Scorreva il mio tempo,
una volta,
tra i saloni, quelli
con lampadari in lussuoso
cristallo, brillante,
scheggiato di sorrisi
e menzogne celate.
Uno champagne sorseggiato
sotto il suono
diabolico del
sassofono che,
scivolando sulla seta delle
vesti, si impennava
in un sottile
gioco di note.
Accadrà quel che deve,
pensavo, e con sorrisi
beffardi, rilassavo le membra,
steso
nell'angolo luminoso
dell'ampia sala.
Scintillando di giovane
brio, lasciavo penzolare
i piedi, dal sogno
che la vita mia
dipingeva nei miei occhi.
E poi, eccoti arrivare
fasciato di stelle morte,
con la notte
a circondare il tuo volto.
Un canto da sirene, sadico nel
suo subdolo stridio, il tuo
pronto a spingermi sull'orlo
della follia.
Ecco che il tempo
si ferma
cristallizzando nel cuore,
il mio,
la curva delle tue labbra
inzuppate
dei battiti delle
striature tue per me.
Mi sbagliavo,
ancora.
Sì, ancora.
Ti sei voltato poi,
senza uno sguardo
per me
solo, lì,
sul pavimento gelido
e brillante, della sala
tra figure danzanti
macchiate d'oblio
e visi vuoti senz'eco
di vita. |