempio di chi ha
deciso di abbandonare
questo mondo corrotto prima che diventasse troppo tardi.
Mia
amata Finduilas tu sei stata la prima ad andartene e con te si
è spento anche l’ultimo
bagliore di felicità che dava luce alla mia esistenza. Ricordo ancora il tetro
pallore del tuo viso quando il medico mi comunicava che, pur avendo
tentato
tutto il possibile, pe te non c’era più alcuna
speranza.
Morendo, mia adorata, hai
portato via tutto: i colori, i suoni, i sapori.
Quando sei scomparsa ho
perduto la capacità stessa di amare
Poi
è toccato a te Boromir, figlio mio prediletto: e di chi
è la colpa se non di
questo tuo ottuso e ingenuo genitore che ti ha mandato allo sbaraglio,
per inseguire
una stolta chimera?!
Ti ho lasciato solo nelle
mani di quegli esseri ingannatori, gli elfi, che in memoria di un
lignaggio
ormai corrotto/decaduto credono di poter decidere del destino di noi
poveri
mortali: ti hanno costretto ad un’impresa suicida e non si
sono minimamente
curati di te, dei tuoi uomini che già attendevano il tuo
ritorno con le armi in
mano, né di tuo padre, privandolo così del suo
erede.
Oh Boromir, ricordi il tuo
sedicesimo compleanno e il corno che ti regalai?
Avevi
appena combattuto
nel tua prima battaglia e come il più valoroso dei
condottieri ti eri
trattenuto fino all’ultimo per aiutare i compagni che erano
rimasti indietro.
“Ecco, così se per caso decidessi di fare
nuovamente
l’eroe potrai sempre chiedere aiuto” ti dissi fiero
come solo un genitore può
essere.
Questo tuo ultimo
ricordo però giace ora spezzato, come spezzato è
anche
il mio cuore e la fiducia che ancora riponevo nel futuro: gli uruk con
le loro
frecce non hanno ucciso solo te ma anche il mio orgoglio di padre.
Ed
infine, Faramir. Osservo la tua scintilla vitale assopirsi
inesorabilmente e
questo mi ha dato modo di riflettere.
Un pensiero allora ha invaso la mia mente, propagandosi
dall’interno come un subdolo veleno: e se avessi sbagliato
tutto con te?
Povero
figlio, solo adesso mi rendo conto dell’enormità
del mio errore: ti credevo
personalmente responsabile per le idiozie che fin da piccolo hanno
attraversato
la tua mente e che ti hanno spesso portato a compiere delle azioni
sconsiderate.
Ma non è così. Ancora una volta il
colpevole è solo lui: Gandalf.
Con diaboliche stregonerie ha plagiato la tua
inesperta mente di
fanciullo, distorcendo
il tuo giudizio e rendendoti simile a una marionetta nelle sue mani.
Ora
però ho realizzato il mio sbaglio
capendo finalmente che, nel profondo, mi sei sempre stato fedele: lo
prova il
tuo eroico tentativo di riconquistare ciò che il nemico ci
aveva sottratto, per
la gloria della tua patria e per la gioia di tuo padre.
Ma anche tu ormai
sei in
procinto di lasciarmi: ti appresti a seguire tua madre e tuo fratello
ove
riposano i nostri avi, lasciandomi qui, circondato da sole serpi.
Finduilas,
Boromir, e adesso Faramir, perché mi avete abbandonato tutti?
Il
fato mi perseguita! Cosa sono ormai se non un bozzolo senza
più sentimenti?!
Amore, orgoglio, speranza,
mi hanno derubato di tutto!
Sono
stanco, nel corpo e nello spirito.
Stanco di lottare, di
pianificare una resistenza che tanto si rivelerà inutile e
di replicare ad un
destino già segnato.
Cosa mi resta ancora?
Esiste qualcosa per cui
valga la pena lottare?
Per cui valga la pena vivere?
Tante
domande. Troppe.
Ma
io ho la soluzione. Ho finalmente preso la mia decisione.
Quegli
insulsi nobili di città la riterranno certamente una
barbarie, un’usanza ormai
obsoleta, ancora diffusa solamente tra i primitivi popoli
dell’ovest; ma è il
loro sangue, indomito e selvaggio, quello che scorre nelle mie vene e
intendo
celebrarlo con un ultimo atto: il fuoco e le sue fiamme, ardenti come
l’occhio
del nemico, ne saranno gli assoluti protagonisti.
Bruceremo.
Sì
Faramir, bruceremo, io e te: quando ti ho inviato a difendere il
Pelennor e la
Muraglia del Rammas Echo il nemico ti ha preso perché io non
ero lì con te. Non
farò il medesimo errore. Questa volta ce ne andremo insieme,
figlio e padre.
—
Chiusi il libro.
Il sole se ne era già
andato da un pezzo, così come i miei
uomini; solo Beregor era rimasto e ora sonnecchiava pigramente
appoggiato al
davanzale di un gigantesco finestrone istoriato.
-Possiamo andare. Scusa per
l’attesa- esordii io laconico.
Il fedele milite si riscosse
immediatamente.
-Dovere- disse semplicemente,
stiracchiando le membra
intorpidite, -Se mi posso permettere: avete trovato qualcosa di
interessante
fra le memorie del nostro defunto signore?-
Mi voltai di scatto, incrociando il
suo sguardo: un tumulto
di emozioni a cui non sapevo dare nome si agitava dentro di me.
Rabbia per la
stoltezza che mai avrebbe dovuto muovere le azioni di un governante.
Compassione
per la follia che aveva minato uno degli intelletti più
brillanti della Terra
di Mezzo senza che se ne rendesse nemmeno conto.
E sì,
infine,
nell’anfratto più intimo e profondo del mio
essere, in quell’angolo del mio
cuore che credevo dimenticato, sentivo il bambino che ero stato
traboccante di orgoglio di fronte a quello che, seppur in un modo
perverso e distorto era l'unico gesto d'amore che suo padre gli avesse
mai mostrato.
-Parlava di una scelta- dissi
semplicemente, non trovando
risposta migliore.
-Un scelta?!- mi chiese lui
interdetto.
-Già- feci io in tono
amaro.
Mi avvicinai alla finestra e guardai
giù: un albero si
ergeva orgoglioso al centro dell’ampio cortile lastricato che
conduceva alla
sala del trono: l’aria era limpida e potevo vedere i suoi
candidi rami
protendersi verso il cielo con inaspettata fierezza e lì,
sul ramo più alto,
ecco un piccolo bocciolo.
Un bocciolo che sembrava
segnare la fine del gelido inverno.
Un bocciolo che
profumava di primavera e di speranza.
Un bocciolo come simbolo di un
nuovo inizio, per Gondor, per noi e per tutti i popoli liberi.
Espirai.
-Una scelta, una scelta sbagliata-
- Angoluccio
dell'autrice:
Era da molto che volevo scrivere
qualcosa sul Signore degli Anelli ma veramente niente di quello che
componevo riusciva a rendere giustizia a questo capolavoro
("FAN-ACCANITA-DEL-FANTASY" modalità ON ^.^) ; poi
finalmente ecco, "l'illuminazione" (si fa per dire) che unita ad un
contest che sembra "ricamato" per questo racconto (SANTA SCADENZA!!
senza penso proprio che non sarei in grado di arrivare alla fine di una
storia... Sono un po' il tipo "tutte idee e poca sostanza" XD) mi ha
portato a scrivere tutto questo.
Mi piacerebbe perciò sapere cosa ne pensate (anche critiche
e soprattutto consigli =D): un Grazieeeeeeeee a tutti quelli che
lasceranno un commentino <3
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