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Perché
bisogna dare una
giustificazione a tutto? Questo pensava sempre Antonio. Era il suo
motto, la sua frase preferita, il vero motivo che si celava dietro ogni
sua singola azione. Un motivo eccellente, secondo lui.
Perché
bisognava giustificarsi quando si commetteva un azione?
Perché
andare sempre a trovare l'ago nel pagliaio? Perché far
nascere
discussioni inutili e prolisse su un argomento ancora più
inutile ed insignificante? Non aveva mai capito l'assurda tendenza
degli uomini a fare polemica su tutto, a creare dibattitti su tutto, a
contestare tutto.
Lui si rifiutava di aiutare un collega? Bene! In meno di dieci secondi
nasceva un putiferio che degenerava sempre di più.
"Mai una volta che tu ti offra di aiutare il prossimo".
"Potresti cercare di essere più gentile?".
"Ma perché sei sempre così scontroso?".
Ed altre frasi simili che ad Antonio facevano venire solo il mal di
stomaco. Era assurdo, semplicemente assurdo. Sembravano solo dei
bambini viziati. Dei patetici bambini viziati.
Antonio aveva cinquantasette anni e li dimostrava tutti. Nessuno gli
avrebbe dato nè un anno in più nè un
anno in meno.
A qualcuno faceva anche un po' paura, soprattutto per via del suo
sguardo perennemente torvo.
C'era chi lo definiva un eremita, chi un antipatico asociale, chi uno
che ne aveva passate tante nella vita e adesso non si fidava
più
di nessuno. Ma nessuna di queste ipotesi corrispondeva effettivamente
alla realtà.
Antonio era così di natura. Era l'uomo che ti guardava con
disgusto
se gli chiedevi un favore, un prestito o una qualsiasi cosa che potesse
anche solo minimamente intaccare la sua pace personale. Ed era giusto,
giustissimo. Perché qualcuno doveva disturbarlo? Con quale
motivo? Con quale diritto? Lui viveva senza intromettersi nella vita
degli altri, senza parlare praticamente con nessuno perché,
come
dice il vecchio proverbio, non svegliare il can che dorme.
Una volta gli avevano chiesto se era sposato. Gli era venuta la nausea.
Sposato? Lui? Ma per favore signori miei, per favore. Ovvio che no, non
voleva mica rovinarsi la vita con assurde relazioni sentimentali senza
nè capo nè coda. Perché qualcuno
dovrebbe farlo?
Conoscere una persona che ti fa battere il cuore, chiederle timidamente
un appuntamento, frequentarsi, fidanzarsi, sposarsi e passare insieme
tutto il resto di quella miserabile vita. Cose da pazzi! Figurarsi
avere dei bambini, poi.
Bambini... piccoli esserini che servirebbero solo a passare notti
insonni. Certo, poi crescerebbero ed inizierebbero ad andare a scuola,
ma quale sarebbe la loro utilità a quel punto? Servirebbe
forse a qualcosa vederli tornare con il muso lungo ed un brutto voto
sul diario? Ovviamente no. Questa era la prova che avere dei bambini
era una cosa inutile. Che innamorarsi era una cosa inutile. Che
prestare attenzione alle parole di quelle persone che, in un modo
assolutamente stupido, si autoproclamavano tuoi amici era inutile.
Si vive per se stessi, si lavora per se stessi e si guadagna la
felicità per se stessi.
Felicità. Strana parola. Tutti la cercano, tutti la
vogliono, ma nessuno sa esattamente com'è fatta.
E lui? L'aveva mai vista la felicità? L'aveva mai provata
sulla
sua pelle? No, Antonio non la voleva. Non gli serviva, non era utile,
non
era funzionale. Non era niente.
Provava invece un forte senso di pietà per tutte quelle
coppiette di innamorati che vedeva ogni giorno mentre passeggiava.
Erano felici, sognanti, sempre con la testa tra le nuvole. Soprattutto
i giovani. Avevano tutta la vita davanti a loro, un futuro che
avrebbero scritto con le loro stesse mani.
Che mandria di illusi. Antonio aveva resistito più volte
alla
tentazione di andare da un giovane innamorato a porgere le sue
più umili e sentite condoglianze per tutto quello che
dovrà affrontare in futuro con la sua dolce metà.
Aveva sempre avuto il desiderio di aiutare questi poveri innamorati.
Aiutarli, sì. Lui voleva fare qualcosa
per lenire la loro sofferenza, una sofferenza che, badate bene, loro
non provano. Non subito, almeno. In amore è così:
inizialmente non ti accorgi del pericolo ma poi, con il passare del
tempo, esso si prospetta davanti ai tuoi occhi e tu non puoi
più
fare niente per scappare. Antonio, quindi, voleva fare qualcosa. Voleva
salvare una coppietta che ancora credeva nell'amore vero. Per
dimostrare almeno a due persone che quella loro realtà
sdolcinata era solo una grande bolla di sapone pronta a scoppiare in
qualsiasi momento.
Lo voleva fare.
Poteva farlo.
Bisognava solo aspettare l'occasione giusta.
L'avrebbe fatto. Senza pensarci troppo, senza valutare come, dove e
quando. L'avrebbe fatto.
Punto.
***
Giacomo e Sara passeggiavano mano nella mano, lanciandosi di tanto in
tanto timide occhiate da innamorati. Erano la tipica coppia di
fidanzati su cui nessuno poteva dire niente, su cui nessuno poteva
spargere cattive voci. Il loro era un tipo di amore molto raro al
giorno d'oggi: amore vero. Disinteressato. Si amavano per quello che
erano dentro, non per il loro aspetto fisico o per la grandezza dei
rispettivi portafogli. Si erano conosciuti al liceo e da allora non si
erano mai persi di vista, fantasticando entrambi l'uno sull'altra. Ma,
data la loro grandissima timidezza, ci avevano messo non poco ad
esternare i loro sentimenti. Il primo passo l'aveva fatto Giacomo;
logico, no? È sempre l'uomo che deve fare il primo passo.
È una legge della natura e chi era Giacomo per opporsi?
Nessuno, ecco chi. Quindi, con un timido "Mi piaci",
sussurrato in un caldo pomeriggio d'estate, Giacomo aveva finalmente
detto a Sara tutto quello che provava. Non servivano inutili e lunghi
discorsi, bastavano solo due parole. Due semplici parole rivolte a
quegli occhi verdi che Giacomo aveva sempre sognato. Quando Sara
sentì quel "mi piaci" il suo cuore si sciolse: Giacomo si
stava
dichiarando a lei, proprio a lei. Una ragazza normale, normalissima,
anche troppo. Era sempre passata inosservata con quei suoi capelli
castani assolutamente anonimi, niente a che vedere con i colori dei
capelli delle altre ragazze che, ormai, presentavano colori e tinte
assurde. E poi lei non era magra come tutte le altre; certo, non era in
sovrappeso ma non aveva nemmeno un fisico da modella. Una ragazza
assolutamente anonima, esattamente come Giacomo. Anche lui infatti non
si distingueva dalla massa di ragazzi belli ed egocentrici che si
vantavano delle loro molteplici qualità . E dire che aveva
anche paura di essere
rifiutato da Sara; insomma, lui non aveva un fisico palestrato, non era
particolarmente bello o spiritoso. Giacomo era normale.
Sara era
normale.
E fu proprio questa loro normalità ad unirli.
Erano due ragazzi con la testa sulle spalle. Studiavano alla stessa
università ed avevano grandi progetti per il futuro:
laurearsi , viaggiare, mettere su famiglia.
Quest'ultimo aspetto era particolarmente rilevante dato che entrambi
credevano nell'ideale della famiglia unita e con tanti figli. Certo,
era un po' presto per parlarne ma loro pensavano in grande e non
conoscevano ostacoli.
Fino a quel giorno. Quel giorno in cui cambiò tutto.
***
Era il quattordici
Febbraio ed
Antonio era imbottigliato nel traffico. Una buona scusa per inveire
contro i semafori che non facevano mai il loro sacrosanto dovere.
In giro c'era più gente del solito, soprattutto coppiette
che
camminavano mano nella mano. "Come mai?" si chiese Antonio. Poi si
ricordò la data di quel giorno.
Quattordici Febbraio.
La festa degli idioti. Degli stupidi. Dei cretini patentati.
Una rabbia e un disgusto enorme crescevano dentro Antonio alla vista di
quello spettacolo orripilante. Doveva fare qualcosa. Doveva. Era
un'imperativo. Non poteva non aiutare quei poveracci che di
sicuro non sapevano a che cosa stavano
andando incontro. Amore? Ma quale amore! Non esiste più
questa
parola. È stata soppressa, ribaltata, distrutta, privata di
ogni
suo significato. Al giorno d'oggi si ama solo per il sesso, per i soldi
o per tutte e due le cose messe insieme. L'amore vero non esiste. Non
più. E per Antonio tutti i giovani che pretendono di sapere
che
cos'è realmente l'amore... beh, sono solo una massa di
imbecilli.
Finalmente le macchine avevani iniziato a muoversi: forse era la volta
buona. Poteva finalmente di uscire da quell'ingorgo, andare a casa ed
ascoltare un po' di musica classica dimenticandosi di tutto e di tutti.
Fu allora, mentre aspettava che il semaforo passasse da rosso a verde,
che li vide.
Due ragazzi. Si tenevano mano nella mano ed attraversavano la strada
con passo lento. Due innamorati, senza ombra di dubbio.
"Che orrore" pensò Antonio. Quella era la goccia che faceva
traboccare il vaso. Non poteva più chiudere un occhio di
fronte a quell'orribile spettacolo.
Prese una decisione.
Fu rapido, rapidissimo.
Ignorò il semaforo rosso.
Accellerò.
I due ragazzi non fecero nemmeno in tempo ad accorgersi che una vettura
si stava dirigendo a velocità folle contro di loro.
Non sentirono niente.
Buio.
Adesso Antonio era felice.
Aveva salvato due giovani anime da quell'orrendo e terribile sentimento
chiamato amore.
***
"Buongiorno
gentili telespettatori e benvenuti ad una nuova edizione del tg
regionale del Piemonte. Apriamo con una notizia di cronaca: un tragico
incidente ha coinvolto due giovani, Giacomo Bianchi e Sara Esposito. I
due sono stati investiti da un'automobile che, secondo i testimoni, ha
improvvisamente accellerato e li ha travolti. Inutili i tentativi di
portare i ragazzi in ospedale in quanto sono morti sul colpo.
Sucessivamente le forze dell'ordine hanno rintracciato l'uomo che li ha
investiti: si chiama Antonio Ferrari, cinquantasette
anni. Non ha opposto resistenza al momento dell'arresto e, al momento,
si trova sotto accusa per omicidio colposo".
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