E' finita

di pukpuk
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"No" mormoro "non può essere" sono sconvolta, vorrei che il mondo scomparisse intorno a me, vorrei tornare a pochi attimi prima, quando tutto era ancora felice, quando non avevo la testa in subbuglio , quando riuscivo a muovermi senza sentire ogni passo pesare come un macigno, quando dall'altra parte del telefono non c'era quella voce sconosciuta che mi chiamava preoccupata per come potrei reagire. E fa bene a preoccuparsi, mi guardo intorno, improvvisazione la casa mi pare vuota, tutto sembra diverso, mi muovo meccanicamente, il telefono mi scivola dalla mano, non sento più la voce chiamarmi, sento solo il silenzio, un silenzio assordante, che penetra nel corpo e lo spezza. Mille immagini mi passano per la mente, una moto rossa, un volto sorridente, il suono di una risata squillante, mi volto di scatto prima di rendermi conto che è solo nella mia testa. Rivedo la porta di casa aprirsi come tutte le sere, la tuta da motociclista gettata disordinatamente sul divano, due occhi grandi e luminosi di un azzurro tanto intenso da far male, risento il suono dei passi, li riconoscerei tra mille. Automaticamente mi avvicino al cassetto della cucina, piccolo e bianco, come al solito, ma improvvisamente estraneo. Lo apro lentamente, non sono io a muovermi, è il mio cuore a decidere, la mente ormai si è spenta. Il coltello mi luccica tra le dita, quel coltello che tante volte ci siamo passati durante le cene, non riconosco più neanche questo, è solo una lama come tante, una lama che preme contro la mia pelle, che mi chiama come una meta confortante. Altre immagini mi scorrono davanti agli occhi, risate, litigi, giochi, corse, notti insieme, baci... poi l'incidente, non c'è ero, ma posso immaginarlo, il rombo di una moto rossa, il solito casco, la solita tuta, il ghiaccio sulla pista, le ruote che slittano, il muro che si avvicina rapidamente e poi la fine. La fine di tutto, della vita, di noi, dei giorni insieme, sento un blocco alla bocca dello stomaco, gli occhi completamente asciutti, vorrei poter piangere, ma non ci riesco, tutto rimane dentro, come una bottiglia troppo piena, prima o poi esplode. La punta del coltello sul petto preme più forte facendo scorrere un rivolo di sangue sulla maglia bianca. È finita. Ora lo raggiungerò.




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