Come le onde del mare nel loro
immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla Terra, in
egual maniera le onde del destino nel loro divenire dal passato al presente,
talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via.
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Grazie a
tutti coloro che si fermeranno a leggere.
RESPIRO NEL RESPIRO
Sia Helèn che Harlock ricevettero immediate cure mediche ma
mentre il capitano poco dopo essere tornato sull’Arcadia riprese quasi
miracolosamente le forze, Helèn aveva seri problemi con la pelle. L’essere
stata a lungo nell’acqua ghiacciata, nonostante la speciale tuta che indossava,
aveva indebolito la sua già fragile epidermide. Aveva i primi segni
dell’ipotermia. Con l’aiuto di Meeme riuscì a cospargersi quasi completamente
di una sostanza gelatinosa creata per lei, che in passato le era tornata utile
ed a fasciarsi. Purtroppo però dolore e bruciore rimasero.
Durante tutto il tempo della medicazione Meeme non le chiese
nulla, la sfiorava con delicatezza e con movimenti resi sapienti
dall’esperienza.
Fu Helèn a rompere il silenzio chiedendole “Tu sai, non è
vero Meeme? È stato Harlock a dirtelo?”
“No… io so, perché sento, sento che il tuo corpo è come
quello di Harlock… in vita da molte vite”.
“Come quello di Harlock?” chiese Helèn non capendo, ma Meeme
non aggiunse altro. Continuò a fasciarla con delicatezza. Dopo un certo tempo
le disse ad occhi bassi “Cerca di guarire in fretta il tempo della verità si
avvicina”.
“Meeme!” sbottò la donna quasi irritata “ Ma cosa intendi dire?”
L’aliena avvicinandosi alla finestra e guardando fuori
aggiunse “Devi essere forte Helèn, anche per Harlock. Navighiamo in questo
immenso mare nero che è l’Universo, che è anche la culla della vita di noi
tutti, l’ Universo è come il
mare che era sulla Terra, non si ferma mai, le sue onde in moto perpetuo lo
tengono in vita ed a volte come le onde del mare, il destino ci rende quello
che un tempo ci ha tolto, ma chiede sempre qualcosa in cambio, io lo so bene”.
Poi fissando Helèn proseguì “Devi essere forte molto forte o… non ci sarà un
futuro per nessuno su questa nave”. Così dicendo uscì dalla stanza.
Helèn restò sola.
In tarda serata dopo aver sperato che Harlock si facesse vivo
sentì il bisogno quasi fisico di vederlo. E per la prima volta senza invito si
recò da lui. Bussò un po’ titubante alla porta che dava ai suoi alloggi. Sentì
un ‘avanti’ lontano. Entrò.
Tutto era immerso come sempre nella semi oscurità, la sola
luce veniva dalla tremula fiamma di alcune candele. Lui non era dietro la grande
scrivania centrale e delle due stanze che si aprivano una a destra ed una a
sinistra una sola era rischiarata da una luce lievemente più forte. Si diresse
lentamente, con soggezione, da quella parte.
Lui era lì, seduto per terra, davanti ad un grande camino, teneva
una gamba piegata ed un braccio sul ginocchio, guardava il fuoco. Non si voltò.
Disse pacatamente “Dimmi Helèn”.
“Come hai fatto a sapere che ero io?” chiese lei.
“Sei l’unica che verrebbe da me a quest’ora e senza farsi
annunciare” rispose sempre senza voltarsi. In realtà aveva percepito sin da
subito il suo profumo, ma lo tenne per sé. Helèn si avvicinò alla sua sinistra
restando in piedi, Harlock con un gesto della mano l’invitò a sedersi. Aveva il
viso stanco, ma vi era come una nuova consapevolezza che aveva reso il suo
sguardo ancor più malinconico. Non indossava i soliti abiti ma semplici
pantaloni aderenti ed un maglione a collo alto, non portava i guanti.
Helèn gli si sedette accanto cingendosi le gambe con le
braccia. Il mento sulle ginocchia. I lunghi capelli scivolarono giù morbidi
dalle spalle come il sipario di un palcoscenico.
Si mise a guardare anche lei le piccole lingue di fuoco del
grande camino. “A casa mia… sulla Terra” disse soffocata dalla tristezza, dando
semplicemente fiato ai suoi pensieri “Avevamo un camino grande come questo… ci
passavamo le serate, leggendo, giocando, mangiando” tacque.
“Non smettere” le disse Harlock guardandola.
Helèn con fatica riprese “Ci scaldavamo il pane o i dolci, il
ponce, recitavamo versi di antichi poeti, giocavamo e ridevamo, o semplicemente
ci scaldavamo dopo esser stati nel bosco a raccogliere legna”. Helèn posò il
capo sulle ginocchia “E’ inutile ricordare, inutile. Ero venuta solo perché… per
sapere come stai e ringraziarti, ti devo la vita. Siamo due a zero!” si sforzò
di sorridere guardandolo.
“Io sto bene Helèn… sto bene”. Il suo sguardo era come
assente. Poi allungò una mano verso di lei sfiorandole le dita semi fasciate
delle mani per osservarle.
“Passerà presto non preoccuparti ” fece lei.
“Mi hai detto che
questo è ‘uno’ dei problemi che hai a causa della criogenesi. Quali sono gli
altri?”.
Helèn emise un lungo sospiro poi lo guardò reticente
“Essenzialmente altri due, ma… per ora te ne dirò uno solo. Io...io non posso
più avere figli”. Abbassò lo sguardo, si tocco nervosamente il viso, la cosa la
faceva soffrire. “La temperatura ed il tempo hanno letteralmente distrutto i
miei ovuli. Basta, fine. Sarò per sempre un albero senza fiori ”. Si morse le
labbra.
Harlock fu colpito non dalla verità ma dal suo commento
amaro. Helèn si alzò. “Resta se vuoi”. Le disse dolcemente.
Restarono lì senza dire nulla, condividendo semplicemente il
calore e osservando la danza del fuoco. Helèn guardava Harlock, il riverbero dolce
della luce su quel suo volto gentile dai tratti antichi e delicati, lo rendeva
bellissimo. Aveva mani grandi ed eleganti dalle dita lunghe ed affusolate un
po’ più ampie alle giunture. Quelle mani le ricordarono un movimento. Ma tutto
era lontano e nebuloso. Chissà quale era la sua storia, il suo vero passato, non
quello della ‘leggenda’ che tutti narravano.
“Mi hai chiesto dei miei ricordi. Raccontami qualcosa dei
tuoi, della tua infanzia o giovinezza.”
Harlock scosse la testa mesto. “Vuoi sapere di quando mi sono
arruolato? Della scuola militare? Dell’addestramento spietato? Degli amici
morti? Di quando sono diventato un ufficiale o un ricercato? O magari di quanta
gente ho dovuto uccidere? Questo è stata la mia vita. Questo solo”.
Helèn capì d’aver toccato un nervo scoperto, quelle sue
parole taglienti le fecero male.
“Ma ho vissuto libero. Sempre! Ne ho fatto il mio vessillo. Anche
se, perseguire un simile ideale ha i suoi costi”. Le ultime parole le aveva
pronunciate con forza vibrante. Per un attimo una scintilla aveva rischiarato
il suo occhio. Helèn era impressionata Harlock le aveva chiesto dei suoi
ricordi famigliari perché lui non ne aveva di suoi? Doveva aver sofferto
davvero tanto. Restò in silenzio. Mai come in quell’istante le sembrò tanto
poco ‘Harlock’ ma solo un giovane uomo.
Osservandolo ricordò gli avvenimenti di quel giorno, spostò lo
sguardo sulle sue labbra al momento un po’ imbronciate, le ricordava calde e
morbide nonostante fossero immersi nell’acqua ghiacciata. Si sentiva tanto vicina
a lui dopo tutto quello che avevano condiviso. Non si rese conto che quel suo
sguardo in realtà era una dolce carezza. Capelli, profilo, labbra. Lui se ne
avvide e carpendo i suoi pensieri le chiese “Perché mi hai baciato poco prima
che cadessimo in acqua? ”
“Era solo… si solo un
bacio d’addio”. Rispose la giovane dottoressa schernendosi.
“Perché mi hai detto che eri dove avresti voluto essere?”
“Perché è vero”.
Rispose lei con innocenza “Quando sono vicino a te mi sento bene, in pace col
mondo e con me stessa. Sento… si sento che posso deporre le armi e chiudere gli
occhi. Non per amore se è questo che pensi” si affrettò a rispondere abbassando
lo sguardo per pudore. "E’… è una sensazione profonda che non so
spiegarmi, la sento sempre quando sono con te. Mi nasce da dentro, fa parte di
me”. Poi si affrettò a specificare. “So che penserai che voglia farti la corte
ma non è così. E’ semplicemente che, quando come me, hai perso tutto come me,
ma hai comunque ricominciato a vivere impari che questa vita è troppo breve per
tenersi dentro le cose”. Sorrise “E’ una sensazione di caldo benessere qui”. Disse
facendo cenno al centro del cuore.
Harlock la fissava attonito, aveva appena espresso in parole
quello che provava anche lui dal primo momento in cui i loro sguardi si erano
incrociati. Ma disse sarcastico. “Deporre le armi e chiudere gli occhi ah…!” Un
amaro sorriso si dipinse sul suo volto. Abbassò il capo lasciando che i capelli
gli coprissero il viso. Helèn aveva imparato osservandolo, che quando faceva così
era perché si sentiva più vulnerabile. Del resto, i capelli, il mantello, la
semi oscurità, quella stanza, quella nave, cosa erano se non muri erti a
protezione non della sua persona ma del suo animo?
Helèn gli si avvicinò mettendosi in ginocchio davanti e guardandolo
dritto nell’occhio. “Pensi che a te non sia concesso? E perché’? ”
“Tu non sai nulla di me dottore!” le rispose piccato, prendendo
subito le distanze. ”Non sai che io sono un criminale, un terrorista una
minaccia per il genere umano?” disse caustico.
“Durante il mio addestramento hanno provato ad instillarmi
l’odio verso di te. Ma io… non sono mai riuscita ad odiarti. Non c’è cattiveria
nel tuo sguardo, né odio nel tuo cuore. Il tuo animo è puro”.
“Tu non sai, non sai
di cosa parli!” continuò lui scuotendo la testa.
“Perché allora hai condiviso con me la verità sulle bombe a
vibrazione dimensionale?”
“Perché tu sai!” disse lui ferendola con lo sguardo.
”So? Cosa so? ” Helèn era realmente confusa. Non capiva.
“Tu conosci, a differenza di tutti, il reale aspetto della Terra”.
Disse d’un fiato come se si liberasse. “Sai che è spacciata. E non puoi
parlarne perché ti scopriresti”.
“Se pensi che non ne
parlerei solo per non scoprirmi, ti sbagli. L’avrei fatto e lo farò per lealtà.
Anche se non so ancora bene perché mi hai salvato la vita portandomi su questa
nave”.
Harlock incassò il colpo.
Helèn, al ricordo della Terra come era ora, abbassò il capo. Pensarci
le faceva male, come quel giorno in cui dopo il risveglio le avevano svelato la
verità. Il tempo non aveva alleviato nulla. Tutto era vivido e chiaro come
allora. “Vuoi distruggere l’intero universo? E sia, fallo! Avrai i tuoi motivi
io non ti giudico per questo”. Helèn si era improvvisamente infervorata. “Ma su
una cosa voglio farti riflettere. Il genere umano benché non abbia più un posto
in cui tornare e vaghi smarrita da oltre un secolo per l’Universo alla ricerca
di un luogo da poter anche solo semplicemente chiamare casa, non si è mai
arreso! Mai! Anche se la Terra ora, è solo… un’ illusione". Helèn si morse
un labbro. Ma quel piccolo dolore non lenì quello più grande del suo cuore.
A quelle parole Harlock sgranò il suo occhio. Il dottore proseguì.
“L’Universo intero è la nostra casa ora. La forza dell’umanità risiede
nell’umanità stessa, non in un pianeta. Noi continuiamo a credere, ad amare, a
lottare, a sognare ed a sperare. I bambini continuano a nascere”. Chiuse per un
istante gli occhi quasi a respingere un’immagine dolorosa. “E… riempiono i
nostri cuori di gioia e stupore. Continuiamo a incantarci per le meraviglie del
cosmo o per un semplice sorriso. E… se anche ci estingueremo, avremo vissuto! La
Terra, la nostra meravigliosa Terra non ha chance. Io lo so. Ma l’umanità sì,
ed ha diritto ad una seconda possibilità!” Aveva pronunciato le ultime parole
tenendo i pugni stretti fino quasi a farsi male. Gli occhi lucidi tradivano il
suo sentire.
Harlock l’aveva guardata tutto il tempo immaginando la ridda
di emozioni che si celavano dietro quelle parole. Nessuno si sarebbe mai
permesso di parlargli così. Nessuno. Dopo tutto quello che aveva passato, lei riusciva
ancora a pensarla così? Quanta forza nascondeva
dentro sé quella giovane donna.
Poi lei aggiunse. “Morire non serve a liberarsi, allora tanto
vale… perdonare, vivere e amare”. Fece per alzarsi, il cuore le batteva forte.
Harlock le prese una mano impedendoglielo.
Da quanto tempo non viveva, perduto in un limbo di non vita? Da quanto
vagava per l’Universo accecato dal suo rancore? Poi senza cercarla era arrivata
questa donna così fragile e forte che aveva fatto nuovamente espandere i suoi
polmoni, defluire il suo sangue e battere il suo cuore.
Helèn lo guardò. Lesse il peso di un enorme fardello e la
lenta agonia di uno spirito combattuto. Gli carezzò una guancia. “Qualunque
cosa tu abbia fatto, non tormentarti più”.
Si guardarono, Harlock sentiva il tepore di quella mano sul
viso, ripensò a quando, gelida, l’aveva creduta morta e risentì il dilaniante
vuoto che in quel momento l’aveva invaso.
“Chi sei tu? ” Sussurrò appena.
Erano così vicini, le loro bocche si chiamarono piano,
incerte sfiorandosi. Rimasero per un lungo momento così, immobili, solo carezzandosi
le labbra, godendo di quel contatto, respiro nel respiro, vita nella vita,
dolore nel dolore. Poi le labbra si schiusero piano, per fondersi incerte,
tremule. Fu un bacio solo abbozzato, delicato, pieno di paura, di cose mai
dette e mai fatte e di sogni inespressi e di speranze infrante. Aveva il sapore
del passato.
Si guardarono nuovamente, senza parlare. In quel momento
erano soltanto due esseri soli, che avevano bisogno di un contatto fisico. Helèn,
si girò rannicchiandosi di spalle tra le sue gambe. La testa posata sul suo braccio.
Lui la strinse appena un po’ ed appoggiò le labbra sui suoi capelli dandole un
bacio. Lasciò che una dolce sensazione di pace lo pervadesse. ‘Pace’. Fremette
al pensiero. E dopo tanto ed estenuante lottare si concesse di chiudere per un
attimo il suo occhio. “Non sarai mai un albero senza fiori. Non lo sarai mai”.
Le sussurrò.
Poi non parlò più. Avrebbe dovuto dirle che, anche lui come
lei, era nato e vissuto sulla terra. Che era LUI l’uomo che in un solo istante
l’aveva dilaniata, distruggendola per sempre, rendendola quello che era e
spiegarle gli eventi per i quali non poteva più morire. Ma non lo fece.
Temeva che l’avrebbe odiato. Che queste atroci verità,
l’avrebbero potuta spaventare allontanandola e non lo voleva, ma forse non
sapeva più quello che desiderava. La strinse a sé, quasi lei avesse potuto
dissetare il suo animo arido lenendo anche se per un solo istante le piaghe
accese del suo spirito.
L’aveva guardata a lungo dormire, cullata dal suo respiro
regolare, accoccolata e tenera, aveva osservato ogni particolare di quel volto,
ne aveva sfiorato delicatamente i contorni con i polpastrelli delle dita.
Guance, mento, fronte, labbra. Ora ne era certo. Lo aveva già visto. Ma dove?
Quando?
Quando Helèn si svegliò lui non c’era più.
NOTE
Sempre grazie alla mia B-Beta. L’oceano e l’amicizia hanno
qualcosa in comune l’immensità. TVB.
Questo capitolo è dedicato a Lady Five.
Allego una bellissima deviantart alla quale mi sono ispirata
per la mia coppia H&H spero vi piaccia.
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