Kyuubi Strikes Back

di KyubiKonanOfAkatsuki
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Hinata si era svegliata di soprassalto, quella mattina. Suo padre adottivo era corso di gran carriera in cucina, cercando di accendere la nuova TV in bianco e nero che un solo canale prendeva: quello che permetteva loro di tenersi in contatto con il resto del mondo…

 

Tutto come al solito, ma nell’aria si avvertiva una nota di tensione in più. La porta scorrevole che portava ai giardini era aperta, mentre dal kiseru* dell’uomo finemente ornato di complessi ghirigori dorati uscivano nuvolette di fumo che andavano a perdersi fuori.

 

Hinata: -Papi… Che succede…?-

Sojobo: -Ssshh, piccola mia! Sto cercando di sentire la TV!-

 

Sojobo Uchiha era il padre adottivo di Hinata. Hiashi Hyuga, il vero genitore di lei, era caduto in guerra. La madre, invece, si era suicidata.

Ora la piccola Hyuga, dodicenne, conviveva con Sojobo e i suoi due figli, Madara e Sasuke.

L’uomo, che di anni non poteva averne che trentacinque, ne dimostrava circa una ventina, tanto che in molti faticavano a distinguerlo dal figlio Madara.

 

Sojobo: -Questi giornalisti… Non posso credere che sia vero…-

Hinata: -Cosa succede?-

Sojobo: -Sapessi… Raccontano di una creatura simile a una volpe a nove code, solo umana! Insomma, che usando l’ingegneria genetica degli scienziati stiano tentando di creare delle forme di vita leggendarie… Per usarle come armi-

Hinata: -Assurdo…-

Sojobo: -Infatti… Come si può pensare di creare… La vita? Quelle persone si credono un Dio… Ma non sono altro che pazzi… Ma non penso che siano argomenti per te, Hinata. Sveglia i tuoi fratelli, ora-

 

Lei obbedì. Andò con calma nella stanza di Sasuke, che aveva più o meno la sua stessa età, poi da Madara, che invece aveva diciassette anni. Entrambi poi la seguirono fino alla cucina, poi la Hyuga si vestì con il suo kimono, rosso, indossò i geta e chiese al padre il permesso per uscire. Lui acconsentì, a patto che lei non si allontanasse troppo.

Mentre Sojobo sorseggiava il suo caffèlatte, già vestito con un nero tailleur, insieme a Madara, Sasuke si accontentò di vedere nella dispensa. Erano tempi duri, anche se la famiglia, si raccontava, fosse ricca ai pari dell’Imperatore. Tanto è vero, che molti raccontavano anche, forse sarcastici o forse no, che Sojobo fosse un tengu, e anche un re, sotto mentite spoglie.

 

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Kyuubi sentì Freddo.

Kyuubi vide Buio.

Kyuubi inspirò Fumo..

 

La creatura, raggomitolata su se stessa, aveva ancora gli occhi serrati. Poteva sentire delle voci… Che provenivano come da un altro mondo. Un mondo devastato dove la guerra infuria, gli innocenti vengono trascinati via dalle loro abitazioni, uccise nei campi di concentramento.

Allungò un braccio verso il vetro, dischiuse la mano e la poggiò su di esso. Che strana sensazione, qualcosa di duro, liscio, si avvertivano leggerissime vibrazioni, che non era altro che lo sparlare degli scienziati, che si dimostrarono interessati da quel gesto. La creatura si rilassò, stirandosi, sgranchendosi. Poi aprì gli occhi, di un bel colore ambrato, circuiti di una strana colorazione nera. Con una mano, afferrò la sua coda rossa e morbida, stringendola a sé.

 

“E’ possibile che sia stato… Solamente un sogno?”

 

Il liquido in cui era immerso non gli impediva di distinguere le voci degli uomini fuori. E tutte suonavano tremendamente familiari. Affondò subito le mani artigliate tra i capelli anch’essi rossi, dietro le lunghe orecchie volpine. Le pupille divennero oblique in un momento, le labbra cineree rivelarono i denti canini e il vetro scoppiò.

Un rumore assordante, l’acqua si disperse sul pavimento mentre le schegge aguzze volavano in tutte le direzioni.

Quell’atmosfera aveva un ché di surreale: un ragazzino sui diciassette anni, fradicio, mingherlino, dai capelli rossi e la coda alzata come un pennacchio, le gambe incrociate, seduto alla base del contenitore, in un laboratorio sotterraneo, mentre gli scienziati erano ancora nascosti dietro i macchinari.

 

Kyuubi: -Chi siete voi?-

 

Nessuna risposta. Probabilmente in preda ad un attacco di rabbia, Kyuubi concentrò i suoi poteri. Da dietro uno dei marchingegni, spuntò uno degli uomini, Itachi, che venne sbatacchiato varie volte contro le pareti. Stufo di quel gioco crudele, il ragazzino lo sbatté con violenza contro i frammenti di vetro per terra, in una pozza di sangue.

 

Kyuubi: -Ripeto… Chi siete?!-

???: -Piuttosto… Interessante…-

 

Quella voce l’aveva già sentita: era Pain, il capo delle ricerche.

 

Kyuubi: -Cosa?-

Pain: -I tuoi poteri!-

Kyuubi: -Poteri?-

Pain: -Sì! Erano anni che cercavamo di ricreare i Bijuu, e tu sei il più potente di tutti, nonché l’unico che è sopravvissuto-

 

L’uomo si voltò verso un quadro attaccato a una parete, sembrava antico. Raffigurava una volpe a nove code.

 

Pain: -Quello è Kyuubi. Partendo da un suo campione di DNA, abbiamo creato te… Kyuubi Due-

Kyuubi: -Allora io… Non sono che una copia, un’ombra di quel che era un demone?!-

Pain: -Ma tu sei MIGLIORE di Kyuubi! Un demonio in un corpo umano, eppur capace di incanalare tanta energia da distruggere intere città…-

Kyuubi: -Allora non sono che il prodotto di un vostro esperimento! Cosa sarà di me ora che esso è concluso?-

 

Un lungo silenzio. Alla fine, Kyuubi sospirò, deluso…

 

Kyuubi: -A voi non importa nulla di me. Il mio destino è dunque quello di essere una cavia da laboratorio? Un’arma vivente?! No, non può essere!-

 

Attorno al ‘Bijuu’ si formò una sfera, barriera violacea, sulla cui superficie scorrevano scariche elettriche. Minuti dopo, che sembrarono secondi, questa esplose. Il laboratorio andò in fiamme, che avvolgevano tutto quello che capitava loro.

 

Kyuubi: -Mi avete fatto venire al mondo solo con l’intenzione di rendermi schiavo… Ma ora, esso sarà MIO!-

 

Disse Kyuubi, prima di uscire da quel luogo. Nessuna pietà per gli umani.

 

 

DISCLAIMER: Gli OC, la storia e le idee appartengono a ME, i rispettivi non OC sono di Masashi Kishimoto. Copiatemi ANCORA e provvederò a segnalarvi. Creative Commons License *Kiseru: Una pipa giapponese usata anche come arma, in bambù con rifiniture in metallo.

  

 





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