SWING and FIRE
Su e giù.
Su e giù.
Come un’altalena.
A volte poteva farti toccare il cielo con il palmo
della
mano, afferrare le nuvole e intrappolarle in un pugno.
Altre,invece, ti sentivi quasi suo schiavo,
ingabbiato sul
terreno, i piedi ben impressi là, tra il terriccio del bosco di
Crepuscoli.
Roxas oscillava sull’altalena, avanti e indietro,
con quei
movimenti monotoni, sempre uguali, che non cambiavano mai, e mai
sarebbero
cambiati, a meno che nono volesse cadere da lassù.
Aveva scoperto quel gioco nascosto dietro ad un
gruppo di
faggi già da qualche mese, e ormai il bisogno di di rifugiarsi lì si
era
trasformato in un’attività quotidiana, un appuntamento con il sé stesso
che,
quando si trovava tra gli altri membri o coi nemici, spariva, per poi
ricomparire lì, su quell’altalena.
Restava per ore nascosto in quel suo piccolo
mondo, quel
luogo segreto a cui ormai non poteva più rinunciare.
Stringeva le corde che legavano la tavola di legno
al ramo
più basso di quell’ippocastano, serrando le dita attorno alle funi
intrecciate
con forza, per aggrapparsi, affidarsi interamente all’albero.
Attraverso le fronde dei faggi lì atttorno
riusciva sempre
ad intravedere il tramonto, i fasci di luce color arancio che, in
contrasto con
lo strano azzurro-rosato del cielo, gli illuminava il viso.
Gli piaceva il tramonto.
Lo trovava più bello dell’alba, più…reale.
Alla mattina, tutti progettavano la giornata
appena
iniziata, un velo di eccitazione negli occhi; ma la maggior parte delle
attività che avevano organizzato, rimanevano poi solo idee infondate.
Al crepuscolo, invece, ci si poteva soffermare
sulle
esperienze che ognuno di loro aveva vissuto, rimanendo comunque
soddisfatti,
pensando che, in fondo, la giornata non era andata tanto male.
L’altalena si alzò di qualche centimetro, sotto la
spinta
delle sue gambe, e Roxas riuscì quasi a
superare le chiome dei faggi poco lontani.
Quando toccò il terreno, ne approfittò per
fermarsi e
ascoltare il silenzio che lo circondava, trascinato dal vento tiepido
delle
sere estive.
Osservò il colore del sole che, lento, si perdeva
tra le
colline, e gli ricordò terribilmente Axel.
Quel matto, qualche anno prima, aveva quasi dato
fuoco al
bosco dove ora era rintanato.
Solo a ripensarci gli
vennero i brividi lungo la schiena.
Come faceva a piacergli un tipo del genere?!
Bisognava proprio non starci col cervello.
Forse stava diventando pazzo e non se ne rendeva
conto.
Sospirò, mentre l’immagine di Axel prendeva
lentamente vita
nella sua testa, e distrattamente riprese a spingersi su e giù.
Mentre saliva verso il cielo, pensò che in fondo
anche il
suo rapporto con Axel poteva essere definito un ‘andare avanti e
indietro’.
Stare su quell’altalena era come stare con Axel.
Talvolta sentivi di volare, di poter raggiungere
le nuvole e
guardare dall’alto il mondo.
Ti sentivi…potente.
Ma poi, quando litigavano, o lui lo prendeva in
giro per la
sua statura, tornavi coi piedi per terra, quasi come a svegliarti da un
sogno
fatto ad occhi aperti, e ti rendevi conto di quanto, in un attimo,
tutto,
intorno a te, potesse cambiare.
Ma forse era anche questo, che gli piaceva di lui.
Sapere che, in qualche modo, con Axel, tutto era
normale,
monotono, ma allo stesso tempo incredibilmente dolce e straordinario,
magico.
Era una sensazione simile a quella che provava
quando, a
volte, mentre sognava, si rendeva conto che quella non era la realtà.
Capiva che era inutile illudersi, ma, al tempo
stesso, gli
piaceva quel…rimanere sospeso tra due mondi diversi.
Era un sentimento strano, in effetti, e anche un
po’…’contraddittorio’, se ne rendeva conto.
Ma ormai era abituato a quello stato perenne di
confusione
in cui erano collocati i suoi pensieri.
Lo rendevano distante dal mondo ma,
contemporaneamente,
sentiva di essere presente, capiva che, se lui era lì, c’era un motivo
ben
preciso.
“Non ti sembra di essere un po’ troppo grande per
un gioco
del genere?”
Roxas sapeva a chi apparteneva quella voce, ma si
voltò lo
stesso, quasi perdendo l’equilibrio.
Axel, il volto rischiarato dalla luce del sole,
ormai quasi
invisibile, sorrideva tranquillo.
Roxas fermò l’altalena, un po’ stanco, e lo
osservò mentre
si sedeva tra i fili d’erba, accanto a lui.
“Anche io sono felice di rivederti” disse ironico,
restando
sull’altalena, ormai ferma.
Axel si mise a ridere, poi si girò verso di lui.
“Ti sono mancato, eh?”
“Non immagini quanto” fece il più piccolo,
sarcastico, ma
Axel aveva fatto centro.
Cetro che gli era mancato!
Erano due settimane che non si vedevano!
Accidenti a Xemnas e alle sue stupide missioni!
Si voltò verso il tramonto, fingendo indifferenza,
ma sapeva
benissimo che Axel non gli aveva creduto.
Era incredibile, per alcune cose sembrava il
fratello
gemello di Demyx, ma in certe occasioni mostrava lo stesso cervellone
di
Zexion.
Faceva paura, sul serio, con quella sua finta
stupidità.
“…a che pensi?” domandò Axel, sperando di aver
indovinato la
risposta.
Roxas arrossì, sentendosi colto in fallo, ma
rispose con un
incerto “Sono affari miei.”
Axel sghignazzò un poco.
Si chiedeva perché Roxas non si fosse sopreso,
perché non
gli avesse domandato “come hai fatto a trovarmi?” o cose simili, ma
forse
sapeva la risposta.
Roxas lo conosceva, e fin troppo bene.
Non che la cosa gli andasse poi molto a genio.
Ma non poteva farci niente, se quel ragazzino
riusciva a
leggere nel suo cervello come non era mai riuscito nessuno.
In fondo, non era male avere accanto qualcuno che
riusciva a
capirlo.
Senza dire niente, semplicemente perché non ce
n’era
bisogno, si alzò e si mise davanti a Roxas, coprendo la luce del
tramonto che stava
guardando.
Si chinò e, con le mani sulle funi dell’altalena,
lo baciò
lentamente.
Roxas non si oppose, si limitò a rispondere,
cauto,le mani
attorno alle corde intrecciate, poco più sotto di quelle di Axel.
L’altalena oscillò un poco quando Axel si rialzò,
poi il
ragazzo si abbandonò contro il tronco dell’albero.
Roxas, immobile, chiuse gli occhi per concentrarsi
sul vento
che, irrequieto, gli si intrufolava tra i capelli, scompigliandoli.
“…mi piace questo posto.” Disse, guardando
l’orizzonte.
Roxas sorrise.
Anche se l’altalena era ferma, aveva la sensazione
di aver
appena spiccato il volo.
Perché con Axel era così.
Era un viaggio infinito tra l’alto e il basso, tra
sogno e
realtà, tra erba e nuvole.
“Già” bisbigliò, lo sguardo fisso in avanti
“…piace anche a
me.”
Note dell’autice:
Questa one-shot l’ho scritta per un concorso su un
forum, e
visto che mi era venuta bene ho pensato che, diamine, potevo anche
postarla qui
XD voglio dire, al massimo se non vi piaceva, vomitavate punto. Una mia
amica l’ha
definita come la più bella che ho scritto, anche se io non la penso
così…però
ci sono affezzionata, perché mi ci sono impegnata davvero tantissimo!
Ho
faticato un sacco, dico sul serio! Quindi…beh, spero vi sia piaciuta
almeno un po’
^^. Se volete, lasciatemi un commentino.
Grazie per aver letto ^^
*MagikaMemy*
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