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In the morning
Elsa sentì una corrente fredda accarezzarle il viso, e
questo le diede fastidio nonostante stesse ancora dormendo...
Forse fu proprio quello a svegliarla: nel suo sogno si
intrufolò quella sensazione di ghiaccio, come se i suoi
stessi pensieri fossero stati congelati. Si portò
involontariamente una mano accanto al viso, si rigirò nel
letto, mentre il vago ricordo di quello che era stato un incubo si
sfumò insieme agli altri pensieri che le vennero
inconsciamente un istante prima di svegliarsi del tutto.
Aprì gli occhi lentamente, e quando la corrente d'aria
gelida le investì il viso una seconda volta, si
tirò la coperta fin sopra il naso e socchiuse di nuovo le
palpebre.
Questo tentativo di riscaldarsi si dimostrò inutile quando
la finestra della sua camera come per dispetto si spalancò
lasciando entrare foglie secche e un vento impetuoso, che in pochi
istanti fece sbattere le ante della finestra contro il muro, con un
rumore secco e poi un eco metallico.
La ragazza scaraventò le coperte giù dal letto
con un gesto rabbioso e raggiunse a grandi falcate la finestra che
aveva così bruscamente interrotto il suo riposo. Chiuse
altrettanto nervosamente i vetri, e così impedì a
qualsiasi altra cosa di entrare nella
sua stanza.
Si appoggiò di schiena contro la grande vetrata, conscia del
fatto che adesso, anche volendo, non sarebbe più riuscita a
riaddormentarsi. Questa consapevolezza che le invase la testa la fece
sbuffare infastidita, mentre provava una nuova sensazione mista fra
rabbia e disgusto per ciò che stava per fare.
Si buttò nuovamente sul letto, gli occhi vuoti, la pelle
pallida scurita da un paio di occhiaie pesanti e -a quanto pareva-
indelebili.
Fissando sconsolata il soffitto, allungò un braccio in
direzione del comodino e comiciò a rovistare nella sua
borsetta tristemente abbandonata in quel punto dalla sera prima.
Buttò distrattamente fuori un paio di cleenex
appallottolati, le chiavi del suo armadietto e un rossetto quasi
finito, fino a quando trovò quello che cercava.
Sfilò dalla borsa un pacchetto sgualcito di Wilson, lo
aprì e constatò con odio che ne rimanevano solo
due. Ne prese una fra due dita e buttò quello che rimaneva
del pacchetto semiaperto sul cuscino affianco al suo.
Sempre rimanendo sdraiata prese l'accendino che custodiva gelosamente
nel cassetto, e si accese la sigaretta che intanto aveva portato alle
labbra.
Quando sentì il fumo farsi strada nella sua bocca e poi
nelle narici, si sentì improvvisamente soddisfatta e
completa. Con un sorrisetto che assomigliava più ad una
smorfia passò la sigaretta dalla sua bocca alle sue dita,
liberando il fumo grigiastro con un sospiro.
Socchiuse gli occhi, respirò profondamente e si fece un
altro lungo tiro. Ripetè l'operazione più e
più volte fino a quando arrivò al filtrino
bianco, a quel punto spense la sigaretta sul legno levigato del
comodino, lasciando la cicca lì. Se sua madre fosse entrata
in quel momento, Elsa si sarebbe dovuta sorbire una bella ramanzina sul
suo "terribile" vizio del fumo.
La ragazza aveva l'impressione -anzi, la certezza- che i suoi genitori
preferissero mille volte sua sorella Anna, piuttosto che lei.
Insomma, Anna era il ritratto della perfezione agli occhi di una
diciottenne: bella, intelligente, sempre con la battuta pronta,
allegra, solare, voti perfetti, comportamento impeccabile, nessun
difetto. Non che Elsa ne sapesse molto di quella ragazza dai capelli
rossi che dicevano
fosse sua sorella, la vedeva al massimo venti minuti al
giorno e ci parlava di rado, giusto quattro parole strettamente formali:
'Come va, Elsa?', 'Hai visto il mio lucidalabbra?', 'Ti piace la mia
nuova maglietta?', 'Oggi al compito ho preso nove...'.
Che poi, pensandoci bene, quelle piccole parole erano sempre e solo
volute da Anna, mentre l'altra si limitava a rispondere con un 'Mmh'
distratto e un sorriso sforzato e fuggente.
Che la minore volesse
stringere un qualsiasi tipo di rapporto con lei?
La platinata scartò subito quell'ipotesi, si
tirò a sedere facendo leva con le braccia e si accese
un'altra sigaretta. Buttò gli occhi di ghiaccio sul display
del suo telefono, erano solo le cinque e trentotto. Aveva tutto il
tempo di intossicarsi (termine utilizzato esclusivamente da sua madre)
con tutto il fumo che voleva
-Comodamente a casa!- fece la ragazza, imitando con un sorriso stanco
una nota pubblicità di televisori satellitari. Rendendosi
conto che aveva finito in fretta anche la seconda sigaretta, prese
l'ultima sentendosi nuovamente infastidita dal fatto che presto quel
suo piccolo paradiso avrebbe avuto fine, sarebbe scomparso in un'ultima
biancastra nuvola di fumo.
Mentre stava per avvicinare la fiamma dell'accendino, sentì
bussare alla porta.
Tre battiti leggeri, ritmici.
La biondo platino si bloccò, fece correre lo sguardo fino
alla porta.
-Entra, mamma...- fece poi, scocciata. Con un gesto veloce accese
l'estremità della sigaretta che teneva ancora fra le labbra.
Strano, pensò, sua madre che si prendeva il disturbo di
bussare.
Quella che aprì timidamente la porta sbirciando intimorita
all'interno della stanza, non era esattamente sua madre...
-Anna- fece Elsa, sorpresa, scattando in piedi. Nascose il pacchetto di
sigarette vuoto sotto il cuscino, sperando che la sorella non se ne
fosse accorta.
Aspetta: da quando provava interesse verso un altro essere umano che
non fosse sè stessa?
Anna accennò un sorriso, entrò e chiuse
dolcemente la porta dietro di sè. Guardò la
platinata e la sua espressione si rabbuiò all'improvviso,
subito dopo iniziò a tossire.
La più grande si chiese se ci fosse stato un motivo, prima
di accorgersi -maledicendosi col pensiero- che aveva una sigaretta
accesa nella mano, che la stanza era intrisa di fumo e che l'aria era
praticamente irrespirabile.
Si lasciò sfuggire un'esclamazione di sorpresa, prima di
aprire la finestra facendo circolare l'aria e buttando da essa il tanto
amato oggetto che aveva in mano.
-Oh, grazie...Elsa- sospirò la rossa, sollevata. La bionda
si accorse solo allora di quanto fosse diventata bella la sorellina, di
quanto sembrasse forte e coraggiosa.
Come per confermare le sue parole, la ragazza si avvicinò
alla maggiore e le accarezzò la spalla sorridendo. Anche
Elsa sorrise, il primo sorriso vero da tanto tempo.
E si accorse di quanto Anna avesse bisogno di lei.
Fece per dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando l'altra
bisbigliò qualcosa -Ti voglio bene, Elsa- prima di uscire
silenziosa dalla stanza...
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Dedicata al ragazzo
che mi fa sorridere ogni giorno <3
Ti amo
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