Quando anche l'ultimo pezzo d'intonaco cadde, lui era già lontano di Alexiel Mihawk (/viewuser.php?uid=28142)
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Autrice: Alexiel
Mihawk
Titolo:
Quando anche l'ultimo pezzo d'intonaco cadde, lui era già
lontano
Coppia:
accenni Shaina/Seiya
Rating:
Verde/PG
Parole: 4420
Genere:
Introspettivo, nonsense, bromance
Prompt: Saint Seiya,
Ikki, "Gli alberi
fiore mi ricordano posti che non ho mai visto, luoghi che non ho mai
visitato"
Note: Questa storia
è nata dal nulla, avevo davanti a me il prompt e ho
cominciato a scrivere senza sapere bene cosa stessi scrivendo, non
avevo bene delineata in testa una storia e alla fine è
uscito questo. Vorrei fare una precisazione: non c'è niente
di volutamente romantico in questa one shot, se volete interpretare gli
accenni che vedete come romantici siete liberi di farlo, ma sappiate
che non era questa la mia intenzione. Il mio obiettivo era cercare di
analizzare un po' di più il personaggio di Ikki e la sua
relazione con il mondo, in particolare con le donne - vive - di Saint
Seiya. È ambientata più o meno cinque anni dopo
la fine della saga di Ade e Ikki dovrebbe avere all'incirca vent'anni;
non tiene conto degli eventi di Next Dimension, né di Saint
Seiya Omega, assolutamente per me Omega non esiste. Sono stati
mediamente cinque anni di pace e ci troviamo all'inizio degli anni '90.
Ultima cosa, VI PREGO, cerco una beta, rigorosamente per Saint Seiya, come ho accennato in altra sede sono anni che non scrivo più in questo fandom e non mi sento sicura, scrivere queste quattromila parole è stata un'impresa che mi sono quasi forzata a fare per riprendere la mano, ma ho davvero bisogno di qualcuno con cui scambiare idee e che mi dia un giudizio obiettivo (e che corregga, soprattutto). Se avete voglia e tempo per farlo scrivetemi con messaggio privato.
Quando
anche l'ultimo pezzo d'intonaco cadde, lui era già lontano
Non
è che sia un grande amante delle città, Tokyo in
particolare riesce sempre ad
infondergli una spiacevole sensazione di disagio, di angoscia: un
universo in
miniatura in moto perenne, composto da piccoli omuncoli presi dalle
loro
frenetiche attività, impegnati in una vita vuota che scivola
come acqua tra le
loro dita e finisce ancora prima di essere iniziata. Le loro esistenze
girano
attorno a una normalità fatta di banalità e
sciocchezze, non sono sfiorate
dalla guerra o dalla morte, continuano a scorrere ignare dei conflitti
che
hanno avuto luogo dall’altra parte del globo, ignare dei
caduti e dei sacrifici
fatti.
Ikki
odia i grattacieli luccicanti, i raggi del sole che vi si rifrangono
contro e
illuminano i tetti sottostanti, le finestre a specchio che riflettono
un mondo
vuoto e meschino; ogni tanto la domanda che si pone, durante le
giornate di
pioggia e le notti fredde, è fastidiosa e irritante come un
tarlo che scava su
una superficie già piena di fori.
Meritano
davvero il
nostro sacrificio? Meritano davvero, queste persone, di essere salvate?
Come se
il creato avesse bisogno degli esseri umani; le loro vite si
esauriscono in brevi attimi mentre la terra continua a girare, mentre
il mondo
va avanti. Il mondo è sempre andato avanti, e loro sono
rimasti indietro.
Impelagati in futili lotte per la difesa e la salvezza di
un’umanità a cui non
importa niente.
Questi
sono i pensieri che lo assalgono ogni volta che si ritrova a camminare
per le
strade della città, la gente lo vede e gli gira attorno, lo
scansano, lo evitano,
come fosse un lebbroso; qualcuno lo indica, altri cambiano marciapiede
intimoriti dal suo sguardo cupo e dalla sua cicatrice vistosa. Non gli
è mai
importato, ma ha contribuito ad alimentare i suoi sentimenti di
sfiducia nel
mondo.
Saori
e Shun se ne sono accorti ed entrambi gli hanno proposto,
più volte, di venire
ad abitare a villa Kido con loro, con tutti gli altri; ha sempre
sorriso e
rifiutato con gentilezza, sa che lo fanno per lui, che si preoccupano e
basta,
ma Ikki non è persona da riuscire a vivere nella sua stanza,
condividendo una
casa con altri. Conosce fin troppo bene quel luogo, volente o nolente
è spesso
costretto a camminare per i corridoi illuminati a fianco della dea, per proteggerla si dice; gli sono noti
le urla e i rumori che provengono dal giardino, gli schiamazzi di
Seiya, le
risate di Shun, le prediche monotono di Shiryu, il profumo delicato del
cibo
che si diffonde per tutta la casa all’ora di pranzo. Sono
sensazioni che
scaldano il cuore, perfino un cure gelato come il suo, ma che non fanno
parte
della sua persona.
Il
cavaliere della fenice preferisce la fredda intimità del suo
appartamento di
periferia, i muri giallastri con l’intonaco scrostato che
cade a pezzi, la
cucina a gas che ogni tanto non parte, il letto sfondato con il
materasso
troppo duro: non è nato per le comodità, non
c’è niente in un mondo di
tranquillità e pace che faccia per lui, niente che lo attiri
davvero.
Ogni
tanto si chiede se le cose sarebbero potute andare diversamente, si
chiede che
persona sarebbe diventata se Esmeralda fosse vissuta, se Pandora non
fosse
morta: avrebbe imparato ad amare davvero? Sarebbe stato diverso, forse
più
umano, forse meno burbero, ma non è accaduto nulla di tutto
questo e lui rimane
fermo ad osservare un mondo fatto di muri grigi e grattacieli
pericolanti che
si estende al di fuori della finestra del suo monolocale.
Una
visione completamente diversa da quella che vede suo fratello dalla sua
stanza,
che si affaccia sul cortile di villa Kido. Shun vede ciliegi in fiore,
campi di
erba verde e alberi rigogliosi, Ikki vede edifici e asfalto, che
divorano la
terra a vista d’occhio, perdendosi nella notte scura. Alla
fine non gli
dispiace, alla fine va bene così; è giusto che
quello che vede rifletta quello
che c’è nel suo animo, una tempesta di fuoco e
fiamme, un tormento nero senza
fine che non trova pace. Gli alberi in fiore non gli appartengono, non
fanno
per lui, gli ricordano tutto ciò che non è e che
forse avrebbe potuto diventare
se la vita con lui fosse stata più gentile.
L’ha
confidato solo una volta, a Milady, dopo ch’ella gli aveva
proposto, di nuovo,
di trasferirsi lì.
«
Gli alberi in fiore mi ricordano posti che non ho mai visto, luoghi che
non ho
mai visitato » le aveva detto senza mai staccare gli occhi da
quella della
ragazza « Un’infanzia che non ho avuto. Sono un
ricordo che non posseggo del
ragazzo normale che sarei potuto essere e che non sarò mai
».
Saori
non glielo aveva più domandato, lui sapeva che aveva capito,
aveva capito
perché nel profondo lei non era diversa dai suoi cavalieri.
Le loro vite erano
state guidate, decise in anticipo, il libero arbitrio – se
per loro era mai
esistito – si limitava alla scelta di come muoversi su un
percorso già
stabilito; potevano scegliere chi amare, come combattere, quando
presentarsi
sulla scena, potevano addirittura scegliere come morire, ma non
potevano
cambiare la loro essenza, non potevano essere qualcun altro, qualcuno
di
diverso dal ruolo che il destino aveva predisposto per loro. Shun
sarebbe
inorridito alla sola idea, Hyoga e Seiya non lo avrebbero mai accettato
accusandolo di avere una visione pessimistica di ogni cosa, Shiryu
avrebbe
probabilmente risposto che non è così che agisce
il fato e gli avrebbe rifilato
qualche massima zen con draghi, cascate e flussi celesti; Saori era
l’unica che
non lo avrebbe guadato come se fosse pazzo, consapevole di quanto le
loro vite
fossero state sconvolte dalla sua presenza.
Così
la vita di Ikki va avanti, ogni giorno un po’ simile
all’altro, ogni tanto una
guerra celeste, ogni tanto una notte più accesa, ma continua
a vivere e si
trascina avanti perché sa di doverlo a tutti quelli che, al
contrario suo, non
ce l’hanno fatta.
Quando
arriva a casa quella sera trova qualcuno ad aspettarlo, seduto di
fronte alla
porta del suo appartamento: capelli verdi e mossi, fisico minuto, per
un attimo
la scambia per Shun poi la ragazza alza il capo e gli lancia
un’occhiata di
fuoco.
«
Era ora, sai quanto tempo è che ti aspetto? » la
voce di Shaina è tagliente,
priva di qualsiasi forma di calore, priva di qualsiasi nota di affetto.
Lui
preferisce che sia così, d’altro canto non sono
mai stati esattamente amici,
loro.
«
Avresti potuto telefonare » risponde scostandola malamente e
inserendo la
chiave nella serratura con una mano mentre con l’altra cerca
di non far cadere
la busta della spesa. Lei non cerca di aiutarlo, rimane ad osservarlo
nascosta
dietro la sua maschera – come se non sapesse come
è fatto il suo viso.
La
porta si apre con un cigolio e con una spallata viene mandata a
sbattere con il
muro dal quale si stacca un pezzo d’intonaco.
«
Per la dea, tu vivi qui? » gli domanda la ragazza schifata
lanciando
un’occhiata di sbieco ai miseri diciotto metri quadrati di
appartamento « E
comunque è staccato ».
«
Cosa? » il cavaliere non sporge nemmeno la testa dal
frigorifero, non ha
intenzione di interrompere la sua routine quotidiana per lei ed
è già
infastidito dal tono che ha usato quando ha visto il suo monolocale, in
cui
nessuno l’ha invitata ad entrare, per altro.
«
Il tuo telefono. È staccato. Ho provato a chiamarti, tre
volte. E ci ha provato
anche Milady ».
Lui
ride perché sa che il numero che ha dato per le emergenze
è in realtà quello
del fisso del bar all’angolo, poi le fa cenno di sedersi su
uno degli sgabelli
di legno che circondano l’angolo cottura in stile americano;
nonostante i muri
scrostati, la vista grigia e l’aspetto misero
l’appartamento è pulito e Shaina
accetta volentieri, sicuramente sarà più comodo
che a stare accucciata per
terra per ore.
«
Saori non chiama mai, lei ordina » Ikki tira fuori due birre
gelate dal
frigorifero e ne offre una alla compagna « Si può
sapere cosa ci fai qui?
Perché ti ha mandato lei, lo so; tu probabilmente avevi
altri programmi per la
serata. Seiya sa che sei qui? »
La
sacerdotessa si porta lentamente una mano al volto, si toglie la
maschera e la infila
in una tasca del cappotto scuro, quindi si toglie anche quello e lo
appoggia
con delicatezza sul tavolo, poi con un movimento secco delle dita fa
saltare il
tappo della bottiglia.
«
Saori è preoccupata per te, Ikki » i suoi occhi
incrociano quelli del cavaliere
e per qualche secondo cade il silenzio « A dire la
verità lei è sempre
preoccupata per tutti, ma ultimamente tu sei la causa di quasi tutti i
suoi
silenzi. Credo dipenda da qualche cosa che le hai detto. Fatto sta che
siccome
sono due mesi che nessuno ha tue notizie – e tuo fratello
avresti anche potuto
chiamarlo, stronzo – mi ha mandato a cercarti ».
«
Meraviglioso. Mi hai trovato. Sto bene. Quando hai finito la birra puoi
anche
andare » borbotta il ragazzo seccato per
quell’intromissione non voluta;
avrebbe accettato di sentirsi dire che doveva andare in missione, ma
non gli
erano mai piaciute le invasioni dei suoi spazi personali e questa ai
suoi occhi
era un’invasione bella e buona. Era un solitario e sebbene in
passato avesse
collaborato con il gruppo era stato solo per cause di forza maggiore; i
suoi
amici lo sapevano, Atena lo sapeva e col tempo anche Shun lo aveva
accettato.
Quello che invece non accettavano era che Ikki non volesse trascorrere
del
tempo con loro, mai. E non è che quel mai ai suoi occhi
fosse categorico, ma
racchiudeva al suo interno un periodo di tempo indiscutibilmente lungo,
perché
per il cavaliere della fenice non era strettamente necessario vedere
gente per
stare bene con sé stesso.
«
Se pensi di cacciarmi di casa dopo che ho aspettato per ore al freddo e
ti ho
cercato per tutta la città te lo scordi, io resto a cena
» la ragazza salta
agilmente giù dallo sgabello e si avvicina al frigorifero,
lo apre senza tanti
complimenti e inizia a commentare ad alta voce il suo contenuto,
«
Tu cosa? Non se ne parla, chiama il tuo fidanzato e fatti venire a
riprendere ».
«
Oddio, ma quanta birra c’è qui dentro, come cavolo
fai a rimanere così magro
bevendo tutto quest’alcool? »
«
Ho capito, lo chiamo io Seiya per dirgli di venire qui »
ovviamente non può
farlo, perché in casa non c’è un
telefono; Ikki inizia a tamburellare
ritmicamente le dita sul piano da lavoro della cucina, innervosito da
tutta
quella confidenza improvvisa, così femminile,
così italiana.
«
Cavoli, hai davvero dei cavoli qui dentro? Oh e questo cosa
diamine… oddio ma
questa roba è marcia ».
«
Shaina chiudi quel frigo e vattene » sbotta esasperato.
E
lei lo chiude davvero. Chiude il battente bianco, si gira verso di lui,
gli
lancia un’occhiata di commiserazione, poi prende la sua
giacca, lo afferra per una
manica e lo trascina fuori dall’appartamento, dandogli a
malapena il tempo di prendere
le chiavi.
«
Che pena » dice la
ragazza in una
lingua che di sicuro non è greco e che Ikki non capisce, ne
intuisce però il
tono a metà tra il seccato e il compassionevole e
istintivamente si trova a
roteare gli occhi verso l’alto. Dentro di sé si
domanda come faccia una ragazza
simile ad avere una relazione con un bonaccione imbranato come Seiya,
anche se
forse è proprio in virtù di quel suo carattere
così irritante che il cavaliere
di Pegaso riesce a sopportarla. Se non fosse la ragazza del suo
più o meno
fratello nonché amico l’avrebbe già
strozzata.
«
Dove stiamo andando? » domanda seguendola senza fare troppe
storie.
«
A cena, per dio, a cena. Ho visto
un
banco di ramen dietro l’angolo mentre stavo arrivando
» risponde « E prega che
sia aperto, sto morendo di fame ».
Il
chiosco è, fortunatamente, aperto e Ikki si prepara a
malincuore a mangiare
all’aperto.
«
Avrei potuto cucinare a casa » mugugna, pensando ai soldi che
dovrà spendere
per quella cena, non che sia un tirchio, ci mancherebbe, ma si trova
quasi alla
fine del mese e lo stipendio deve ancora arrivare. Ogni tanto si chiede
come
mai Saori continui a versarglielo anche quando non si fa vedere per dei
mesi,
ma preferisce non pensarci, alla fine è tutto grasso che
cola.
«
Fammi il piacere, cosa avevi intenzione di cucinare? Una birra al
forno?
Stufato di birra? Arrosto di birra senza arrosto? »
«
Avevo dei piatti pronti nel freezer » risponde piano,
masticando tra i denti
una rispostaccia.
Shaina
si gira lentamente verso di lui e gli lancia uno sguardo di fuoco, gli
punta
minacciosamente contro le bacchette e si lancia in una filippica che
lui sapeva
sarebbe arrivata, se lo sentiva.
«
Vedi?! » e ovviamente lui non vede niente, non capisce
nemmeno a cosa si
riferisca « è esattamente per questo che si
preoccupano tutti. Ti sembra sano?
Mangiare ogni tanto, quando ti ricordi; vivere in un appartamento
probabilmente
infestato dagli scarafaggi e dal cui soffitto cola acqua –
credevi che non
l’avessi notata quella macchia, vero? –
girare per la città senza una meta, facendo a
pugni di tanto in tanto »
«
Te l’ha detto Seiya? »
«
Cosa? No! Certo che no, perché Seiya lo sa? L’ho
notato dalle mani, idiota, le
escoriazioni sulle nocche. E comunque Shun è preoccupato per
te, dice che
diventi malinconico se stai troppo tempo per i fatti tuoi, che ti
deprimi e che
finisci col pensare a non so quali fantasmi del passato. E no, non
voglio
sapere se ha ragione, non siamo qui per giocare allo psicologo
».
Ikki
sbuffa, non aveva minimamente intenzione di confidarsi con lei, per chi
l’ha
preso? Uno tutto emozioni e condivisione delle esperienze?
«
Arriva al punto, Shaina ».
«
Va bene, va bene. Era preoccupato e
ne ha parlato con Saori che gli ha detto che è solo una fase
e per qualche
motivo a noi ignoto continua a insistere sul fatto che tu stia meglio
per i
fatti tuoi piuttosto che alla villa, tuttavia per non indisporre
ulteriormente
Shun gli ha promesso che avrebbe cercato di scoprire dove fossi. Due
mesi senza
farti sentire sono troppi anche per te ».
Finisce
di parlare con calma e
ricomincia a mangiare, solo in quel momento Ikki si accorge che non ha
rimesso
la maschera.
«
Vai spesso in giro senza? » domanda
per cambiare argomento, mentre col capo fa un cenno verso la tasca del
cappotto.
«
Hai mai provato a girare per strada
con una maschera sulla faccia? Sai quante volte sono stata fermata
dalla
polizia? E comunque Atena mi ha dato il suo benestare, in
realtà ha ammesso che
è una tradizione arcaica e maschilista, ma siamo comunque
tutte più a nostro
agio con la maschera indosso »
Annuisce
piano, in realtà non gli
interessa, ma gli è stato insegnato che mantenere viva la
conversazione è una
forma di educazione negli ambienti sociali; inutile dire che non ha mai
davvero
fatto nessuna pratica di queste cose visto che le sue interazioni
sociali sono
limitate ai suoi fratelli, ad Atena e a qualche altro abitante del
grande
tempio.
Tuttavia
a Shaina non importa, lei è
per natura una persona discreta, non le interessano i problemi degli
altri e
non le interessa andare a lamentarsi dei suoi; ha pochi amici, in
realtà Ikki
si chiede se abbia altre amiche oltre a Marin, sempre che la rossa
sacerdotessa
possa essere definita tale. Le uniche persone di cui le importa davvero
sono
Atena, la dea a cui ha giurato fedeltà, e Seiya,
l’uomo che le ha rubato il
cuore. Però la ragazza, al contrario di Ikki, ha la
capacità di adattarsi, di
riuscire a cavarsela in ogni situazione e, se necessario, di modulare
il
carattere per adeguarlo a quello delle persone che ha vicino. Secondo
il
cavaliere di Pegaso Shaina è solare, è vivace,
pungente ed espansiva, l’ha
spesso definita italica: dice che ama con la stessa forza con cui odia,
con
tutta se stessa. Non è in grado di esprimere i sentimenti a
metà. Quella che
vede il mondo è la Sacerdotessa che ha imparato ad essere,
quella che gli
descrive Seiya la donna che in realtà è.
Si
riscuote dai suoi pensieri quando
sente una mano picchiettargli su una spalla e la voce mono tono di
Shaina
nell’orecchio.
«
Paga, dobbiamo muoverci o arriveremo
in ritardo ».
Andare
dove? Vorrebbe girarsi e
chiederglielo ma l’occhiata minacciosa del proprietario del
chiosco ferma
qualsiasi protesta sul nascere. Possono anche ammazzarsi a vicenda, per
quanto
lo riguarda, ma che prima paghino la cena.
La
ragazza lo conduce fino a un
parcheggio sotterraneo, dove li attende una piccola cinquecento rossa,
Ikki non
è nemmeno sicuro di starci, ma si adegua e sale sul sedile
del passeggero
sperando che le voci che ha sentito sulla guida di Shaina siano tutte
false.
Lei
però non entra, si morde un labbro
e apre appena la portiera continuando a guardarlo da fuori.
«
Senti, mi dici una cosa? » non
aspetta la sua risposta, perché in fondo quella non
è davvero una domanda «
Seiya viene spesso da te? »
Il
cavaliere della fenice fa una smorfia che
potrebbe volere dire qualsiasi cosa. In effetti è capitato
che l’amico si
presentasse a casa sua un paio di volte, tra tutti i membri del gruppo
è
l’unico che sappia dove abiti. Non che Ikki
gliel’abbia rivelato spontaneamente,
semplicemente è capitato; è capitato che una sera
lo avesse incontrato ubriaco
marcio dopo una litigata con Shaina, una lite che a giudicare dai
graffi aveva
lasciato il segno. Spinto da nemmeno lui sapeva quale spirito
compassionevole
lo aveva portato a casa e lo aveva lasciato a sbollire nella vasca.
Così Seiya
aveva scoperto dove abitava e ogni volta che si ritrovava senza un
luogo dove
andare finiva a casa sua. Era quasi ridicolo pensare che fosse
l’unico a
conoscere quel posto. Non vi aveva mai portato nessuno, nemmeno le
ragazze con
cui ogni tanto passava qualche serata, preferiva che il suo rifugio
rimanesse
tale: un rifugio. Per quello si era sentito così offeso
quando Shaina aveva
oltrepassato la porta e quando aveva iniziato a criticarne
l’aspetto senza
lesinare rimproveri.
Alza le
spalle: « Qualche volta, per sbaglio.
Probabilmente se gli avessi detto chi stavi cercando non avresti perso
tempo e
mi avresti trovato subito ».
Dalla
smorfia di irritazione che si dipinge sul
viso della ragazza capisce che forse avrebbe fatto meglio a starsene
zitto; si
siede al posto del guidatore e sbatte rumorosamente la portiera.
«
Andiamo, Saori aspetta » fa per avviare il
motore, poi sembra ripensarci « Ikki, se dovesse
tornare… non ti azzardare a
coinvolgerlo in risse da bar, sono stata chiara? » lo vede
annuire, quindi
mette in moto « Ora possiamo stare zitti finché
arriviamo ».
Mancano
pochi minuti a mezzanotte quando Shaina lo
lascia dentro il giardino della villa, davanti all’ingresso
sul retro. Ikki la
guarda andare via, ringraziando di essere uscito vivo dalla macchina.
Si
immagina che probabilmente stia tornando a casa, da Seiya, forse quando
lo
vedrà gli tirerà un pugno per avere tenuto
nascosto a tutti il fatto che sapeva
perfettamente dove si trovasse il cavaliere dato per disperso, poi lui
si
scuserà e le darà il bentornato con un bacio.
Perché è questo, immagina il
ragazzo, che fanno le coppie normali: condividono cose, imparano ad
apprezzare
le piccole azioni e a conoscersi tramite gesti che diventano come
rituali
quotidiani. Non riesce a capire bene il concetto, anche se si sforza di
farlo,
quindi lascia andare il pensiero e sposta lo sguardo verso la villa.
Solo poche
finestre ai piani superiori sono ancora illuminate, lo studio di Saori
è una di
queste.
Entra e
attraversa i corridoi bui, cammina
silenziosamente per non svegliare nessuno, sa che i suoi amici vivono
lì e
vuole evitare, a tutti i costi, di incontrarli; non è
difficile, conosce quelle
stanze a memoria ed è in grado di spostarsi senza urtare
contro mobili o
spigoli. Si ferma per qualche istante quando passa davanti a quella che
sa
essere la porta della stanza di suo fratello e da dentro sente arrivare
un coro
di voci allegre, qualcuno sta ridendo. Non capisce se Shun stia
guardando la televisione
o se ci sia qualcuno con lui, in fondo non importa. Continua a
camminare.
Lo
studio di Saori si trova al secondo piano, alla
fine di un lungo corridoio; da sotto la porta emerge un bagliore tenue
e, una
volta avvicinatosi, il ragazzo riesce a sentire il rumore ritmico della
penna
che scorre sui fogli di carta e quello delle pagine che vengono girate.
Bussa
piano, finché una voce gentile dall’interno
non lo invita ad entrare e lui, come è solito fare davanti
ad ogni ordine
impartitogli da quella ragazza, esegue.
Saori
Kido è seduta dietro una larga scrivania di
mogano scuro, indossa abiti che difficilmente Ikki potrebbe definire
adatti a
una dea: una felpa troppo larga per la sua taglia, dei jeans sbiaditi e
i
capelli raccolti sul capo da una fascia a fiori. È lontana
anni luce dalla
divinità avvolta in candidi abiti principeschi che ricorda
il cavaliere, ed è
lontana anni luce anche dalla giovane direttrice delle industrie Kido
fasciata
in completi scuri che ha visto più di recente. È
più umana e per qualche
secondo questo gli fa abbassare la guardia, ma si tratta solo di pochi
istanti,
quando lei lo invita ad avvicinarsi e a prendere posto lui ha
già rialzato ogni
difesa.
«
Ti aspettavo » gli dice con voce gentile, il
cavaliere rimane a fissarla « Siediti, vuoi? »
E di
nuovo il suo tono nasconde un ordine e lui lo
sa, sa riconoscere le richieste dalle domande, sa quando le importa
davvero e
quando è solo una facciata; non è più
un ragazzino di 15 anni arrabbiato col
mondo, oramai è quasi un uomo, ha imparato a leggere le
persone e ha imparato a
rivolgere la sua rabbia solo verso coloro che la meritano.
Si
siede, ma non dice niente, non saprebbe nemmeno
cosa dire. A dire la verità non sa nemmeno perché
è lì, davvero.
«
Ho bisogno di te » la voce di Saori è
così
suadente che Ikki quasi ci crede anche se sa bene che non è
vero, lei non ha
bisogno di nessuno, Atena non dipende dagli altri se mai sono gli altri
a
dipendere da lei « Vorrei che tu andassi al santuario, Ikki,
è tempo di
prendere le redini, non credi? Sono passati cinque anni oramai e credo
sia
venuto il momento di iniziare a rimettere insieme i pezzi ».
La
smorfia sul suo viso deve essere più che
eloquente perché le strappa una risata e Ikki dentro di
sé pensa che è bello
che almeno uno dei due trovi la situazione divertente,
perché tutto quello che
vorrebbe lui in quel momento è dare le dimissioni.
Ovviamente non può, come si
può dare le dimissioni da cavaliere di Atena? Tutto quello
che gli riesce di
dire alla fine – e ringrazia che lei lo abbia obbligato a
sedersi – è: « Perché
io? »
Saori
è tornata a scrivere e qualche ciocca di
capelli ribelle le cade davanti al viso, sarebbe anche bella se non
fosse così
algida, così distante da tutto ciò che la
circonda.
«
Immagino che risponderti Perché
l’ho deciso io non sia abbastanza »
inizia senza nemmeno
alzare gli occhi dal foglio « Ho scelto te, Ikki, per due
motivi. Il primo, e
anche il più evidente, è che tu sei il
più maturo tra tutti i cavalieri ».
Quelli ancora
vivi, pensa il
giovane, senza però osare interromperla.
«
Sei assennato, hai giudizio, e hai imparato col
tempo ha controllare i tuoi impulsi. La tua forza non trova posto solo
nel tuo
pugno, ma anche nel tuo animo e, a differenza di Seiya, tu non hai
legami che
ti trattengono e sei capace di vedere ogni situazione con chiarezza
anche
quando vi sei coinvolto ».
«
La seconda ragione? » domanda allora, sperando
che si tratti di qualcosa alla quale può opporsi e ribattere
con forza,
qualsiasi cosa pur di rifiutare quel compito, quella
responsabilità. Saori
ferma la mano e alza lo sguardo fino a inchiodare i suoi occhi in
quelli
celesti del cavaliere e lui capisce di essere perduto: « La
seconda ragione è
legata a qualcosa che mi dicesti tu tempo fa, ricordi? » e
sì, Ikki ricorda fin
troppo bene e in questo momento vorrebbe dimenticare « So
cosa provi, davvero
lo so, ma so anche che non puoi continuare ad andare avanti
così, quindi ti
mando via. Ti mando via a ricostruire il nostro mondo da capo e lo
faccio
perché mi fido di te, non perché voglia
scacciarti. La Grecia è molto diversa
dal Giappone, non ci sono petali rosa di ciliegi in fiore, ne grandi
edifici
dalle vetrate enormi; la terra è brulla e calda, la
vegetazione è bassa e spesso
secca. La risacca del mare e l’odore del sale salgono dalla
scogliera e le
uniche persone che possono arrivare ad importunarti sono ben
consapevoli di chi
tu sia. » si interrompe per un momento « Credo sia
il posto migliore, Ikki ».
Il
cavaliere della fenice reprime una bestemmia,
non riesce a darle completamente torto e sa bene che quella
è un impresa nella
quale prima o poi dovranno cimentarsi, sperava solo che non sarebbe mai
dovuto
toccare a lui, lui per queste cose non è portato; maledice
mentalmente Shaina e
tutte le sue manfrine sul fatto che sentissero tutti la sua mancanza,
sì, come
no, si è fatto infinocchiare come un pivello. Ora si trova
davanti a una
montagna di responsabilità, responsabilità che
non può rifiutare e che lo
rendono automaticamente una di quelle persone che entrano in un mondo
dal quale
non c’è ritorno: quello degli adulti, quello delle
bevute controllate, quello
in cui le risse all’angolo della strada sono un ricordo e in
cui non è concesso
darsi alla macchia. Non è sicuro di volerci entrare in quel
mondo.
«
Migliore per cosa? » riesce a domandare alla fine
stringendo la mano a pugno sul tavolo.
Saori
gli sorride e con fare materno gli prende la
mano e scioglie il pugno.
«
Ma per andare avanti, mi sembra ovvio ».
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