Vereor Nox: Gwyndolin, il Sole Oscuro di WindSlayer (/viewuser.php?uid=267742)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Questa
è la prima storia che scrivo sul mondo di Dark Souls,
perciò siate clementi, per favore! >.<
E'
la storia (come me la sono immaginata) di Gwyndolin, un personaggio che
ho amato fin da subito. Ovviamente, visto il poco che si sa di lui, la
maggior parte delle cose che scriverò saranno di origine
speculativa, ma cercherò di essere il più fedele
possibile alle poche cose canoniche della sua storia. :D
Cercherò di renderla comprensibile anche per chi non conosce
il mondo di Dark Souls con delle note in fondo al capitolo. Per il
resto... spero di non aver fatto errori grammaticali >.<
Buona
lettura! :D
1“Nell’Era
degli Antichi, il mondo era amorfo e avvolto dalla nebbia: un regno di
rupi grigie, alberi giganti e draghi eterni.
Poi
venne il Fuoco.
E
con il Fuoco venne la Diversità: caldo e freddo, vita e
morte, e infine... Luce e Tenebra.
Poi
dall’Oscurità giunsero loro e trovarono le Anime
dei Lord tra le fiamme: Nito il primo dei morti, la Strega di Izalith e
le Figlie del Caos, Gwyn il Lord del Sole, e i suoi fedeli cavalieri, e
il nano furtivo spesso dimenticato.
Con
la Forza dei Lord essi sfidarono i draghi: i potenti dardi di Gwyn
perforarono le loro scaglie di pietra, le streghe invocarono immense
tempeste di fuoco, Nito rilasciò un miasma di morte e
malattia, Seath il Senza Scaglie tradì i propri simili... E
i draghi si estinsero.
Così
ebbe inizio l’Era del Fuoco.
Ma
presto le fiamme svaniranno e resterà soltanto
l’Oscurità.
Anche
ora, restano soltanto le braci e l’uomo non vede la luce ma
solo notti eterne. E tra i viventi si distinguono i portatori del
maledetto Segno Oscuro.”
VEREOR NOX: GWYNDOLIN, IL
SOLE OSCURO
Capitolo Uno: Gwyndolin
Quando si parlava del
suo prossimo figlio in arrivo, gli occhi di Gwyn si illuminavano e il
suo sorriso si allargava.
Aveva grandi speranze
per lui: il suo Primogenito era diventato il Dio della Guerra, era un
guerriero eccezionale e Gwynevere, la sua secondogenita, aveva una
bellezza così folgorante da essersi guadagnata il titolo di
Principessa del Sole prima ancora di essere diventata adulta.
Tutti attendevano con
trepidazione l’arrivo del nuovo membro della famiglia.
Ma non appena il
bambino nacque, Gwyn e sua moglie notarono che non era avvolto da una
meravigliosa luce brillante come i suoi fratelli. Si accorsero della
sua debolezza fisica, era gracile come una bambina e il padre
provò un misto di imbarazzo e ribrezzo per quel figlio
mostruoso. Decise che nessuno avrebbe saputo del loro legame di
parentela e che lo avrebbero allevato come una donna. Fu per questo che
gli donò un nome femminile, nonostante fosse un maschio:
Gwyndolin.2
Nei primi anni di vita
del bambino, Gwyn rifiutava persino di guardarlo e non parlava con sua
moglie: le dava la colpa per la mostruosità del suo
ultimogenito.
Gwyndolin non aveva la
potenza muscolare del fratello più grande e neanche la
bellezza di sua sorella: non sembrava il figlio del Lord del Sole.
Aveva dei lineamenti femminili e delicati e un corpo esile incapace di
brandire un’arma. Inoltre era albino: la sua pelle era
innaturalmente pallida, i capelli argentei, le labbra avevano un
colorito più spento.
Nonostante le sue
debolezze fisiche, il bambino ammirava apertamente il Dio della Guerra
che era in grado di impugnare la sua lancia, infonderla del potere del
sole e colpire un manichino con precisione millimetrica. Desiderava
ardentemente avere la sua forza e le sue capacità e per
questo, in segreto, imitava i suoi gesti con rami molto più
corti ed esili di una lancia. Quando provava ad incanalare la sua
energia, l'oggetto che usava per imitare l'arma del Dio della Guerra
perdeva consistenza e veniva circondato da una luce violacea. Se lo
lanciava, l'oggetto acquisiva la capacità di passare
attraverso gli ostacoli più vicini e tornava consistente
dopo aver percorso una certa distanza.
Gwyndolin sapeva che
suo padre non avrebbe accettato questa sua capacità e decise
che sarebbe rimasta un segreto.
Gwyn, Gwynevere e il
Primogenito posavano di continuo per statue che sarebbero state
inserite tra le grandi colonne bianche di Anor Londo e Gwyndolin
ovviamente non era stato incluso nel progetto: nessuno desiderava
guardare la statua di una creatura esile e mostruosa, mentre gli altri
figli di Gwyn e il Lord del Sole stesso erano la personificazione della
forza e della magnificenza.
Il bambino spesso li
osservava, nascosto dietro una delle mastodontiche colonne bianche del
salone della città fortezza. La loro pelle brillava come se
nelle vene avessero avuto luce solare e non sangue, i capelli erano
scuri come le cortecce degli Arcialberi di cui aveva tanto letto. Tutti
avevano delle bellissime iridi dorate, e quello era l'unico tratto che
li accumunava con Gwyndolin.
Le statue avevano
ovviamente il compito di far sembrare gli Dèi ancora
più maestosi di quanto già non fossero e lo
scultore non faceva altro che riempire i suoi modelli di complimenti.
Di tutti i presenti
solo suo fratello si accorgeva di lui e lo salutava con un occhiolino
di sfuggita. Quando riusciva ad avere le attenzione del primogenito per
qualche secondo, il bambino sorrideva in modo spontaneo: quello era il
segnale che gli dava il permesso di partecipare agli allenamenti dei
Cavalieri di Gwyn.
“Non credere
che io abbia imparato a farlo in un solo giorno” diceva suo
fratello mentre eseguiva l’attacco che Gwyndolin aveva
chiamato Lancia del sole. Era sua abitudine consolarlo quando il
bambino diceva di non essere in grado di eseguire l’attacco
più affascinante e letale che suo padre e il Primogenito
eseguivano alla perfezione.
Era vero che non aveva
imparato subito ad usare i suoi poteri ma il grande legame che aveva
con le armi era stato palese fin da subito.
A insaputa del suo
ultimogenito e su consiglio del Dio della Guerra, il Lord del Sole
seguiva la crescita di quel piccolo sgorbio e più lo
osservava più si convinceva che fosse diverso da loro.
Contrariamente alla
freddezza del padre nei confronti del bambino, Gwynevere lo trattava
dolcemente, forse mossa a pietà dal fatto che quasi nessuno
si curava di lui. Lo metteva a letto e la sera gli rimboccava le
coperte; lo riempiva di parole di consolazione, convinta che prima o
poi avrebbe fatto cambiare idea a Lord Gwyn.
Agli occhi di
Gwyndolin, sua sorella era la madre che non aveva mai avuto
perché quella naturale si era rifiutata di prendersi cura di
lui fin dalla sua nascita a causa della sua diversità.
Adorava i capelli scuri della sorella sempre così profumati
e il suo seno prosperoso su cui poteva poggiare la testa. Lo facevano
sentire protetto e accettato.
Non essendo
considerato un figlio dal membro più importante di Anor
Londo ovviamente non aveva amici e giocava tutto il tempo da solo. Se
quelle ore passate nascosto nell’ombra ad osservare gli
allenamenti del Primogenito e gli incontri diplomatici di Gwyn possono
essere considerate un gioco.
Nessuno si accorgeva
di lui perché sua sorella catturava l'attenzione di tutti i
presenti con la sua bellezza.
Naturalmente,
Gwyndolin non venivano mai nominato: per quasi tutte le
Divinità di Anor Londo lui non esisteva.
Un giorno,
apparentemente senza motivo, Gwyn si presentò nella sua
stanza con in mano una delle sue enormi lance.
Per qualche secondo,
Gwyndolin temette che volesse ucciderlo.
Suo padre lo
afferrò bruscamente per il polso e lo trascinò
fuori su un terrazzo della città-fortezza mettendogli in
mano la sua pesantissima arma. “Dimostrami quello che sai
fare” gli disse, guardandolo severamente dall’alto
in basso.
Il Primogenito
l’aveva convinto a dare una possibilità a quello
scricciolo che tanto desiderava diventare un guerriero. Dentro di
sé era convinto che quel piccoletto non gli avrebbe
riservato nessuna sorpresa: era più gracile di loro, tremava
sempre al suo cospetto e lo guardava con gli occhi di una preda.
Avrebbe dovuto essere un cacciatore, un guerriero, e invece era
mucchietto d’ossa.
Gwyndolin
già lo guardava con occhi grandi e pieni di terrore.
“Padre?” squittì timidamente.
“Infondi la
lancia del potere del Sole” ribatté il Lord.
Gwyndolin
tremò, chiedendosi come avrebbe potuto reagire suo padre al
vedere i suoi strani poteri. Il bambino deglutì e
cominciò a concentrarsi sulla lancia sperando di riuscire ad
usare le abilità che avrebbe dovuto condividere con suoi
familiari.
Invece non accadde
nulla.
“Allora?”
lo incalzò Gwyn.
“I-Io…
Padre, non-”
Il Lord del Sole gli
tolse la lancia dalle mani con un movimento brusco: nei suoi occhi
c'era solo odio. “Sapevo che non eri come noi”
sibilò.
Quelle parole ferirono
profondamente Gwyndolin, che rimase lì a fissarsi i piedi
con gli occhi umidi mentre Gwyn tornava i suoi impegni a passo fiero.
Gli sguardi dei
soldati della città degli Dèi erano puntati su di
lui e bruciavano ardentemente sulla pelle del bambino.
Ad Anor Londo tutto
era meravigliosamente splendente: persino il materiale pallido delle
mura sembrava brillare come il Sole, soltanto Gwyndolin rimaneva
nell’oscurità.
“Ciao,
piccoletto” disse una voce femminile. Sembrava portargli una
sorta di rispetto e allo stesso tempo usava un tono di scherno.
Gwyndolin si
voltò di scatto e vide la Divinità che tutti gli
Dèi allontanavano con sospetto: Velka, Sovrana del Peccato.
Indossava la tunica nera tipica del suo culto, lunga dal collo fino
alle caviglie e non lasciava scoperto nemmeno un lembo di pelle.
Nascondeva il suo volto con una maschera bianca, ma si riuscivano ad
intravedere i vispi occhi verdi. Sulla schiena le ricadevano fluenti
capelli neri come le piume dei corvi, l’animale che la
rappresentava.
Il bambino fece un
passo indietro quando la Dea allungò una mano verso di lui.
“Non puoi
pensare di evitarmi per sempre, giusto?” domandò
Velka.
“Non
capisco…” mormorò Gwyndolin.
Il bambino aveva
sentito alcune voci riguardo alla Dea. Si diceva che in principio fosse
talmente bella quanto diabolica e per questo aveva sedotto molti di
quelli che avevano incrociato il suo cammino. Un giorno, Lord Gwyn
stufo del suo comportamento egoista le aveva sfigurato orribilmente il
viso e il corpo e l’aveva quindi costretta a portare quella
maschera e quelle strane vesti. Ormai incapace di persuadere coloro che
la incontravano, Velka aveva ricevuto la nomina di Dea del Peccato e le
era stato concesso il comando su tutto quello che Lord Gwyn, unica voce
di Anor Londo, considerava sacrilego.
“Prima o poi
tuo padre ti lascerà a me” gli spiegò,
raggiungendo l’altezza del bambino, dopo essersi piegata
sulle ginocchia.
“Non so da
cosa lo deduci, Velka” s’intromise il Primogenito
di Gwyn. Era alle spalle di Gwyndolin che non aveva avvertito la sua
presenza finché non aveva parlato. Mise la mani sulle spalle
gracili del fratellino in segno di protezione. “E ti conviene
andare ad occuparti di ciò che ti compete.”
“Ma io me ne
sto già occupando…”
ridacchiò la Dea.
“Velka, vuoi
che dica a mio padre che mi stai infastidendo?”
La Dea
continuò a ridere ma tornò velocissima ai suoi
impegni.
Gwyndolin non aveva
capito precisamente quello che era successo: Velka, di solito, non
rivolgeva parola a nessuno e rimaneva in disparte perché era
malvista da tutti. Aveva una personalità inquietante: rideva
sempre in faccia al suo interlocutore e sembrava possedere un altro
scopo rispetto a quello che diceva.
“Non devi
mai parlare con lei: di Velka non ci si può
fidare” gli disse suo fratello maggiore.
“Ma
è lei che mi ha rivolto la parola”
“Se succede
ancora, tu ignorala e corri da me” il Primogenito
guardò il Sole che splendeva alto su Anor Londo.
“E’ soltanto in cerca di malignità da
poter dire.”
Gwyndolin si
nascondeva dietro una delle grandi colonne che precedevano la Camera
della Principessa, dove riposava sua sorella, ad osservare
l’allenamento dei quattro Cavalieri di Gwyn quasi tutti i
giorni. Sognava di diventare come loro ed essere accettato da tutta la
città.
Suo fratello
supervisionava gli allenamenti dei quattro migliori soldati di Gwyn con
sguardo severo.
Artorias era il
più taciturno, non parlava mai con nessuno. Indossava una
grossa armatura, ornata da un pezzo di stoffa blu avvolto intorno al
collo. La sua arma era uno spadone che soltanto a guardarlo sembrava
pesare molto ma lui lo maneggiava con maestria.
Ciaran era l'unica
donna del gruppo aveva il soprannome di Lama del Lord per le sue grandi
capacità combattive. A differenza degli altri lottava
restando nell’ombra con pugnali molto probabilmente
avvelenati. Indossava una tunica blu, un corpetto di cuoio che le
marcava i fianchi e manicotti dello stesso materiale. Portava una
maschera per nascondere il volto.
Gough, detto Occhio di
Falco, affilava le frecce del suo gigantesco arco. Le sue
abilità erano state incredibilmente utili durante la guerra
contro i draghi. Era una persona estremamente riflessiva e passava il
suo tempo a costruire e affilare le proprie frecce.
Ed infine, Ornstein,
soprannominato l’Ammazzadraghi, grazie al grande contributo
che aveva dato durante la guerra. Indossava sempre
un’armatura dorata dal suo elmo usciva un pennacchio
rossiccio. L’arma di Ornstein era una lancia avvolta
dall’elettricità.
“E tu? Che
ci fai qui?” disse una voce maschile alle sue spalle.
Il bambino si
voltò spaventato: di fronte a lui c’era Smough, il
Giustiziere. Armato di un enorme martello e di un’ingombrante
armatura, era il boia di Anor Londo che bruciava dal desiderio di
diventare uno dei Cavalieri di Gwyn. Il problema era la sua innata
crudeltà che il fratello maggiore di Gwyndolin disapprovava
e faceva in modo che il Lord del Sole rifiutasse sempre la richiesta
del Giustiziere.3
Gwyndolin
tremò.
“Piccola
pulce fastidiosa!” il boia agitò il suo martello e
lo schiantò a terra accertandosi di schiacciare
l’ultimogenito di Gwyn. Ma il bambino scomparve prima che il
martello si abbattesse su di lui e ricomparve alle spalle di Smough.
“Come diamine-”
Gwyndolin corse in
mezzo alla stanza passando tra le gambe di Artorias ed evitando la
lancia di Ornstain, per poi trovare riparo dietro al fratello maggiore.
“Smough?”
il Primogenito di Gwyn incrociò le braccia al petto e
allargò le gambe deciso a non far passare il boia.
“Da quando ti diverti ad inseguire i bambini?”
“Stava
disturbando gli allenamenti!” esclamò il
Giustiziere.
“A me pare
che lo stia facendo tu.”
Smough si
guardò intorno: Ciaran e Gough li stavano guardando
incuriositi, mentre Ornstein e Artorias continuavano imperterriti nei
suoi esercizi.
Nella sala antecedente
alla Camera della Principessa era caduto un improvviso silenzio.
“Le mie
scuse” Smough si mise il martello in spalla,
lanciò uno sguardo furente al bambino sotto la protezione
del Dio della Guerra e tornò a fare il suo giro di ronda. Si
era messo in testa che se non poteva diventare un Cavaliere allora
avrebbe impedito a chiunque di disturbarli.
Ciaran e Gough
tornarono alle loro occupazioni.
Il Dio della Guerra
prese il bambino per il braccio e lo trascinò fuori dalla
stanza. “Di tutti gli abitanti di Anor Londo… Ce
ne sono un numero incredibilmente alto…” si chiuse
la porta alle spalle e lanciò uno sguardo inceneritore al
bambino. “Tu decidi di farti nemico proprio Smough? Hai idea
di quanto sia crudele?”
“Scusa...”
fu l’unica cosa che riuscì a dire Gwyndolin: lo
sguardo di suo fratello era davvero furibondo.
“Stai
lontano da lui. Smetti di frequentare i posti in cui ci sono i
Cavalieri” gli raccomandò il dio della guerra.
“Non posso esserci sempre io a difenderti, prima o poi dovrai
imparare a cavartela da solo e farsi nemico Smough è solo un
modo per fare una brutta fine. Promettimelo!”
“Come vuoi
tu.”
Smettere di osservare
i grandi Cavalieri di Gwyn significava rinunciare alla
possibilità di farsi notare da uno di loro, magari proprio
da Artorias o Ornstein, e alla speranza che gli insegnassero qualche
segreto che l’avrebbe reso un vero guerriero.
“Sei un
bambino, Gwyndolin. Perché non ti fai degli amichetti? Non
è sano che un bambino frequenti i luoghi degli
adulti.”
L’ultimogenito
di Gwyn sbuffò: lui non aveva amici con cui giocare, ma era
anche vero che non aveva mai provato a stringere un legame con qualcuno
della sua età. Annuì, facendo sorridere suo
fratello maggiore, che tornò dentro alla stanza in cui
c’erano i quattro Cavalieri di Gwyn, facendo attenzione a
chiudere bene la porta.
Note(saltatele
se conoscete Dark Souls):
1Mi
sono limitata a trascrivere l'Intro del gioco: cercherò di
rendere più comprensibile quello che dice nel corso della
storia e vi invito ad ascoltarla.
2
Sappiamo che Lord Gwyn ha tre figli: il primo, il Dio della Guerra (di
cui non si conosce il nome ed è un argomento su cui si
specula talmente tanto che non me la sento nemmeno di invertarmene
uno), la secondogenita, Gwynevere, e Gwyndolin. L'ultimo nato viene
disprezzato dal padre, sin dalla sua nascita, per il suo aspetto... il
resto è pura speculazione.
3 Smough
è un boss del gioco (come quasi tutti i personaggi citati).
Desiderava effettivamente diventare un Cavaliere di Gwyn ma questa
possibilità gli fu sempre stata negata vista la sua
crudeltà. Il rapporto di astio tra Smough e il Dio della
Guerra e l'incontro con Gwyndolin sono frutto della mia fantasia.
Bene,
ora che le note sono finite... che ne pensate del mio primo capitolo?
:) Spero sia piaciuto a tutti e se avete delle critiche... per favore,
fate che siano costruttive >.<
Ps:
per i veterani di Dark Souls... spero non abbiate correzioni da fare
nelle note. :D
WindSlayer
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2897657 |