L'ATTORE
Questo
è un omaggio, un atto di amore incondizionato. Perché
qualunque cosa Brian Molko farà domani, io troverò il
motivo per giustificarla.
Un omaggio al miglior attore che questa terra abbia mai visto, a tutto quello che Brian rappresenta, volente o nolente.
Ai personaggi
che fa sfilare davanti ai nostri occhi, alla felicità che prova
nel vederci tutti a bocca aperta, aspettandoci da lui sempre di
più. Al potere di accontentarci o negarci questa soddisfazione.
I Placebo sono il mito, questo è bene premetterlo.
L’ATTORE
Commedia scritta, diretta e interpretata da Brian Molko.
Atto unico
[Il
sipario si apre con Brian intento a leggere una pagina web su un
computer portatile. Non si muoverà per tutta la
rappresentazione.]
Mi chiedo
come facessi ad avere determinati gusti. Sono arrivato a vestirmi
perfino gotico, quando gotico non lo sono mai stato. Per la
verità non ho dei gusti, solo uno scopo: stupire.
Mi sono sempre agghindato in modo che tutti si voltassero a guardarmi,
non mi è mai interessato il loro pensiero. Dovevano solo
guardarmi. Sono stato picchiato, insultato, sfottuto fin da
quand’ero un ragazzino, ma non me ne è mai importato
nulla. Godo immensamente pensando che tutti, e dico tutti, coloro che
mi hanno incontrato sulla loro strada possano dire Sì, ho conosciuto quel pezzo di merda. O quel genio –perché in fondo sono anche quello-, non ha importanza.
Gemo quando
la cenere della mia sigaretta mi colpisce la mano, cerco di alleviare
il dolore soffiando e leccando il punto dolente.
E so che
tornando indietro rifarei ogni singola scelta, ogni errore,
perché l’appagamento che mi dava quel vivere al limite non
me lo darà mai nient’altro. Io ho bisogno di saldi limiti,
per continuare a superarli. Il gioco è tornare indietro un
momento prima che sia troppo tardi. L’ho anche scritto, no?*
Ho bisogno di
limiti. Ognuno si crea da sé i propri limiti, confini. Io ho
spostato i miei un po’ più in qua –dovrei dire verso
la normalità, ma non so cosa sia- con il passare degli anni.
L’importante è che riesca ancora a giocarci.
Continuo a
far scorrere la pagina verso il fondo della galleria fotografica, finisco la
sigaretta, mentre inconsciamente ho già afferrato il pacchetto
nuovo per estrarne un’altra.
Il fumo
è uno dei limiti. È bello dire che smetto, ma continuare
a fumare, pensando che c’è sempre un altro giorno per
farlo. Ma dopo questo pacchetto smetto.
Mi piacciono le emozioni forti. Intere
le chiamo io. Odio tutto ciò che è a metà. Le
frasi a metà, l’amore a metà. O tutto o niente. Una
persona o la ami o la odi. Non esistono gli amichetti: o gli stronzi o
quelli che darebbero la vita per te. Io alla vita ho sempre chiesto
tutto, e quando non me lo ha dato sono andato a prendermelo.
A volte mi
spaventa sapere che qualcuno mi ama. E non penso solo a Helena e alla
mia famiglia, ma a quelle persone che senza neanche conoscermi me lo
urlano dietro. A mio figlio, che mi amerà. A volte mi spaventa
sapere che amo qualcuno, perché l’amore non l’ho mai
capito, non l’ho mai scritto. L’ho solo abbozzato, ne ho
fatto degli schizzi, perché ogni volta che provo a ritrarlo
scappa via ridendo; ha una risata cristallina.
Sbagliare. Che parola. La cosa che più mi dicevano da ragazzo, più me la volevo sentire dire: Hai sbagliato.
Mio padre e mia madre non sapevano come trattare un figlio che baciava
i ragazzi, si metteva la gonna e tornava a casa di notte pieno di
lividi, mandando a fanculo tutti loro. Vederlo piangere e non dire una
parola pur di non dovere loro niente. Perché Io ce la faccio da solo.
Ho finito di guardare la galleria, e sono tanto contento che tutte queste persone sappiano chi sono.
O meglio, mi conoscano. In vita mia sono stato tante cose, forse ogni
cosa, ma mi sono dimenticato di essere me stesso. Mi sono rifiutato
di pensare che il mondo non ruotasse intorno a me, mi sono messo nel
suo centro a forza. Ma ora ci sono. Sono padrone.
Mi sono
dimenticato di essere me stesso. Guardo il mondo che mi sono costruito
intorno. Guardo i Placebo, i miei cd, mio figlio, le sigarette, guardo
la mia vita. E capisco che ne è valsa la pena.
Sono nato per portare una maschera, e l’ho fatto nel migliore dei modi.
Sono un
attore, cazzo, un ottimo attore. Il mio palcoscenico è la mia
vita. Non ho bisogno di provare, so già tutto. Porto
l’illusione a livelli tali che nemmeno io so più
distinguerla dalla realtà. Mi perdo nel mio spettacolo,
rendendomi conto che è quello che ho sempre voluto fare.
È come avere un alter ego che ti protegge, è bello.
Giù il cappello, signori, giù il cappello.
E sappiate che Brian Molko non lo conosco nemmeno io.
[Chiusura del sipario. Applausi. Fine.]
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*: “I
understand the fascination, I’ve even been there once or twice.
But if you don’t change your situation, then you’ll
die.” Commercial for Levi
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