The winner

di Xandalphon
(/viewuser.php?uid=574648)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


The winner

 

Aveva vinto.

 

Aveva compiuto il suo dovere di kage, di 'ombra'.

 

Il suo unico amico giaceva morto ai suoi piedi. Non sarebbe mai divenuto hokage, come blaterava sin da quando era un noioso ragazzino.

 

Era tutto finito. Era il momento per essere il seme di una nuova era.

 

“Kakashi-sensei, Sakura. A quanto pare ora tocca a voi. Non me ne vogliate troppo, è necessario.”

 

“Grazie Sas'ke-kun.” Lo sguardo di Sakura era freddo, duro. Finalmente aveva esaurito tutte le lacrime. Ogni luce si era spenta nei suoi occhi. Il suo animo si era fatto più arido della sabbia del deserto. “In effetti – continuò – vivere in un mondo in cui il mio migliore amico è morto e l'uomo di cui mi sono innamorata si è ridotto a negare la sua umanità... Beh, non ne vale la pena. A questo punto, forse sarebbe stato meglio se mi fossi fatta intrappolare dalle illusioni di quel dannatissimo albero.”

 

“Posso sempre ipnotizzarti con lo sharingan per mostrarti qualcosa di piacevole, mentre te ne vai.”

Rispose piatto il moro.

 

“Lascia perdere... fai quel che devi fare e fallo in fre...” Non terminò la frase. La katana di Sasuke le aveva già trapassato il cuore.

 

Un lavoro pulito, preciso. A regola d'arte.

 

“Poi dove andrai?” Gli chiese pacato Kakashi.

 

“Non lo so. Quando finirò il lavoro, probabilmente mi ucciderò.”

 

“Speri di essere libero, dall'altra parte?”

 

“Sì.”

 

Un altro colpo. Stessa immacolata precisione.

 

Tanto, anche prima di conoscere Hagoromo, sapeva che non avrebbe più avuto il diritto di essere un uomo.

 

Dopo aver distrutto il juubi, causando la morte di tutti i ninja della terra, raggiunse nuovamente la sommità della cascata. Allargò le braccia e inspirò profondamente. Poi, si lasciò cadere. Il vapore generato dall'incontro tra acqua e aria gli solleticava la pelle, generando una sensazione di fresco, di pulito. Vide quelle minute particelle salire e scendere, giocando a rincorrersi.

 

Inalò a pieni polmoni il suo ultimo respiro e capì.

 

Non sarebbe stato libero nemmeno di là. Non c'è libertà senza un legame. E lui li aveva recisi, tutti.

Ma ormai, era troppo tardi.

 

Non aveva compiuto il suo dovere di uomo.

Aveva perso.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2894832