Quando cala il silenzio (Avatar)
Disclaimer:
Korra, Mako e tutti gli altri personaggi appartengono a Michael Dante
di Martino, Bryan Konietzko e a chi detiene i diritti sull'opera.
Questa storia è stata scritta per puro diletto personale,
pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso.
L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright
dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione
altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso
scritto.
"L'amicizia non ha bisogno di parole: è una solitudine liberata dall'angoscia della solitudine."
- Dag Hammarskjöld -
Quando cala il silenzio
A Kuma_Cla, il mio Avatar personale: tantissimi auguri.
La prima lettera ti arriva che sono passati solo sei mesi da allora, e rimani a fissarla incredula nel mezzo del silenzio, il tramonto che ti bagna le spalle e in gola un addio mai pronunciato.
La carta è semplice e reca il francobollo del Nord, precisamente
della Tribù dell'Acqua del Sud - un orso polare in campo blu.
Te la rigiri tra le mani un paio di volte, stropicciandola e
mangiandone i bordi con le unghie, fino a quando non ti decidi ad
aprirla e a leggerla - è Korra e il tuo cuore manca un battito.
È Korra e tanto basta.
Cara Asami,
mi dispiace non averti scritto prima, ma qui è tutto molto... difficile, ecco.
A breve dovrei iniziare una forma di riabilitazione con Katara e vorrei esserne felice - fidati; lo vorrei davvero - ma sono così stanca, così affranta, che mi chiedo se tutto abbia ancora un senso.
I miei genitori sono gentili, Naga è gentile, gli abitanti sono gentili, tutti sono
così gentili e comprensivi da farmi sentire un peso, una
nullità, un'invalida che ha bisogno della pietà altrui.
Non so se ti scriverò ancora e
se, soprattutto, troverò la voglia di farlo, ma ti prego, non
dire a Mako e Bolin che ho scritto solo a te: se ne dispiacerebbero
troppo e io trovo più facile parlare di queste cose con te - con
un'amica - che con loro.
Alla prossima, Asami.
Korra.
Alzi un sopracciglio, sbatti le palpebre, ne scorri nuovamente le
parole - una per una, virgola per virgola, come se potessero rivelarti
un segreto nascosto - ma niente.
La lettera di Korra assomiglia a quella di una condannato.
La seconda lettera arriva quasi tre mesi dopo e sei nel pieno della tua
attività per Republic City - te la porta un operaio e sotto il
caschetto stai sudando che la metà basta.
Ti cali dalla gru e ti passi una mano tra i capelli, raccogliendoli in
un nodo disordinato e ispido, il sole d'estate che non risparmia un
respiro.
Stessa carta, stesso francobollo, stessa grafia secca e spigolosa.
Quando la apri sai già che sarà piena di rabbia.
Cara Asami,
la mia riabilitazione va uno schifo.
Katara dice che è tutta una
questione di spirito, che la mente vince sul corpo, che ci sono ferite
che solo la volontà può risanare, ma ora la stanchezza
è stata sostituita da una rabbiosa rassegnazione.
Sono furiosa, perché non posso combattere.
Sono irritata, perché non posso guarire.
Nell'insieme, non sono un bello spettacolo.
Vorrei chiederti come stanno andando i
lavori a Republic City (so che hai ottenuto il contratto per la nuova
ferrovia dal sindaco) ma vuoi la verità?
La vita degli altri è tremendamente dolorosa.
Questa volta Korra non si firma nemmeno.
Pensavi che con l'ultima lettera Korra avesse chiuso.
Hai finito la ferrovia e stai iniziando il progetto per il porto quando
l'orso bianco in campo blu fa la sua comparsa dalla pila di scartoffie
che nasconde la tua scrivania.
All'inizio non la vuoi aprire.
Korra era arrabbiata e delusa e sconfitta - una vittima che diventava il carnefice di speranze altrui peggiore.
Vigliaccamente la nascondi nella giacca, ripromettendoti che la leggerai domani.
Quando la vedi rotolare nella lavatrice - coriandoli di parole e carta
- capisci che potresti aver perso anche l'ultimo pezzo rimasto della
tua amica.
Mako gioca con il cucchiaino; lo fa saltare in aria e poi lo riprende, bilanciandolo sulla punta delle dita.
Ha occhi stanchi e un tic nervoso alla bocca - la stira continuamente verso sinistra.
La notte di Republic City è serena; una distesa di stelle e
pochi nembi pallidi che l'attraversano come filamenti sottili.
Il tuo cappuccino è quasi finito e lo stomaco brontola
sonoramente alla vista dei pasticcini che ha portato Mako - cioccolato,
panna e crema, i tuoi preferiti.
Mako alza lo sguardo, regalandoti un'occhiata divertita.
"Fame?"
"Non mangio da pranzo; il sindaco vuole che tutto sia finito l'entro
l'estate." addenti una pasta e non puoi fare a meno di chiudere gli
occhi - è buonissima e soffice.
Mako posa il cucchiaino, osservando con un sopracciglio alzato il suo caffè, ormai freddo.
"Hai sentito Korra?" ti domanda, ponendoti in una posizione scomoda - scomodissima.
"No." menti, afferrando la crema che stava cadendo con il palmo della
mano "È da quando è partita per il Sud che non ho
più avuto sue notizie."
Mako annuisce, allontanando la tazza.
"Neanche Bolin." sottolinea poi "La missione con Kuvira gli sta rubando persino il tempo per scrivermi."
Questa volta è il tuo turno di annuire, grata che l'ombra nasconda la tua espressione colpevole.
"Chissà come sta." mormora Mako "Chissà se le manchiamo."
La panna ha un sapore improvvisamente acido.
Sono passati due anni.
Due anni da quando Zaheer ha schiuso il suo fiore velenoso e famelico,
inghiottendo anche gli ultimi residui d'innocenza di Korra - di tutti
voi.
Hai una nuova sede, un nuovo ufficio e il sindaco è così
contento del tuo operato che ti manda una cesta di Natale ogni anno -
enorme, pomposa e rossa.
Sei nel mezzo di una riunione con gli azionisti quando quella lettera sbuca dalla pila di posta aziendale e decidi di dedicarle il resto della giornata.
Sospiri e rifletti che, in fondo, non può essere peggio delle altre volte.
Cara Asami,
finalmente sto meglio.
Le cure di Katara hanno funzionato e ho ripreso a camminare.
Per la prima volta dopo mesi mi sento
di nuovo me stessa e domani vedrò Tenzin - ovviamente per fargli
vedere i miei progressi!
Sento di nuovo l'acqua sulla pelle e
nel sangue, sento la terra sotto i piedi, il fuoco sulla lingua e tutta
la forza del vento tra le mani.
Non sono ancora riuscita a entrare
nello stato di Avatar, ma immagino che ci vorrà un po' di tempo
(non sono famosa per essere paziente, vero?)
Fra qualche mese potrei persino tornare a Republic City, che ne dici?
Ho già in mente qualche scherzo
per Mako e Bolin (dobbiamo anche parlare di Kuvira e della situazione
della Nazione della Terra, so che capisci cosa intendo)
Ci vediamo presto.
Korra.
Sorridi come non facevi da mesi.
Tenzin vi ha raccontato tutto.
Seduti attorno a un piccolo tavolino del tempio, raggomitolati in
pesanti cappotti, avete visto Korra crollare al suolo e schiacciare nel
pugno promesse e speranze.
Cammina, sì, ma non combatte.
Respira, ma non vive davvero, intrappolata in quella grotta di due anni fa.
Ha gli stessi occhi azzurri, lo stesso sorriso un po' sghembo, le
stesse spalle muscolose e larghe, ma qualcosa in lei si è spento
e Tenzin non è mai stato bravo a mentire.
Bolin mostra uno sguardo perplesso e Mako uno fin troppo consapevole -
bruciano i suoi occhi e ritornano a quella notte, quando Korra si era
sacrificata per tutti loro.
Espiri e le parole si condensano in piccole nuvolette traslucide;
Tenzin smette di parlare solo quando gli fa troppo male il cuore per
continuare.
L'ultima lettera non è una lettera.
È sgualcita e la scrittura appare confusa, asimmetrica, incerta in più punti.
L'apri nella quiete della tua camera, l'inverno che ha finalmente ritirato il suo morso dalla primavera.
Sorridi senza allegria, perché un po' te l'aspettavi.
Cara Asami,
La pagina è bianca, così come lo sono i pensieri e i desideri di Korra.
L'alba illumina il commiato di un'amica per la quale avresti scommesso tutto.
Tre anni non sono poi molti se li vedi in prospettiva - oppure sulla
punta delle dita, senza contare la vita che scorre nel mezzo.
Tonraq tradisce paura ad ogni gesto e Naga si muove inquieto al suo fianco.
"Come sarebbe a dire che Korra non è qui? È partita sei settimane fa."
Tenzin solleva le mani, aprendo la bocca come per dire qualcosa.
"Non lo so, Tonraq. Pensavamo arrivasse con te."
Mako aggrotta le sopracciglia e una linea verticale gli attraversa la fronte - il segno delle grandi preoccupazioni.
Ti fissi la punta delle scarpe, spostando il peso da un piede all'altro.
"Tu ne sapevi niente, Asami?" sibila - ringhia
- Mako e quando incroci i suoi occhi sai che non potrai mentirgli -
è un detective e aver condiviso la pelle e il cuore racconta
più di quanto vorresti.
"No. Cioè, forse. Korra mi ha scritto."
Mako ti prende in disparte, lasciando Bolin con gli altri.
"E...?"
"Stava bene. Almeno... la penultima volta stava bene."
"E poi...?" domanda, scuotendoti leggermente.
"E poi non lo so, Mako, non lo so." ribatti piccata, sfuggendo alla sua presa "Credevo davvero sarebbe stata qui con suo padre."
I lineamenti di Mako assumono una piega spigolosa e durissima, un'accusa dettata dalla paura.
"La troveremo."
"Ne sono sicura."
"Siamo il suo team."
Lo eravamo vorresti
rispondere, ma non ti permetti di cedere all'ansia, cercando
d'arginarla con mani piccole e invisibili, la tua volontà che si
scontra con l'irragionevolezza del dubbio.
Naga uggiola nel silenzio del porto ed è come l'eco di un pianto distante.
Korra ha ancora tutte le lettere di Asami - quelle splendide lettere in
carta pergamena che le raccontano una vita bellissima e piena di
obiettivi, una città che vive e prospera anche senza di lei.
Le tiene tutte legate nello zaino e ogni tanto le sfoglia ancora, cercando un punto stabile nel mezzo del tutto.
L'Avatar la fissa con i suoi occhi troppo luminosi e troppo grandi, la
schiena curva e le catene ai polsi - quelle stesse catene che Korra non
ha esitato a mettergli.
"Non posso." gli dice "Non posso liberarti."
L'Avatar scopre i denti in un ringhio, ciondolando in avanti.
"Non posso." ribatte con più veemenza "Non. Posso."
L'Avatar vacilla qualche istante e poi sparisce, lasciando sola con le sue lettere.
Lasciandola sola davanti al nulla di un'esistenza senza scopo.
|