OVER MY HEAD
L'aria fredda di novembre non veniva
trattenuta dalle vecchie imposte tarlate che, anzi, sbattevano con
violenza.
Un vento gelido penetrava nella stanza
dalle pareti scrostate.
Tuttavia, l'uomo che sedeva ad un
tavolo dalle gambe ballerine sembrava non accorgersene e, quando una
folata più violenta spalancò la finestra, facendo
entrare acqua di traverso, non si alzò nemmeno per
richiuderla.
Fissava un punto imprecisato sul muro
di fronte ed era come se non gliene importasse nulla di tutto quello
che lo circondava, di se stesso, della sua vita.
Non pareva particolarmente vecchio,
nonostante i capelli fossero già ingrigiti e le rughe gli
solcassero la fronte. Osservandolo la prima impressione era quella di
un uomo che la vita aveva reso vecchio anzitempo.
“A cosa bevi questa volta,
Remus?” chiese a se stesso, reggendo in mano un bicchiere mezzo
pieno di Odgen Stravecchio, come indicava la bottiglia posata sul
tavolo.
A niente beveva, non stava bevendo a
niente.
Stava facendo quello che, per anni,
aveva rimproverato al suo amico Sirius, che, nell 'alcool, vedeva una
soluzione a molti problemi: non si beveva solo per euforia, per
condividere un momento, si beveva anche per non pensare, per
dimenticare, per non dover fare i conti con i complicati grovigli
della mente.
“Se foste qui, ragazzi, non ci
credereste!
Io, il controllato e razionale Remus
Lupin, che affogo nell' alcool i miei dispiaceri.
Riesco ancora ad immaginarmele, le
vostre reazioni: il guizzo divertito negli occhi di James e la risata
canina di Sirius. Sarebbe solo un attimo, però, poi, vi
avvicinereste, prendereste due sedie che, tra l'altro, qui non ci
sono nemmeno, e mi togliereste il bicchiere di mano.
Al che, tu, James mi chiederesti se va
tutto bene, se c'è qualcosa che desidero dirvi.
Io rimarrei zitto per un istante,
giusto il tempo di dire qualcosa come: “ Ecco io...”,
prima di essere interrotto da quel terremoto di Sirius, che, dandomi
una pacca sulle spalle, spazzerebbe via ogni mia titubanza, dicendo:
“ Avanti, Remus! Non tenerti tutto dentro! Parla, noi siamo qui
per questo!”
Siete sempre stati così, voi
due, fin da quando avete scoperto il mio segreto.
La vostra esuberanza che, nel caso di
Sirius rasentava addirittura l'invadenza, è sempre riuscita a
vincere i miei silenzi e la mia timidezza.
Avrei parlato, l'avrei fatto, eccome.
Voi mi avreste risposto che è naturale aiutarsi, fra amici.
Che ci saremmo sempre stati, l'uno per l'altro.
Questo era quello che eravamo soliti
dirci: “Ci saremo sempre. Qualunque cosa accada.”.
Ce lo dicevamo quando ancora vivevamo
nell'illusione che le nostre vite fossero perfette.
Strano che anch'io pensassi una cosa
simile,... avere una vita perfetta...
Eppure, c'è stato un tempo in
cui lo credevo, in cui ne ero convinto.
Eravamo carichi di quell'arroganza che
si possiede solo a vent'anni, quell'arroganza che è giusto
avere a quell'età.
Oserei dire che è una vera e
propria fortuna che, a quell'età, la si pensi così.
Sai, James, un po' lo invidio, tuo
figlio.
Nonostante tutto quello che gli è
successo, non si da mai per vinto, va avanti, tenace, per la sua
strada, convinto di riuscirci, alla fine.
Convinto di poter mettere fine a questo
orrore, convinto di poter cambiare il mondo.
Anche noi lo eravamo, alla sua età.
Ti somiglia, James. Ti somiglia così
tanto.
Mi chiedo spesso da dove gli arrivi
tutta questa forza. Forse non si è ancora reso del tutto conto
di quanto ha perso, preso com'è dalla foga degli eventi.
Non ha avuto nemmeno il tempo di
piangere.
Quando tutto questo finirà sarà
terribile.
Spero di poterci essere io, ad
aiutarlo.
Avresti dovuto farlo tu, ma ti giuro
che farò del mio meglio.
Certo che sono proprio incorreggibile,
eh Sirius?
Non sono nemmeno capace di sbronzarmi
come si deve!
Bevo... e resto lucido... mettendomi a
fare discorsi filosofici...
O forse no... forse sto delirando, per
essere qui a parlare da solo, come se voi foste qui, come se poteste
sentirmi e rispondermi, anche.
Credo di doverti porgere delle scuse,
Sir, ora che ci penso.
A Grimmauld Place disapprovavo il tuo
chiuderti in camera con una sana bottiglia di Odgen, degna confidente
di pensieri nascosti, ottima compagna per pomeriggi solitari.
Ora capisco che stavi facendo
esattamente quello che sto facendo io ora.
Cercare di non pensare...
E bè... se sono sbronzo, se non
sono lucido, se deliro... tanto meglio!
Bisogna ammettere che però non
sono nelle condizioni di quel terribile Capodanno del' 77.
Allora sì che ero sbronzo come
una spugna...
Ho dei vaghissimi ricordi: c'era James
che voleva gettarsi giù dalla torre, convinto com'era di poter
volare anche senza scopa.
Tu, Sirius eri chiuso da qualche parte
con non voglio sapere nemmeno chi...
Io urlavo che ero stanco di essere
perfetto, che volevo riprendermi la mia adolescenza, che tutto il
mondo doveva conoscere il vero Remus Lupin, quello che, su due piedi,
con una capacità oratoria superiore a Cicerone, era in grado
di inventare la balle più assurde per convincere la Minerva a
non punirci per il mese successivo.
Poi, non so bene come, ci siamo
ritrovati tutti e tre in bagno a vomitare...
Curioso... eravamo in posti diversi,
eppure ci siamo ritrovati insieme... risvegliandoci al quinto piano
la mattina dopo, dove ci ha trovati Peter, preoccupato per non averci
visto in camera al suo ritorno ad Hogwarts.
Mi chiedo ancora come abbiamo fatto ad
arrivarci... Sinceramente, preferisco non saperlo...
Poi però la scuola è
finita...
Siamo cresciuti improvvisamente,
abbiamo scelto di combattere: la nostra posizione non era nascosta a
nessuno.
Tutti ad Hogwarts sapevano che, non
appena diplomati, ci saremmo uniti a Silente, dopotutto, a tutti
coloro che poi sarebbero diventati Mangiamorte, eravamo noti per
essere i suoi leccapiedi.
Eravamo convinti che saremmo
sopravvissuti tutti, a quella guerra.
Del resto, chi può separare i
Malandrini?
Così, ripetevamo ogni qual volta
qualcuno ci metteva di fronte alla realtà, di fronte al fatto
che, presto o tardi, tutto sarebbe cambiato, la guerra si sarebbe
frapposta a noi.
Eppure è bastato così
poco...
Tutto è crollato in pochi
minuti, come un bel castello di carte.
Ciò nonostante sono convinto che
dentro di noi lo sapessimo, che fossimo ben consci di quanto stessimo
rischiando, eravamo semplicemente troppo giovani per ammetterlo ad
alta voce.
Sapevamo benissimo il pericolo che
stavamo correndo.
Lo sapevate tu e Sirius, James, quando,
andando contro ogni principio, voi, due Purosangue,avete deciso di
sfidarli, scappando di casa e sposando Lily, la Sanguesporco, come la
chiamavano loro.
Lo sapevo io, quando Silente mi mandava
coi Lupi Mannari per scoprire che intenzioni avessero.
Soprattutto lo sapevate tu e Lily,
James.
Vi siete sposati e avete avuto Harry,
ugualmente, come per urlare al mondo che non avreste rinunciato a
vivere.
Avete fatto bene... vorrei essere come
voi.
Ma io non ce la faccio, ragazzi, io non
ce la faccio.
Che padre potrei essere per questo
bambino?
Io, un Lupo Mannaro...
Se anche non dovesse ereditare la mia
maledizione, sarebbe allontanato da tutti.
Non ditemi che si tratta solo di un
piccolo problema peloso.
Non sono tutti come voi.
Non tutti la penserebbero così.
A che vita lo condannerei?
Non dirmi anche tu che sono un codardo,
James. Ci ha già pensato tuo figlio.
Ha ragione.
E' questo che sono.
Un vile codardo, che non ha nemmeno il
coraggio di restare accanto alla sua famiglia.
Sì, Sirius, non urlare.
Dora è la mia famiglia.
L'ho abbandonata, ma la amo. La amo con
tutto me stesso.
Non la farei mai soffrire, lo sai.
Anche quando voi due la prendevate in
giro, io la difendevo sempre.
Ogni tanto mi sembra di rivederla,
quella bambina con le trecce rosa cicca fuori posto, nella donna che
ho davanti.
Se mi comporto così è
solo per il suo bene...
Credeteci.”
Remus posò il bicchiere: era
vuoto, ormai.
Prima di versarsene un altro controllò
che la bottiglia non fosse vuota.
La agitò un po' prima di
decretare che, invece, lo era.
Allora si alzò dalla sedia e si
diresse verso una vecchia credenza, ne aprì un'anta, tirandone
fuori una bottiglia nuova.
Si riavvicinò al tavolo e fece
per aprirla, ma si bloccò.
“Mi faccio schifo.
Guardate come mi sono ridotto.
Mi reggo a mala pena in piedi, sto
chiuso qui tutto il giorno.
Sono uscito solo un paio di volte, ed
entrambe mi ha portato fuori Kingsley di peso.
E' che io non ce la faccio.
Non ce la faccio, davvero.
Vorrei disperatamente correre da lei ed
iniziare a fantasticare sul nostro bambino, ma come posso?
Come posso far finta che vada tutto
bene? Che non ci sia una guerra, che io non sia un mostro?
Io non ce la faccio.
Non c'è giorno che non pensi a
lei, a voi, ad Harry... avrei dovuto aiutarlo di più, James,
in questi anni.
Non solo non ho avuto il coraggio di
stare vicino a tuo figlio, James, ma nemmeno di pensare al mio.
Che idea avete ora, di me?
Vi faccio schifo.
Mi faccio schifo.
Quando è nato Harry eravamo
tutti al settimo cielo: non era solo figlio tuo e di Lily, era una
speranza per tutti.
Era la testimonianza che bisognava
continuare a lottare per un futuro migliore.
Harry era la luce nelle tenebre.
Era come se, da quel momento in poi,
avessimo un motivo in più per andare avanti.
Come disse Lily, loro combattevano per
qualcosa, noi per qualcuno.
James, mi ricordo quando ci rivelasti
della Profezia.
Sirius prese a vagare nervosamente per
la stanza, bianco in volto.
Quando tu gli dissi di calmarsi, lui
iniziò ad urlare.
Ti ricordi tutto quello che gli
gridasti contro, Sir?
Gli urlasti che era un egoista
irresponsabile...
Mi colpì la tua sicurezza
allora, James.
Dicesti che, se volevano mettere le
mani su tuo figlio, avrebbero dovuto prima fare i conti con te.
Nessuno avrebbe potuto toccare la tua
famiglia, fino a quando tu fossi vissuto.
In quel momento fui orgoglioso di
essere tuo amico, James.
James Potter era un uomo e non un
ragazzino borioso e viziato, che gioca a fare l'eroe, come pensavano
in molti.
Mi ritenni onorato di essere tuo amico,
perché io conoscevo il vero James Potter.
E ora, James? Ora cosa diresti di me?
Se anche tornassi da lei, non sono
scuro che mi riaccoglierebbe.
L'ho abbandonata, l'ho lasciata sola.
Che razza di padre e di marito sarei?
Ti promisi di comportarmi bene con tua
cugina, Sirius...
Quello che ho fatto mi pareva la cosa
migliore.
Ma non ne sono più così
sicuro.
L'ultima volta che ti vidi, mi dicesti
che avrei dovuto iniziare a pensare un po' di più a me e alla
mia felicità, sbarazzandomi dei miei inutili sensi di colpa.
“Non è una colpa essere
innamorati, Rem. Solo niente scherzi. E' mia cugina.”
Quanto l'ho fatta penare, per una breve
ed effimera felicità, poi...
Ero solito dirvi che siamo noi gli
artefici del nostro destino, quando vi lamentavate per l'ennesima
punizione...
Bè, bel destino che mi sono
creato.
Non ho molto da lamentarmi...
Il modo per rimediare lo conosco.
Temo solo di non esserne in grado: in
questo momento, mi sembra che tutto stia per crollare da un momento
all'altro... o almeno, questo è quello che sento io, forse è
perché mi gira un po' la testa, ora che ci penso.
In ogni caso, c'è bisogno di
qualcosa che illumini tutto questo buio.
E' la mia famiglia.
Mi sento un idiota, mi chiedo perché
l'ho fatto.
Dora e il bambino sono tutto quello che
mi è rimasto.
Ho bisogno di loro e loro di me.
A mio figlio non importa di che natura
sia suo padre. Gli basta averlo.
Che cosa ho fatto, ragazzi?
Devo tornare da loro...
Forse anche mio figlio è questo:
è una luce nelle tenebre e, bè, se anche non lo fosse,
non mi importa.
E' mio figlio ed è questo quello
che conta.”
Remus si alzò. Chiuse la
bottiglia di Odgen e la ritirò.
Mise il bicchiere nel lavello e poi
spalancò le persiane.
Fuori c'era un freddo sole invernale.
Ciò nonostante c'era il sole, il
temporale era passato.
C'era il sole e quello era importante.
Tutto il resto, erano discorsi senza
senso.
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