EMMA
Ero
una ragazzina come tante.
Nessun
segno particolare. Nulla che mi distinguesse dalla massa informe di
coloro le quali erano considerate troppo grandi, per sperare di poter
vivere ancora nel mondo che da bambine si erano create su misura, nel
quale giocavano a fare le madri part-time con la bambola che Babbo
Natale le aveva regalato quel lontano dicembre..ma erano considerate
ancora troppo piccole per vivere nel corrispettivo reale di quello
stesso mondo.
Avevo
sedici anni: papà non sarebbe riuscito a prendermi tra le
braccia e portarmi a letto se mi fossi casualmente addormentata sul
divano, ma non mi avrebbe nemmeno permesso di stare fuori fino a tardi.
Ero in quell'eta' di mezzo, in cui i parenti non sapevano se continuare
a farmi regali di compleanno, o se iniziare a tendermi una banconota
accompagnata dal rituale 'compra quello che più ti piace',
perchè ormai sei cresciuta, le taglie dei vestiti non le
indoviniamo più, i giochi non fanno più per te,
trucchi non ne usi, e noi abbiamo esaurito le nostre idee-regalo.
Ovviamente l'ultima parte della frase era sottointesa.
Avevo
sedici anni e bisticciavo sempre con mia madre quando mi rifiutavo di
aiutarla in casa, nonostante riconosca che a volte ne avesse proprio
bisogno.
Ma
io avevo altro a cui pensare: la scuola, gli amici, i ragazzi, i
pettegolezzi, la voglia di viaggiare, la fissa per Londra, e la musica.
Ma andiamo per ordine.
Ero
una delle migliori studentesse in classe, ma non perchè mi
piacesse studiare o andare a scuola, anzi, tutte le volte che qualcuno
organizzava uno sciopero, un'assemblea, la visione di un film sulla
nuova posizione dell'uomo occupata nel corso del Quattrocento, non mi
dispiaceva mai più di tanto, e nonostante spesso finissi per
annoiarmi a morte, ciò che importava a me e a tutti i miei
compagni, era evitare di sorbirci un'ora di chiacchiere esposte con un
linguaggio quasi aulico, dalle prof di italiano, latino, storia e
filosofia, e logaritimi ed esponenziali totalmente incomprensibili per
loro natura, fatti passare per passatempi addirittura divertenti dalla
nostra prof di matematica, innamorata pazza della materia che ci
insegnava.
Beh,
passatempi lo erano di sicuro: ogni volta che mi cimentavo in uno di
quei maledetti esercizi, finivo per sbatterci la testa contro per ore,
spesso senza alcun risultato.
Avevo
una certa predisposizione per le materie umanistiche, e ammetto che
dopo l'entusiasmo iniziale di essere capitata in classe con la mia
amica di sempre, mi sono spesso domandata che diavolo ci facessi seduta
in quel banco, a scrivere primo, secondo, terzo, quarto, quinto liceo
scientifico a numeri romani, ogni volta che consegnavo un compito.
In
realtà, non mi intessava più di tanto nemmeno la
letteratura, la storia e la filosofia, avrei fatto volentieri a meno di
quelle nozioni e della scuola in generale, soprattutto
perchè comportava l'alzarsi presto la mattina, prendere il
pullman, vivere con l'ansia costante di un'interrogazione imminente.
Non
mi piaceva studiare, ma svolgevo sempre tutti i compiti per
senso del dovere, e facevo i salti mortali pur di non farmi mai trovare
impreparata..come reggessi quel ritmo, proprio non lo so. L'unica
branca della conoscenza che mi appassionava davvero era quella che
riguardava lo studio delle lingue straniere, e non per vantarmi, ma ero
in asso in inglese!
Punto
due: gli amici. Non ne avevo molti, e non ero una di quelle che
aspettava il sabato pomeriggio per lanciarsi in uno shopping sfrenato,
e la sera per andare in discoteca..no, io piuttosto lo aspettavo per
rilassarmi sul divano, sdraiata, con un romanzo tra le mani, lo
smartphone sulla pancia, e la mente completamente assente. Anche di
sera, preferivo guardare un film con un'amica piuttosto che stazionare
davanti al bar per ore e ore, a guardare i miei coetani fumare una
sigaretta con la convinzione di essere dei gran fighi.
Ok,
non ero un tipo molto estroverso, ma sapevo come divertirmi e stare
bene a modo mio, con quelle poche persone per le quali avrei dato la
vita.
Forse
il fatto che non avessi mai avuto un ragazzo andava attribuito alla mia
inesistente voglia di infilarmi nel loro covo il sabato sera, ma non me
ne facevo un problema, e anche se di tanto in tanto provavo una certa
simpatia per qualcuno, non mi ero mai innamorata sul serio, o perlomeno
non di ragazzi con i quali avrei realmente potuto condividere qualcosa.
Ma
alla fine mi andava bene così, perchè ero in
quella fase in cui si è troppo impegnati a fantasticare
sulle storie d'amore impossibili, per rendersi conto di ciò
che ci circonda, e nel mondo dei miei sogni io ero felicemente amata
dall'unico ragazzo dal quale mi sarei fatta fare di tutto: Ethan
Harrow. Era lui la mia cotta segreta...che poi, segreta neanche tanto,
visto che lo sapeva tutta la mia famiglia. Il problema era che lui non
lo avrebbe saputo mai.
Prima
vi facciate strane idee, vi dico subito che Ethan era semplicemente uno
dei tre componenti della mia band preferita, gli 'Uk Hearts', e io ero
follemente innamorata di lui.
Ma
ve lo giuro, la mia fissa per Londra non aveva nulla a che fare con il
fatto che fossi pazza del chitarrista e della voce della band
rubacuori, le cui meravigliose canzoni erano in vetta alle classifiche
di tutto il mondo..la capitale del Regno Unito mi aveva sempre
affascinato, in modo inspiegabile forse, ma da sempre sognavo di
andarci a vivere, e beh, il fatto che il mio grande amore fosse un
inglese doc, non mi faceva che illudere che un giorno lo avrei
incontrato, mi sarei specchiata in quegli occhi verdi, sarei svenuta
per quello sguardo intenso e per quel sorriso impertinente, e
soprattutto avrei potuto abbracciarlo davvero, lasciarmi stringere
forte da lui anche solo per un attimo..era la cosa che desideravo
più al mondo a sedici anni: un abbraccio da orso da parte
del mio bellissimo e dolcissimo Harrow.
Lo sapevo che sarebbe stato quasi impossibile imbattermi in lui quando
mi sarei traferita a Londra, e addirittura sperare che una freccia di
Cupido colpisse il mio Ethan nel momento esatto in cui i nostri occhi
si sarebbero incontrati per la prima volta...ma ai sogni non avevano
ancora applicato una tariffa, no? Quindi potevo affogarci dentro quanto
volevo, prima di ritornare nel mondo reale, dove lui, agli occhi di
tutti, non era altro che un componente della band più famosa
e più amata al mondo.
Non capivano. Nessuno capiva che io Ethan lo amavo, per davvero, e ne
ero certa, perchè spesso di notte, mi abbracciavo il cuscino
fingendo che fosse lui. E questo lo consideravo il più
grande e il più imbarazzante dei miei segreti...avrei dato
tutto pur di poterlo avere accanto, perchè ero convinta che
lui avrebbe potuto amarmi come nessun'altro, e io volevo vivere delle
sue carezze, dei suoi baci, della sua dolcezza, praticamente per sempre.
Sì.. la colpa andava attribuita prima di tutto alle canzoni,
ai testi incredibilmente belli, toccanti, che spesso mi davano la
sensazione di essere stati scritti appositamente per me, e soprattutto
alla sua voce roca e profonda, l'unica al mondo in grado di risvegliare
ogni cellula del mio corpo, e farla vibrare di quel tremore che si
trasmetteva alle mani, alle gambe, a ogni muscolo. La sua voce sapeva
rendermi fragile e forte contemporaneamente, mi estraniava dal mondo
portandomi in uno parellelo nel quale Ethan mi dedicava quei versi
cullandomi tra le sue braccia, mentre Dylan e Derek, i miei 'Double D'
(come li chiamavo io)e migliori amici, nonchè colleghi di
Harrow, lo prendevano bellamente in giro per essersi fatto fregare
così da una ragazza...e quella ragazza ero io!
Avete ragione: vivevo in un mondo tutto mio, composto da un mix non
bene amalgamato, di quello reale comprendente la scuola, gli amici, gli
impegni quotidiani, e i sabati a leggere romanzi, e quello
completamente inventato del quale Harrow era il protagonista maschile.
La loro musica era semplicemente e meravigliosamente il tramite che mi
permetteva di oltrepassare i confini del mondo reale, e immergermi in
quello che desideravo ardentemente non fosse illusorio..e l'ascoltavo
sempre, e ovunque. Non avrei potuto vivere senza gli auricolari nelle
orecchie, e quelle voci, quella voce, nella testa e nel cuore.
Ed ero pronta a scommettere di non essere affatto l'unica ad essersi
ridotta così male per Ethan Harrow..lui faceva sciogliere il
cuore a tutte con quella dolcezza innata che si ritrovava ad avere nei
lineamenti del viso, e in ogni cosa che faceva.
Quindi confermo la mia tesi: nonostante a conti fatti, qualche segno
particolare, probabilmente, lo avessi anche io, restavo una ragazzina
come tante.
Un viso anomino al liceo, brava a scuola per senso del dovere, con
pochi amici fidati ma nessun ragazzo che le sbava dietro, innamorata di
Londra, dipendente dalla musica, e con una cotta stratosferica per il
cantante della sua band preferita.
Sostanzalmente questa ero io.
Sostanzialmente così erano molte ragazze della mia
età.
ETHAN
Ero un ragazzo come pochi.
Si potevano contare sulle dita quelli che nella vita erano fortunati
quanto me. Forse soltanto Dylan e Derek, potevano davvero
capire come mi sentissi, ed ero sicuro di essere invidiato dalla
stragrande maggioranza della popolazione maschile dell'intero
pianeta..e fidatevi, non sto esagerando!
Cazzo! Avevo solo diciotto anni e mi stavo godendo al massimo la
vita...chi non avrebbe voluto essere al mio posto, anche solo per
qualche giorno?
Non avevo ancora ben capito quando era successo di preciso, ma c'era
stato un momento in cui la ruota della fortuna, aveva puntato me, e
sembrava non aver deviato nemmeno di un millimetro da allora.
Non avrei immaginato che sarebbe finita così nemmeno nel
più incredibile, e nel più impossibile dei sogni.
Ero passato dallo scrivere canzoni in camera mia e provare gli accordi
alla chitarra, a riempire gli stadi di tutto il mondo in compagnia di
quelli che erano diventati quasi fratelli per me.
A diciotto anni amavo la musica più di ogni altra cosa,
amavo le fan, amavo cantare, amavo l'atmosfera dei concerti, amavo
viaggiare e amavo la mia vita.
Mi pareva di non avere una casa, un armadio per i vestiti, una camera
tutta mia, ma non mi importava niente, perchè mi piaceva da
matti quello che facevo, e pensavo davvero che avrei potuto vivere
così per sempre. Impiegavo non più di un quarto
d'ora a impacchettare tutto, camicie, pantaloni, calzini, scarpe e quei
pochi affetti familiari che mi portavo costantemente dietro, e poi
chiudevo il trolley e me lo trascinavo dietro, lungo i gate degli
aeroporti, di solito scappando per sfuggire ai paparazzi, e salivo su
un altro aereo. Arrivavo da qualche altra parte, e dopo due giorni,
rimpacchettavo tutto, e si ricomciava da capo.
Facevo, disfacevo i bagagli con facilità, e quasi ogni sera
salivo su un palco diverso, e mi esibivo davanti a migliaia a migliaia
di persone, con Dylan e Derek al mio fianco ovviamente.
La nostra vita aveva un ritmo non accelerato, acceleratissimo, non ci
era concesso di fermarci nemmeno per prendere un respiro, ma non avrei
scambiato quello che avevo per nulla al mondo.
Non
che fosse il massimo del confort o sinonimo di relax..ammetto che
c'erano giorni in cui facevo persino fatica ad alzarmi dal letto, e
avrei volentieri barattato un pochino del successo degli 'Uk Hearts'
soltanto per una sana dormita, ma ogni volta che ci pensavo, provando a
fare il bilancio della situazione, i contro tendevano allo zero, e i
pro a più infinito.
Mi andava bene così, volevo che nulla cambiasse..io
e i ragazzi volevamo una vita interessante, incredibile, bella, e poco
ci importava dei ritmi insostenibili..in fondo avevamo diciotto anni,
avevamo l'età giusta per sperimentare di tutto, per restare
in piedi fino all'alba, scambiare il giorno per la notte, filtare con
le ragazze più carine e provare l'ebrezza di qualche sbronza.
Se ci sentivamo potenti? Altrochè! Certe volte ci sembrava
davvero di essere i padroni del mondo, ed era una bella sensazione,
perchè sentivamo di essere gli unici in grado di decidere
cosa fare della nostra vita.. noi volevamo cantare, e la cosa
più incredibile era che potevamo farlo per davvero, potevamo
vivere di quello, della nostra passione...riuscite a immaginare
qualcosa di meglio?
Se
fossi stato da solo, sarebbe stato tutto diverso, e sono sicuro che non
sarei mai arrivato tanto in alto.
Era il nostro prenderci in giro sul palco, farci scherzi a volte
neanche tanto innocenti, ridere a crepapelle, era l'essere complici
spontaneamente che funzionava. Eravamo amici prima di essere colleghi,
ed era quella la nostra arma vincente. Non c'era un corcerto che
potesse essere effettivamente definito 'normale' : sul palco eravamo
quasi irrequieti, correvamo da destra a sinistra senza sosta, ci
inginocchiavamo alle estremità e tendevamo le mani cercando
di stringerne e sfiorarne sempre il più possibile,
rivolgevamo spesso il microfono dalla parte del pubblico e lasciavamo
cantare loro, osservandoli in silenzio e con gli occhi lucidi, oppure
raggiungevamo la band che ci accompagnava musicalmente, e continuavamo
a cantare, facendo facce buffe, smorfie divertenti insieme a loro..e
poi scattavamo infinite foto alle fan, ai cartelloni che si sforzavano
di innalzare al cielo, gli stessi che contenevano quelle dediche
così dolci e così speciali. Ma i nostri non erano
concerti ordinari per altri motivi..perchè ribaltavamo le
regole sempre a nostro piacimento, ci rifiutavamo di ballare o
perlomeno seguire una banale coreografia, qualche volta ci scambiavamo
le parti senza preavviso,soprendendo il pubblico, oppure cambiavamo le
parole di alcune canzoni, rendendole più ironiche e
prendendoci in giro da soli; spesso ci rincorrevamo sul palco
schizzandoci acqua addosso, e i dispetti, gli scherzi, e gli abbracci
erano all'ordine del giorno, facevano parte di una scaletta diversa da
quella delle canzoni, della quale nessuno conosceva formalmente
l'esistenza, ma che rispettavamo tutti spontaneamente.
Forse sembravamo pazzi, anzi, quasi sicuramente chiunque non fosse
lì con noi ci avrebbe giudicato pazzi, ma ci divertivamo,
veramente tanto, e ogni singolo concerto, era speciale per noi.
Perchè sì, è vero, eravamo degli
scapestrati, ma in quelle due ore di pura spensieratezza,
libertà, e gioia, arrivava sempre e comunque un momento in
cui smettevamo di ridere e fare i cretini, e realizzavamo: come se
fossimo saliti sul palco solo in quel momento, ci bloccavamo. Ci
capitava in momenti diversi, ma accadeva ogni volta a tutti e tre..
percorrevo con lo sguardo l'intero stadio, un brivido mi saliva lungo
la schiena, mi tremavano la mani e con esse il microfono che reggevo, e
persino la voce. C'erano delle volte in cui non riuscivo più
a proseguire, mi incantavo di fronte al pubblico e lottavo per non
scoppiare in lacrime, perchè era troppo, troppo bello per
essere reale.
'Cazzo..ma quanti sono? Ma quante gente c'è? E sono tutti
qui per noi..e quanto urlano?! Sono lo spettacolo più
incredibile che conosca!' pensavo, con gli occhi lucidi e la labbra
piegate nel sorriso più vero.
Ogni volta era un'emozione nuova, meravigliosa,
incontenibile...avvenivano le magie più rare in quegli
stadi. Si, perchè c'era uno scambio energia, di voci, e di
affetto, semplicemente insostituibile.
Dio, se mi sentivo fortunato..le fan ci adoravano, e noi adoravamo loro
allo stesso modo, e ve giuro, non si trattava di un rapporto a senso
unico come pensavamo in molti, e se solo fosse stato possibile, le
avremmo abbracciate tutte, una alla volta, e le avremmo
sussurrato quel 'grazie' che loro dedicavano a noi.
Era tutto così fottutamente perfetto, e anche se il tempo
trascorso con le nostre famiglie era limitato, e c'erano notti in cui
non dormivamo affatto, costantemente disturbati dal jet lag, o
sballottati da un lato all'altro del pianeta senza sosta, stavamo bene.
Io stavo bene, perchè i disagi comportati da quella vita,
diventavano insignificanti, sparivano addirittura, se paragonati al
frenetico battere del cuore e a quella sensazione così
appagante, così bella e così inspiegabile, che ci
martellava nel petto a conclusione di ogni concerto, quando ci
inchinavamo al pubblico, e poi sparivamo dalla loro vista, godendoci
quelle urla che erano tutte per noi.
Ci davano una carica pazzesca, sempre, e ci permettevano di non sentire
la mancanza di una vita normale, come quella dei nostri coetanei.
Avevo abbandonato gli studi a sedici anni per seguire il mio sogno, non
avevo mai terminato le superiori, non avrei potuto farlo a meno non mi
fossi presentato ogni giorno nella scuola di una città
diversa, di una nazione diversa, persino di un continente diverso, ma
non me ne ero mai pentito..dare la priorità alla mia
passione per il canto, era stata la scelta più giusta che
potessi fare, e ogni giorno ne avevo la conferma.
Perciò mi consideravo un ragazzo come pochi,
perchè alla mia età tutti andavano a scuola, e io
giravo il mondo cavalcando il mio sogno con i miei migliori amici.
Anche se Dylan e Derek, essendo più grandi di me di due e
tre anni, il diploma lo avevano già preso prima che tutto
iniziasse.
In quanto a ragazze...beh, ne avevo avute diverse, lo ammetto, ma non
sarei mai riuscito a raggiungere le cifre che i giornali di gossip mi
affibbiavano! Pareva proprio che si mettessero d'impegno per trovarmene
una nuova a settimana, e si divertivano da matti pure con i
fotomontaggi. Ma la verità era che pur concedendomi
un'uscita ogni tanto, non avevo nemmeno il tempo e la testa di
impegnarmi seriamente con qualcuno, e poi il mio continuo spostarmi da
un posto all'altro, avrebbe reso un'eventuale relazione molto
più complicata.
Però sognavo di incontare una ragazza in grado di
sconvolgermi la vita, ribaltare tutti i miei piani, costringermi a
rivedere tutto, per poi scoprire che senza di lei niente avrebbe avuto
più senso..la volevo, la desideravo, ma non l'avevo ancora
incontrata, e in attesa di quel momento, mi divertivo, e si divertivano
anche loro. Ma non era quello l'amore, lo sapevo, e in silenzio bramavo
di conoscerlo.
Non ero un puttaniere come mi definivano i giornali
scandalistici, un rubacuori forse sì, ma quello non
dipendeva da me, almeno non direttamente...ero semplicemente Ethan, un
ragazzo di diciotto anni, che aveva avuto l'opportunità di
vivere i suoi sogni e godersi la vita, e l'aveva colta al volo.
CIAO A TUTTI!
Per mi conosce già..eccomi ritornata con una
nuova storia!
E per chi non mi conosce ancora..benvenuti nel mio mondo parallelo!
Questo è soltanto il prologo della storia, e vi anticipo che
già a partire dal prossimo capitolo, faremo un salto
temporale di sei anni, che ci porterà a scoprire come sono
cambiate le vite di Emma e Ethan in questo lasso di tempo. Era un'idea
che mi frullava in testa già da un po', quella di scrivere
qualcosa del genere, e spero proprio di avervi perlomeno incuriosito ;)
Pubblicherò il prossimo capitolo tra una settimana, e
niente...spero di ricevere tante recensioni contententi il vostro
parere su questa nuova storia :D Mi rendereste felice,
perchè ci tengo veramente tanto ♥
Un bacione, e a prestooooooo!! <3<3
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