Capitolo Cinque:
Angelo
Arrivammo davanti ad una
porta, aperta, vedevo il professore che riordinava dei fogli sulla
cattedra e intanto i ragazzi viaggiavano avanti e indietro per
l’aula aspettando il richiamo del prof per ricomporsi e
andare seduti.
<<
Be’, ora ti lascio. Questa è l’aula di
storia... Divertiti >>, mi fece un sorriso a trentadue
denti e sparì a passo di danza verso la sua classe.
Io feci un respiro
profondo e entrai.
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Tenevo la testa leggermente abbassata e imposi ai miei occhi di
guardare fissi davanti a me, verso il professore, e non verso il resto
dell’aula.
L’istinto di voltarmi e ammirare di nuovo quella creatura,
che sicuramente mi stava squadrando come tutti gli altri, era forte, ma
grazie all’aiuto di un entità superiore mi
trattenni.
Con passo incerto arrivai alla cattedra e dopo che il professore mi
notò, mi presentai e gli consegnai i fogli da firmare, che
poi mi riconsegnò a sua volta, con un sorriso
d’incoraggiamento stampato sulle labbra.
Io cercai di ricambiare come potevo, ma quello che mi uscì,
fu soltanto un timido sorrisino.
Mi disse che potevo sedermi dove volevo, visto che c’erano
molti posti liberi.
Ancora non avevo staccato gli occhi dal professore, e se avessi potuto
non l’avrei mai fatto.
In quel momento trovai molto interessante quel uomo.
Ma poi, mi feci coraggio, e voltando lentamente la testa, come se
volessi prendere tempo, tutta la mia attenzione si riversò
nell’aula.
In effetti mi stavano tutti squadrando: chi parlava con il compagno e
intanto mi fissava, chi mi fissava e intanto faceva altro, o chi
solamente si limitava a fissarmi e stare buono al proprio posto.
Insomma, ero diventata l’argomento del giorno.
Brutta, bruttissima cosa...
Mi mettevano in soggezione quando mi guardavano in quel modo...
E non si limitavano solo a squadrarmi il viso o fare una leggera
passata al mio corpo...
Velocemente, attraversai la folla di ragazzi, e trovati due banchi
vuoti, senza che vi siano stati sopra zaini o altro.
Mi sedetti velocemente e appoggiai la cartella a terra.
Tempo di ritirare su gli occhi, che trovai di fronte a me un ragazzo
altissimo e abbastanza magro, con folti capelli color corvo e due occhi
del medesimo colore.
<< Ciao io sono Adam >>. La sua voce era
profonda, e abbastanza roca. Però nel complesso sembrava
amichevole.
<< Io sono Daphne, piacere di conoscerti
>>, dissi io a mia volta.
<< Piacere mio >>, sorrise,
<< Non ti ho mai vista da queste parti, sei nuova?
>>
<< Si. Vengo da New York. I miei e io ci siamo trasferiti
da qualche giorno >>, lo informai.
<< Wow, bella New York... Ci sono stato
l’estate scorsa in vacanza. È molto assolata... E
calda >>, be’, in confronto a Forks, quasi
tutte le città dell’America sono calde, e poco
piovose.
<< Già, direi. In confronto a Forks, New York
sembra un deserto >>,dissi ironica, poi sorrisi.
<< Già >>, sorrise anche lui.
Dopo quella bella chiacchierata, altri ragazzi si fecero avanti. Ci
furono alcune ragazze che, molto esplicitamente, mi chiesero se avessi
i capelli tinti, visto che avevo un bel biondo acceso. Io ovviamente
risposi di no, se a mia madre avessi solo chiesto di farmi tipo una
schiaritura, mi avrebbe uccisa su due piedi.
Quando l’interrogatorio sembrò concludersi, mi
ricordai di una cosa molto importante: lui.
Me n’ero completamente dimenticata, e mene ricordai solo
perché uno dei tanti ragazzi che si fece avanti aveva gli
occhi verde acqua.
Mi rimproverai mentalmente, e poi voltai lo sguardo alla mia sinistra.
E lui era lì.
Mi fissava intensamente, con la schiena appoggiata al muro dietro di
lui, e la sua persona completamente rivolta verso di me.
La sua espressione era illeggibile e ferma.
Lui mi fissava, e io lo fissavo.
Aveva il viso più bello e più angelico che avessi
mai visto: le labbra perfette, i lineamenti perfetti, e due occhi verdi
incorniciati dai capelli biondicci con riflessi ramati.
Sembrava uno dei Bronzi di Riace.
Mi ero completamente persa nel suo viso, che non feci caso a quello che
indossava: aveva dei pantaloni Beige, una camicia bianca e sopra una
giacca blu scuro.
Era perfetto, se non di più.
<< Ragazzi seduti! >>, l’ordine
del professore mi fece riscuotere dalle mie fantasie, facendomi
riportare con i piedi per terra.
La lezione proseguì molto velocemente, troppo.
Non ascoltai nemmeno una parola di quello che diceva il prof, se non
quando mi faceva delle domande sugli argomenti che sapevo o non.
Così, anche quel ora finì, e tutto quello che
avevo fatto finora, era pensare a quel ragazzo.
Delle cose le sapevo:Primo, sapevo che era il fratello di Renesme
Cullen; secondo, era il figlio del dottor Cullen; e terzo, che era
proprio un Cullen.
Anche quei ragazzi che avevo visto nel parcheggio la mattina dovevano
essere imparentati fra loro...
Erano diversi, ma cera qualcosa che li faceva rassomigliare tutti e
otto.
La bellezza, di sicuro, era una di quelle.
Incominciai a mettere a posto le poche cose che avevo tirato fuori per
la lezione, e prepararmi per quella dopo, ma poi alle mie spalle sentii
una delle voci più belle, più profonde, che
avessi mai sentito in tutti i miei diciassette anni.
Mi voltai lentamente, pregustando il momento.
E lui era lì, di fronte a me, con la cartella appoggiata in
una delle due spaziose spalle e una mano che la tratteneva.
Mi sorrideva cordialmente, e io credetti di morire.
<< Ciao >>, oh si, la sua voce: musica per
le mie orecchie.
Impalata com’ero riuscì a sbiascicare un timido
‘Ciao’, per poi arrossire.
<< Tu devi essere Daphne, la nuova arrivata, giusto?
>>, mi chiese.
<< S-si, sono io. >>. Mi sorrise, che
sorriso dolce che aveva.
<< Io sono Anthony Cullen. Credo che tu abbia
già conosciuto mia sorella Renesme, giusto? >>
, mi chiese con quello sguardo rubino.
<< Si >>, dissi io perdendomi in lui.
Non ci potevo ancora credere che lui, proprio lui, mi avesse parlato!
E ora lui
aveva anche un nome, Anthony, un po’ vecchio,
certo, ma sempre stupendo era, come lui.
<< Che lezione hai ora? >>, mi chiese di
punto in bianco. Io mi affrettai a rispondere: << Ehm...
Spagnolo >>, dissi cercando di ricompormi un
po’.
<< Io devo andare a biologia, se vuoi ti accompagno
>>, disse guardandomi negli occhi.
<< Okay... Grazie... >>, bene... ero
proprio imbambolata.
Mi sorrise: << Bene, allora andiamo >>.
Annuì.
Ci incamminammo verso uno dei tanti corridoi, e tenendo la testa bassa,
rossa come il camion dei pompieri, di sottecchi guardavo i miei piedi
che si alternavano per muovere i passi.
Potevo sentire gli sguardi di tutti puntati addosso.
Ancora di sottecchi, vedevo delle ragazzine rapite dal mio
accompagnatore, con delle facce da pesce lesso, e anche altre che prima
guardavano lui con l’ennesima faccia, ma poi guardavano me,
fulminandomi.
Doveva essere molto popolare tra le ragazze.
Ci fermammo davanti a una porta, poi lui, con un movimento aggraziato,
si voltò verso di me, sorridendomi.
<< Ora ti lascio, qui c’è spagnolo.
Buona fortuna >>. Poi mi risorrise teneramente.
<< okay, grazie ancora >>, ricambiai il
sorriso.
Poi con un movimento aggraziato della mano, mi salutò e
voltandosi si incamminò verso la sua classe.
Non c’era bisogno di dire che io rimasi un minuto buono
imbambolata davanti all’aula con un espressione da una che
è dispersa nel mondo dei sogni...
Continua...
Weeeee bella gente, come va??????????
A me tutto bene... Spero anche a voi...
Grazie grazie grazie grazie e ancora grazie alle mie recensitrici,
e grazie anche a chi ha messo la mia storia tra i preferiti!!!!
Vi adoroooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!
Be', ora meglio che vada a studiare, sennò, chi li sente i
prof???
xD
Vabbè, io vò, ciaooooooo^^
COMMENTATEEEEEEEEEE!!!^-^
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