Perché Federico ama il suo lavoro!
Federico ha trentadue anni ed è un uomo di
bell’aspetto, alto sul metro e ottanta, palestrato quanto basta, con una
massa informe di ricci scarlatti sulla testa e due meravigliosi occhi
smeraldini quasi sempre coperti dagli occhiali da
sole.
Federico non è né un genio né un
cretino, si reputa una persona normale e in grado, più
o meno, di badare a sé stessa, regge male l’alcool, ma
berrebbe litri e litri di lambrusco, ha la discografia completa dei Nirvana, ma
non disdegna né la musica classica né quella attuale, ammira le
donne per la loro caparbietà, ma, tanto per fare un po’ di gossip,
dal punto di vista sessuale preferisce decisamente i maschietti.
Federico fa l’autista per una ditta di trasporto
pubblico, non è ne ricco né povero,
anche se ogni tanto arrivare alla fine del mese non è una passeggiata e,
al contrario di quanto qualcuno possa credere, Federico ama il suo lavoro, lo
adora, basti pensare che...
Oh, il cellulare di Federico ha preso a suonare e sul display è apparso il nome del suo ragazzo,
Nèllo.
Chissà che cosa vuole...
“Pronto?” non si dovrebbe parlare al telefono se
si è alla guida, soprattutto se da te dipendono le vite di più di
una cinquantina di studenti desiderosi di tornare a casa sani
e salvi, ma per Nèllo questo ed altro...
“Tra quanto stacchi?” la voce del suo amante
suona strana alle sue orecchie, per un attimo ha come l’impressione che stia male.
“Tra dieci minuti traffico
permettendo, perché? Non ti senti bene?” Federico è
pessimista per natura e ha già un principio di sudorazione fredda al
solo pensiero della sua dolce metà allettata con la febbre a trentotto.
“Sto benissimo, non preoccuparti, però cerca comunque di darti una mossa e tornare a casa il prima
possibile, ok?” la sua voce suona ancor più strana di prima ed il
sopracciglio destro di Federico comincia a tremare per il nervosismo.
“No, aspetta! Si può sapere che cos’hai?” la preoccupazione lo sta letteralmente
divorando, ma in qualche modo, con la mano libera dal cellulare, riesce a mantenere
salda la presa sul volante.
“E’ che stavo pensando a te e... come dire...” Federico ora ha come l’impressione che sia imbarazzato, molto imbarazzato.
“Come dire cosa?”
lo incalza senza neppure rendersi conto di star superando i duecento chilometri
orari con un autobus che risale più o meno al
tempo della prima guerra mondiale e che minaccia costantemente di spezzarsi a
metà come il Titanic.
“Cazzo Federico! Sono
duro! Duro! Sai che cosa significa e a cosa mi riferisco con la parola duro, vero?” lo sente trattenere un
gemito a stento “Datti una mossa e ritorna a casa, o sarò
costretto a fare tutto da solo, capito?” lo sente gemere una seconda
volta, poi la comunicazione s’interrompe.
Federico rimette il cellulare in tasca e fissa sconvolto
l’ingorgo chilometrico che si è venuto a creare sulla strada
davanti a lui: altro che dieci minuti per tornare a casa, gli ci vorranno come
minimo i secoli dei secoli.
Perché Federico ama il suo
lavoro, lo adora, ma non sempre...
Scusate lo sclero...