Dance
for me, Brittany.
Ricordo
ancora il giorno in cui io e te ci siamo conosciute.
D’altronde,
come potrei dimenticare il
giorno in cui
ho conosciuto l’amore della
mia vita.
La mia persona.
Avevamo
cinque anni, quando ci siamo incontrate, o meglio scontrate al parco di
Lima.
Io persa nel mio solito mondo ‘tutto
zucchero filato ed unicorni’ come ti piaceva
chiamarlo, e tu che camminavi
a tessa bassa borbottando come tuo solito. Quando per sbaglio ti sono
finita
addosso e siamo cadute l’una sull’altra, non hai
perso tempo nel gridarmi
contro in spagnolo… a proposito, non mi hai mai detto cosa
significavano quelle
parole strane. Comunque, ricordo che ad un certo punto hai detto ‘Che hai da guardare biondina?’
, perché
ero rimasta letteralmente a bocca aperta mentre ti fissavo, eri la
bambina più
bella che avessi mai visto. Quando ti ho detto il perché
molto tempo dopo, anni
dopo, tu con il tuo solito sorriso strafottente mi hai risposto ‘Anche tu non eri male,
biondina.’
Quel giorno
quando ci siamo conosciute, ci siamo fatte compagnia a vicenda mentre i
nostri
genitori erano chissà dove, a parlare di ‘cose
da grandi, con altri grandi’ come ti dissi. Dopo un
po’ di tempo passato
sulle altalene, o meglio dopo un po’ di tempo passato a
gridarti ‘più
veloce!’ e il tuo sbuffare mentre
obbedivi e spingevi con tutta la forza che avevi nel tuo corpicino, ci
siamo
sedute l’una accanto all’altra e io ti ho chiesto
una cosa, ricordi?
Sicuramente.
Ti ho
chiesto ‘Tu cosa vorresti essere da
grande?’, ci hai pensato su per un po’ ,
per poi rispondere sicura e seria ‘Voglio
essere ricordata.’ Da bambina
ingenua, non capì il significato di quella tua risposta, lo
capì solo molto
tempo dopo. Quando invece tu mi chiedesti la stessa cosa, io dissi
quello che
più di tutto volevo allora, ‘Io
voglio
diventare una ballerina.’
‘Allora balla, qui. Vediamo se sei brava.’ Mi
dicesti.
E io lo
feci, perché non c’era cosa più bella
da poter fare per me.
Quando finì,
i tuoi genitori erano già ad aspettarti poco più
in là e tu stavi già andando
via quando mi ricordai di una cosa importante ‘Aspetta!
Come ti chiami?’ urlai da lontano, tu ti bloccasti
e
urlasti in risposta ‘Santana!’
‘Io sono Brittany!’
urlai di rimando ‘Sei brava
Brittany!’ urlasti un’ultima
volta prima di sparire.
Non
ci siamo
viste più.
Ci siamo incontrate nuovamente anni dopo, quando eravamo entrambe
due adolescenti.
Ero ad una
festa organizzata da uno dei giocatori di football del mio liceo, e
dire che lì
c’erano tutti i ragazzi di Lima era un eufemismo. Tu eri
appoggiata ad una moto
sportiva con una sigaretta in mano, e il solito sorriso strafottente
che si
allargò leggermente quando mi riconoscesti ‘Ehilà
biondina’ . Io rimasi immobile, incredula.
Perché se da bambina eri
bellissima, in quel momento eri bella da togliere il fiato. Non ebbi
tempo di
reagire e risponderti, perché alcune delle ragazze che
frequentavano la mia
scuola mi trascinarono letteralmente via da te. Più tardi
scoprì che tu eri
Santana Lopez, il
‘terrore’ di Lima
Heights Adjacent, dei vari episodi che ti vedevano protagonista e della
tua
strage di cuori tra le ragazze.
Non
ti vidi
per altri giorni, fino a quando una sera mentre ero nella mia scuola di
ballo a
provare da sola qualche coreografia ti vidi riflessa nello specchio
mentre eri
appoggiata allo stipite della porta intenta ad osservarmi.
Una persona
sana di mente si sarebbe come minimo spaventata se si fosse accorta del
tipo
sguardo che mi stavi dedicando, ma io no. Perché nonostante
le voci sul tuo
conto, io sapevo che la tua era solo apparenza.
Quando i
nostri sguardi si sono incrociati, hai detto solo una cosa ‘Balla ancora, Brittany.’
E quella
voce ha scatenato un calore dentro il mio corpo, che sapevo a cosa
avrebbe
portato. Ma non credevo fosse veramente possibile che una cosa simile
succedesse a me, con una persona vista solo tre volte in tutta la mia
vita.
Io non ho
potuto fare altro se non assecondare la tua richiesta, una cosa che in
futuro
mi sarei ritrovata a fare spesso.
Quando
ho
smesso di ballare, tu non eri più lì.
Ti
sei fatta
avanti tu per prima, qualche settimana dopo.
Che
ormai avessi
una cotta per te era ovvio al mondo intero. Solo sentire il tuo nome
mentre mi
raccontavano l’ennesima stronzata che
avevi fatto, perché lo sai anche tu che ne hai fatte
tantissime di stronzate in
quel periodo, mi mandava completamente in tilt. E non ci eravamo
più viste da
quel giorno in cui eri apparsa come una stalker,
pensa un po’ come ero messa male.
Quando ti ho
rivista nel cortile della scuola, appoggiata nuovamente alla tua moto,
ho
notato subito come il tuo sguardo fosse ben diverso da quello delle
altre
volte. Capì qualche istante dopo, quando mi venisti incontro
e senza perdere
tempo mi chiedesti di uscire, che eri insicura. Ricordi la mia
risposta? ‘Ma non ci siamo mai
conosciute veramente.’ La
tua risposta è stata ‘Io
sono Santana. Tu
sei Brittany, ami i film Disney, ti piacciono tanto i pancakes,
hai un gatto, e vorresti diventare una
ballerina. Certo che ci conosciamo!’ In quel
momento, mentre elencavi cose
che ti avevo detto anni prima. Ecco, lì ho capito che ormai
non c’era più
niente da fare. Ero innamorata di Santana Lopez. E non potevo che
rispondere
affermativamente al tuo invito.
Quando
quella sera stessa, siamo uscite, ho rivisto nei tuoi atteggiamenti la
stessa
bambina brontolona ma in fondo tenerissima (lo so che odi essere
definita così,
ma sei e resterai la persona più tenera che abbia mai
incontrato), e non la
persona che tutti credevano tu fossi.
Ovviamente,
dopo quell’appuntamento, ce ne furono altri. E
inevitabilmente ci ritrovammo
ognuna preda dei sentimenti dell’altra.
La
sera in
cui mi chiedesti di diventare la tua ragazza, quando vidi i tuoi occhi
illuminarsi per la mia risposta (ma come avrei potuto dire di no alla perfezione? Perché
sì Santana. Sei e
resterai la perfezione per me.) mi chiedesti una cosa.
‘Balla per me, Brittany.’
Ed io non
potei far altro che accontentarti.
Quando
quella sera abbiamo fatto l’Amore per
la prima volta.
Quando hai letteralmente
venerato ogni
centimetro del mio corpo.
Quando mi
hai guardato con gli occhi pieni di tutto l’amore di questo
mondo.
In quel momento ho capito che
non avrei mai
voluto nessun altro al di fuori di te nella mia vita.
Nessuno
avrebbe mai scommesso su di noi, ma un anno dopo vivevamo insieme a New
York.
Io ero riuscita ad entrare alla Julliard, e tu ti stavi dando da fare
all’università
per poter diventare un medico.
I
mesi
successivi furono abbastanza duri.
Lo stress
per i tuoi esami, le bollette che non si pagavano da sole, i problemi
nel
cercare uno straccio di lavoro, sono stati tutti fattori che ci hanno
portato
più di una volta ad avere scontri, anche abbastanza duri.
Ma stavamo
crescendo, Santana. E questo tu lo sapevi. E sapevi anche che era
necessario
affrontare le cose con calma, non facendoci prendere
dall’ansia come succedeva
con me.
Per questo
quando una sera a cena mi dicesti di aver trovato un lavoro come
barista e io
mi rimproverai di non essere stata capace neanche di trovare un posto
come
fattorina, mi mettesti a tacere con un bacio, uno di quelli che mi
facevano
dimenticare persino il mio nome. Quello era il tuo modo per dimostrarmi
che non
importava il fatto che non avessi un lavoro per aiutare nelle spese,
quello era
il tuo modo per dimostrarmi che per te venivo sempre prima di tutto e
tutti.
E la
risposta che seguì quel bacio, mi fece piangere dalla
felicità. Perché mai e
poi mai avrei potuto sperare di trovare qualcuno come te.
‘Tu hai già qualcosa a
cui pensare. Devi
diventare la ballerina più famosa di tutti i tempi. So che
puoi farlo e so che
un giorno il tuo nome sarà famoso in tutto il mondo. E ora
balla per me,
Brittany.’
Gli
anni passarono
tra alti e bassi, ma riuscimmo sempre a trovare la forza per andare
avanti.
Il
giorno
della tua laurea in medicina, con il massimo dei voti (cosa ti
aspettavi? Sei
un genio in fondo.) Quando
ti venni
incontro, senza che ebbi il tempo per realizzare cosa stesse
succedendo, tu eri
lì inginocchiata di fronte a me con una scatoletta di
velluto tra le mani e un
anello al suo interno. Non mi accorsi delle lacrime che scorrevano
sulle mie
guance mentre pronunciavi quelle parole ‘Lo
sai che io non ho mai creduto a quelle stupidaggini
sull’amore a prima vista e
le anime gemelle. Ma tu sei riuscita a farmi cambiare idea
completamente. Io mi
sono innamorata di te quando ti ho vista lì a quella
festa… No, ma che sto
dicendo. Io mi sono innamorata di te quando ti sei letteralmente
schiantata
contro di me quel lontanissimo giorno di tanti anni fa. E in questi
anni, come
se non lo sapessi già, ho avuto la conferma che sei tu la
donna che voglio al
mio fianco per tutta la mia vita, tu la prima cosa che voglio vedere al
mattino
quando mi sveglio e l’ultima cosa che voglio vedere prima di
addormentarmi. Per
questo, ora, davanti a tutta questa gente, Brittany Susan Pierce ti
chiedo di
sposarmi.’
Al termine
del tuo discorso, che mai potrò dimenticare, ebbi solo la
forza di gettarmi tra
le tue braccia e baciarti con tutto l’amore che provavo per
te.
Avevi già
programmato tutto da un bel po’. Quel giorno stesso partimmo
per l’Alaska,
perché a quanto pare non avevi dimenticato il mio desiderio
di vedere un
pinguino portare le fedi al mio matrimonio.
Eravamo io
,te, quel signore che era lì per celebrare il nostro
matrimonio, e il pinguino
con un papillon rosso e le nostre fedi legate in un fiocco al suo collo.
Ma io avevo occhi
solo per te e per il tuo
sorriso, che avrebbe potuto sciogliere i ghiacci dell’Alaska,
tanto era
luminoso.
Alla fine
della giornata ero la signora Lopez
-Pierce. Tu volevi fosse Pierce-Lopez, ma per una volta ho
voluto mettere
te per prima, perché se io per te venivo prima di tutto, tu
venivi prima di
tutto per me.
Cinque anni
passarono da quel giorno meraviglioso.
Tu eri
riuscita a diventare uno dei medici più stimati di tutta New
York, e io dopo
aver preso parte ad alcuni spettacoli di Broadway ed aver ricevuto
molte lodi
per le mie capacità (che non erano niente in confronto al
tuo sguardo pieno di
orgoglio mentre mi osservavi dal pubblico) mi ero presa una pausa per
poter
prendermi cura del piccolo esserino che stava crescendo dentro di me.
Nostro figlio o Nostra
figlia. (Volevamo fosse una sorpresa fino
all’ultimo
istante.)
Fu una mia
decisione quella di essere io a portare in grembo nostro figlio. Tu eri
impegnata
a salvare vite, e io sentivo che era la cosa giusta da fare.
Emily Lopez-Pierce nacque durante una
fredda giornata di Febbraio, irrompendo nel nostro mondo con un pianto
bello
forte che dimostrava senza ombra di dubbio che fosse una Lopez.
Emily è la nostra
perfetta unione, ha una tonalità di pelle leggermente
più chiara della tua e i
tuoi stessi capelli scuri, gli occhi invece sono azzurri, qualche
tonalità più
scura della mia.
Non ti ho
mai vista piangere così tanto, Santana. Piangere dalla
felicità, ma sempre con
quello sguardo pieno d’orgoglio con cui mi guardavi.
Contro ogni
aspettativa e difficoltà, io e te avevamo creato una
famiglia.
Ma
non tutte
le storie hanno una bella fine.
La nostra è
una di quelle.
Sai
quando
hai quella sensazione che qualcosa di terribile stia per accadere, ma
non sai
cosa, e senti quel nodo alla base dello stomaco che non vuole andar via?
Ecco, quella
sera, mentre facevamo l’amore, io avevo quella sensazione
lì. E anche tu l’avevi,
ne sono sicura.
Altrimenti
non avresti cercato in tutti i modi di farmi capire quanto mi amassi
con ogni
singolo gesto, ogni singolo ‘Ti
Amo’ sussurrato
con quegli occhi pieni d’amore.
Quando alla
fine, mentre con la testa sul tuo petto ascoltavo il lento battito del
tuo
cuore, mi dicesti ‘Ti amo, Britt.
Ti amo
come non ho mai potuto immaginare fosse possibile.’
L’unica
cosa che potei fare, fu piangere. Perché
dio sa come anche io ti amassi oltre ogni limite possibile ed
immaginabile, e
come avrei voluto rimanere lì tra le tue braccia per sempre.
Quella maledetta
mattina, era il tuo giorno
libero e poiché Emily aveva un po’ di febbre,
decidesti di andare in farmacia
per prenderle un antibiotico.
Avrei dovuto
fermarti, ma non lo feci.
‘Torno subito, ti amo.’ mi
dicesti dopo
avermi dato un bacio e aver abbracciato e coccolato la piccola ‘Fa la brava, la mamma torna
presto.’
Non tornasti
presto.
Non tornasti
affatto.
Ero
sul
divano, Emily dormiva in camera sua, mentre continuavo a fissare
l’orologio,
perché erano passate due ore da quando eri andata via.
E poi,
ricevetti una di quelle chiamate che nessuno vorrebbe mai ricevere.
Nessuno.
‘Pronto?’
‘E’ la signora Lopez-Pierce?’
‘Sì,
con chi parlo?’ ‘Sono un’agente di
polizia signora…’ ‘C-che cosa
è successo?’ ‘Mi
dispiace signora… i medici hanno fatto il possibile, ma sua
moglie non ce l’ha
fatta.’
Tutto. In
quel momento non crollai solo io per terra in lacrime.
In quel
momento è crollato tutto il mio mondo.
Il mio mondo
era crollato per colpa di un ragazzino che aveva deciso di rapinare
quella
maledetta farmacia, quel maledetto giorno.
A
trent’anni
ero vedova, con una bambina di cinque anni da dover crescere da sola.
Il
giorno
del tuo funerale, la marea di persone che era lì era
incredibile.
So che non
ci crederesti mai, Santana. Ma è così.
C’erano
tutti. Tuoi colleghi, tuoi pazienti, i nostri genitori, i nostri amici
del
liceo. Erano tutti lì.
Ti ricordi
cosa mi dicesti al nostro primo incontro? ‘Io
voglio essere ricordata.’
E Santana, c’eri
riuscita. Tutti si ricordavano di te, tutti.
Perché semplicemente
non si può dimenticare una persona come te.
Quando
era
ormai tutto finito, una signora con un bambino qualche anno
più piccolo di
Emily, mi si è avvicinata abbracciandomi.
Era la donna
che tu avevi difeso.
E per un
singolo istante, sono stata presa dalla rabbia, perché lei
era lì. Invece tu
no. Non eri lì ad abbracciarmi e a guardarmi con amore.
Ma poi, ho
pensato che era proprio per questo che ti amavo, e ti amo ancora.
Perché non
importa quanto ti costava. Mettevi sempre gli altri prima di te.
Adesso
ho
quarant’anni, Santana. E tu non ci sei più da
dieci anni.
Emily è un’adolescente
ormai.
E dio,
quanto vorrei che fossi qui per guardarla. E’ diventata una
ragazza bellissima.
E’ la tua fotocopia. Ha il tuo stesso carattere scorbutico, e
il tuo stesso
grande e immenso cuore. Oh, e dovresti sentirla imprecare in spagnolo.
Sembra
quasi che sia tu a parlare.
E non fa
altro che chiedermi di raccontarle del nostro amore, di tutto quello
che
abbiamo passato insieme. Vuole sapere ogni minima cosa di te. E io non
posso
che accontentarla.
Perché ormai
di te, non mi restano altro che ricordi, e la tua fede al mio dito,
assieme
alla mia.
Domani,
ci sarà
il mio ultimo spettacolo.
In questi
anni sono diventata abbastanza famosa da ricevere offerte da ogni parte
del
mondo, ma non potevo accettarle. Avevo Emily di cui occuparmi, e te da
venire a
trovare.
Sono sicura
che durante tutto questo tempo, anche se non ci sei stata, mi hai
accompagnata
in ogni momento.
E’ per
questo che domani, quando si alzerà il sipario,
ballerò solo per te. Come ho
sempre fatto.
Perché non
puoi essere qui fisicamente, ma sei con me in qualunque istante.
E immagino
la tua voce, roca ma dolce al tempo stesso farmi la stessa richiesta
che mai
smetterò di accontentare.
‘Balla per me, Brittany.’
Angolinoinoino
dell’autrice: Ciao a tutti. Perdonatemi
per questa one-shot
tristissima, ma diciamo che il mio umore ha influito notevolmente. Non
avevo
previsto un finale così triste, ma è apparso
mentre scrivevo senza rendermene
conto. (*vocina minuscola* non odiatemi, vi prego)
Non so cos’altro dire, quindi vi saluto.
Alla prossima gente!
-coriandolo
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