neve
A
G., che mi ha fatto riscoprire le Twisted Princess!
A
F. ed A. che mi hanno supportata, sopportata e
minacciata
durante la stesura di questo delirio!
Grazie
di cuore!
––
Neve
rossa sotto un cielo senza luna
La capanna risuonava di uggiolati quando Biancaneve
entrò con un fragoroso schiocco di legno: la porta, ormai vecchia e
malridotta, girò sui cardini con uno stridìo particolarmente acuto,
per infrangersi subito dopo in un cozzare contro la parete.
La fanciulla dalla morbida capigliatura corvina non si
curò di richiudere il battente con delicatezza: semplicemente, lo
abbandonò a se stesso senza stupirsi quando lo sentì schiantarsi
nuovamente a posto.
«Fate silenzio» sibilò. Di colpo, il sommesso
ringhiare che l'aveva accolta cessò, facendo piombare la casa in un
silenzio spezzato solamente dalla legna che scoppiettava entusiasta
nel caminetto.
Soltanto allora Biancaneve alzò gli occhi ad incrociare
quelli di sette ometti accoccolati in un angolo che snudavano i denti
ingialliti e appuntiti in attesa di ordini. Lo sguardo della
fanciulla lampeggiò mentre si toglieva il mantello con movimenti
meccanici, senza batter ciglio di fronte ai suoi migliori amici.
Quando ebbe finalmente mostrato la familiare gonna gialla e il
corsetto blu, i nani parvero riconoscerla con maggiore intensità.
La ragazza sentì su di sé sette paia d'occhi famelici
seguirla nei gesti poco convinti che compì verso la dispensa. Ne
tirò fuori, quasi controvoglia, pane e carne essiccata. Ogni suo
movimento era casuale, fatto solo grazie all'abitudine: la sua testa
era altrove.
Gettò con noncuranza quanto aveva preso, facendo
atterrare il tutto in mezzo ai nani. Un ghigno vagamente disgustato
le deformò il volto nel constatare quanto fossero bestiali quegli
uomini: si erano avventati sul cibo con voracità, cominciando a
massacrarlo senza preoccuparsi di seminare briciole e brandelli di
cervo sulle assi di legno – non che facesse molta differenza: erano
passati giorni dall'ultima volta in cui Biancaneve aveva spolverato
quella casupola in mezzo al bosco.
Soltanto uno di loro, notò, non stava mangiando:
Cucciolo. Inciampava nella veste troppo larga e non riusciva a
raggiungere l'oggetto dei suoi desideri, cosa che lo irritava non
poco.
La fanciulla si costrinse ad andargli vicino, ad
afferrare una pagnotta e qualche striscia di carne e passargliele con
malagrazia.
«Devi essere in forma anche tu, capisci?» disse con
voce strascicata, forse annoiata. Cucciolo parve comprendere: senza
nemmeno attendere un secondo, si fiondò su quanto gli veniva offerto
e prese a divorare più velocemente degli altri.
Biancaneve, lieta di vederlo obbedire senza remore, gli
sfilò il cappuccio per depositargli sulla superficie liscia e lucida
del cranio un umido bacio.
«Sta arrivando il momento, manca poco», ma il rumore
delle fauci animalesche sovrastò la sua affermazione.
Ghignò.
-
Il vento ululava con più veemenza che nelle notti
precedenti, e Biancaneve lo avvertì con sommo orgoglio. Il momento
era giunto quasi in maniera inaspettata. Il tempo era cambiato,
continuava a peggiorare, e la ragazza non poteva chiedere di meglio.
Sorrise contro le nuvole nere che promettevano pioggia e
grandine: avrebbe dovuto svegliare i nani per farli unire alla sua
contemplazione.
Scese dabbasso, appuntandosi il mantello con una vecchia
spilla a forma di rosa; il rosso dei petali brillò in una scintilla
ammaliante quando incontrò il riverbero della candela che, e metà
della sua lunghezza, continuava a colare pigramente la cera sulla
lastra lucida del tavolo.
«In piedi» sibilò, battendo le mani due volte. Quel
solo, semplice, primordiale richiamo fu sufficiente a destare
l'attenzione dei sette che giacevano scompostamente raggomitolati
come cani accanto al caminetto. Per primo, Brontolo alzò gli occhi
luminosi sulla figura slanciata della padroncina, snudando i denti in
un malevolo sorriso di assenso e comprensione, il quale ebbe il
potere di infondere ancora più grinta in Biancaneve.
Le altre teste si mossero subito dopo, quasi in
contemporanea. In capo ad un minuto, la fanciulla aveva colto il
favore generale.
«Uno alla volta, da bravi» disse, premendosi una mano
sulla coscia in un intuitivo ordine di farli avvicinare. Quando Dotto
ebbe colmato la distanza che li separava, ella gli scoprì il collo
dalla barba lunga e ispida, mostrando una cintura indossata a mo' di
collare. Sulla fibbia agganciò una catena spessa, come se la sua
funzione fosse stata esattamente quella. Quindi, fece segno all'omino
di farsi da parte.
Gli altri sei, uno per uno, pacati e rispettosi tra
loro, vennero forniti di quel guinzaglio che, tutto sommato,
sembravano non amare particolarmente.
«Bene, bravi. Meritate proprio una ricompensa»
Prima di spalancare la porta, però Biancaneve fece bene
attenzione a non dimenticare di portare con sé una fiala al cui
interno giaceva un fumante contenuto violaceo. L'assicurò
accuratamente alla cintola e, soddisfatta del lavoro, aprì il
battente tenendo salde al polso tutte le catene.
È l'ora.
-
Il castello stagliava il suo profilo arcigno e austero
contro le già fitte ombre della notte. La fanciulla osservò i
pinnacoli con sguardo inespressivo pur sentendosi ribollire la rabbia
nel cuore.
Sua madre¹
stava dormendo lì dentro, credendosi al sicuro, protetta da ogni
avversità. In fondo, chi avrebbe potuto mai osare anche solo pensare
di potersi avvicinare, sfidando guardie su guardie, per fare del male
ad un membro della famiglia reale? Solo uno sciocco.
O
sua figlia.
In un gesto istintivo, Biancaneve portò la mano a
sfiorare la boccetta di vetro che le penzolava in vita. La accarezzò
come a ringraziarla, come se fosse stato un oggetto animato di vita
propria, come se le volesse bene...
Guarda
l'intruglio dalla dubbia colorazione con un misto di orrore e
bramosia. La più bella del reame è spaventata, ma la fascinazione è
troppo forte perché i suoi occhi possano spontaneamente decidere di
cambiare bersaglio visivo. Infatti, deve obbligarsi
ad alzare lo sguardo per incrociare quello della donna che, da quando
le si è presentata sulla soglia di casa, si è fatta chiamare solo
la Maga².
«Cosa
significa tutto questo?» pigola, spinta contro il muro dall'innato
senso di autodifesa che si impossessa di lei.
«Bimba
mia, significa che puoi avere la libertà che tanto cerchi!» La voce
della Maga è invitante, eppure così raschiante che Biancaneve non
ha voglia di starla a sentire oltre, ma il suo buon cuore le
impedisce di andare via.
«Come?»
chiede, un barlume di speranza ad inondarle il petto.
«Tua
madre non ti ha insegnato proprio niente, vero?»
Quella
domanda è crudele. Quella domanda non merita nemmeno di essere
posta.
Biancaneve
stringe le dita intorno al collo della bottiglietta fino a farsi
sbiancare le nocche, mantenendo comunque la sua compostezza. Eppure,
il gesto ha destato qualcosa nella Maga, che ora la guarda come a
dirsi di aver avuto ragione.
«Allora
te lo dico io, piccina, come stanno veramente le cose a questo mondo!
Siamo divisi a metà, tesoro mio. Una metà è pura e dolce,
armoniosa e leale, devota e pacata... Insomma, tutto ciò che c'è di
buono è in quella metà. Capito?»
La
mora annuisce. «E nell'altra cosa c'è?»
«Come
sei ingenua!» la schernisce la Maga, appoggiandosi al tavolino per
dare maggiore enfasi alle parole. «Nell'altra c'è tutto il resto»
Biancaneve
impiega meno di mezzo secondo per sussurrare pateticamente: «Il
male!»
«Come
sei estremista, stavolta» Lo sguardo della sconosciuta è
praticamente neutro. «Male
è una parola molto vasta, sai? Anche arrabbiarsi un po' è male, ma
non fa certo del male al prossimo, no? Poi c'è l'altro male, quello
estremo... Quello sì, fa davvero male» Ma di fronte al brivido
della ragazza, aggiunge: «Tu non hai mai fatto del male a nessuno. A
te, invece, ne hanno fatto così tanto! Con questa – e indica la
pozione – potrai dire addio al dolore, potrai guadagnare ciò che
ti spetta di diritto e potrai vendicarti della Regina»
«Io
non voglio vendicarmi» sussurra Biancaneve, atteggiando il volto
alla compassione per sua madre.
«Tutti
vogliono vendicare i torti subiti, sciocca! Tutti, anche i più
buoni, anche tu,
credimi»
La
ragazza non risponde direttamente, ma fa notare in tono pacato: «Non
hai ancora risposto alla mia domanda: come potrò ottenere la
libertà?»
Il
ghignò della Maga si estende nel dire: «Mettendo per un po' in
secondo piano la metà buona e facendo vincere... l'altra metà»
«Vuoi
farmi diventare malvagia!»
«Voglio
farti realizzare un sogno, il tuo sogno più intimo. È questo che la
pozione fa: vede i tuoi sogni e fa in modo che tu li realizzi. Magari
il tuo vero sogno non implica l'altra metà, questo è chiaro»
«D-Dunque
posso stare tranquilla?»
«Ma
certo, bimba! Se conosci te stessa e i tuoi desideri, devi
stare tranquilla! Questo filtro non fa niente che non voglia essere
fatto. Tu conosci i tuoi desideri?»
Biancaneve
annuisce piano, fissando il liquido con maggior sicurezza.
«Allora...
bevi!»
Ma
Biancaneve non conosce i suoi più profondi desideri.
Non si udì nulla quando, con precisione metodica, i
nani abbatterono le guardie armate una ad una. Erano tozzi e
sproporzionati, ma il lavoro nelle miniere aveva migliorato agilità
e forza, nonché reso i movimenti più ovattati: erano diventati dei
perfetti assassini della notte.
Mammolo tolse l'ultimo pugnale corto dalla giugulare
dell'ultimo soldato con una luce di insana mania negli occhi. Uno
spruzzo di sangue gli insozzò la barba, ma egli non parve farci
caso. Ripose l'arma ancora grondante nella cintura e si affrettò a
tornare agli ordini della fanciulla.
Dal canto suo, Biancaneve osservava il cielo. Non c'era
la luna. Se ne riusciva ad intravedere il chiarore offuscato da
coltri di nubi che, nonostante la distanza, non faticò a connotare
di un grigio opaco, tendente al bianco.
Sarebbe nevicato di lì a poco, lo capiva, sentiva il
freddo pungerle le ossa e il midollo. Era una sensazione che avrebbe
volentieri evitato, ma non osò dare segno di cedimento, non di
fronte ai sette nani, non ad un passo dalla vendetta.
Ricompensa, è la nostra ricompensa, non vendetta,
pensò, o meglio, si impose di pensare in tali termini. Non era solo
il capriccio di una notte, di un momento. Quello era ciò che le
spettava. Stava soltanto andando a riscuoterlo.
Bastò che voltasse la schiena al grande portone in
legno e ferro per far capire a tutti gli altri che non avrebbero
preso quella strada: passare dall'ingresso avrebbe significato dover
affrontare altre guardie e perdere del tempo per ucciderle una ad
una. Il suo sguardo, infatti, si fissò sugli alti alberi del
giardino, di quel meraviglioso giardino cui aveva dedicato la sua
adolescenza e che ora aveva sgombrato di eventuali seccatori.
Nell'oscura foschìa, Biancaneve riuscì a dare forma al vecchio
pozzo che apparteneva a quella casa da sempre, ne era convinta.
In un brevissimo istante, come se fosse il suo presente,
vide il suo principe oltrepassare quello stesso pozzo per convincerla
ad uscire dall'involucro di tendaggio, a parlargli, a rispondere alla
sua serenata d'amore.
Ma quello non era il presente.
Raggiunta la struttura di pietra, seguì con le iridi il
profilo sicuro del maschio, raggiungendo intuitivamente la sua camera
da letto. Se non andava errata, poco più a sinistra, vi era quella
di sua madre.
«Il vostro compito finisce qui» sibilò, diretta ai
nani. «Dovete aspettare qui. È un ordine. Conoscete la punizione»
Come se il solo pensiero della pena da scontare fosse la
pena stessa, i sette si ritrassero istintivamente, facendosi scudo
gli uni con gli altri.
Approfittando del momento di smarrimento dei suoi
scagnozzi, Biancaneve legò saldamente le corde alla leva del pozzo;
quindi, febbrilmente e con cautela allo stesso tempo, lasciò
scivolare dalle sue spalle il mantello – non senza avvertire un
brivido a causa delle condizioni climatiche. Un soffio gelido agitò
le fronde dei ciliegi, dandole qualche secondo in più per calcolare
i suoi piani. Quando il vento smise di ululare e la sua pelle si fu
abituata alla nuova sferzata di gelo, ella decise di avvicinarsi al
muro irregolare. Lo tastò con attenzione, provando a delineare
visivamente le scanalature che percepiva sotto le dita, ma fu
inutile: tutto ciò che poteva guardare distintamente era la scia di
rampicanti che saliva fino al limitare delle torri.
Con un sospiro di rassegnazione, considerò che la vista
minorata non le sarebbe stata che d'impaccio. Chiuse gli occhi,
quindi, affidandosi completamente agli altri sensi che sperava
fossero più sviluppati da infonderle sicurezza.
In quel modo, accorta e silenziosa, diede inizio alla
scalata.
-
I capelli di Grimilde giacevano in disordine sul cuscino
dalla tonalità violacea o comunque scura. La vista di quel manto
liscio e folto che ricopriva buona parte della superficie del tessuto
lasciò Biancaneve così di stucco da farle dimenticare il motivo
della visita per diversi interi minuti. Non aveva mai visto
sua madre senza il copricapo che indossava costantemente, nonostante
avesse potuto smettere il lutto per la scomparsa di suo marito da
molto tempo. La ragazza, nella purezza infantile, aveva associato
quel comportamento al Vero Amore che la regina provava nei confronti
del re suo padre. Le era sempre piaciuta, come ipotesi, ed era troppo
piccola perché la sua testolina divagasse su altri sentieri. In quel
momento, invece, le apparve incredibilmente chiaro il motivo di tale
scelta: sua madre era dotata di una bellezza indiscutibile, ma era
solo per se stessa, come quella chioma, che anche così deposta, era
foriera di fascino, di femminilità sensuale, di donna oltre che
sovrana. Grimilde non aveva mai voluto condividere tutto di sé,
nemmeno con sua figlia. L'aveva tagliata fuori dalla sua vita non
appena aveva emesso il primo vagito – ciò era molto probabile. Non
una carezza affettuosa, non un gesto materno le aveva riservato. Solo
ordini, espressioni severe, insoddisfatte, e infine invidia,
sentimento che l'aveva portata ad ucciderla, non fosse stato per
l'arrivo dei suoi aiutanti e fidi amici.
Biancaneve strinse il tessuto della gonna con furore
crescente mentre le riaffiorarono i ricordi di tutte le volte in cui
aveva sopportato di doversi vestire di stracci a strofinare il
pavimento fino a farlo luccicare senza poter sperare in un sorriso da
parte di sua madre, della donna che avrebbe dovuto darle amore prima
ancora del suo principe, prima del resto del mondo.
Scosse appena il capo: doveva concentrarsi sul da farsi
piuttosto che sulla tristezza della sua vita. Con piena coscienza
della situazione, pestò il piede a terra tre volte, aumentando
progressivamente l'intensità del tocco. Non dovette aspettare molto
prima che un movimento di lenzuola agitasse l'atmosfera della stanza
da letto. Poco dopo, il busto della regina, sorretto da un braccio
piegato, si stagliò incerto sul materasso e, dall'inclinazione che
ebbe il secondo arto, Biancaneve intuì che la donna si stesse
passando una mano sulla fronte. Dunque, per darle conferma della sua
presenza, uscì dall'ombra dell'armadio di faggio cui si era
appoggiata per godersi indisturbata lo spettacolo.
Ciò che seguì fu così rapido che la stessa fanciulla
ne rimase brevemente interdetta: un fulmineo guizzo per accendere una
delle candele sul comodino accanto al letto ed un faccia a faccia
che, seppur previsto – agognato –, non poté che provocare
una fitta alla più giovane. Tuttavia, ella non fece nulla per
reprimere il ghigno di puro sadismo di fronte all'espressione
sconvolta di sua madre. Alla tremula luce della candela, che spandeva
sul viso pallido di Grimilde giochi di luci e ombre, Biancaneve
dovette ammettere che fosse davvero una bellissima donna, soprattutto
lo notò nel seguire minuziosamente l'operazione di recupero del
controllo che la sovrana fece per riacquistare un contegno degno di
sé.
«Che ci fai qui?» le chiese con voce incolore e per
niente impastata dal sonno appena interrotto.
Strega.
«Vengo a salutarvi, madre» Fu un sibilo agghiacciante,
ma nessuna delle due parve accusarlo in maniera evidente.
«Bentornata, dunque»
Questo colpì Biancaneve. Si conficcò le unghie nel
palmo della mano, stringendo sempre più forte fino a sentir pulsare
appena la carne viva.
«Non siete cambiata affatto, madre» constatò,
cercando di non forzare la voce.
«Difficile cambiare in meno di un mese, mia cara» la
schernì Grimilde, issandosi perfettamente a sedere sul letto fino ad
intrecciare le mani in grembo. «Non è passato molto tempo
dall'ultima volta in cui ci siamo viste, non credi anche tu? E, a
dirla tutta, non mi aspettavo di incontrarti così presto»
«Mi aspettavo di non incontrarvi più»
Dalla spontaneità con cui la regina annuì, la ragazza
dedusse che avevano condiviso la stessa impressione.
«Cosa vuoi?»
«Mi mancavate, madre»
Una risata sincera scaturì dalla gola di Grimilde. Con
grazia si posizionò una ciocca di capelli – d'ebano, come quelli
di sua figlia – dietro un orecchio, temporeggiando nel dire
qualcosa.
«Mi credi davvero così sciocca da crederti?» parlò
infine, senza smettere l'aria di superiorità che l'aveva sempre
contraddistinta. «Dopo tutto ciò che c'è stato tra noi... Dovrei
anche prestare attenzione a quello che dici?»
«Io vi ho prestato la mia attenzione persino quando mi
sentivo odiata»
Parte del viso di Grimilde si oscurò quando si volse a
guardarla – a tentare di guardare – al meglio delle
possibilità. Non aprì bocca, ma lo sguardo di ghiaccio bastò
perché Biancaneve avvertisse una stilettata al cuore. Per un attimo
aveva pensato di potervi individuare del rimorso, del dispiacere, una
conversione improvvisa o forse celata per troppo tempo. Ad una
seconda analisi, invece, la consapevolezza che quella fosse soltanto
indifferenza verso di lei le fece sentire opprimenti lacrime pungerle
gli occhi fino a farle abbassare le palpebre per impedir loro di
uscire. Quando l'ebbe riaperte, sua madre manteneva ancora il
cipiglio.
Non ha mai finto, realizzò con un dolore più
forte di quanto si aspettasse. Non è mai stata una maschera.
«Bene, sono qui. Ti ascolto, se è questo che vuoi»
annunciò la regina con un vago sospiro che non fece altro che
irritare ancora di più la figura fremente addossata al muro.
«Non è necessario che ascoltiate, madre» berciò
Biancaneve, muovendo un passo verso il letto. «Non me,
almeno»
Il capo di Grimilde ruotò appena in cerca di qualcun
altro all'interno della stanza, ma erano sole, madre e figlia.
«Non capisco» ammise lasciando trapelare perplessità
dalla voce; perplessità che arrivò a deformarle i tratti del volto
nell'udire la risposta.
«Dovrete ascoltare voi stessa, madre. Dovrete
sentirvi pregare per ciò che ho sempre desiderato di ottenere»
Rabbia. Biancaneve era la rappresentazione di una
rabbia a lungo covata, di un odio difficile da placare, di un
sentimento violento che la fece gioire non poco nel riconoscere
tracce di terrore nell'interlocutrice.
«Fa paura non sapere, vero?» la canzonò, sempre più
vicina, sempre ancorata agli occhi materni. «A me fa male, invece,
sapere che non avete mai guardato ai miei bisogni, a me come figlia»
Parole forti, dure, ma che non ebbero comunque il potere
di scuotere la sovrana. Ella rimase composta, tacita, famelica
soltanto di intuire i piani della piccola.
«Sentirete sulla vostra pelle, madre, ciò che avete
fatto a me»
«Biancaneve, che cosa stai dicendo?» La voce di
Grimilde si incupì, tremò fino a spegnersi, in attesa.
«Siete davvero così impaziente?» La fanciulla era
consapevole di essere entrata pienamente nel campo di luce della
candela, ed era fiera del suo ghigno scoperto: un ghigno rosso sangue
su un volto diafano.
Era ormai a qualche piede dal letto, ma, evitando di
sedersi accanto a sua madre, deviò la traiettoria, preferendo il
comodino come obiettivo dei suoi occhi. Si permise di guardare la
donna con maggiore attenzione: di nuovo, la vide concentrata solo su
se stessa, cieca alla ragazza che aveva messo al mondo; continuava a
non accorgersi della sofferenza del suo stesso sangue.
Sangue.
«Non avete risposto, madre» sussurrò chinandosi sulle
ginocchia fino ad incrociare frontalmente gli occhi dell'altra.
Trattenne a stento l'impulso di schioccare la lingua sul palato in
un'esternazione di soddisfazione nel rilevare che le pupille di
Grimilde erano dilatate – e non solo per la poca luce. «Siete così
impaziente?»
Le giunse solo un muto fremito a ribattere. «Lo prendo
per un sì», e Biancaneve tese il collo a schiudere le labbra
nell'atto di soffiare sulla fiammella accesa.
«Aspetta, ragazzina!» tentò la madre, spostandosi a
disagio sul materasso. Il supplice grido arrivò tardi, però: un
alito nella stanza aveva già spento la candela, immergendo ancora
una volta l'ambiente in quell'oscurità ovattata che sembrava non
voler abbandonare la notte.
«Non sono più una ragazzina, madre»
Chiunque l'avesse sentita in quell'attimo, avrebbe
potuto definire il suo tono di voce con un solo aggettivo: malato.
«Ragiona, folle!» Se la regina avesse voluto darle un
ordine, Biancaneve non lo capi: quelle parole le arrivarono alle
orecchie come uno scongiuro, un'implorazione, la preghiera di un
condannato.
«Mi chiamate folle? Ebbene, lo siete anche voi –
sapete, voglio ripagarvi con la stessa moneta»
Il letto affondò nel punto in cui la ragazza aveva
adagiato una gamba per aiutarsi ad issare l'intero corpo.
Si sarebbe aspettata molte cose, in quel frangente, ma
non aveva assolutamente previsto che, d'improvviso, la mano tremante
di sua madre fosse sul punto di sfiorarle il ginocchio
frettolosamente, per poi quasi rifuggire colpevole nell'entrare in
contatto con il tessuto della sua gonna. Fu invece sconcertante
avvertire la stessa mano ripensarci e tuffarsi sotto il cuscino, alla
spasmodica ricerca di qualcosa – ed ella non impiegò molto a
capire cosa cercasse.
Accadde in un battito di ciglia: veloce, Biancaneve
estrasse dalle pieghe dell'abito un pugnale e, con forza e freddezza,
lo infilzò nell'avambraccio di Grimilde. Tutto ciò che quest'ultima
riuscì a fare fu strozzare un grido di dolore misto a terrore nel
sentirsi trapassare la carne dalla lama fredda e affilata.
«Abitudini di famiglia, madre, non trovate?» ironizzò
la figlia che, senza perdere ulteriore tempo, premette le dita libere
sulla gola della donna, stringendo delicatamente ma con
determinatezza, il necessario per ridurre l'urlo ad un filo di voce
rauca quasi inudibile.
«Già vi lamentate così?» rise percependo il rantolìo
della creatura che, ormai, giaceva sotto il suo corpo contorcendosi
come poteva.
La piccola si mise più comoda prima di sfilare il
pugnale dall'arto di sua madre, ignorando le sue proteste fisiche per
liberarsi.
«Piangere non vi salverà la vita, risparmiatemi queste
scene patetiche!» abbaiò quando avvertì una lacrima bagnarle il
dorso delle dita che pressavano sul collo di Grimilde.
Solo quando l'antica regina sembrò completamente
sottomessa al suo volere, Biancaneve scelse di chinarsi lentamente su
di lei, guidata dal tatto e dal calore bollente dei corpi. Abbassò
il capo per sfiorare con le labbra il lobo dell'altra in un gesto
incoerente con l'aggressione appena commessa, ma non parve coglierne
la stranezza.
«In fondo, madre, io vi ho amata» mormorò, infatti,
con estrema tranquillità; tranquillità che perse ragion d'essere
non appena un singulto straziante seguitò quell'affermazione.
«Volevo solo che lo sapeste» rincarò stizzita,
rinforzando la pressione sull'esofago, non lasciando a sua madre
alcuna scelta, alcuna capacità di replicare. Non ce ne fu tempo,
d'altronde: Biancaneve alzò il pugnale a mezz'aria, incurante del
sangue che già colava dall'acciaio sporcandole la mano.
Una scintilla di perversione nello sguardo, un rumore
come di stoffa stracciata e la camicia da notte di Grimilde giaceva
viscida e a pezzi sull'addome della vittima.
Squarciò mirando dritta al cuore, distruggendo quel
petto fiorente che, a poco a poco, smise di agitarsi: la regina aveva
sbarrato gli occhi, lasciandosi cadere contro le coperte per l'ultima
volta.
Se ci fosse stato uno spiraglio di luce nella notte,
Biancaneve avrebbe letto nelle iridi di sua madre quella pura,
idonea, disperata paura che non era stata in grado di urlare. Non
v'era più indifferenza.
Ma la notte rimase nera.
-
I nani accolsero rumorosamente l'odore forte e acre del
sangue fresco di cui l'abito e gli arti di Biancaneve erano pregni.
La padrona lo capì subito dal modo in cui si ritrassero quando la
riconobbero tornare da loro. Preventiva, nascose il pugno chiuso
dietro la schiena, occultando con fare protettivo il cuore strappato
dal cadavere di sua madre, come chi custodisce gelosamente un oggetto
da collezione: non poteva permettersi che scappassero in quello stato
o che, peggio, le si rivoltassero contro.
«Andiamo. Il lavoro è finito»
Riluttanti ma docili, i sette si disposero in attesa di
compiacerla, e non protestarono in alcuno modo quando ella afferrò
di nuovo i guinzagli per assicurarsi che le rimanessero accanto. Tra
loro, uno soltanto mostrò la volontà di avvicinarla con affetto:
era Cucciolo, ma la ragazza lo cacciò malamente, facendolo tornare
nei ranghi risentito. Dovette ammettere a se stessa di aver sentito
come una fitta di rammarico per quel gesto cattivo.
Questo le ricordò che c'era qualcos'altro da fare,
ancora, prima di poter considerare il lavoro davvero concluso.
«Potresti
subire qualche cambiamento, bambina, ma niente di grave»
Le
parole lanciate in fretta della Maga scuotono non poco Biancaneve,
che sgrana di occhi e fissa la donna di nuovo con fare sospettoso.
«C-Cambiamenti?»
le fa eco, assottigliando le dita contro la superficie liscia della
fiala dal contenuto violaceo: improvvisamente, non è più così
convinta di voler proseguire.
«Ma
sì! Oh, come sei sciocca! Dipende tutto dal tuo desiderio più
profondo, mi sembra naturale» La voce della Maga trasuda semplicità
e facilità. È quasi impossibile non fidarsi di una persona così.
«Ad
esempio?» chiede, solo per sicurezza. Le viene da sorridere nel
vedere il gesto insofferente che l'altra le mostra.
«Un
esempio, eh? Che so, bimba mia! La pozione amplifica le tue capacità,
le tue caratteristiche in modo che tu possa realizzare il tuo sogno!
Capito?»
«Dunque...
Se il mio desiderio è nuotare, io saprò farlo. Non è così?»
La
Maga la osserva con una malcelata esultanza. «Sì, piccina! Hai
capito!»
Biancaneve
è felice: pensa che finalmente sposerà il principe, anche se è
così lontano da casa per sbrigare alcune pratiche del suo regno –
non ha ben capito di cosa si tratti, ma le è stato promesso che tra
poco saranno di nuovo insieme, e stavolta per sempre.
Ora
è curiosa, la ragazza dai capelli d'ebano. È curiosa di sapere cosa
la pozione le riserverà per dar credito al suo più profondo
desiderio. Adesso, invece, è dubbiosa: e se non fosse quello il suo
desiderio? In fondo, lo sposerà comunque, il suo principe, anche
senza l'aiuto di un filtro. Le serve davvero quel liquido magico?
Razionalmente, no, no che non le serve: il suo principe tornerà, a
breve, e la chiederà in moglie come si deve. Se quello è il suo
sogno, può anche restituire il tutto alla Maga, ringraziarla e
spiegarle che non ne ha necessità.
Sta
per farlo, infatti, quando arriva una domanda a coglierla di
sorpresa.
E se lo usassi per aiutare mia madre?
Biancaneve
sa che, fin da quando era piccola piccola, solo una bambina indifesa
e speranzosa di ricevere bontà dall'ultimo componente della famiglia
che le era rimasto, ha ottenuto solo saluti formali e poco sentiti.
Sa anche che c'è del buono in ogni essere vivente, sa che sua madre
non voleva davvero ucciderla quando ha ordinato al cacciatore di
strapparle il cuore dal petto, sa che le vuole bene pur avendo
provato ad ammazzarla. Lo sa, e sa che vorrebbe fare qualcosa per
lei, per farle capire come tirar fuori la parte buona di sé – l'ha
detto anche la Maga che quella parte esiste. Sì, è il suo più
grande desiderio, quello che non ha mai confessato neanche al suo
fidanzato. Ricorda fin troppo bene l'espressione preoccupata del
principe nel dirle che la regina era riuscita a scappare dall'attacco
dei nani, tornando al castello e fortificando il palazzo come a
barricarvisi dentro. Non che le augurasse la morte, ma “La sua
presenza è pericolosa per te, mia cara”, aveva detto. La fanciulla
non aveva trovato il coraggio per comunicargli la felicità provata a
quella rivelazione, ma ora sente di potercela fare. È tutto ciò che
vuole, sì, sicuramente.
Biancaneve
rinsalda, così, la presa sul contenitore di vetro. «D'accordo»
La
Maga non trattiene neanche per un secondo il sorriso di trionfo che
le increspa le labbra. «Benissimo! Ma tieni a mente una cosa,
piccola mia: una volta che tu avrai realizzato il tuo desiderio e i
cambiamenti... se ci saranno, s'intende... insomma, se i cambiamenti
non ti serviranno più, devi solo bere di nuovo quel liquido. Hai
capito?»
«Come
se fosse l'antidoto del suo stesso effetto. Sì, ho capito»
La
Maga batte le mani festosa, avvicinandosi a lei con una parvenza di
ingordigia negli atteggiamenti. Soltanto adesso la ragazza capisce di
doverle qualcosa.
«Qual
è il prezzo, Maga?» domanda, sperando di sembrare gentile
nonostante la dimenticanza.
«Oh,
tesoro! Non mi devi niente! Mi piace fare del bene al prossimo,
carissima!»
Per
quanto la voce di quella donna sia melliflua e ancora vagamente
inquietante, Biancaneve non può fare a meno di dirsi di star
fronteggiando una persona decisamente buona.
«Assisterò
soltanto alla tua felicità, bimba bella!» ripete la Maga,
stringendo le mani alla ragazza con fare gentile e caritatevole. Non
le importa molto di capire il senso profondo di quella frase, ma le
basta.
«Grazie,
grazie con tutto il cuore!»
Non
passa molto tempo prima che la donna si congedi, lasciando la giovane
sola con la sua fiala che non teme più. È per questo che non esita
a bere il liquido viola. Non ha previsto di doverselo staccare dalle
labbra con foga. Non ha previsto di sentire il mondo girare intorno a
sé. Non capisce perché, ma in un attimo la cucinetta dove si trova
ha preso a vorticare frenetica, come mossa da una forza esterna. Non
sa definire cosa le stia bruciando il cuore e il petto. Le sfiora la
mente il dubbio che sia solo tutta una sua impressione, ma non fa in
tempo a formularlo per intero: riesce a salvare la boccetta giusto un
momento prima di cadere a terra incontrollatamente.
Quando
riapre gli occhi, intorno a sé tutto è fermo. Ci sono i nani che la
guardano con occhi diversi, da bestie. La fanciulla vede la fiala
accanto a loro: hanno bevuto parte della pozione, forse per
accertarsi che non fosse niente di grave, e ora non desiderano che
soddisfare l'amica, a lungo protetta dalle grinfie del Male.
Assottiglia
appena gli occhi, Biancaneve, mentre pensa e si analizza, scruta
dentro di sé, nel suo cuore, alla ricerca del suo grande sogno.
Uccidere mia madre la Regina Cattiva.
Snuda
i denti e ride, e ride ancora perché i sette ripetono il suo gesto
come se fossero il suo specchio. Ora che ci ragiona su, quegli
sguardi malvagi la riflettono appieno.
Il
riso si fa più forte.
Non percepì il fetore del sangue fin quando una folata
di vento aspramente gelido le fece accapponare la pelle.
Biancaneve alzò gli occhi ad inquadrare il paesaggio
che le si presentava, ma ricordò troppo tardi di non poter vedere
nulla a causa del buio completo. Non che le importasse molto, in
fondo: aveva la mente ancora ingombra delle immagini di sua madre, di
come le era parsa totalmente crudele anche nei suoi ultimi istanti di
vita – aveva tentato di ucciderla di nuovo, e l'avrebbe fatto,
stavolta senza interferenze, se la giovane non fosse stata così
spietata nell'agire.
D'istinto, artigliò le dita nella carne ancora morbida
dell'organo che aveva in mano, sentendo gocce di sangue stillarle
sulla pelle.
Ricordava anche di essersi ferita durante la delicata
operazione, ma sul momento aveva deciso che quel taglio, per quanto
profondo, avrebbe atteso. Lì, con quel freddo a fenderle il corpo
quasi scoperto ad eccezione del mantello, le labbra del graffio
presero a pizzicarle insopportabilmente. Si morse la lingua, sperando
che quel dolore annullasse il primo.
Un ringhio di frustrazione le colorò la voce nel
momento in cui l'ennesima scia di vento le scompigliò i capelli.
Data la potenza dell'aria, Biancaneve comprese di essere uscita dal
portico del castello. I suoi occhi cominciavano fortunatamente a
distinguere molte sagome cariche di nero, tanto da tranquillizzarla
sulla via del ritorno: non avrebbe faticato a ritrovare il viale, il
ponte di pietra, il sentiero dei cacciatori nel bosco e la capanna.
Fu comunque costretta a fermarsi sul posto, in silenzio,
tirando le catene che teneva strette al polso per bloccare l'avanzare
dei nani. Qualcosa l'aveva colpita sul viso, lasciandole una
minuscola – ma percepibile – chiazza bagnata sulla guancia di
porcellana. Alzò la mano che occultava il cuore di Grimilde per
asciugarsi quella lacrima non versata: neve, un delicato fiocco di
neve che le si era appuntato sul volto.
Il tempo è davvero cambiato, pensò con una
punta di agonia nella coscienza. Le tornò alla mente una lontana
mattina d'inverno, anni addietro, poco prima che suo padre morisse.
Era esattamente l'ultimo ricordo felice che avesse del suo vecchio,
malato genitore. Avevano giocato a lungo con la neve, con
quell'elemento che apparteneva al suo stesso nome. Erano stati così
felici, così puri, ma in quella notte senza luna tutto ciò che
riusciva a provare era odio, irritazione, ira.
Si passò rabbiosamente le dita sulla gota per scacciare
il fiocco e le memorie del passato, non badando al sangue che,
probabilmente, le stava imporporando la parte sfiorata. Con un unico
gesto fulmineo, la fanciulla coprì la testa con il cappuccio leggero
che le penzolava sulla schiena.
Riprese il cammino con mestizia, mentre un nodo
cominciava ad ostruirle la gola con inaudita prepotenza: tutto ciò
che ora desiderava era tornare a casa.
-
Il bosco era silenzioso, eccetto che per il lievissimo
fruscìo delle foglie agitate da un vento molto più leggero di
prima. Nevicava ancora. I capelli e il mantello di Biancaneve erano
completamente bagnati quando giunse sull'uscio della capanna,
aprendolo con slancio. Si meravigliò nell'accorgersi di aver
lasciato la candela a consumarsi inutilmente, lì, accesa sul
tavolino di legno.
Tanto meglio, pensò quindi, socchiudendo gli
occhi a quella luce inattesa che le ferì le iridi. Il chiarore
soffuso illuminò parte del vialetto e soltanto allora ella si
accorse di quanta neve fosse già caduta: un tappeto bianco ricopriva
quello che fino a poche ore prima era stato un praticello verde
dall'erba tagliata bassissima da mani soffici, le sue.
È
ora di tornare.
Senza permettere che la porta le si chiudesse dietro le
spalle, Biancaneve sganciò la fiala, che finora le era rimasta
appesa alla gonna, e la stappò con una modesta pressione dei denti.
Rivoltandola, facendo ben attenzione che neanche una goccia del
liquido viola ricadesse sulla neve, umettò l'indice con il
contenuto, resistendo strenuamente alla tentazione di bere per prima.
«Qui, uno per volta» ordinò, ma la sua voce aveva
perso vigore.
Per primo le si avvicinò Brontolo, grugnendo
stancamente. Stette stoico ad attendere eventuali richieste: il suo
desiderio era ancora esaudire le volontà della donna per cui sarebbe
volentieri morto.
Biancaneve si limitò a passargli il dito sulle labbra,
a dargli una spinta per farlo entrare dentro la casupola e a fare
segno al prossimo di imitarlo. Forse rassicurati, forse infreddoliti
e sognanti un letto comodo su cui dormire, i nani eseguirono con
celerità, ricevendo ognuno lo stesso trattamento, semplice, indolore
e apparentemente privo di senso.
Quando anche l'ultimo dei sette fu rientrato, un po'
barcollante, nella familiare abitazione, Biancaneve fece qualcosa che
non aveva previsto di fare: si portò il cuore di Grimilde al petto,
come se potesse sentirlo ancora battere, stringendolo in un abbraccio
impossibile da ricambiare. Restò in quella posizione per qualche
minuto, ad occhi chiusi, noncurante del freddo e dell'ambiente
circostante. Voleva soltanto vivere un ultimo momento con ciò che le
restava di sua madre senza doversene sentire atterrita, impaurita,
disgustata.
Avrebbe mantenuto ancora il cuore senza vita premuto
contro il suo, ben pulsante nella gabbia toracica, se solo non fosse
giunto un maschile grugnito di dolore dalla casa. Sussultò
nell'udirlo distintamente, mentre il timore – la certezza –
di esserne la sola e unica responsabile le invadeva l'anima.
Io ho ceduto, io ho fatto del male, io
ho odiato, io li ho resi ciò che sono stati in questi giorni,
io li ho indotti a testare sulla loro pelle qualcosa che non
avrebbero dovuto mai provare. Io ho rovinato tutto.
Di colpo, sentì le gambe non sostenere più il suo
esile corpo. Crollò a terra, cercando di salvare dall'impatto ciò
che stringeva in entrambe le mani. Percepì un passeggera fitta alla
spalla, ma decise che il secondo urlo di terrore fosse più doloroso
di qualsiasi male si fosse procurata all'istante. Fu quando ne
seguirono un terzo, un quarto e un quinto che comprese: voleva
cambiare all'istante.
Constatando che la pozione era ancora al suo posto,
Biancaneve se la portò alle labbra, le mani che tremavano senza
sosta tanto da istillarle la paura che quel contenuto potesse non
arrivarle alla gola, ma preferire il terreno candido ad un corpo
immondo.
Bevve tutto d'un fiato, tossendo convulsamente quando il
liquido le bruciò la lingua. Ricordava di non aver avuto quella
reazione la prima volta, ma non ebbe la forza di continuare il
ragionamento: il petto le fu scosso da uno spasmo violento che
l'appiattì contro il suolo. Si accorse di aver rotto la bottiglia
quando una scheggia di vetro le ampliò il già presente graffio che
sembrava aver smesso di protestare. Avrebbe voluto gridare per la
fitta che le procurò, ma qualcosa le impediva di farlo, persino
respirare le risultò difficile. Non capiva più nulla, guardava la
neve, le sue mani ma non le vedeva davvero. Desiderava, ora, che
quella sofferenza svanisse nel nulla, ma l'effetto della pozione
scemava sempre di più: niente le avrebbe permesso di realizzare un
altro sogno, niente le avrebbe tolto il peso che gravava sulla sua
mente e che non si era accorta di avere.
Protese il collo verso l'alto senza un motivo preciso, o
forse sperando di poter alleviare il tormento stendendo i muscoli. O,
ancora, credeva di poter rivedere la faccia della luna illuminare il
paesaggio, illuminare lei, darle la via.
Vide tutt'altro: dietro ad un nodoso tronco arboreo
un'ombra verticale si stagliava sulla radura. Se non avesse avuto a
sua disposizione la tremula fiammella della candela a spandere un po'
di chiarore, Biancaneve non avrebbe intravisto la figura un po' curva
di una persona dai capelli lunghi parzialmente nascosti da quello
che, ad una prima impressione, le parve essere un mantello. La
fanciulla strabuzzò gli occhi prima di balbettare, incerta:
«Ma-Maga...?»
Una risatina gutturale le riempì le orecchie, seguita
da uno scintillio sinistro sul fianco di quell'individuo.
Che cos'è?, si chiese, cercando di rialzarsi
colta da un terribile presentimento.
Era riuscita ad issarsi sulle ginocchia con movimenti
impacciati quando la candela si spense definitivamente, ormai
consumatasi del tutto. L'ultima cosa che le rimase impressa nella
retina fu la visione delle sue dita atte a racchiudere il cuore di
sua madre su un bracciolo di neve rossa sotto un cielo senza luna.
Nelle orecchie, l'ultimo grido dei nani.
Sovvenne il buio.
FINE
Note:
[¹]:
nel film d'animazione, Grimilde è la seconda moglie del padre di
Biancaneve, dunque sua matrigna, ma l'elemento è ripreso da altre
versioni della fiaba che vogliono la regina come genitore della
protagonista.
[²]:
la Maga altri non è
che la trasformazione di Grimilde nella vecchia donna che offre la
mela a Biancaneve. Le due figure, in questa storia, NON sono la
stessa persona, ma sono sdoppiate per economia della trama: la regina
è la regina, la Maga è la Maga.
Angolo
dell'Autrice: In
ritardo, ma... Buon Halloween a tutti voi!
Avrei voluto
pubblicare prima qualcosa per l'evento, ma non ci sono riuscita per
motivi scolastici.
L'idea mi balenava
da un po' nella mente, e la definitiva riscoperta delle principesse
versione dark mi ha dato l'input necessario per buttarla giù.
Negli avvertimenti
ho inserito l'OOC perché, pur essendo ampiamente spiegato il motivo
per cui ognuno dei personaggi agisce nella maniera in cui agisce, è
innegabile che siano OOC! Se credete che sia superfluo, ditemelo e lo
ometterò dalle caratteristiche! ;)
Ringrazio
calorosamente e preventivamente tutti coloro che arriveranno fin qui
a leggere questa storia assolutamente senza pretese, ora e in
seguito, chi vorrà inserirla in una delle liste e chi vorrà
lasciarmi il proprio parere, negativo, positivo o neutro che sia!
Siete tutti i benvenuti, non fatevi scrupoli!
Sperando di avervi
suscitato qualche emozione, io vi saluto e vi mando un bacione
immenso! :***
Ciao ciao!
Julie_Julia
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