Lost

di Gleetar
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Sono sudata ed ho il fiato corto. Sto correndo da svariati minuti nelle corsie di quel maledetto aeroporto in quel maledetto giorno. Nonostante io sia stanca, continuo a correre: non mi posso fermare. Quell’aereo non deve partire ed allora tutto andrà bene, tutto ritornerà come prima. Ma il tragitto sembra prolungarsi ad ogni mio passo. Riesco a vedere il suo volto, riesco a sentire la sua voce che mi implora di aiutarlo ed io continuo a correre, ormai le lacrime mi rigano il volto. Cosa farò senza di lui? Lo devo salvare.
Finalmente riesco a salire sull’aereo e lo vedo. È seduto tranquillamente alla sua postazione, ha delle cuffiette alle orecchie: sta ascoltando della musica. Io grido il suo nome a pieni polmoni ma lui non si gira. Gli corro incontro, gli sono quasi vicina ma improvvisamente l’aereo si divide in due parti: siamo separati, siamo distanti. I nostri occhi si incontrano per un attimo prima che lui precipiti nel vuoto. Non ci sono riuscita nemmeno questa volta. La nostra ultima conversazione sarà per sempre una litigata.
Mi getto a terra e singhiozzo. Qualcuno mi cinge le spalle come se volesse consolarmi ed improvvisamente mi sento chiamare.
“Lea, Lea!” mi dice la voce lontana. È una voce maschile ma non è la sua, non è quella del mio amore perduto.
Apro gli occhi e mi ritrovo nella mia camera ancora scossa dal pianto. La voce maschile adesso è ben udibile e riconoscibile.
Matthew mi stringe in un abbraccio e mi sussurra parole dolci e comprensive.
Era solo un brutto sogno, era solo  l’incubo che mi assale da ormai quasi dieci mesi. Quando non ho più lacrime da versare mi giro verso il mio ragazzo ed incontro i suoi profondi occhi blu che mi scrutano con preoccupazione.
“Un’altra volta lo stesso incubo?” mi chiede allarmato.
Io annuisco, al momento non riesco a parlare. Sono troppo sconvolta ma d’altronde lo sono ogni volta che mi capita di sognarlo.
Scosto lentamente le lenzuola dal mio corpo sudato e mi nascondo in bagno: ho bisogno di stare sola.
 
Dopo una doccia rigenerante mi reco in cucina.
Matthew è ai fornelli e nella stanza si respira la flagranza  di pancakes e caffè appena preparati. Tutti i miei sensi si risvegliano grazie al profumo di questi  aromi.
Mi siedo su uno sgabello, di fronte all’isola al centro della cucina. Matt mi versa pazientemente del caffè bollente in una tazza e io gli sorrido timidamente. Mi sembra ancora strano avere un altro uomo che si aggira nella mia casa, che occupa i miei spazi.
“Ti ho chiamato diverse volte al cellulare questa mattina ma tu non mi rispondevi, per questo sono voluto passare da casa per controllare che tutto andasse bene. Mi dispiace per il tuo incubo. Odio vederti sconvolta” mi spiega quasi scusandosi della sua presenza nella mia cucina.
Io lo zittisco e gli accarezzo la guancia sentendo un piacevole formicolio sul palmo della mano provocato dalla sua barba incolta. “Non devi chiedermi il permesso per venire qui, lo sai. Ti ringrazio per essere passato e per avermi preparato la colazione” finalmente gli dico.
Egli mi acceca con il suo sorriso brillante e si china verso di me per darmi un bacio casto.
Non pensavo di poter avere di nuovo questo: una persona con cui condividere momenti di tristezza e di felicità. Una persona con cui svegliarsi la mattina, con cui litigare e ridere.
 Da quando ho ricevuto quella chiamata, il 13 Luglio, in cui un agente mi informava che l’aereo del mio fidanzato era precipitato, che c’erano delle vittime ma anche dei dispersi e il mio uomo era fra questi ultimi, il mondo mi è caduto addosso. I primi mesi sono stati i peggiori. Era solo disperso, questo non significava che fosse morto. Ma quando cinque mesi dopo le ricerche furono messe al termine, ogni briciolo di speranza che si era costruito dentro di me venne nuovamente sepolto.
Non pensavo che sarei mai riuscita ad aprirmi nuovamente ad un’altra persona, non pensavo che sarei stata in grado di raccogliere i cocci del mio cuore ed andare avanti con la mia vita. Ma ci sono riuscita, certo molto lentamente. Matthew è una così brava persona: mi supporta ed ha molta pazienza con me. Sa che penso ancora a lui la maggior parte del tempo ma nonostante ciò lui continua a starmi accanto. Non pretende troppo da me, non mi spinge troppo oltre i limiti e mi rispetta. Strana come relazione la nostra. Ma al momento non riesco a pensare ad un altro modo per riavere una vita sentimentale.
Sono convinta però che un giorno riuscirò ad amare di nuovo, ad amare come amavo lui. Il mio Cory.





 
Angolo autrice: Ciao a tutti! Spero che questa introduzione alla storia vi sia piaciuta. Voglio sentire il vostro parere, devo continuare a scrivere? 
Ci tengo a precisare che questa è una storia sui Monchele ma non ho niente in contrario nei confronti di Matthew Paetz per questo non sono graditi insulti su di lui.
Ho intenzione di pubblicare il prossimo capitolo mercoledì 22 Ottobre! A presto!
 




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