CAPITOLO
1
La lama
rifletté la luce rossastra del tramonto mentre si conficcava
nella tela del quadro.
Jonathan
riprese il coltello senza riuscire a trattenere un sorriso per aver
centrato così facilmente il cuore dell'angelo nel dipinto.
Si
lasciò cadere su una sedia e si portò alle labbra il
bicchiere di vino appoggiato sul tavolo.
L'ultima
lezione di suo padre gli arrivava ancora come un sibilo alle
orecchie: “Preferisci essere schiavo in Paradiso o libero
all'inferno?”
Il suo
sguardo tornò al foro appena fatto con il coltello nel
dipinto: lui non aveva mai avuto dubbi sulla risposta.
Aggrottò
dolorosamente la fronte: no, non era vero, forse una volta dei dubbi
li aveva avuti.
E non
riusciva a cancellare nulla di tutto ciò nella sua memoria.
Sul
tavolo c'era la copia degli accordi tra Nascosti e Shadowhunters,
ormai la conosceva a memoria, ma la prese comunque tra le dita
sottili e pallide per leggerla.
La carta
gli ferì l'indice e Jonathan si morse il labbro per il
bruciore.
Una
goccia di sangue scuro cadde sul foglio e coprì la parola
“mai”.
Gli
tremarono le mani e lasciò di scatto il foglio.
“Mai”.
Rivide
davanti ai suoi occhi Clary che gli diceva così sicura di sé
che mai l'avrebbe perdonato, mai gli avrebbe voluto bene, mai lo
avrebbe amato.
Poi
rivide Jace, lo sdegno, l'odio, il terrore nei suoi occhi.
Tirò
un calcio alla sedia che rotolò a terra rimbombando nel
silenzio.
Aprì
le ante cigolanti di una finestra e inspirò l'aria fredda
chiudendo gli occhi per non guardare il sole, i prati a tratti freddi
nell'ombra o caldi nel tramonto.
Chiuse
gli occhi come faceva sempre quando non voleva provare nulla, quando
aveva paura di quello che avrebbe potuto sentire.
Accanto
alla finestra c'era il vecchio pianoforte di suo padre: vedeva ancora
le sue dita che si allungavano sui tasti e gli occhi concentrati
mentre suonava.
Immaginava
come avesse insegnato a Jace a suonare, con quell'amore che a lui non
aveva mai mostrato.
Inconsciamente
si sedette sullo sgabello trattenendo il fiato.
Premette
l'indice sul mi e la nota
vibrò solitaria, fino a perdersi nel vuoto.
Ebbe
improvvisamente paura di sparire come quella nota, come suo padre e
come tutti volevano che lui sparisse.
Rivide
lo spacco che il suo coltello aveva provato nel cuore dell'angelo
sulla tela e nella sua mente apparve la parola mostro.
Una
accordo sulla tastiera ne seguì un altro, una pioggia di note,
di rabbia, l'odio che lui avrebbe portato e con cui avrebbe distrutto
tutti quelli che non l'avevano mai accettato.
Le
note basse si mischiarono a quelle più alte simili a lacrime,
lamenti di dolore.
Jace
l'aveva capito, era diverso da lui, da Clary, era diverso da tutti,
ma l'aveva capito.
Chiuse
gli occhi per non far scendere le lacrime: si era rassegnato, aveva
soppresso se stesso, quelli che forse erano sentimenti e che
l'avevano tanto torturato.
Anche
Jace aveva gli occhi chiusi quando l'aveva baciato, infatti Jace
dormiva, non se ne era neanche accorto.
Ciao a tutti! Grazie per aver letto questo capitolo..spero che non vi abbia annoiato, lo so che sembra una cosa senza senso (sigh). Tutti i capitoli saranno in parte collegati tra loro, ma se volete potete anche leggerli separatamente. Si parlerà soprattutto di Jonathan (di cui mi sono subito innamorata leggendo i libri :) e che ho deciso di chiamare Jonathan e non Sebastian. A presto! (saluta allegramente con la manina e lancia papaveri) |