Questa Storia è stata scritta per il First-Aid Kit Challenge Indetto da Reichan86.
Per sicurezza ho messo OOC perché avevo il
dubbio di non essere stata proprio IC con i personaggi.
Non sto ad ampliarmi di più, finisco solo col
ringraziare Reichan86 per aver indetto questo Challenge (Che mi ha ispirata
molto e mi ha messo nuove idee **)
E ringrazio anche chi ha il “coraggio” di
leggere e magari commentare questa storia. ^^
Buona lettura.
Acqua Ossigenata
Ancora non riesci a convincerti di quello che
sta accadendo.
Di quello che è accaduto.
Rimani lì, immobile, su quel lettino a
guardare il ragazzo che ti ha
accompagnato in infermeria.
Lo stesso che ti ha dato un motivo per essere
lì.
Con sguardo atono fissi il tuo ginocchio, un
brivido silenzioso ti pervade.
Non è che ti faccia senso il sangue, ma
vedere la carne cruda esposta e quelle piccole gocce scarlatte che fuoriescono,
lasciando dietro di se delle scie sulla tua pelle fin troppo nivea…ti stupisce?
E’
strano. Non ti saresti aspettato nulla del genere.
Non il fatto che ti avrebbe fatto male,
quello te lo aspettavi.
Ma il fatto che ti avesse aiutato…quello no.
E in un attimo ti viene in mente quello che è
accaduto prima.
*
Come
al solito eri lì, sul pavimento della tua stanza.
Immobile
a fare il tuo solito puzzle bianco.
Ignorando
tutti, lasciandoti ignorare da tutti.
Tanto
non aveva nessuna importanza, in fondo non ti dispiaceva…no?
Però
era tutto fin troppo strano, non era
successo ancora niente.
Era
tutto irrealmente tranquillo.
-NEAR!-
Ecco,
appunto.
Una
furia bionda che entrava nella sala e si fermava davanti a te.
Come
al solito tu lo avevi ignorato
Però
sentivi benissimo il suo sguardo scrutarti, sentivi benissimo la rabbia che provava, l’odio con
cui ti guardava.
Dovevano
essere usciti i risultati dell’ultimo compito.
E
come al solito quel tuo ignorarlo lo irritava.
Ti
aveva afferrato per il collo della camicia, i suoi occhi azzurri che fissavano
i tuoi rabbioso.
E…ti
sentisti strano.
E
per via di quel breve istante, hai fatto fatica a capire che violentemente ti
aveva gettato , anzi no, ti aveva lanciato sul pavimento.
Impreparato
com’eri non riuscisti a prepararti alla botta.
Il
ginocchio destro sbatté violentemente contro il pavimento e poi strisciò.
Un
improvviso bruciore ti aveva lacerato, stringesti i denti trattenendo un gemito di dolore.
Sentivi la sua risata di disprezzo pervadere la
stanza, entrandoti dentro la testa.
Ti
girasti lentamente, mettendoti a sedere, cercando di nascondere il dolore.
Abbassando
lo sguardo notasti con lieve stupore che il pantalone era macchiato di rosso.
E
a quanto pare se ne era accorto anche il tuo aggressore.
E
stranamente non ti aveva lasciato lì
*
Lentamente i ricordi svaniscono riportandoti
con la mente a quell’infermeria.
La ricerca che finalmente è terminata, vedi
che si avvicina con un flacone di cui ancora non hai riconosciuto l’identità.
Lo guardi curioso, il suo modo di camminare è
lento, calibrato. Sembra quasi che ti voglia mettere soggezione.
E purtroppo Mello ti fa sempre soggezione.
Lo guardi inespressivo, non deve capire i tuoi pensieri, la tua
confusione.
Lo vedi sorridere sinistramente, un ghigno.
Finalmente i tuoi occhi fissano il flacone e
ti accorgi che è solo acqua ossigenata.
Istintivamente porgi la mano, dicendogli velatamente di passartela,
ma la sua reazione non è quella sperata.
Inarca un sopracciglio e il suo sguardo
trasborda ironia e disprezzo.
Ma non parla, ti fissa e basta, mentre
lentamente toglie il tappo dell’acqua ossigenata.
E ti accorgi con stupore che il ghigno è
sparito.
Sei davvero Mello?
Lo guardi, il dolore al ginocchio che ti pervade
tutto il corpo.
Ma…
Non un espressione di dolore, non un gemito di
dolore.
-Mello…-
Dici il suo nome lentamente, nessun tono nella voce.
Lo guardi mentre si siede nella sedia accanto
al tuo letto, non smetti di fissarlo mentre ti prende la gamba stendendola.
Irrazionalmente stringi fra le dita le
lenzuola, quel gesto ti aveva provocato una fitta più forte delle altre.
Poi lentamente prende un fazzoletto bianco,
neanche il cotone idrofilo, versa l’acqua ossigenata sul piccolo tessuto di
carta.
E tu apri la bocca a fermarlo, sai benissimo
che non bisogna poggiare qualcosa sulla ferita con l’acqua ossigenata, ma la
tua protesta viene bloccata da un bruciore che ti devasta.
Mello premeva con forza il fazzoletto
imbagnato di quel disinfettante sopra alla carne cruda, mentre scrutava il tuo
volto in cerca di qualsiasi accenno al dolore.
E tu vorresti lasciarti andare, rilassare i
muscoli facciali in smorfie di dolore, lasciare che i gemiti di dolore
fuoriescano dalle tue labbra.
Il dolore che provi è enorme, l’effetto
dell’acqua ossigenata che circola sulla ferita, brucia la carne mentre viene
purificata da batteri vari.
Ma non ti puoi permettere niente di tutto
ciò, l’unica cosa che puoi fare è stringere quelle lenzuola, dannatamente
bianche come te, fra le dita.
Senti che preme con più forza sulla ferita
quel maledetto fazzoletto, i suoi occhi che non abbandonano il tuo viso.
Lo sai che non aspetta altro che vedere un
tuo qualunque cambiamento, un qualsiasi gesto, qualcosa che stravolga quella
tua irritante inespressività.
Lo sai benissimo, mentre stringi senza sosta
il tessuto delicato sotto le dita, il sangue ormai che fa fatica a circolare.
Lo sai benissimo, quella non è che un'altra
punizione che Mello ti vuole infliggere, una sconfitta che ti vuole provocare,
lo sai benissimo.
E’ per questo che non ti puoi permettere di
perdere la tua solita calma apparente.
La tua maledetta indifferenza.
E intanto quel semplice disinfettante continua la sua opera, il fazzoletto si
macchia di rosa, il tuo sangue che si mischia con l’acqua.
Brucia, purifica, fa male.
Rimani immobile a fissare l’altro, i tuoi
occhi neri che si rispecchiano nei suoi incredibilmente azzurri, però molto più
caldi ed espressivi dei tuoi.
-Near, ti faccio male?-
Una domanda che sembra posta così, che di
solito si rivolge a una persona per preoccupazione di fare troppo male.
Ma sai benissimo che lui non l’ha posta con ansia.
Il suo tono di voce è fin troppo calmo, ti
pare di sentire una nota divertita, e poi le sue dita che premono di più,
mentre versano ancora più acqua ossigenata.
E il bruciore inevitabilmente aumenta.
Sinceramente non sai cosa rispondere,
hai paura di parlare.
Non sei mai stato un tipo forte di
costituzione, anzi sei stato sempre fin troppo delicato, fragile.
E la tua testa ragiona velocemente, in cerca
di una soluzione sapendo benissimo, però
che aprendo bocca in quel momento sarebbe
fuoriuscito solamente un verso di dolore.
E questo non te lo puoi permettere.
Ma il tempo passa veloce e Mello attende una
risposta, questa volta non puoi permetterti di non rispondergli.
Cercando un modo per uscire da quella
situazione critica, quanto dolorosa, la presa sul tuo ginocchio non è diminuita
e la carne brucia come non mai.
Tanto che si è creato un piccolo alone rosa
attorno al fazzoletto, attorno alla ferita che veniva lentamente e
dolorosamente purificata.
Una mano lascia andare le lenzuola, che ormai
sono diventate tutte stropicciate tanto le avevi strette forte, e sei sicuro
che Mello se ne è accorto, ma quel gesto in qualche modo non sembra soddisfarlo
pienamente.
Lentamente la muovi verso la tua testa, verso
i tuoi riccioli bianchi, come tutto il tuo essere.
L’unica cosa che non è bianca in te sono i
tuoi occhi, fin troppo neri.
Con l’indice stai per toccare un piccolo
ricciolo, pronto a tormentarlo come tuo solito, per trovare la calma, che
lentamente stai perdendo e riprendere a
ragionare razionalmente.
Ma a quanto pare il biondo non è del tuo
stesso parere, anzi non accetta che tu faccia un gesto del genere.
Di scatto con la mano, che non è occupata a
curarti e allo stesso tempo farti male, ti prende il polso stringendolo.
I suoi occhi sembrano volerti fulminare,
bruciare lì sul posto.
-Non ci provare Near…non
azzardarti a fare quel gesto!-
E dicendo questo , tu non hai il tempo di
ribattere, che ti stritola letteralmente il polso.
Mello è sempre stato più forte di te, lui è
molto più grande di te, tu sei sempre stato troppo piccolo, troppo fragile, sei
sempre stato un bambino piccolo.
E questa volta non ci riesci, non ce la fai.
La tua faccia che si tramuta in un
espressione sofferente, dalle tue labbra che esce un mugugno, un piccolo gemito
di dolore.
-Mello…mi fai male…-
E ti accorgi che il tono che hai usato è supplichevole, hai parlato piano, quasi
pigolato. I tuoi occhi che lo fissano, attraversati dal dolore, supplichevoli,
come te. E ti senti tanto umiliato.
Però, non lo vedi allentare la presa, non lo
vedi ghignare vittorioso come ti aspettavi, anzi.
Rafforza di più la stretta sul polso,
lasciando perdere stranamente il tuo ginocchio, concentrandosi solamente su
quella piccola parte fragile del tuo corpo.
E fa male, molto male.
E stranamente ti accorgi che stanno avvenendo
cose troppo strane quel giorno.
Non capisci perché ti abbia aiutato, perché
non è contento di aver finalmente fatto cambiare espressione a te, Near il numero uno,
il suo unico rivale.
Ma soprattutto non capisci te stesso e le tue
reazioni.
Come non capisci perché trattieni il fiato,
sentendo la sua presa sul polso e sul ginocchio allentarsi, con tuo enorme
sollievo, mentre noti che improvvisamente il suo viso è più vicino.
Ti scruta in profondità e ti senti nudo sotto
quello sguardo, come se ti potesse leggere dentro, che cosa strana, non ti era
mai capitato di sentirti così con Mello.
Ma forse sarà soltanto per la vicinanza dei
vostri volti? Ma non è la prima volta.
E allora perché ti senti così terribilmente,
dannatamente strano?
Non lo sai, senti solamente le guance calde
mentre ti accorgi che lui non smette di fissarti, ti senti in imbarazzo.
Lo vedi aprire la bocca, come a voler
parlare. Allora aspetti in silenzio, cercando di riprendere il controllo delle
tue reazioni.
-MELLO! MELLO! DOVE CAVOLO SEI?!?!?-
All’improvviso però quel momento viene
brutalmente interrotto da una voce che grida il nome del biondino.
E di scatto Mello si allontana, la sedia che
striscia sul pavimento, lasciando dietro di se un fastidioso stridio.
Hai capito benissimo di chi era quella voce,
così come Mello.
E’ impossibile non distinguere la voce di
Matt, il migliore amico di Mello.
E quando lo vedi che si volta, fa qualche
passo ti senti sprofondare.
Lentamente la mano, che lui aveva interrotto
bruscamente, riprende il suo percorso, andando finalmente a tormentare un tuo
solito ricciolo.
Di nuovo l’espressione è la stessa, il dolore
che si affievolisce, il fazzoletto con l’acqua ossigenata che mollemente è
caduto a terra.
Abbassi lo sguardo, mentre senti i passi
dell’altro che si allontanano sempre di più.
E ti senti terribilmente solo, di nuovo.
E non puoi fare a meno di domandarti cosa
voleva dirti il ragazzo, il dito che tortura sempre di più quella tua ciocca bianca.
Pensi, ragioni, senza sosta, cercando una
risposta a quei mille quesiti.
Perché? Cosa mi è successo? Cosa ci è successo?
E intanto ti sembra che non esista più nessun
suono se non quello dei passi felpati del biondo.
Non osi alzare lo sguardo, sai benissimo che
staresti male a vederlo andare via.
Sai che nessuno può vedere Mello che ti
aiutava, lui che ti odia più di qualsiasi cosa, che ti “aiutava”, anche se in
realtà non sai cosa voleva veramente fare.
Ormai eri convinto che lui non ti avrebbe rivolto
parola, che sarebbe uscito come se niente fosse da l’infermeria, che
sicuramente più tardi ti avrebbe minacciato di non dire niente a nessuno…e
invece…
Ti ritrovasti piacevolmente sorpreso sentendo
i passi che si fermavano e la sua voce che ti raggiungeva.
-Near…-
Un brivido ti pervade, ti manca un battito.
Il tono che ha usato per chiamarti
era…strano. Basso, caldo…hai quasi paura di essertelo immaginato mentre alzi lo
sguardo e lo fissi, trovandoti ricambiato.
-…prova a dire a qualcuno quello che è successo
e giuro che la prossima volta non te la caverai solamente con un ginocchio
sbucciato!-
Il suo tono di voce è tornato come al solito
sprezzante, come sempre quando si rivolge a te.
E tutto ritorna come prima.
Ora ti sembra il solito Mello.
Un sorriso ti si dipinge sul volto, mentre
vedi che ti ridà le spalle e apre la porta pronto a uscire da quel posto.
Quel posto che aveva creato quell’atmosfera
strana.
E il sorriso rimaneva sul tuo volto mentre
notavi che la porta si richiudeva dietro di lui, tanto non ti avrebbe visto.
Così come tu non vedesti il suo sorriso.
E improvvisamente, mentre porti lentamente il
polso, lasciando perdere il ricciolo, verso le tue labbra.
Ti accorgi che l’acqua ossigenata è niente
confronto al tocco di Mello.
Lui bruciava molto di più.