Fandom:
Kyo
Kara Maoh
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Yuuram,
Un Po' Tutti
Tipologia:
OneShot
Genere:
Fluff, Romantico
Avvertimenti:
Yaoi,
Shonen-Ai
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono.
I'LL
GIVE YOU A FLOWER
Il
ritorno delle truppe dal fronte venne accolto con grande entusiasmo
dalla popolazione, che salutò urlando i soldati che
rientravano a
casa dopo le lunghe settimane di battaglie.
Alcuni
erano feriti, e si sorreggevano ai compagni per non cadere, altri
erano distesi in lettighe approntate per l'occasione ma,
miracolosamente, nessuno di loro aveva perso la vita.
In
testa a tutti e in sella al suo fido cavallo, il Maoh salutava il
popolo agitando freneticamente la mano libera tra le lacrime di
gioia.
“Maestà!
Che le è successo al braccio?!” gridò
qualcuno dal basso, notando
il grosso bendaggio che cingeva la sinistra del sovrano dal polso
fino alla spalla e la immobilizzava: “E' stato
ferito?!” strillò
una voce di donna, “Se vuole, ho un unguento, glielo dono
volentieri!”.
Yuuri
Shibuya però scosse la testa e donò un sorriso a
tutti i presenti
che si accalcavano per le strade sotto l'occhio orgoglioso dei suoi
uomini: avevano visto il valore di quel ragazzino diventato uomo al
loro fianco, l'avevano visto gettarsi in mezzo al campo di battaglia
per proteggere alcuni fanti rimasti bloccati e circondati dai nemici
e l'avevano coperto quando, nel tentativo di rientrare dietro le
linee di Shin Makoku, si era caricato in spalla il ferito
più grave
e aveva spronato gli altri a correre senza guardarsi indietro.
Non
si era fermato neppure quando una freccia lo aveva trapassato da
parte a parte nell'avambraccio e poi ancora un'altra nella spalla,
una nel polso...
Quando
infine erano riusciti a lasciarsi alle spalle i fuochi dei roghi e la
pioggia di frecce e avevano messo al sicuro i feriti, Yuuri era corso
nuovamente a recuperare altri soldati dei suoi: e via così,
li aveva
tutti messi al coperto e poi era rimasto dritto, in piedi in mezzo al
campo di battaglia, di fronte alle barricate tirate su dai Mazoku.
Con
Morgif in pugno, l'avevano visto lanciare un urlo possente prima di
lasciar fluire il proprio Maryoku, combattere contro gli avversari e
poi crollare in ginocchio dopo aver dato fondo a tutte le proprie
forze.
Ma
da solo... Da solo Yuuri aveva salvato la situazione e il suo popolo,
per questo, gli doveva essere grato.
I
soldati, per primi, avevano fatto quadrato attorno al loro sovrano e
lo avevano vegliato a turno mentre giaceva incosciente e ferito prima
della loro partenza per la capitale.
Il
bagno di folla durò fino alla base della cittadella
fortificata che
era il castello e Yuuri si sentì il cuore in gola a vedere
la
giovane fanciulla in sella al cavallo fissarlo con sguardo commosso.
“OTOU-SAAAAAAN!”
gridò lei, dando un colpo al ventre dell'animale, che
partì al
piccolo trotto per raggiungere il Maoh: in mezzo alla piana sabbiosa,
padre e figlia si abbracciarono con forza, Greta era cresciuta molto
e ormai arrivava all'altezza di Ao mentre era in sella al suo Kin,
notò Yuuri tra sé e sé.
Quando
si staccarono, la ragazza aveva gli occhi lucidi e Yuuri le
asciugò
le lacrime a mani nude, con delicatezza: “Non piangere
su,” le
disse il padre adottivo con tono affettuoso, prima di voltarsi verso
gli altri, in attesa.
Kin
e Ao si affiancarono e, assieme, condussero i loro padroni in mezzo
al gruppo di cavalieri che non si erano mossi:
“Maestà...”
salutò Conrad con un leggero movimento della testa e un gran
sorriso.
Gwendal
non si mosse ma strinse le redini con maggior forza, segno che a
Yuuri non era affatto sfuggito e che ricambiò con un cenno
del capo:
doveva averlo fatto preoccupare e non poco.
Gunter
aveva cominciato a urlare e a piangere di gioia come al suo solito ma
il sovrano lo ignorò, notando una mancanza importante.
“Dov'è
Wolfram?” chiese.
Conrad
sospirò: “E' al castello, il reggente non ha
voluto uscire ad
accogliere il suo sovrano. Supponiamo sia arrabbiato.” disse
con
tono scherzoso lui, “E non mi stupirei della cosa, dato
l'ultimo
messaggio che ci è arrivato.” aggiunse, ricordando
velatamente la
notizia – pur se scritta di suo pugno dal Maoh –
del ferimento di
quest'ultimo; “Papà sembrava strano in questi
giorni, era
nervoso.” notò Greta
Yuuri
restò in silenzio qualche istante, pensieroso, poi
batté le mani e
si voltò verso i suoi uomini: “Ragazzi, grazie a
tutti. Andate a
riposare, i feriti alloggeranno al castello fino a quando non si
saranno del tutto ripresi, darò ordine di scortarne le
famiglie fino
a qui per poter stare loro vicino.” annunciò,
prima di rivolgere
nuovamente la propria attenzione alla sua famiglia.
“Mi
darete una mano? Ho un'idea per tirarlo fuori da
lì.” sogghignò.
§§§
Wolfram
era seduto alla scrivania che solitamente Yuuri occupava quando era
al castello, fingendo di non udire le urla di giubilo che venivano
dall'esterno e concentrandosi per la centesima volta sulla stessa
riga del documento che avrebbe dovuto firmare già da tre ore.
La
verità era che era preoccupato e spaventato: non aveva preso
bene il
messaggio da parte del marito e poco importava se fossero state le
sue esatte parole a rassicurarlo.
Yuuri
era uno stupido e su questo non ci pioveva.
E
anche se avrebbe voluto scendere con gli altri, magari abbracciarlo,
non lo fece: voleva punirlo per aver fatto l'eroe senza motivo ed
essersi fatto ferire come il Re imbranato che era sempre stato.
Ne
sentiva forte la mancanza ma si trattenne.
Fu
un basso bussare alla porta ad attirare la sua attenzione: convinto
che fosse Conrad, intento a tentare un'altra volta di tirarlo fuori e
convincerlo a scendere, ripose i fogli con uno sbuffo e si
alzò, “Te
l'ho già detto, non voglio venire!”
esclamò, rabbuiandosi.
Ma
la porta si aprì, lentamente, e dallo spiraglio
entrò quella che
sembrava una kumahachi che stringeva tra le zampette un fiore.
E
non un fiore qualunque.
Il
giovane Mazoku lo riconobbe perché era uno dei boccioli di
Utsukushii Wolfram appena fioriti che sua madre aveva piantato
durante l'autunno passato, il giorno seguente alla partenza di Yuuri
per la guerra.
“Posso
entrare?” fece la kumahachi con una vocina familiare:
“Ho un
fiore per te.”.
Il
reggente restò un attimo interdetto, poi scosse la testa e
si portò
una mano alla bocca, chinando il capo per non far vedere le lacrime
che minacciavano di straripare dai suoi occhi.
“Eddai,
Wolf... Fammi entrare...” disse ancora la kumahachi,
agitandosi un
pochettino: “Voglio abbracciarti, non posso?”.
Il
biondo ebbe un sussulto, si era reso conto in quel momento quanto
veramente gli fosse mancato Yuuri; con il cuore in gola, si
spostò
dalla scrivania e si avvicinò alla porta: preso in mano il
fiore,
poi, spalancò definitivamente la porta.
Ritto,
in piedi nel corridoio, con la marionetta di kumahachi a coprirgli la
mano libera, c'era il Maoh che sorrideva come un bambino:
“Sono a
casa, Wolf.”.
Il
biondo a quel punto non resse più: gli si gettò
tra le braccia, lo
strinse forte a sé e cominciò a singhiozzare
contro la sua spalla:
“Stupido...” borbottò, “Ero
preoccupato...”.
“Mi
dispiace...” mormorò il re, accarezzandogli la
schiena: “Ma sto
bene, sono tornato. E ti ho anche portato un fiore, hai
visto?”.
Il
biondo scosse la testa: “Te lo ha dato mia madre,
vero?” chiese,
non aspettandosi una vera e propria risposta, era felice
così,
finalmente.
“Ehm...
I negozi erano chiusi...” finse di giustificarsi il Maoh
prima di
baciarlo teneramente sulle labbra: “Non piangere
più, Wolf, sto
bene, davvero.” aggiunse poi, con tono più serio.
Von
Bielefield sciolse l'abbraccio e lo guardò fisso negli
occhi,
arricciando il naso: “Fila a lavarti, che puzzi di polvere da
sparo.” dichiarò, entrando nell'ufficio,
“E vedi di non farmi
più preoccupare così.”
Con
un sorriso, il Maoh si slacciò il mantello e lo
abbandonò su di una
sedia: “Cheri-sama sta facendo preparare il tea, dopo scendi
a
prenderlo con noi, vero?” disse, prima di sparire verso le
stanze
reali.
Non
ebbe neppure bisogno di sentire la voce di Wolfram accettare
l'invito, sapeva che lo avrebbe rivisto di lì a poco, col
fiore
appuntato al petto e i lunghi capelli biondi legati, finalmente
tranquillo e sereno.
E
nulla avrebbe potuto riempirlo maggiormente di gioia.
La
guerra era finita.
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