Cenere

di emily12_
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CAPITOLO 1


La lama rifletté la luce rossastra del tramonto mentre si conficcava nella tela del quadro.

Jonathan riprese il coltello senza riuscire a trattenere un sorriso per aver centrato così facilmente il cuore dell'angelo nel dipinto.

Si lasciò cadere su una sedia e si portò alle labbra il bicchiere di vino appoggiato sul tavolo.

L'ultima lezione di suo padre gli arrivava ancora come un sibilo alle orecchie: “Preferisci essere schiavo in Paradiso o libero all'inferno?”

Il suo sguardo tornò al foro appena fatto con il coltello nel dipinto: lui non aveva mai avuto dubbi sulla risposta.

Aggrottò dolorosamente la fronte: no, non era vero, forse una volta dei dubbi li aveva avuti.

E non riusciva a cancellare nulla di tutto ciò nella sua memoria.

Sul tavolo c'era la copia degli accordi tra Nascosti e Shadowhunters, ormai la conosceva a memoria, ma la prese comunque tra le dita sottili e pallide per leggerla.

La carta gli ferì l'indice e Jonathan si morse il labbro per il bruciore.

Una goccia di sangue scuro cadde sul foglio e coprì la parola “mai”.

Gli tremarono le mani e lasciò di scatto il foglio.

Mai”.

Rivide davanti ai suoi occhi Clary che gli diceva così sicura di sé che mai l'avrebbe perdonato, mai gli avrebbe voluto bene, mai lo avrebbe amato.

Poi rivide Jace, lo sdegno, l'odio, il terrore nei suoi occhi.

Tirò un calcio alla sedia che rotolò a terra rimbombando nel silenzio.

Aprì le ante cigolanti di una finestra e inspirò l'aria fredda chiudendo gli occhi per non guardare il sole, i prati a tratti freddi nell'ombra o caldi nel tramonto.

Chiuse gli occhi come faceva sempre quando non voleva provare nulla, quando aveva paura di quello che avrebbe potuto sentire.

Accanto alla finestra c'era il vecchio pianoforte di suo padre: vedeva ancora le sue dita che si allungavano sui tasti e gli occhi concentrati mentre suonava.

Immaginava come avesse insegnato a Jace a suonare, con quell'amore che a lui non aveva mai mostrato.

Inconsciamente si sedette sullo sgabello trattenendo il fiato.

Premette l'indice sul mi e la nota vibrò solitaria, fino a perdersi nel vuoto.

Ebbe improvvisamente paura di sparire come quella nota, come suo padre e come tutti volevano che lui sparisse.

Rivide lo spacco che il suo coltello aveva provato nel cuore dell'angelo sulla tela e nella sua mente apparve la parola mostro.

Una accordo sulla tastiera ne seguì un altro, una pioggia di note, di rabbia, l'odio che lui avrebbe portato e con cui avrebbe distrutto tutti quelli che non l'avevano mai accettato.

Le note basse si mischiarono a quelle più alte simili a lacrime, lamenti di dolore.

Jace l'aveva capito, era diverso da lui, da Clary, era diverso da tutti, ma l'aveva capito.

Chiuse gli occhi per non far scendere le lacrime: si era rassegnato, aveva soppresso se stesso, quelli che forse erano sentimenti e che l'avevano tanto torturato.

Anche Jace aveva gli occhi chiusi quando l'aveva baciato, infatti Jace dormiva, non se ne era neanche accorto.



Ciao a tutti! Grazie per aver letto questo capitolo..spero che non vi abbia annoiato, lo so che sembra una cosa senza senso (sigh). Tutti i capitoli saranno in parte collegati tra loro, ma se volete potete anche leggerli separatamente. Si parlerà soprattutto di Jonathan (di cui mi sono subito innamorata leggendo i libri :) e che ho deciso di chiamare Jonathan e non Sebastian. A presto! (saluta allegramente con la manina e lancia papaveri)




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