Cartucce e Poké Ball
Cartucce e
Poké Ball
L’aria
era rarefatta. Calda e torrida.
L’insistente
e pedante rintocco delle suole degli anfibi militari che cozzavano contro il
pavimento del dormitorio risuonava nella testa del tenente Surge come il suono
di un pianoforte stonato. Egli sostava in piedi sulla soglia della baracca e
davanti a lui una delle sue squadre stava ultimando i preparativi. La caserma
era in subbuglio e ogni soldato nascondeva la tensione e la paura sotto una
falsa espressione determinata.
-
Tenente! Qualche problema?
Surge
si voltò.
-
Va tutto bene? La vedo deconcentrata... - chiese il colonnello Fire dietro di
lui.
Il
biondo lo fissò per un momento con un’espressione spaesata stampata sul volto.
I suoi occhi erano persi nel vuoto, le sue mani tremavano febbrilmente, sulle
sue tempie scorrevano fiumi in piena di gocce di sudore.
-
Sono... - balbettò insicuro.
Per
un attimo fissò inebetito la figura del colonnello. Il fisico statuario, i
capelli neri e gli occhi rossi luminosi che esprimevano tanta determinazione
quanta serietà. Rossi e ardenti, quegli occhi. Come lo spirito da guerriero che
ardeva in quell’uomo instancabile e sempre attivo.
-
...sono a posto. - Disse scuotendo la testa. - sono a posto.
-
Bene! Abbiamo bisogno di lei per questa battaglia, si mostri positivo e
vincente, deve infondere il suo spirito anche alle reclute! - disse quello
abbozzando un sorriso e chiudendo la conversazione con una pacca sulla spalla.
Il
colonnello Fire girò i tacchi e si avviò. Surge rimase solo al suo posto con la
sensazione della mano di quell’uomo che ancora batteva sulle sue spalle, con il
destino di una guerra che gravava sulle sue spalle.
Pochi
minuti dopo, Surge si trovava già sull’US6-U1. Le ruote del veicolo sobbalzavano
ad ogni buca, il rumore dell’armamentario imbracciato dai soldati cozzare tra
loro o con le pareti del soffocante cassettone del camion cadenzava l’ansia di
tutti riducendola ad un rumore effimero e fastidioso.
E
per chi lo ha constatato, tutto ciò che è fastidioso e inesistente allo stesso
tempo diviene la tortura peggiore.
Un’ora
di viaggio. Nell’aria iniziavano a librarsi gli scoppi delle granate che
appesantivano l’etere come decorazioni di glassa sulla superficie di una torta
dietetica alla soia.
-
Siamo quasi al fronte... - avvisò il guidatore.
L’ansia
colava dal soffitto come umidità. Surge era seduto sul secondo posto alla
destra del volante, in mano aveva la sua fidata Smith & Wesson M1917. La
sicura era impostata, la sua mano stringeva l’impugnatura in una posizione di
riposo che di riposo aveva pochissimo.
I
nervi di Surge erano tesi, i suoi muscoli incordati e le sue ossa calcificate
nella loro posizione.
Stava
andando incontro alla guerra, incontro alla guerra.
Aveva
sempre dato a tutti l’impressione di essere un duro, uno che non si sarebbe mai
tirato indietro. Un capobranco.
Non
si sarebbe mai tirato indietro, effettivamente questo era vero, ma almeno a se
stesso poteva confessare di avere paura, di star provando terrore. Di non voler
scendere da quel veicolo.
No.
Questo no.
Doveva
salvare Kanto, lui guidava la sua squadra, lui portava la speranza nel cuore
degli abitanti della regione, nel cuore degli uomini che da tanto tempo
aspettavano i “rinforzi americani”. Lui era i “rinforzi americani”.
Avrebbe
combattuto.
-
Ci siamo quasi! - annunciò il militare che era al volante.
Surge
comprese, doveva dare coraggio alla sua squadra. Prima di iniziare a parlare
scrutò uno per uno i membri di quella piccola unità che componeva insieme a molte altre il plotone da lui
comandato. I loro occhi erano come i suoi, le loro mani tremavano come le sue,
la loro paura era la stessa sua.
-
Tenente Surge... - sussurrò uno dei soldati tremolando.
Il
ragazzo era attorno ai venticinque, capelli castani e occhi castani. Stritolava
l’impugnatura del fucile con ansia proprio come faceva Surge.
-
Roland, non sarà mica nervoso! - esclamò in uno spasmo di coraggio latente.
-
No, tenente io... volevo chiederle se deve darci qualche dritta prima di
scendere sul fronte... - disse quasi terrorizzato dall’ardore del suo
sovrapposto.
Surge
fu colto impreparato. Non era mai stato in mezzo al campo di battaglia, sotto i
colpi, chiuso nella trincea.
-
Un solo consiglio. Non farti vincere dalla paura, gli avversari sono umani,
proprio come te. - prese ad improvvisare. - Hanno un cuore e un fegato, hanno
una famiglia e una casa. Proprio come te. Tu hai una famiglia, Roland? - chiese
come per cambiare discorso.
Il
ragazzo rispose insicuro.
-
Ho una moglie che è incinta di quattro mesi...
-
Beh, ti faccio i miei più sentiti auguri, ma quello che volevo dirti è che se
ascolterai i miei consigli, potrai rivederla e riabbracciarla. Non avere mai
paura, il coraggio è quello che porta avanti la nostra grande e orgogliosa
nazione... - concluse.
-
Gr... grazie, signore... - balbettò quello.
-
Possiamo scendere, ricordate le mie indicazioni. - fece il tenente Surge
fuggitivo mentre scendeva dall’autocarro.
La
squadra lo seguì.
Imbraccia
il fucile, il metallo è freddo, senti il suo brivido percorrerti. Sai che puoi
addirittura uccidere un uomo con quell’arma. Ti rendi conto? Togliere la vita
ad una persona, non è una cosa da niente.
Stringi
l’impugnatura, guardati attorno.
I
colpi fischiano attorno a te. I proiettili ti sfiorano. Sei ad un passo da nemico.
Anzi, il nemico è ad un passo da te.
Anche
lui ha paura come te. Anche lui non vorrebbe essere qui come te.
È
l’ultima battaglia e stai vincendo.
Stai
vincendo.
Ardente
della fiamma del suo spirito combattente, Surge si gettò dietro due rocce. Con il
fucile centrava ogni suo bersaglio, nessuno lo aveva mai visto così grintoso.
Stava
lottando da ore. I ranghi nemici si erano decimati e l’esercito di Kanto,
aiutato da quello americano, stava vincendo.
Poco
distante da lui c’era il colonnello Fire, stava riprendendo fiato dietro un
albero. In mano stringeva il fucile proprio come lui, ma sulla sua mimetica e
sul suo elmetto comparivano i simboli d’onore indicanti il suo grado. Gli occhi
vermigli brillavano. Ma lui stava fermo.
-
Tenente Surge! - lo chiamò. - Attento!
Surge,
istintivamente, si piegò in due. Cozzò contro la roccia, proprio in
corrispondenza di dove era la sua testa pochi attimi prima, un osso. Lì per lì,
il tenente non comprese. Poi vide poco lontano, ai piedi di un albero, uno
strano animale. Era marroncino e dalle sembianze rettiliane, come una specie di
dinosauro, aveva un grosso teschio in testa che indossava come fosse una
maschera. Non aveva mai visto nulla di simile.
-
Che diavolo sei?! - esclamò spaventato.
-
Stanno usando altre armi, si tratta di delle creature che qui chiamano Pokémon,
tenente. - lo illuminò il colonnello Fire esclamando da lontano. - Sono
pericolosi e molto potenti, l’esercito di Kanto ha preferito non usare loro per
combattere perché la reputano un’azione disumana.
Surge
annuì.
-
Che devo fare? Lo ammazzo?
Il
colonnello fece spallucce.
Surge
allora si voltò di nuovo verso la creatura. Era scomparsa. Per un momento tutto
si era fermato e le lancette degli orologi erano cadute a terra. Surge riprese
fiato.
Altri
colpi, altro sangue, altre morti. La guerra continuava.
Ad
un certo punto, dietro le linee nemiche vide comparire piccole e grosse sagome
che si diressero verso il nemico.
Uno
stormo di grossi uccelli di color giallo-arancio passò sopra le loro teste e
scese in picchiata sui soldati. Avevano la pellaccia dura e le lunghe creste
sulle loro teste tutte mosse. Attaccavano a colpi di artigli o di becco
qualsiasi cosa che capitasse loro a tiro. Nessuno di loro riusciva più a
sparare.
Alcune
unità nemiche si infiltrarono tra le linee dell’esercito americano e fecero
razzia di decine di soldati.
Surge
combatteva con il calcio del fucile con quella strana creatura e in lontananza
vedeva che anche il colonnello Fire era perseguitato da uno di essi.
Non
aveva mai combattuto in questo modo, non si era mai preparato a ciò, come
poteva reagire?
Proiettili
su proiettili, finalmente un colpo prese l’uccello nel punto tra collo e ali
uccidendolo, ma non un colpo suo. Qualcuno aveva sparato da lontano.
Anche
Surge fu liberato da quella furia pennuta.
Imbracciava
il fucile in direzione dei due il soldato Roland. Il ragazzo aveva liberato
tenente e colonnello da quegli uccelli.
-
Roland! - esclamò Surge felice. Il ragazzo sorrideva soddisfatto.
Subito
la sua espressione gioviale si tramutò in una smorfia isterica e preoccupata.
-
Roland... - anche Surge si incupì. - ...sei troppo espost...
Niente
da fare. Un proiettile sfondò la cassa toracica del soldato facendolo cadere.
La chiazza di sangue macchiò l’erba e gli occhi di Roland si spensero quasi
subito.
Surge
rimase con gli occhi sbarrati, non si mosse.
Roland,
il ragazzo, era morto. Aveva osato, si era esposto pur di salvare il suo
sovrapposto, aveva avuto troppo coraggio. Era stato uno sciocco, ma qualcuno lo
aveva spronato a non avere paura. Lui.
Surge
strinse i pugni e sbatté il calcio del fucile contro la roccia.
-
Roland! - esclamò.
Subito
si accostò al bordo della roccia che lo proteggeva, prese a colpire, gli
avversari cadevano uno dopo l’altro, i suoi colpi stavano sterminando lo squadrone
nemico.
Notò
qualcosa: una sfera rossa e bianca alla cintura di ogni soldato. Qualcuno la
prendeva e la lanciava, questa si apriva e ne uscivano fuori, accompagnati da
un fascio di luce, dei mostri tutti differenti. I nemici raddoppiavano, chi
trovava le sfere dei compagni caduti le lanciava insieme alla propria. Il
fronte avversario si stava ripopolando.
-
Che cazzo... - Surge era ancora in preda alla sua furia.
Si
certo, erano strani e anche insoliti, ma questi mostri morivano se colpiti da
un proiettile. Surge prese a sparare anche a loro.
Proseguì
con quest’andatura per alcuni minuti. Ad un certo punto udì un ruggito, si
voltò. Era comparso alle sue spalle un grosso lucertolone arancione con le ali
e una fiamma che ardeva sulla punta della sua coda. Ruggiva forte e raggiungeva
quasi i due metri, si era presentato davanti a lui e minacciava di farlo fuori
con le sue fauci. Anzi no. Nella bocca di quel rettile si formò una sfera di
fuoco che divenne sempre più grande.
Surge,
in preda al panico, sparò un colpo.
“Click!”
Caricatore esaurito.
Il
dragone si faceva sempre più prossimo quando...
Surge
rimase esterrefatto. Una scossa elettrica, una specie di fulmine controllato si
diresse verso il Pokémon arrostendolo all’istante. Che cosa era successo?
Un
topo, un topo di quasi un metro, arancione e con una lunga coda che terminava
con un fulmine era arrivato accanto a lui. Aveva lanciato lui quella scossa
elettrica.
Surge
lo fissò per un attimo senza osare alcuna mossa. Quello emise il suo verso
quindi si voltò verso l’uomo sorridendo.
I
loro occhi si incontrarono, avevano la stessa grinta in corpo. Lo stesso
sguardo.
-
Che cosa sei? - sussurrò Surge.
Come
se nulla fosse, il Pokémon prese a bersagliare con le sue potenti scosse
elettriche i volatili gialli che passavano sopra le loro teste abbattendone uno
dopo l’altro.
-
Ottimo, continua a colpire! - il Tenente si sporse di nuovo dal suo nascondiglio
e riprese a sparare.
Le
ore passarono veloci. L’esercito americano, nonostante il sostegno che i nemici
avevano da parte di quelle creature, riprese a vincere.
Gli
avversari cominciarono a vacillare nell’insicurezza. Surge sparava a raffica e
guidava con la sua combattività tutto lo squadrone. Finalmente, i primi
prigionieri. Nessuna uccisione, i nemici si davano per vinti.
-
È l’ultima battaglia tenente! - esclamò il colonnello in un misto di felicità e
calma. - E stiamo...
Surge
si voltò allertato dallo spavento del colonnello. Un grosso Pokémon molto
somigliante ad un rinoceronte bipede dalla corazza grigia lo stava caricando.
Era immenso, Surge rimase paralizzato nella sua posizione. Il Pokémon che
lanciava fulmini che lo stava aiutando lanciò una potente scossa contro
quell’enorme bestia. Nemmeno un graffio. Il fulmine sembra non averlo colpito.
-
Tenente!
Eroicamente,
il colonnello Fire si gettò su Surge facendolo rotolare di lato. Il grosso
corno del Pokémon rinoceronte mancò il biondo ma affondò nello stomaco del suo
superiore. Fire fu scagliato lontano con Surge che seguì il suo percorso con
gli occhi. Cadde a terra esanime e riversò dalla sua ferita una copiosa
quantità di sangue tossendo un paio di volte.
-
Colonnello Fire! - esclamò Surge.
Il
Pokémon rinoceronte riprese l’equilibrio, voltandosi, lanciò un’occhiata
furente al biondo. Ruggì e si avventò
contro di lui.
Surge
per un istante vide la morte in volto, la bestia stava per colpirlo. Per
fortuna aveva appena ricaricato. In uno spasmo premette il grilletto dell’arma
che aveva in mano e una raffica di colpi si abbatté sul Pokémon segnando una
linea che andava dal ventre alla fronte. Solo i proiettili che centrarono l’occhio
e l’addome lo danneggiarono.
Il
Pokémon si gettò all’indietro quasi travolgendo un albero. Dalle sue ferite
iniziarono a sgorgare copiosi fiotti di sangue. Ansimò in preda a dei goffi
spasmi per alcuni attimi e poi si spense. La creatura era morta.
Surge
per un inesistente numero di secondi rimase a contemplare il suo lavoro. Ma poi
un pensiero fece violentemente breccia nel vetro cristallino del suo sollievo. Il
colonnello Fire.
Il
biondo mollò il fucile, tutto si era fermato. Corse febbrile verso il corpo
immobile dell’uomo che distava pochi metri dall’immenso Pokémon.
La
mimetica del colonnello era tutta inzaccherata di sangue e in corrispondenza
della ferita era completamente stracciata.
-
Colonnello, colonnello! - Surge raggiunse l’uomo e lo scosse delicatamente con
una mano. - Colonnello Fire! - esclamava spasmodicamente.
Nessuna
risposta.
Il
volto sporco e sudato del soldato era spento e bianchissimo. Non dava segni di
vita.
-
Noooo! - gridò Surge realizzando finalmente l’accaduto. Gridò a occhi chiusi,
senza voler guardare ancora il corpo del suo amico, mentore e compagno.
Tolse
l’elmetto e abbassò la testa sul corpo del suo amico. In quel momento l’ultimo
colpo risuonò nell’aria.
Una
grezza pallottola di piombo, una sporca invenzione della ferocia e dell’avidità
umana, nata sporca, incontrò per ultima quell’immenso e nobile mare invisibile
che era l’atmosfera, nata pura, sferzando il suo viscido trucco intriso di
morte conferitogli dalla guerra appena conclusa.
Era
tutto finito. Kanto era salva. Aveva pagato il suo prezzo.
-
Signora... - le parole uscivano dalla bocca del tenente Surge come ricci di
castagne che provano a passare nella canna di un fucile. Ricci di castagna dall’accento
americano che provano a passare nella canna di un fucile. - Suo marito, il colonnello
Fire... - niente, non riusciva ad andare avanti.
Il
clima settembrino alleggeriva gli animi. Non era un settembre troppo caldo,
nemmeno un settembre troppo freddo. Solo, un settembre.
La
donna con indosso un grembiule da cucina che sostava sulla soglia appoggiata
allo stipite della porta lo fissava con occhi persi.
Sicuramente
aveva compreso, ma non voleva mettere bocca. Magari le cose potevano ancora
cambiare.
-
Ha perso la vita sul campo di battaglia. - Sospirò il biondo tutto d’un fiato
ed evitando lo sguardo della donna.
La
mora chiuse gli occhi, due lacrime solcarono le sue guance lentamente. Altrettanto
lentamente giunsero i primi singhiozzi soffocati.
-
È stato un eroe, sono, e forse siamo, vivi grazie a lui.
Come
se l’effimerità di quelle parole potesse attutire in qualche modo il dolore di
una perdita tanto grave.
Perché
c’era la guerra?
Per
soddisfare stupide voglie di potere di ricchi e avidi capi di stato che si
divertono a veder morire per loro soldati che credono di offrire la propria
vita alla patria per poi fingersi sconvolti e rattristati da una tragedia che
loro stessi hanno causato.
Bella
cosa!
Il
tenente Fire, sposato, padre di un figlio, era nato a Biancavilla, piccolo
paesino della regione di Kanto. Era cresciuto lì. Ecco come faceva a conoscere
i Pokémon. Aveva studiato negli Stati Uniti e aveva fatto il militare lì. Aveva
fatto carriera ed era salito sino al grado di colonnello. Lui stesso aveva
addestrato Surge, lui stesso gli aveva insegnato tutti i suoi trucchi e le sue
strategie, lui stesso aveva visto in quel ragazzo il talento di un vero
guerriero.
In
seguito era tornato a Biancavilla, dove si era sposato e si era fatto una
famiglia.
E
poi la chiamata. Fire aveva combattuto con l’esercito americano, ma non aveva
lottato come alleato, bensì come nativo del posto.
Un
eroe. Non vi era altro termine per definirlo.
Surge
trovò il coraggio di riaprire gli occhi.
La
donna stava riversando il suo dolore sul grembiule che calmo e pacato ascoltava
i suoi singhiozzi e asciugava le sue lacrime.
Dietro
di lei, Surge vide qualcuno.
Il
suo voltò mutò. La compassione lo prese e la sorpresa si impossessò dei suoi
occhi.
Un
ragazzino. Avrà avuto più o meno tre anni. E aveva gli stessi, medesimi,
identici occhi del colonnello Fire.
Mi hanno spiegato che cosa è
successo. Molti hanno perso la vita, soprattutto figure importanti come
Capipalestra e Superquattro. In seguito, i loro posti sono stati riempiti da
ragazzi giovani, persino della mia età. Sabrina, Erika, Misty, Brock. Tutti venuti
dopo.
Mi hanno detto che il
tenente Surge stesso ha fondato una palestra.
Tutto è tornato alla
normalità. Ora.
Sono sulla cima del Monte
Argento e da qui ho quasi la completa vista di Kanto. Fantastica, è davvero
fantastica. Come i Pokémon che la abitano.
Me ne sono reso conto solo
ora.
Noi ridiamo, scherziamo, ci
divertiamo e maturiamo in questo mondo.
Noi lo consideriamo un
paradiso e lo arricchiamo e decoriamo con le nostre idee e facciamo maturare in
esso i nostri sogni.
Ma se ciò ci è concesso, è
solo perché qualcuno, prima di noi, si è sacrificato per la sua pace, ha
lottato con le unghie e con i denti perché in esso regnasse l’armonia.
Non dimentichiamo ciò che è
stato.
Non lasciamo scappare il
ricordo delle gesta di molte persone venute prima di noi.
Vorrei dirti tutto questo,
vorrei raccontarti molte cose, vorrei parlarti di come se n’è andato mio padre
e di come è andata. Solo così puoi capire a fondo quanto sia bello questo
mondo.
Questa è la storia della
nostra terra ed io vorrei raccontartela, ma posso concederti solo alcuni
puntini sospensivi.
Rosso
Minuscolo Spezzone Di
Mondo
Eccoci qua!
Mi è venuta l’idea per questa raccolta ascoltando una
canzone di Kenzie Kenzei chiamata Indovinello (consiglio a tutti, quell’uomo è
un mostro e il suo album Can See Can’t Say è una perla!). Da lì mi son detto:
“mah, belli gli aquiloni...” e ho iniziato a elaborare la metafora. È molto
particolare come cosa e non ve la svelerò subito ma aspetterò...
Ecco, questa sfilza di OS rappresenterà proprio quello
che mi viene in mente di tanto (tanto tanto tanto) in tanto (tanto tanto
tanto). Ho già detto tanto?
Essì, perché le long che partorisco le porto avanti
seguendo la trama che bene o male ho già fissa in testa, ma pubblicherò
qualcosa su questa raccolta solo quando il mio cervellino mi concederà
quell’ispirazione giusta per scrivere qualcosa di originale e significativo sui
Pokémon.
Cercherò di metterci sempre dei significati profondi
molto più espliciti di quelli che metto nelle long.
Eheh, quelli vi sfido a carpirli tutti...
Da questa potete ben vedere che ho voluto unire alcuni
misteri del mondo Pokémon, come ad esempio la guerra alla quale si riferisce
Lt. Surge e altri piccole domande che tutti più o meno ci saremo posti giocando
ai videogiochi arricchendo anche con qualche idea personale.
Le storie saranno basate sul videogioco, ma qualche cosa
sicuro mi verrà da scriverla anche su altro.
Ad esempio, “Finto” doveva essere parte di questo, ma poi
ho preferito lasciarla una OS a sé stante.
Vabbuò, seguite Aquiloni se vi va, altrimenti andate a
compare un paio di metri di filo spinato, imparate come fare un nodo a cappio
e... e poi avete capito.
Bye!
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