CAPITOLO
IV: Solo un'eco lontana...
Erano
ormai giunti alla stazione di Capitol City; Tobias guardava
attraverso i vetri la moltitudine di persone che si affollavano sulla
banchina in loro attesa. Erano tutti così stravaganti e
ridicoli, ma
la naturalezza con la quale indossavano quei vestiti era disarmante,
per loro quella era la normalità; per loro vedere
ventitré ragazzi
morire durante uno show televisivo era la normalità, per
loro
mangiare fino allo sfinimento e poi vomitare per ripetere
quest'operazione ancora era la normalità. Non avevano la
più
pallida idea della situazione del resto del paese, di coloro che non
avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia Capitolina e che
ogni anno avevano paura di dover abbandonare tutto,
anche se il loro tutto corrispondeva a molto poco, e di
essere
catapultati nell'arena; non avevano idea di come dovesse essere non
mangiare o dover sopravvivere con poco e niente, il giudizio critico
di tutta quella gente era scemato fino ad affievolirsi a tal punto
che era diventato inudibile, perché col tempo il progresso e
la
scoperta erano state capaci di soddisfare qualunque loro capriccio,
facendo si che i Capitolini si disinteressassero ancor più
di prima
a quelli che erano i problemi veri che la gente nei Distretti doveva
affrontare ogni giorno. I paraocchi da loro indossati si erano estesi
a tal punto da renderli ciechi difronte a tutto ciò,
trasformando
delle atrocità nella loro vita quotidiana.
Tobias
si morse l'interno della guancia per incanalare in quel gesto la sua
rabbia... Quelle atrocità presto sarebbero ricadute su Tris
e lui
doveva salvarla. Doveva farlo anche per Rebeka, con la quale non
c'era riuscito.
Aveva
sempre odiato Marcus, suo padre, per averla abbandonata e aveva
odiato ancor di più se stesso per non essere riuscito a
cambiare le
cose.
Sin
da piccolissimo suo padre l'aveva educato come un soldatino: non
aveva diritto di replica e il rispetto era alla base del suo
addestramento, perché solo così si poteva
chiamare; doveva
eccellere in qualunque cosa facesse, ubbidire a qualsiasi ordine gli
venisse impartito, acconsentire a qualunque decisione di un suo
superiore (primo tra tutti, Marcus); la punizione preferita di suo
padre in caso di trasgressione era la sua cara
cintura nera. Mai Tobias aveva superato la paura per quell'oggetto ai
suoi occhi macabro
“È
per il tuo bene” gli ripeteva suo padre... Fortunatamente col
tempo
Quattro aveva conservato solo il bene
degli insegnamenti ricevuti: la disciplina, il senso del dovere, la
strategia e la furbizia. La sua capacità di oratore
però lasciava
un tantino a desiderare; in compenso era capace, con un semplice
sguardo, di far trapelare quello che voleva.
Due
Pacificatori stavano già scortando Josh giù dal
treno; lui
raggiunse Tris per condurla, una volta scesi, alla macchina che li
attendeva.
Le
urla della folla rimbombavano nelle loro orecchie e Quattro teneva la
ragazza ben stretta per un braccio come se avesse paura di poterla
perdere in quella bolgia disumana.
Il
viaggio in macchina non durò molto, Tris e Bethany erano
nella
stessa auto, guidata da Quattro che ogni tanto lanciava uno sguardo
fugace a Beatrice dallo specchietto retrovisore.
Erano
arrivati al centro di addestramento. Mancava poco.
L'edifico
che avevano difronte era alto più di dieci piani, dal design
moderno, mai Tris aveva visto tanti grattacieli; in realtà
non ne
aveva mai visto nemmeno uno. Lo stupore per quella colossale opera
architettonica però faceva spazio un passo per volta,
all'ansia.
Ormai erano a Capitol City e la realtà non poteva essere
evitata
ancora per molto. Automaticamente Tris si portò le dita alla
bocca e
iniziò a mangiucchiarsi le unghie: lo faceva sempre quando
era
nervosa.
Il
loro piano era il settimo, come il numero del loro Distretto, e il
loro appartamento era immenso. Ad ogni angolo dell'enorme open-space
che comprendeva salone e sala da pranzo, c'erano dei Senza-Voce,
immobili come statue pronti a soddisfare qualunque loro desiderio. Il
bianco era il colore predominante, ma gran parte dei tappeti e dei
quadri era verde bosco; il tavolo in marmo bianco era lunghissimo ed
era quasi invisibile sotto una quantità abominevole di
pietanze di
qualsiasi genere. Mai Tris aveva visto tanto cibo tutto insieme e, a
quanto pareva dal suo sguardo, neanche Josh. Due sedie ricoperte di
velluto verde erano disposte a ognuno dei due lati lunghi del tavolo,
un grande schermo era posto dall'altro lato della stanza e davanti a
questo c'era un enorme divano ad elle bianco; sul tavolino da
caffè
di cristallo vi era un vaso del medesimo materiale con all'interno
svariate rose bianche. I quattro si separarono e scortati dai
rispettivi Pacificatori entrarono nella propria stanza. Quella di
Tris era molto simile alla sua cabina sul treno ma questa volta in
blu, un blu scurissimo quasi come gli occhi di Tobias, era solo
più
grande e con un armadio più grande e delle cassettiere. Tris
si
chiese il perché di quegli oggetti, in quanto chi alloggiava
lì ci
rimaneva per molto poco tempo e tutti i vestiti erano forniti da
Capitol City, non avevano senso quei mobili; era quasi come se la
capitale volesse indurli a pensare di essere dei privilegiati a
pernottare lì, a poter usufruire di tutti quegli aggeggi di
alta
tecnologia di cui la capitale disponeva.
«Io
devo andare, a domani Tris» la ragazza si era quasi
dimenticata che
ci fosse anche Quattro nella stanza. Quasi.
«Va
bene... A domani allora...»
Lui
la guardò con sguardo dolce e girando un po' la testa a
destra, poi
si avvicinò a Tris e la abbracciò con fare
protettivo. Lei nascose
il viso nell'incavo del suo collo e lo strinse forte a sé.
«Manca
poco, Tris... Sii coraggiosa»
Lei
in risposta lo strinse ancor più forte; rimasero
così per un'altra
manciata di secondi, poi Tobias uscì dalla stanza senza
guardarsi
indietro.
La
mattina dopo Tris venne buttata giù dal letto da Daphne
«Su,
sveglia! Oggi c'è la sfilata dei carri! Devi prepararti e
poi
incontrerai Regina per le prove dell'abito!»
Tris
mugugnò e si premette il guanciale sull'orecchio per non
udire i
lamenti della donna. Quando però divennero insopportabili la
ragazza
si alzò
«Okay,
okay... Due minuti e sono pronta».
Si
trovarono fuori all'appartamento poco dopo; non c'era traccia
né di
Josh né di Bethany «Dove sono gli altri?»
«Per
prepararsi un uomo impiega molto meno tempo rispetto a noi donne; lui
scenderà più tardi»
Una
volta scese giù, Tris incontrò il suo team di
preparatori. Gente
troppo stravagante per i suoi standard.
La
lunga e noiosa preparazione che precedeva la sfilata era estenuante.
Finalmente,
dopo quelle che sembrarono centinaia di maschere rigeneranti per il
viso, era arrivato il momento di incontrare Regina.
Tris
venne scortata in una piccola stanza quadrata nella quale
aspettò
per pochi minuti l'arrivo della stilista.
«Piacere
di conoscerti, io sono Regina»
«Piacere
io sono Tris»
Regina
era una donna alta e dai lunghi capelli rossi, lunghi fin sotto il
fondoschiena; occhi leggermente a mandorla e verdi, ciglia
lunghissime e un trucco molto pesante. Indossava un lungo abito beige
con dei disegni dorati visibili solo in controluce.
«Io
sono una persona molto pratica, quindi ti spiego subito cosa pensavo
di progettare: vedo che non sei particolarmente alta,
quindi
bocciamo immediatamente l'idea di scarpe col cinturino,
contribuirebbero solo a far risaltare la tua bassa statura. Delle
open-toe! Sì, perfette! Per quanto riguarda il vestito...
Ovviamente
dovremo evidenziare in qualche modo il fatto che vieni dal Distretto
Sette; ma non preoccuparti, non ti vestirò da taglialegna.
Avrei
un'altra idea... Non appena ho visto il cappello della vostra inviata
di Capitol City mi sono illuminata: un vestito di foglie di edera!
Non sarebbe fantastico?!»
Regina
era una persona molto espansiva ed enfatica e Tris sapeva che se
avesse contestato la sua idea probabilmente sarebbe stata la causa
del suo broncio per tutto il pomeriggio
«Beh
sì... Ma, cioè... Non dovrò indossare
foglie vere, giusto?»
Lei
scoppiò a ridere
«Ma
certo che no, sciocchina! Però dovranno
sembrarlo...»
prese
così un grosso blocco per gli schizzi dal tavolino alla sua
destra e
afferrò al volo la matita che ne stava cadendo fuori ed
iniziò con
una rapidità spaventosa a disegnare qualcosa; Tris si sporse
per
guardare: come in un filmato accelerato prendeva forma sul foglio un
manichino che portava indosso un tubino lungo fin sopra il ginocchio
completamente rivestito di foglie di edera; delle scarpe, come
preannunciato, delle open-toe spaventosamente alte ed in testa un
frontino sul quale era posizionata una piccola tiara. Regina prese i
colori ed iniziò a colorare con varie sfumature di verde il
vestito,
dal verde chiaro fino al verde bosco. Ogni tanto buttava un'occhiata
a Tris e poi tornava al disegno. Alla fine le scarpe erano state
colorate di un color bianco panna e la tiara era argentata;
direttamente con il pastello disegnò un bracciale di perle
al polso
sinistro e degli orecchini.
Una
volta terminato, Regina guardò Tris in cerca di un suo
commento
«Wow...
È davvero
bello» disse la ragazza
«E
tu sarai bellissima».
La
sera era ormai arrivata e i Tributi erano agli ultimi preparativi; il
trucco di Tris non era stato appesantito troppo e i capelli erano
stati arricciati e disposti in modo ad incorniciare il suo viso.
Aveva praticato parecchio sui tacchi, ma ancora aveva qualche
problemino... Tuttavia sarebbe dovuta soltanto rimanere ferma sul
carro, non ci voleva molto.
I
vestiti degli altri Tributi erano splendidi, eccezion fatta per
alcuni, come quelli del Dodici, che come al solito erano vestiti da
minatori; Tris però continuava a rimirarsi allo specchio con
quel
vestito indosso innamorandosene sempre di più.
«La
sfilata sta per cominciare! Tutti ai carri!» l'annuncio
arrivò
chiaro alle orecchie di tutti che si diressero ai rispettivi carri.
Il
vestito di Josh non era molto particolare: indossava una specie di
camicia abbottonata di lato marrone, sulla quale c'erano le classiche
venature della corteccia dei pini, e poi indossava un mantello di
foglie di edera come il vestito di Tris.
Lui
la aiutò a salire sul carro, ma solo per galanteria. Si
sentiva già
il rimbombare della voce del presentatore attraverso le pareti. Il
primo carro era partito. L'improvviso movimento dei cavalli che
scalavano di una posizione fece barcollare Tris, e Josh la
afferrò
appena in tempo
«Non
abbiamo neanche ancora iniziato. Stai attenta» il suo tono
non era
di rimprovero però, ma quasi di raccomandazione.
Ben
presto si ritrovarono all'imboccatura dell'uscita e quando la
varcarono Tris fu investita dalle urla delle migliaia di persone che
lì sugli spalti li acclamavano.
Si
guardava intorno intontita per il rumore assordante, della loro breve
presentazione, la ragazza carpì solo le parole
“Beatrice Prior,
Distretto Sette”. Il mantello di Josh svolazzava e questo li
distingueva dagli altri carri tutti molto statici; rose e altri fiori
piombavano loro addosso e la traversata del lungo viale che li
avrebbe portati poi davanti alla presidentessa sembrava non finire
più.
Tris
non poteva credere che tutta quella gente fosse lì per loro
e per un
attimo si sentì speciale, speciale come mai aveva avuto la
possibilità di sentirsi quando era a casa, anche se sapeva
che
quella sua gioia momentanea non aveva ragion d'essere, dato che ben
presto sarebbe stata catapultata nell'arena.
I
carri, trainati dai cavalli, si disposero davanti al padiglione dal
quale la presidentessa avrebbe a breve iniziato il suo discorso; ed
eccola lì, nel suo tailleur blu che si alzava per
avvicinarsi al
microfono con un sorriso tirato stampato sul volto
«Benvenuti!
Benvenuti Tributi! Felici ventinovesimi Hunger Games! E possa la
buona sorte sempre essere a vostro favore! Voi siete i prescelti che
avranno l'onore di rappresentare il proprio Distretto in
quest'edizione dei Giochi. Auguro a tutti voi una piacevole
permanenza, per quanto breve, qui a Capitol City. Voi siete qui in
funzione di rappresentanti della vostra gente, di modello di
ispirazione, siate quindi valorosi e portate la gloria, la pace e la
maestosità, che Capitol City vi offre la
possibilità di ottenere,
nelle vostre famiglie. A voi ventiquattro giovani uomini e giovani
donne auguro ancora felici Hunger Games e che la buona sorte possa
sempre essere a vostro favore»
La
falsità e l'ipocrisia del suo discorso era palpabile e la
difficoltà
con la quale si sforzava a denti stretti di continuare a sorridere
era visibile a sei anni luce, ma comunque un boato generale
seguì le
parole della presidentessa Jeanine Matthews.
I
carri ripresero a muoversi in fila indiana per ritornare all'interno
del centro di addestramento e un passo per volta le voci che pochi
minuti prima li stavano acclamando divennero delle eco lontane, come
le voci che Tris poteva ancora udire dei suoi parenti, oltre la porta
di mogano del palazzo di Giustizia al Distretto, che anche se in un
muto silenzio sembravano gridare come trucidate, perché
trucidate
erano, dentro, nell'anima.
La
mattina seguente i Tributi di tutti e dodici i Distretti si trovarono
fuori alle grandi porte di ingresso della sala di addestramento.
«Benvenuti
Tributi, il tempo è già abbastanza poco quindi vi
introdurrò le
modalità di addestramento senza troppi preamboli e daremo
inizio
all'allenamento subito» a parlare era una ragazza alta con
scuri
capelli da un taglio alquanto alternativo. Sulle sue braccia si
intravedevano oltre i bordi della manica della maglia dei tatuaggi e
sull'orecchio sinistro aveva una miriade di piercing «Io sono
Tori e
regolamenterò la vostra permanenza qui al centro e le
attività di
preparazione. L'addestramento
consiste in tre giorni di esercizio seguiti da un esame condotto
dagli strateghi su ogni tributo. Durante i tre giorni
d'addestramento, i Tributi possono passare per i vari stand ed
allenarsi in qualunque cosa possa rivelarsi loro utile, assistiti da
vari maestri. Sono presenti un gran numero di stand: corso sui nodi,
sulla costruzione di trappole, sull'uso delle armi. Durante l'esame
ognuno dei Tributi mostrerà agli strateghi cosa è
capace di fare.
Gli esami sono riservati, e gli Strateghi non possono rivelare cosa
succeda durante gli stessi. In base a ciò che il tributo ha
fatto
veder loro, gli strateghi gli assegneranno un punteggio, che va da
uno a dodici. Il punteggio, a differenza del resto, è
pubblico.
Vi
consiglio di non sottovalutare le attività di sopravvivenza
perché
la maggior parte di voi morirà per cause naturali. È
vietato scontrarsi con gli altri Tributi e ogni trasgressore
sarà
severamente punito; avrete tutto il tempo di farlo nell'arena. Ci
sono domande?»
Tutti
tacquero
«Benissimo,
possiamo iniziare» a quelle parole i due grandi battenti di
ferro si
aprirono e rivelarono il loro interno: un'enorme sala era suddivisa
in zone da carrelli e stand sui quali erano sistemate armi, pesi,
corde e arnesi vari; gli strateghi alloggiavano in una zona rialzata
dalla quale potevano supervisionare ogni cosa, anche se tutti
sapevano che loro poco importava assistere all'addestramento di
quelle ventitré bestie da macello delle quali loro stessi
sarebbero
stati i carnefici.
Con
un ampio gesto della mano Tori li invitò ad entrare. Ad ogni
postazione, come annunciato, c'erano dei maestri; tutti si
sparpagliarono dirigendosi in direzioni diverse mentre Tris era
ancora lì a decidere con quale attività iniziare.
«Muoviti
ragazzina! Se sarai così lenta anche nell'arena non durerai
neanche
dieci secondi!» era Tori che le rivolgeva queste parole, alle
quale
la maggior parte degli altri Tributi rise.
Tris
abbassò la testa e subito si diresse verso la prima
piattaforma alla
sua destra. Lì in fila c'erano Josh e un altro ragazzo
altrettanto
alto e con i capelli castano scuro, che sul volto aveva impresso un
ghigno orrendo e, quando la vide arrivare, scoppiò in una
fragorosa
risata, facendo girare così anche Josh
«Una
bambina che
viene a fare un corso di lotta corpo a corpo? Coraggiosa come
scelta...» disse il nuovo ragazzo alzando le sopracciglia in
aria di
sfida; la mascella di Josh invece ebbe uno spasmo, ma la sua
espressione rimase impassibile.
Tris
non sarebbe mai andata lì se non fosse stato per il commento
di
Tori, che l'aveva indotta a muoversi verso una qualsiasi delle
postazioni; non sarebbe potuto essere il corso di nodi?! Ora
però
era lì e non aveva alcuna intenzione di andarsene e
dargliela vinta.
L'espressione
del ragazzo era passata da “ti sfido” a
“ma fai sul serio?”
appena compreso che Tris non aveva alcuna intenzione di cambiare
stand.
«Bene
bene... Beh, prima le signore»
disse lui facendosi da parte con un ampio gesto della mano e
pronunciando l'ultima parola quasi fosse una barzelletta. Beatrice
strinse i denti e salì sulla pedana e subito un maestro la
raggiunse, il suo sguardo meravigliato le fece montare la rabbia; era
diventata una questione di principio: doveva dimostrare a
quell'idiota che non aveva nessun diritto di chiamarla bambina.
«Va
bene, iniziamo con qualcosa di semplice» disse il suo nuovo
maestro
«Prova a colpirmi e io parerò i tuoi colpi, dopo
invertiremo i
ruoli. Sta' tranquilla, ci andrò piano»
Tris
poté sentire gli occhi del ragazzo dai capelli castani
puntati su di
se come due calamite. Fece un respiro profondo e sferrò un
pugnò
all'altezza dello stomaco al suo maestro che ovviamente lo
parò con
disinvoltura «Prova ancora»
Beatrice
si concentrò, fece un passo e slanciandosi in avanti
tirò un pugno
alla gola, lui lo parò di nuovo. La ragazza si mosse di lato
e poi
colpì con un calcio lo stinco del maestro che
sembrò quasi non
accorgersene
«Dai,
sono sicuro che sai fare di meglio»
Tris
incanalò tutta la sua rabbia in un gancio che
però non andò a
segno; veloce come una scheggia, balzò dietro al ragazzo e
con il
vantaggio dell'effetto sorpresa riuscì a a trargli un calcio
dietro
la schiena che lo fece barcollare leggermente. Lui si girò
soddisfatto e trovò la ragazza già in posizione
di difesa; era
tutta sudata, nonostante stessero combattendo da meno di due minuti
«Come
inizio è più o meno mediocre, ora ti
darò una dimostrazione di
com'è che si combatte; non preoccuparti non ti
colpirò forte,
voglio che tu faccia caso e memorizzi i miei movimenti»
Tris
ancora con le braccia alte davanti alla faccia annuì
«Okay
allora, cominciamo»
Il
ragazzo le fu dietro immediatamente e non appena lei si girò
le
sferrò un pugno che si fermò appena sfiorata la
sua maglietta. Tris
spostò lo sguardo dalle sue dita fin su agli occhi per poi
vederlo
muovere di nuovo repentinamente e non avere il tempo di elaborare
neanche un pensiero che con un calcio, anche se molto leggero, la
fece barcollare e poi cadere carponi. A quel punto il ragazzo dai
capelli castani scoppiò in una fragorosa risata. Tris si
girò per
guardare di nuovo il suo avversario che ormai però la
guardava con
le braccia incrociate al petto «In questi casi con un
semplice
calcio di potenza sufficiente alla testa ti avrei uccisa. Alzati,
torna quando avrai riempito un po' quei muscoli, ti consiglio di
provare con i pesi. Ah, un'altra cosa: sii meno rigida,
i tuoi movimenti sono quasi meccanici, e tremendamente
prevedibili» Tris lo guardò con un espressione
seria e scendendo
dalla pedana non poté fare a meno di lanciare uno sguardo al
ragazzo
dai capelli castani. «Rigida»
le sibilò mentre passava.
Grande,
già fatto amicizia...
Pensò Tris mentre si dirigeva verso la postazione dei pesi.
Quattro
era arrivato dopo l'apertura del centro e aveva assistito allo
scontro tra Tris e il maestro di lotta corpo a corpo e non aveva
potuto fare a meno di chiedersi perché lei fosse andata
proprio lì.
Forse stava utilizzando la tecnica di apparire debole ed indifesa per
non essere considerata una minaccia iniziata la gara? Troppo
orgogliosa per farlo...
Aveva
anche notato che Peter, il ragazzo dell'Uno, l'aveva già
presa di
mira.
Tobias
tendeva a rimanere nella parte più interna e meno visibile
del
salottino degli Strateghi e ogni volta che poteva, con una scusa o
con un'altra, usciva fuori. Non poteva assolutamente rischiare di
essere visto da Tris, ma non poteva neanche essere perennemente
assente. Lei avrebbe saputo che lui faceva parte degli Strateghi solo
il giorno dell'esame, quando cioè sarebbe stato inevitabile
il
contrario...
«Signor
Eaton! Ben trovato, che piacere averla qui...» era stato il
Capo-Stratega a rivolgergli quelle parole, Eric.
«Il
piacere è tutto mio» aveva risposto lui senza
alcuna nota di gioia
nella voce. Non gliela contava giusta quel tipo, aveva una scintilla
macabra che gli illuminava gli occhi, dalla quale si poteva
chiaramente vedere come riflessa la sua spietatezza e la sua
crudeltà, quelle che solo un Capo-Stratega poteva avere.
Con
un sorriso tanto freddo quanto falso gli chiese:«Cose gliene
pare
dei Tributi di quest'anno?» diciamo che Quattro non era esattamente
preparato su questo argomento, con l'eccezione di Tris e
Josh,
così si limitò a rispondere:«Un
bell'assortimento...»
«Beh,
quest'anno solo un paio di bambini, il che renderà i giochi
ancor
più interessanti; non vedo l'ora di vedere quei ragazzi
all'opera
nell'arena» disse indicando con un cenno da dietro la
colonna, dove
Tobias si era appartato per non essere notato, Josh e Peter, il quale
stava combattendo con il maestro sulla pedana.
Quattro
mugugnò in segno di risposta.
«Suo
padre deve essere molto fiero di questo suo incarico temporaneo di
Stratega»
«Sì,
infatti» rispose secco
«Mi
fa' piacere, sono stato io stesso a proporre alla presidentessa di
scegliere lei sa'? Ero molto curioso di tastare io stesso le sue
capacità, magari potremmo tenerci in contatto anche per
ipotetici
progetti futuri...»
Tobias
avrebbe tanto voluto sputargli in faccia una miriade di parole di
ribrezzo: come poteva definire quello che era omicidio
“capacità”?!
E come poteva solo immaginare di poter intraprendere ipotetici
progetti futuri con lui?! Non avrebbe mai accettato, nemmeno
sotto tortura; Eric era solo uno spietato assassino senza alcuno
scrupolo.
«Ora
devo proprio andare, a presto» lo liquidò in
fretta Quattro, e
senza attendere una risposta o un cenno di saluto si diresse verso la
porta.
Dopo
una lunga ora di sollevamento pesi ed esercizi vari con la sua nuova
trainer, Tris si diresse verso la postazione di progettazione di
trappole. Lì, intento ad intricare del fil di ferro, c'era
un
ragazzo dalla pelle scura come i capelli tagliati corti. Beatrice con
un piede trascinò vicino a sé uno sgabello e
iniziò a guardare i
precisi e calcolati movimenti che il ragazzo compiva per annodare la
sua trappola
«Emmm...
Ciao, io sono Tris»
Lui
alzò lo sguardo puntandolo negli occhi della ragazza; la
fissò per
una manciata di secondi e poi tornò a guardare la sua
trappola per
poi risponderle:«Piacere, io sono Uriah»
Tris
quasi sospirò di sollievo, per un attimo aveva creduto che
Uriah non
l'avrebbe degnata neanche di un semplice saluto e, in tal caso, i
nemici che si era fatta già al primo giorno di addestramento
sarebbero saliti a quota due.
NOTE
DELL'AUTRICE
Salve
a tutti! So che mi odierete a morte per avervi fatto aspettare
così
tanto per questo capitolo, solo che tra una scappatella a Londra e il
liceo classico il tempo diciamo che non abbonda... Comunque, spero
davvero tanto che l'attesa ne sia valsa la pena e colgo l'occasione
per ringraziare tutti coloro che recensiscono le mie storie e in
particolare la mia carissimissima amica Lucrezia per accettare di
betare le mie storie anche a mezzanotte passata e per sopportarmi con
i miei scleri come compagna di banco.
Ricordo
che recensioni belle e brutte sono sempre gradite e possa la buona
sorte sempre essere a vostro favore!
Princess
Leila.
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