Note: lo so che il
Fandom italiano di Frozen è quasi solo composto di shipper
accanite di Helsa (vi invidio tanto, avete un sacco di belle fic da
leggere), ma io la mia OTP proprio non riesco a mollarla. Questa
è una Hans/Anna reincarnation!Modern AU; non so se in futuro
ci farò un seguito o meno, dipenderà dai miei
impegni e dall'ispirazione, per ora rimane questo, uno spiraglio di
luce e una possibilità perché c'è
sempre la possibilità di rimediare ai propri errori.
Questa storia doveva essere una One Shot, ma poi mi sono accorta che non era mai vero e ora è una long in sette capitoli. Prima che vi ci inoltriate ho tre cose da dirvi:
1) leggete sempre le note, le lnote sono belle (lunghe) e chiariscono i dubbi (e ci ho messo un sacco a scriverle)
2) la colonna sonora di questa storia è Chances, degli Athlete, se leggete con la canzone in sottofondo, magari piazzata a ripetizione, la lettura ne gioverà. Tanto. (Scusatemi Doctor Who fans, per tutti questi Vincent feels)
3) Se non avete visto Cloud Atlas potrebbero esserci degli spoiler sul film che viene spesso citato nelle quote a inizio capitoli e che i protagonisti si mettono a vedere (perché sì, angst).
If
I had the chance to start again
Then
you would be the one I'd come and find
Like
the poster of Berlin on my wall
Maybe
there's a chance our walls might fall
Chaches –
Athlete
Chances
È
così impegnata a farsi una selfie da mandare a sua cugina
che non si accorge di
andare a sbattere contro qualcuno; il mocaccino, nel bicchiere di
cartone di
Starbucks, ondeggia pericolosamente tra le sue mani, minacciando di
rovesciarsi,
ma la ragazza riesce miracolosamente a non farlo cadere.
«Vuoi
guardare dove vai?» un ragazzo dall’aria piccata la
guarda da dietro un paio di
spessi occhiali scuri, non riesce a vederne lo sguardo, ma capisce che
la sta
rimproverando; forse le importerebbe di meno se non fosse che si tratta
di un
ragazzo incredibilmente affascinante, alto e con una chioma di capelli
rossicci
che culmina in due lunghe basette.
«Scusami,
scusami, mi dispiace tantissimo! Che cosa imbarazzante, cioè
io sono imbarazzante,
tu non sei imbarazzante, tu sei bellissimo. Aspetta, cosa? Ti sei fatto
male?»
domanda Anna ricomponendosi, infila il cellulare nella borsa e osserva
preoccupata il giovane.
Lui
scuote la testa e aggrotta la fronte, quindi lentamente si toglie gli
occhiali
e sbatte un paio di volte le palpebre. La
conosce? Perché non riesce a togliersi di dosso
una strana sensazione di
déjà-vu.
«Sicuro
di stare bene? Hai l’aria un po’ persa»
esclama la ragazza prendendolo per un
braccio e conducendolo fino a una panchina «Non volevo
venirti addosso, ma sai
alle volte non so proprio dove io abbia la testa, mia sorella dice che
sono la
quint’essenza della goffaggine. Comunque io sono Anna,
piacere».
Lui si
passa una mano sul volto, senza capire cosa
gli stia succedendo, stringe le palpebre e davanti ai suoi occhi,
serrati come
una morsa, sfilano una serie di immagini, una più assurda
dell’altra, una più
sgradevole dell’altra: un castello in un arcipelago del sud,
un ballo durante
un’incoronazione, un vestito verde, una risata, ciocche di
capelli arancioni
che si tingono di bianco, una sensazione alla bocca dello stomaco, come
di
rimorso? Oh, Anna, se solo qualcuno ti
amasse davvero. Sussulta, ma ovviamente lei non se ne
accorge; la sente
parlare in sottofondo, ma non la sta davvero ascoltando. Quando riapre
gli
occhi, dopo un tempo che a lui è parso infinito, fissa il
suo sguardo in quello
della ragazza.
«Anna?»
mormora con stupore, lei annuisce
perplessa, non è che il suo nome sia così
originale dopo tutto «Io sono Hans».
Gli
stringe la mano con foga e sorride, perdendosi
un attimo in quegli occhi verde smeraldo, le sembra una sensazione
nota, ma non
ci fa caso. Hans d’altra parte non sa cosa fare, continua a
sovrapporre la
figura di quella ragazza in jeans e canotta a quella di
un’altra donna, di
un’altra Anna, qualcuno che lui sa di non conoscere, ma con
cui, allo stesso
tempo, sente di avere condiviso qualcosa di estremamente importante; la
giovane
sorride e nelle sue orecchie rimbomba una eco, posso
dire una follia?
«Hans
è un bellissimo nome!» esclama lei
lasciandosi cadere sulla panchina al suo fianco e sorseggiando il suo
mocaccino
«Ti senti meglio?»
«Sì,
credo di sì» sorride il ragazzo osservandola.
La stessa naturalezza nei movimenti, la stessa adorabile goffaggine, lo
stesso
entusiasmo, ma in aggiunta, questa volta, una benedizione:
l’oblio del passato.
Un oblio che in qualche modo a lui non è stato concesso e
Hans si chiede
perché? Perché a lui, perché adesso.
Magari, sente una
vocina sussurragli, per avere una seconda
occasione, per avere
l’opportunità di sistemare le
cose, di chiedere scusa, sia maledetta la sua coscienza, lei
e i suoi
consigli di redenzione.
In quel
momento lei si alza dalla panchina e gli dà
una pacca amichevole sulla spalla.
«Fantastico!
Allora io vado, ci si vede in giro,
Hans» fa per incamminarsi quando la sua voce calda e gentile
la richiama
indietro.
«Anna,
aspetta!»
«Sì?»
Lo vede
arrossire leggermente e dentro di sé trova
che sia adorabile.
«Ecco»
inizia lui titubante «Me lo daresti il tuo
numero?»
|