Come una maledizione

di Rosmary
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I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling;
il racconto è scritto senza alcuno scopo di lucro.

 




Come una maledizione
 

 
Morte.
 
Due sillabe che riecheggiano furiose tra le pareti del tuo capo dolente, stremandoti.
 
Morte.
 
Un termine così insignificante, breve, imprendibile, ma che i corpi esanimi di Ted, Ninfadora e persino Remus t’hanno cucito addosso, scaraventandoti contro la sozza sensazione del vuoto, del nulla.
 
Quanti giorni son trascorsi dall’infido due maggio? Dieci, venti, trenta? Ah! Che importanza può mai avere! Son passati, e tu sei rotta, spezzata in più punti da un’antica rabbia.
 
L’hai persa di nuovo, la famiglia.
 
E t’artigli i lunghi capelli scuri e scaraventi i cocci d’un monile già malandato contro una parete e la bacchetta tua scintilla furiosa contro ogni cosa.
 
L’accenno d’un vagito: il bambino piange.
 
Le dita fredde abbandonano l’arma in legno e gl’occhi, accecati dalla collera, s’indirizzano asciutti alla culla in cui riposa l’ultimo pezzo di tua figlia, l'unico erede di tuo marito – la sola prova della loro avvenuta esistenza.
 
Ti muovi verso Teddy, e un orrido quesito tormenta i tuoi già sfiniti sensi: perderai anche lui? Tu, tu che li hai sempre persi tutti, gli affetti.






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