Introduzione : E dopo la Sasuke
Centric, non poteva mancare la Sakura centric. Casualmente due contest
mi hanno dato l'opportunità e l'ispirazione per delle os
introspettive. Quella di Sasuke è sicuramente più
angst,mentre questa è un po' più sentimentale, ma
non fluff. (Non esageriamo adesso). Ho cercato di ripercorrere le tappe
della storia di Sasuke e Sakura partendo da una citazione di Grey's
Anatomy "Perché una cosa che ti fa sentire così
bene non può essere sbagliata" un luogo (l'ultimo piano di
un palazzo) e un prompt(cuore spezzato). Ho condito tutto con un'altra
citazione, sempre di Grey's Anatomy, che si sposava perfettamente con
quello che avevo in mente.
Il risultato?
Sarete voi a giudicarlo e ovviamente la Giudice del Contest.
I commenti come sempre sono molto graditi.
Vorrei anche fare una dedica – cosa strana!!!
Dedico questa fan a tutto il forum di "Under the same sky" da cui ho
preso in prestito il nome per il titolo di questa Os – non me
ne vogliate – per avere sempre creduto fermamente nel
Sasusaku. Alle mie colleghe Manga, Meryl Watase e Double Skin e a tutte
le altre autrici che hanno tenuto alto il buon nome della nostra Otp. E
a tutti voi lettori, che con i vostri commenti, mi avete sempre
spronata ad andare avanti – ve ne siete pentiti, vero?
Bando alle ciance... Ecco a voi....
Under
the same sky
"Alla
fine del giorno
la fiducia è una cosa misteriosa. Appare improvvisamente,
quando meno te lo aspetti. E un giorno ti accorgi che la favola
è
leggermente diversa da come l’avevi sognata. Il castello beh,
potrebbe non essere un castello. E non è tanto importante
che
la felicità sia eterna, ma che si possa essere felici al
momento."
Il
cielo.
Vi
siete mai soffermati a guardarlo davvero? Avete mai rubato dieci
minuti alla vostra frenetica vita per alzare il naso
all'insù?
Viviamo
in un mondo che ci obbliga a essere qualcuno, a ricoprire un ruolo,
ma al cospetto del cielo siamo tutti uguali: piccole entità
troppo prese a tenere lo sguardo fisso per terra da non accorgersi
delle possibilità che sovrastano le nostre teste.
Una
nuvola, non è solo una concentrazione di gas; è
un
cavallo bianco che si impenna, una papera, un viso amato. Corre lungo
strade immaginarie, a volte tamponando le altre compagne con cui poi
si fonde in forme nuove.
Con
il tempo si impara a godere anche delle piccole cose, quelle che si
danno per scontate: come poltrire sul tetto di un ospedale durante la
pausa, con lo sguardo all'insù.
Ogni
giorno ripeto lo stesso rito, da quando capii che il cielo fosse una
coperta abbastanza lunga da coprire entrambi.
L'impossibilità
di sapere dove fosse, cosa stesse facendo, diventavano stupide
paranoie quando immaginavo che anche lui in quel momento potesse aver
alzato lo sguardo.
Immaginavo
che il mio pensiero volasse in sella a quel cavallo bianco e che
giungesse fino a lui per fargli sapere che io lo stavo aspettando,
che non avevo dimenticato le sue parole e che quel "presto"
non volevo che diventasse un "mai".
La
paura che lui non ritornasse sfiorava costantemente la mia mente,
come la scia di un incubo notturno che al risveglio ti lascia quella
sensazione di ansia e angoscia che ti accompagna fino a che non ti
riaddormenti.
Ero
stanca di dormire. Mi sembrava di aver dormito per tutta la vita
cercando di scacciare i fantasmi dei miei incubi.
Quando
si è giovani si pensa di poter dichiarare guerra al mondo e
vincerla; si ha il bisogno fisico di bruciare le tappe per provare
emozioni nuove, intense, che si tende a ingigantire fino all'estremo.
Come quando dici ti amo per la prima volta. Il cuore ti batte a
mille, le gambe ti tremano e come nel mio caso... piangi.
A
tredici anni si ama, ma non come a sedici o a venti. L'amore
adolescenziale è il più puro. Non deriva da
ragionamenti, paranoie, continue contraddizioni e discorsi impegnati,
è spontaneo e come tale ti toglie il fiato. Quando incontri
qualcuno che rispecchia i tuoi gusti, che insomma "ti piace",
parti subito in quarta, sbandierando al mondo intero di amarlo - a
volte anche al diretto interessato. In quel momento non si prende
minimamente in considerazione l'ipotesi di non essere corrisposti, si
va avanti come un Caterpillar, convinti che non sia possibile una
simile evenienza perché stiamo offrendo amore e chi lo
rifiuterebbe?
Quando
si cresce i sentimenti diventano più razionali e l'istinto
di
autoconservazione prevale sulla voglia di rischiare. Si medita a
lungo sulle conseguenze, si ipotizzano gli scenari più
assurdi
e ci si chiude in una sterilità sentimentale in cui l'amore
per se stessi è più importante di quello che si
prova
per gli altri.
La
parola d'ordine è "difendersi".
Alzare
una barriera tanto spessa da non far penetrare delusioni,
disillusioni e sconfitte. E si rimpiange di non poter tornare
indietro a tredici anni, quando anche l'amore era più
semplice.
Ma
quando nasci e il pulsante play viene premuto, nessuno si prende la
briga di spiegarti che non potrai mai tornare indietro, né
accelerare il tempo.
E
così ti ritrovi sul tetto a guardare il cielo. Assisti al
lento scorrere dei giorno con il desiderio di mettere avanti le
lancette e arrivare al momento che aspetti da una vita, sin da quando
avevi tredici anni e ti svegliasti su una panchina con la
consapevolezza di aver perso la persona che amavi e un gran mal di
testa.
Piansi...
Piansi fino a che credetti di non esserne più in grado
perché
il dolore era troppo forte e io ero troppo debole per fare qualcosa.
Mi resi conto di non essere nessuno, che in tutto quel tempo ero
stata solo un peso, anche per me stessa. Mi affidai agli amici, alle
persone che mi volevano bene affinché tutta quella
sofferenza
finisse.
Quello
che nessuno sapeva era che lui mi avesse respinta, avesse rifiutato
il mio amore e la domanda che continuava a martellarmi il cervello
era una sola: "Perché?"
Iniziai
a rispondermi partendo dalle cose più futili come "non
sono abbastanza bella" per arrivare a paranoiche illazioni del
tipo "forse non ha capito, non ha sentito bene quello che gli ho
detto" analizzando ogni singola parola che avevamo proferito.
M'illusi... mi augurai che quel "grazie" significasse
qualcosa perché il mio cuore spezzato aveva bisogno di un
appiglio, un pretesto per continuare a sperare. Piansi sulla nostra
foto, quella in cui eravamo felici, quando credevo che nessuno
potesse separarci. Le lacrime la bagnarono e rimasero lì,
sospese sul vetro come macchie indelebili che mi ricordavano che era
tutto finito: lui non c'era più. Anche i miei pensieri
sembravano essersi fermati e il silenzio che mi circondava divenne
assordante. L'unico mio desiderio era sentire la sua voce, anche solo
per un attimo per non arrendermi all'evidenza che da quel giorno in
poi la mia unica compagna sarebbe stata la solitudine.
Non
importa quanto si possa essere convinti di qualcosa. Nel momento n
cui si va contro la propria natura, il fallimento è
assicurato.
Quando
me lo ritrovai davanti agli occhi dopo quattro anni in cui avevo
sputato sangue per diventare abbastanza forte per cercarlo e farlo
ritornare a casa, l'unica cosa che avrei voluto davvero fare sarebbe
stata piantarmi quel kunai nello stomaco. Dopo mille piani e aver
immaginato qualsiasi scenario, mi resi conto di non riuscire neanche
a guardarlo su quella che non era più la sua faccia, ma una
maschera di odio per la quale avrei dovuto provare ribrezzo non
tenerezza.
Il
cuore non avrebbe dovuto battere in quel modo malsano, offuscando la
razionalità. Le mani non avrebbero dovuto tremare e le
labbra
non avrebbero dovuto proferire quelle menzogne.
Sentii
di essere sul punto di fallire ancora, che tutto quello che avevo
fatto non era servito a niente: al suo cospetto tornai la tredicenne
debole che ero. Cercai di autoconvincermi di essere diversa: una
donna, l'allieva di un sennin; volevo dimostrargli di essere
cambiata.
La
cosa patetica è che avrei voluto che lui ne fosse
compiaciuto.
La
deprimente verità è che il legame che ci legava
non era
così forte come quello che aveva con Naruto. Loro avevano
sempre avuto un rapporto particolare, intenso, diviso tra l'amore che
si prova per un fratello e l'acredine per un avversario. Ma gli era
sempre bastato uno sguardo per comprendersi, mentre per me non
è
mai stato semplice interpretare i pensieri di Sasuke.
Se
Naruto quella volta vide la disperazione nei suoi occhi, quando il
mio stesso kunai rischiò di lacerarmi la gola,
ciò che
io riuscii di sfuggita a riconoscere fu solo odio. Un odio
così
forte da essere accecante anche di fronte alla sua compagna di team,
alla donna che lo aveva sempre amato e che non gli avrebbe mai fatto
del male se non avesse ritenuto tale gesto l'estrema ratio per
tentare di fermare quel delirio prima che qualcun altro agisse al suo
posto. Non avrei mai potuto sopportare di vederlo imprigionato a vita
o addirittura condannato a morte.
Nei
miei sogni il suo corpo giaceva senza respiro tra le mie braccia con
i capelli scompigliati dalla lotta e il suo viso di nuovo sereno.
Successivamente mi sarei tolta la vita: non avrei mai potuto portare
il peso di quello che avevo fatto, né la disperazione di una
vita senza di lui.
L'amore
si impara da piccoli. Il primo è quello incondizionato che
si
prova per i propri genitori. È qualcosa di viscerale che non
ha paragoni con nessun altro tipo di amore che si possa provare nella
vita ed è proprio quell'amore che ti illude, dandoti la
sicurezza che l'affetto che dimostri e che doni in qualche modo ti
ritornerà; che sia una cosa normale essere corrisposti
quando
sei cosciente che quello che senti nel tuo cuore non è un
battito superficiale, ma il suono assordante di un martello che si
abbatte su una campana di ferro. Non riesci a udire altro e sai che
non potrai più fare a meno di quel suono che per quanto
violenti le orecchie e ti faccia perdere ogni ragione, trascinandoti
in un oblio di insicurezze, è così rassicurante.
L'amore
è rassicurante.
Per
anni è stata la mia unica certezza, ciò che mi ha
spronato ad andare avanti.
Ci
si auspica che malgrado gli ostacoli tutto alla fine andrà
bene, che presto o tardi quello che provi possa essere più
forte di qualsiasi avversità e che infine trionfi,
illuminando
il tuo cielo come uno spettacolo di fuochi d'artificio. Ti auguri che
un giorno l'oggetto del tuo amore possa sentire quel rumore
assordante nel proprio cuore e che cominci a battere all'unisono con
il tuo.
E
a quel punto...
Ti
renderai conto di non aver buttato via la tua vita, di non aver
sprecato il tuo tempo... di non aver sofferto invano. Le sue braccia
ti avvolgeranno durante la notte, promettendo tacitamente di
proteggerti per sempre, saggerai per la prima volta la morbidezza
delle sue labbra e saprai di non poterne più fare a meno,
piangerai di felicità quando ti sorprenderà anche
con
un piccolo gesto che sai quanto possa costare al suo orgoglio e
tremerai la prima volta che farete l'amore, sapendo che è la
cosa giusta, che non c'è altro modo al mondo per sentirsi
davvero un'unica cosa.
Il
fato è un giocatore d'azzardo a cui piace bleffare. Se nella
nostra mente crediamo di percorrere una strada dritta, a senso unico,
rimarremo stupiti di quella curva, quella salita, quella buca che non
avevamo minimamente previsto.
Quando
pensi di essere quasi arrivata a quell'incrocio che hai tanto
agognato e tendi la mano, cercando di accorciare quella distanza che
ancora vi divide, improvvisamente la sua mano è nel tuo
petto,
trafigge il tuo cuore che spera solo di infrangersi in mille pezzi e
porre fine alla tua stupida vita.
Ti
rendi conto che hai finto di essere diversa, quando, in
realtà,
sei la stessa di sempre: il tuo "sogno romantico" non è
mai morto. È stato facile per lui deriderlo di nuovo, farti
sentire una nullità, umiliarti come quella notte. Le sue
parole sono state più eloquenti di quel kunai puntato alla
gola, di quel chidori fallito e... ti chiedi ancora
"perché?".
Perché
non riesci a credere che quello che dice sia vero; perché
hai
come l'impressione che sia il suo ennesimo tentativo di fuggire;
perché ti sei illusa che aprirgli di nuovo il tuo cuore
potesse fare la differenza.
In
quel breve istante in cui il tempo sembrava essersi fermato, la
rabbia e la disperazione, mi spinsero a pormi solo una domanda:
"Sasuke-kun, perché non mi guardi negli occhi mentre mi
fai questo?"
Celati
dai suoi fitti fili di ebano, i suoi occhi avrebbero potuto
rispondere a tutte le mie domande.
Non
ero degna neanche del suo sguardo?
Oppure...
Svenire
fu la cosa migliore che mi potesse capitare: quantomeno mi evitai di
assistere a quello che successe dopo.
L'ironia
della sorte - o un'illusione premeditata - volle che sognai di noi da
piccoli. Un sogno fin troppo piacevole per chi ha appena subito un
jutsu come il mangekyou. Dopo il primo scontro con Itachi, Sasuke era
rimasto in stato d'incoscienza per giorni, avendo visto con i suoi
occhi chissà quali atrocità e solo l'intervento
di
Tsunade-sama era riuscito a farlo risvegliare. Se io avessi potuto,
sarei rimasta in eterno in quell'illusione così calda e
piacevole.
Mi
svegliai, quindi, con ritrosia. Non mi chiesi come mi fossi liberata
dal Mangekyou perché l'idea di quello che potesse essere
accaduto mi atterriva: chi di loro due era morto?
Il
maestro Kakashi mi confermò che stavano combattendo l'ultima
battaglia e ci dirigemmo verso l'unico luogo dove potevano aver
deciso di affrontarsi.
Il
martello cominciò a battere prepotentemente sulla campana,
mentre una forza che non credevo di avere mi spingeva a correre.
Erano
lì, distesi sulle macerie della valle dell'Epilogo.
Non
pensai... mi fiondai da loro, sperando di essere in tempo per
salvarli mentre le lacrime già mi offuscavano la vista.
"Perdonami
per tutto quello che ho fatto finora"
"Perché
una volta ogni tanto,
una
volta può capitare che le persone ti sorprendano.
Una
volta ogni tanto le persone possono anche toglierti il fiato"
Passiamo
la nostra vita a percorrere la strada che porta alla
felicità.
A ogni incrocio corrisponde una direzione da prendere, una scelta che
condizionerà il tragitto successivo. A volte si opta per
quella che sembra più semplice, soprattutto quando il
percorso
fino a quel momento è stato impervio e stancante.
Io
non ho mai amato le cose facili. Tutti gli ostacoli che finora ho
dovuto superare mi hanno fatto capire che la sofferenza prima o poi
finisce e che se si crede davvero in qualcosa non bisogna arrendersi.
Io
scelsi il perdono... e l'amore.
Perché
una cosa che ti fa sentire così bene non può
essere
sbagliata.
I
miei occhi ora sono chiusi, ma sono sveglia, non ho
più
incubi da cui scappare.
Riesco
a sentire il suo profumo e percepire il tocco della sua mano sul mio
ventre.
"Prenderai
freddo"
Sorrido.
Ormai sono mesi che non faccio altro.
La
sua voce mi riscalda, ma è una cosa troppo sdolcinata
perché
lui la comprenda.
"Le
piace il cielo" gli rispondo, poggiando la mia mano sulla sua e
socchiudendo appena una palpebra: la luce del sole mi acceca.
Mi
fa ombra con la mano, in modo da unire i nostri sguardi. Il suo
è
straordinariamente dolce e anche se sicuramente starà
pensando
che io sia la solita noiosa romantica, non m'interessa
perché
so che quello sguardo è solo per me.
Inaspettatamente
alza anche lui il naso all'insù. Mi chiedo se stia pensando
quello che penso io.
Sogghigna,
indicandomi una nuvola.
"Sembra..."
borbotta, assottigliando gli occhi " no, mi correggo, non
sembra..." mi lascia con il fiato sospeso - chissà cosa
vuole dire - "è una testa quadra"
E
io non posso non ridere. Una risata talmente forte da farmi piangere,
mentre lui alza solo un sopracciglio, pensando forse che io sia
pazza. Non che mi aspettassi una frase romantica da lui, non ambisco
a tanto, ho imparato a godere delle piccole cose e stare su questo
terrazzo mentre metaforicamente abbracciamo quella piccola
cosa
che è nella mia pancia, è la perfetta
rappresentazione
di quanto la vita sia stupefacente.
Le
nuvole continueranno a rincorrersi, creando le forme più
strane - sì, anche una testa quadra - , si gonfieranno di
pioggia, diventando cerulee e nere, ma... ritornerà sempre
il
sereno perché sotto quello stesso cielo il mio cuore
è
stato rifiutato, insultato e fatto a pezzi, ma infine...è
stato amato.
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