Carlos e la vecchia porta di quercia.

di AllHailTheGlowCloud
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Questo era l’ultimo. L’ultimo specchio rimasto da coprire in tutta la casa.

Con le sue piccole mani ancora tremanti strinse forte la coperta che aveva preso da un cassetto appositamente per coprire anche quest’ultimo specchio.

Si arrampicò con un ginocchio sul mobile del bagno e con tutta la forza che aveva lanciò il telo e questo si agganciò agli spigoli della superficie riflettente, restandovi appeso.

Scese lentamente e si lasciò sfuggire un profondo respiro di sollievo, con il cuore ancora a mille, tremando flebilmente, mentre una goccia di sudore freddo rotolava impietosa lungo la sua tempia.

 

«Ma certo che puoi rimanere qui, Cecil. Oserei dire che dovresti.» pronunciò con voce melliflua la donna.

Cecil osservò il suo ampio sorriso crescere ancora di più e mettere in mostra ancora più denti.

Poi passò lo sguardo sul ragazzo accanto a lei, e anche lui sorrise allo stesso modo, con un accattivante bagliore negli occhi neri.

 

Li aveva coperti tutti.

Avrebbe dovuto sentirsi più al sicuro ora, ma quella sensazione non voleva andarsene. Era sempre lì… Quell’ombra evanescente dietro la coda del suo occhio.

Si voltò di scatto quando credette di averla dietro di sé, ma, come tutte le altre volte, non c’era niente.

«Chi c’è? Chi o cosa sei? Ti prego, vieni fuori. Mi stai facendo paura! Chiunque tu sia, ti prego adess--»

 

«E’ l’unico prezzo da pagare. Non mi dirai che è troppo per tutto questo…» disse sempre più sorridente la donna – quella che assomigliava tanto a sua madre – alzando leggermente un sopracciglio e facendo un ampio gesto col braccio come ad indicare… beh, tutto.

Il bambino rimirò ancora un po’ le due viti che giacevano appoggiate sul tavolo.

Il ragazzo – quello che assomigliava tanto a suo fratello – ne prese una in mano e gliela porse con un sorriso incoraggiante.

Cecil esitò nel toccarla.

«Beh… immagino di no, però…»

 

Aprì gli occhi e si alzò un po’ a fatica.

Chissà quanto tempo era rimasto lì accovacciato nel bel mezzo del soggiorno, ma a giudicare dalla sua faccia tutta bagnata doveva aver pianto parecchio.

Lo specchio del soggiorno era scoperto.

“Strano”, pensò, “non ricordo di averlo scoperto”. Si avvicinò e lo ricoprì.

Non era sicuro del perché tutti gli specchi in casa sua fossero coperti, ma erano sempre stati così da quando riuscisse a ricordare e aveva l’impressione che non potesse essere altrimenti.

 

«Prima di tutto però ho bisogno del mio registratore! L’ho lasciato dall’altra parte, devo andare a prenderlo.» disse scendendo dalla sedia.

La donna spostò il peso da una gamba all’altra, come a disagio o nervosa.

Un angolo della sua enorme bocca si piegò ancora di più all’insù con fare incerto.

«Non ce n’è bisogno. Qui possiamo trovarti tutti i registratori che vuoi, caro.» provò a persuaderlo.

«Sì ma io voglio il mio. E’ speciale, è un regalo di mia madre. Si offenderebbe se lo perdessi, me l’ha regalato perché è fiera di me. O almeno credo che lo sia…» spiegò Cecil.

La donna non batté ciglio, ma una luce raggelante luccicò nei suoi occhi neri.

«Certamente, capisco. Allora vai, ma mi raccomando, torna presto.» proferì la donna, con un tono fin troppo dolce e condiscendente.

Cecil vide il ragazzo accanto a lui tremare impercettibilmente.        

Entrambi salutarono Cecil con la mano, prima che attraversasse la grande porta di quercia.

 

Un brivido gli attraversò la schiena.

La casa era vuota, come era sempre stata, eppure qualcosa ancora lo disturbava e non lo faceva stare del tutto tranquillo.

Fu quasi sicuro di vedere qualcosa muoversi dietro la coda dell’occhio, ma quando si girò non c’era nulla.

Si disse che doveva essere stata un’impressione e scrollò le spalle.

Afferrò il suo fidato registratore e corse fuori a giocare.

Vide quasi subito un uomo, poco distante da casa sua, con una giacca e una valigetta di pelle di cervo.

Si avvicinò un po’ per vedere meglio, e proprio in quel momento valigetta si aprì e uno sciame gigantesco di piccole nere mosche ronzanti ne fuoriuscì, oscurando momentaneamente il cielo e riempiendo l’aria di quel ronzio assordante.

Quando si riprese dalla sorpresa e si decise ad avvicinarsi, le mosche erano volate via tutte quante e dell’uomo non c’era più traccia, però Cecil notò qualcosa di curioso a terra: una strana bambola.





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